Ilva, ministero dell’ambiente parte civile

Clini: “Il ministero si costituirà parte civile nel processo mirato a individuare responsabilità per l’inquinamento”

Luca Romano

Taranto si registra un aumento della mortalità del 10% nel periodo 2003-2008.

 

Il dato emerge dallo studio “Sentieri” dell’Istituto Superiore di Sanità, che verrà presentato domani dal ministro della Salute Renato Balduzzi.

Il trend conferma le precedenti analisi, relative al periodo 1995-2002, che parlavano di un aumento di mortalità generale e per tumori che oscilla tra il 10 e il 15%, e un aumento del 30% in particolare per il tumore al polmone sia negli uomini sia nelle donne. Un aumento di oltre 50% di decessi permalattie respiratorie acute.

I dati riconoscono un nesso sospetto ma non accertato di causalità con le emissioni degli stabilimenti di Taranto, come quello dell’Ilva. La ricerca fa parte del progetto che ha studiato il profilo di mortalità delle popolazioni residenti nei siti di interesse nazionale per le bonifiche (circa 60 in Italia) misurando l’impatto sulla salute di quelli contaminati come appunto l’area di Taranto.

Intanto, “il ministero dell’Ambiente si costituirà parte civile nel processo mirato a individuare responsabilità per l’inquinamento di Taranto”. Ad affermarlo è stato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini su twitter. 

E sul caso Ilva, i custodi giudiziari degli impianti dell’Ilva sequestrati hanno notificato all’azienda una direttiva con la quale ordinano di rifare completamente sei batterie delle cokerie degli altiforni, spegnere 6 torri e 2 altoforni, fermare l’acciaieria 1, adeguare l’acciaieria 2, e il rifacimento del reparto “Gestione materiali ferrosi”.

Tumori testa&collo: sono 133 in Italia le Scuole di Riabilitazione Fonatoria che guidano i pazienti verso la guarigione.

cancerstop

 

 

Nei ricordi d’infanzia una strega cattiva si impossessa del suono della voce di una sirena in cambio di un futuro felice sulla terraferma. Nella realtà di un adulto quel demone ha le sembianze di untumore della testa e del collo, che promette, crudele, una vita senza possibilità di comunicare con gli altri, senza parole, senza canto, senza risate.

La neoplasia del distretto testa e collo è una delle più invalidanti dal punto di vista sociale poiché anche le terapie conservative, quali chemioterapia e radioterapia, che si cerca si sostituire nelle forme meno gravi di patologia ai trattamenti chirurgici demolitivi (asportazioni parziali o totali di laringe –laringectomia- o di lingua –glossectomia-), non sembrano aver scansato le difficoltà e la necessità di riabilitazione del paziente. Queste neoplasie costituiscono circa il 5% di tutti i tumori maligni, e con circa 12mila nuovi casi all’anno (con un lieve preponderanza negli individui maschi, fra i 50 e i 70 anni) si collocano al 5° posto per tasso di frequenza. Sul totale dei nuovi casi, sono almeno 5mila quelli afferenti l’area laringea. È fondamentale una diagnosi tempestiva per poter sottoporre il malato a trattamenti meno invalidanti possibile.

Ma al di là dell’intervento chirurgico e dei possibili effetti collaterali della chemioterapia, la parteprobabilmente più complessa del percorso verso la guarigione è rappresentata dalla riabilitazione. Per riabilitazione si intende il riadattare e rendere nuovamente operante una funzione che è stata offesa o eliminata in maniera permanente dalle cure. Conrieducazione invece si intende il ripristino di funzioni ancora presenti, non definitivamente danneggiate dai trattamenti. Un paziente che è stato sottoposto ai trattamenti per estirpare un tumore testa&collo deve affrontare una riabilitazione respiratoria e fonatoria, e una rieducazione al gusto e all’olfatto. Vuol dire che dopo una vita di parole e sapori, questi pazienti devono re-imparare a respirare, a comunicare, a sentire gusti e odori.

Nell’inimmaginabile grandezza e sofferenza di una situazione del genere, la fortuna –se così la si può chiamare- di questi pazienti è che nella loro fragilità di neofiti della vita non sono soli: in Italia sono attualmente presenti 133 Scuole di Riabilitazione Fonatoria, affidate alle varie Associazioni di Volontariato appartententi a FIALPO (Federazione Italiana Associazioni Laringectomizzati Pazienti Oncologici), in convenzione con le Aziende Ospedaliere o con le ASL. In queste Scuole i pazienti vengono guidati alla riconquista dell’autosufficienza e di un grado soddisfacente di qualità della vita, spronati da unMaestro Riabilitatore che della sua esperienza di ex-paziente fa il lume che rischiara, nonostante la gravità della situazione, scorci di vita possibile successivi alla cura prospettata dal medico. L’accesso alla scuola di riabilitazione è immediato, e preceduto soltanto dalla verifica della situazione post-operatoria per far sì che vengano elaborati il metodo e il livello di riabilitazione adeguati al singolo paziente.

Nella Scuola il primo passo consiste nel far prendere coscienza al paziente della sua nuova condizione e della sua immutata dignità, che prescinde dalla mutilazione subita: vengono insegnati la corretta postura e respirazione ed esercizi per la deglutizione. Dopo di che si passa alla ginnastica per la motilità glosso-labiale e si iniziano gli esercizi per la fonazione, e solo successivamente si alternano esercitazioni per la ripresa olfattiva, del gusto e per scaricare le narici.

La Scuola è un luogo protetto nel quale il paziente, frastornato e spaventato, trova tutte le risposte di cui necessita per poter intraprendere un percorso di riabilitazione globale, che lo restituisca alla società civile. Il contesto comune gli fornisce il necessario sostegno psicologico, ma se il paziente dovesse incorrere in personali difficoltà, si attua una terapia individuale: in ogni caso il soggetto sarà gradualmente capace di ripredere le proprie relazioni interpersonali, così come le aveva lasciate all’entrata dell’ospedale.

Dei 5mila nuovi casi che si registrano all’anno il 10/15% non sopravvive alla malattia e solo l’1% trova autonomamente la capacità di comunicare oralmente; sono invece2mila i pazienti che si sottopongono a riabilitazione fonatoria, con un tasso di successo dell’85%. Ancora tanti però sono i pazienti che non vi si sottopongono per un sentimento di emarginazione, o per depressione grave, o per non conoscenza o lontananza dei centri di riabilitazione. E per i primi due, è la Scuola stessa a essere sia mezzo che metodo riabilitativo.

Condurre un’esistenza normale, e perché no, felice, dopo una malattia così spietata è possibile, basta sapere quali strade percorrere e avere qualcuno al proprio fianco con cui attraversarle. Perché, quando a rubare la voce e la possibilità di comunicare con gli altri non è una strega ma un tumore testa&collo, la risposta alla confusione, allo smarrimento e al dolore di una condizione contro cui si è catapultati senza volerlo, come in fondo aveva fatto la piccola sirena, la si trova nella voglia di vivere, di vivere appieno quella che, per quanto turbata, rimane comunque una vita.

Giulia Virzì

http://corrieresesto.wordpress.com/

Recuperare voce, gusto e olfatto dopo l’intervento si può

 

Quando un tumore interessa zone delicate come bocca, naso, gola: strategie per ritrovare una buona qualità di vita

 

MILANO – La riabilitazione dopo le cure per un tumore è un passo spesso indispensabile per recuperare una buona qualità di vita. Quando ad essere toccate dalla malattia sono zone delicatissime, come quelle del viso, è comprensibile ce la faccenda sia ancora più delicata. Gli organi colpiti dai tumori della testa e del collo (bocca, lingua, gengive, faringe, laringe, naso, seni paranasali e ghiandole salivari), infatti, sono coinvolti in processi vitali, oltre ad essere molto importanti nella percezione estetica che ogni persona ha di se stessa. Negli ultimi 20 anni la ricerca medico-scientifica ha cercato di individuare le strategie terapeutiche più adatte a conservare l’integrità e le funzioni di questi organi, oltre alla possibilità di preservare le capacità sensoriali dell’individuo. Molto può però essere fatto anche con una buona riabilitazione, «ma in Italia è ancora troppo alta la percentuale di pazienti che non la fanno, per motivi personali, per la lontananza dai centri che la fanno o perché neppure ne conoscono l’esistenza» dice Umberto Tassini, consigliere nazionale dell’Ailar, l’Associazione Italiana Laringectomizzati.

 

IL PRIMO PASSO, PRESERVARE L’ORGANO – La chirurgia, associata o meno alla radio o alla chemioterapia, ha sempre rappresentato il trattamento standard di questi tumori, a cui in anni più recenti si è aggiunta l’integrazione con i nuovi farmaci biologici. Grazie ai miglioramenti delle terapie negli ultimi anni si è potuto ricorrere sempre meno agli interventi chirurgici più radicali (che purtroppo comportano l’asportazione di parti del corpo come lingua, gola, trachea, corde vocali) mantenendo in molti pazienti le funzioni degli organi colpiti, con le stesse probabilità di sopravvivenza. Dopo le cure (a seconda del tipo di intervento effettuato) è spesso importante seguire programmi di riabilitazione respiratoria, fisica, fonatoria o di rieducazione del gusto e dell’olfatto. «Secondo le statistiche, però – prosegue Tassini -, su un totale di circa 5mila nuovi pazienti all’anno che subiscono una laringectomia totale, se l’uno per cento riesce in maniera autonoma a riprendere la capacità comunicativa, soltanto il 5 per cento utilizza le apposite protesi. Invece, ben l’85 per cento dei pazienti che si recano presso centri di riabilitazione completa l’iter con successo. C’è poi un restante 13 per cento che usa il laringofono (erogato dalle ASL) e un due per cento che rinuncia alla riabilitazione per motivi personali: fattori fisiologici, mancanza di spinta volitiva, isolamento familiare, depressione».

COSA SI PUÒ FARE – Per capire quanto sia vasto il mondo della riabilitazione è bene fare innanzitutto chiarezza sui termini: «Per riabilitazione si intende la ripresa, ovvero il ristabilire in maniera diversa (vicariante) una funzione che è stata permanentemente offesa o eliminata – spiega Maurizio Magnani, direttore dell’Otorinolaringoiatria a Cremona, presidente nazionale di Ailar e Fialpo (Federazione Italiana delle Associazioni di Laringectomizzati e dei Pazienti Oncologici della testa e del collo) -. La rieducazione, invece, riguarda funzioni ancora presenti e che devono essere opportunamente ripristinate in maniera ottimale. Infine, per riadattamento si intende la ripresa delle abitudini di una persona nell’ambito familiare, sociale e, quando possibile, lavorativo. Oggi sono molti, oltre cento, i nostri centri gestiti da volontari e sono presenti in tutta Italia».

RIABILITAZIONE RESPIRATORIA E FISICA – Nel caso di laringectomia con tracheostoma definitivo, il percorso tra ingresso nell’aria e i polmoni risulta molto ridotto e privo di resistenza. La conseguenza è un aumento del ritmo respiratorio rendendo meno facili le azioni di sforzo (salire le scale, camminare a passo sostenuto, praticare uno sport). «Occorrerà quindi praticare opportuni e semplici esercizi ginnici per mantenere un buon mantice polmonare – dice Magnani -. La mancanza di un opportuno filtraggio dell’aria ispirata può provocare una serie di problemi tracheali e bronchiali con complicanze non indifferenti. A tale scopo, se si pongono degli elementi filtranti davanti al tracheostoma e tali di che provochino anche una resistenza all’ingresso dell’aria, si ottengono due risultati: il primo è il filtraggio, umidificazione, e riscaldamento dell’aria respirata ed il secondo è quello di richiedere un maggior sforzo in fase inspiratoria con il vantaggio di far esercitare il mantice polmonare».

RECUPERARE LA VOCE – «La riabilitazione fonatoria è la parte più impegnativa della riabilitazione dei soggetti laringectomizzati e tracheostomizzati: i pazienti devono utilizzare metodi diversi dalla voce naturale per potersi esprimere e comunicare» prosegue l’esperto. Nei casi di preservazione d’organo, invece, la funzione fonatoria avviene ancora per la spinta dell’aria proveniente dai polmoni e quindi si procede alla rieducazione di una «voce soffiata». C’è poi la riabilitazione alla voce esofagea, un sistema per ottenere una voce vicariante autonoma che il soggetto deve produrre in condizioni di apnea, e quella con protesi tracheo-esofagea (che, in casi selezionati, permette di ottenere una fluidità fonatoria molto simile a quella naturale). Il laringofono, invece, è un dispositivo elettronico (utilizzato da pazienti non in grado di essere riabilitati con modi diversi) che produce la vibrazione di una membrana che, quando premuta sulla cute sottostante la faringe (sotto la zona del mento) mentre il paziente articola, viene modulata dalle minime vibrazioni faringee, dando luogo ad un suono articolato comprensibile come parole.

RIEDUCAZIONE DI GUSTO E OLFATTO – «La respirazione anomala attraverso la tracheostomia esclude naso e bocca e quindi non consente più una corretta stimolazione dell’epitelio olfattivo – conclude Tassini -. Con opportune metodiche inspiratorie, però, la funzione olfattiva viene mantenuta e, quando possibile, anche riattivata. In parallelo anche il senso del gusto viene opportunamente stimolato tramite degustazione di dolce, salato, aspro e amaro».

Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)

http://www.corriere.it/salute

Prevenzione ed ecosostenibilità sono sottovalutate dagli italiani che ancora non sanno se schierarsi a difesa della natura

Negli anni Settanta vi furono i casi dell’IPCA di Ciriè, fabbrica di colori dove l’anilina provocava tumori alla vescica, e dell’ICMESA, dalla quale fuoriuscì diossina in quello che è ricordato come il disastro di Seveso (a dire il vero, preannunciato da avvisaglie rimaste senza seguito) cui dovette seguire una bonifica ambientale durata oltre 10 anni. Del febbraio scorso è la sentenza di condanna per i due manager dell’Eternit, ai quali il tribunale di Torino ha contestato più di duemila morti per tumori causati dall’amianto. A fine settimana è esploso il caso Ilva di Taranto, sigillata per disastro ambientale, e con esso la contraddizione fra tutela dell’ambiente e della salute, da una parte, e tutela dei posti di lavoro dall’altra. Una contraddizione insensata eppure drammaticamente inevitabile in tempi di crisi di crisi economica e occupazionale, ma soprattutto di confusione rispetto ai valori. L’antropologo Clyde Kluckhohn scriveva che il “valore” è la concezione del desiderabile, che influenza l’azione con la selezione fra modi, mezzi e fini disponibili. Prevenzione ed ecosostenibilità sono, per nostra miopia, relegati al ruolo di accessori di lusso anziché di opportunità di crescita. Se non sappiamo da quale parte schierarci, le istituzioni ce la mettono tutta per confonderci ancora di più: da ultimo il Consiglio di Stato, che ha sospeso “cautelativamente” il provvedimento che cercava di liberare il centro di Milano dalla congestione del traffico e dall’inquinamento.

Cancro della laringe, interventi d’avanguardia a Taormina

L’Unità di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico facciale diretta dal dott. Politi ancora protagonista di complesse operazioni che hanno salvato la vita ai pazienti riuscendo a restituire loro anche la voce

il dott. Antonio Politi

L’Unità di Otorinolaringoiatria e chirurgia cervico facciale ad indirizzo oncologico dell’Ospedale San Vincenzo di Taormina, diretta dal dott. Antonio Politi, si conferma sempre più all’avanguardia nella lotta ai tumori.

In particolare viene trattato in questo reparto con tecniche ormai di riferimento assoluto per l’intero Sud Italia il cancro della laringe, la neoplasia più frequente tra i tumori della testa e del collo: le cause sono il fumo, l’alcool, e recentemente si sono aggiunte cause virali legate al “papilloma virus”.

Una volta colpiva quasi solo gli uomini, adesso il gap con le donne va sempre più assottigliandosi. Quando ad un paziente viene diagnosticato il cancro della laringe, non solo si ingenera la paura di soffrire o di morire, ma anche l’eventualità della perdita della voce o di rimanere tutta la vita con il tracheostoma. Nei giorni scorsi, al “San Vincenzo”, è stato eseguita per la prima volta in Sicilia una ricostruzione delle corde vocali tramite muscoli anteriori del collo (sternoioidei), raffinato intervento “inventato” dal prof. Aldo Garozzo, regalando così al paziente una efficace neo-voce.

E sempre di recente è stato eseguito un altro intervento ricostruttivo e sofisticato, essendo asportata parte della laringe dove aveva sede il tumore che infiltrava sia le corde vocali che la regione sottostante – e ricostruendo l’organo fonatorio con la stessa trachea del malato (tracheoioidoepiglottidopessia). Le operazioni di chirurgia ricostruttiva vengono riservate a casi selezionati, e seguiti dalla riabilitazione logopedica, senza la quale tutto verrebbe vanificato.

“Oggi – spiega il dott. Politi – si è nelle condizioni di poter fare una selezione più accurata degli interventi per i pazienti oncologici testa/collo garantendo a tutti la voce: dalla laserchirurgia per tumori cordali allo stadio iniziale, alle laringectomie parziali ricostruttive, ma anche nel caso meno frequente di laringectomie totali, avvalendosi della riabilitazione logopedica o delle protesi fonatorie, piccolo gioiello bioingegneristico.

Il paziente oncologico cervico facciale, per le sue peculiari problematiche deglutitorie, fonatorie, respiratorie, va operato e seguito nel proprio territorio, nella volontà di percorrere un lungo percorso prima di guarigione e poi di controllo insieme al medico ed agli assistenti che lo hanno preso in cura e che a lui si sono dedicati con le tecniche chirurgiche ed assistenziali più moderne”. Al “San Vincenzo”, attorno al paziente oncologico cervico facciale si muove una comunità multidisciplinare composta non solo dai chirurghi Orl, ma anche oncologi, onco radiologi, anestesisti e terapisti del dolore, anatomopatologi, gastroenterologi, radiologi, psicologi, infermieri dedicati, logopedisti.

La voce è la peculiarità del genere umano ed ecco perché vi è la necessità assoluta di “estirpare” una malattia così devastante, e la sfida resta nel non privare il paziente della massima espressione della comunicazione, ciò che rappresenta l’uomo e lo fa riconoscere in società. Oggi si eseguono interventi di laringectomia ricostruttiva, e non più totale come un tempo ed è grande la differenza: anche asportando le corde vocali, si garantisce sia una buona voce che l’affrancamento dalla tracheotomia a permanenza, una tremenda stimmate postoperatoria.

http://www.blogtaormina.it/

AMBIENTE E SALUTE Veleni e tumori, libro bianco di Giordano e Tarro

Dossier choc dell’istituto Pascale: a Napoli s’ammala di cancro il 47 per cento in più della popolazione rispetto al resto d’Italia. Un dato è impressionante ma non nuovo. Gli studiosi Antonio Giordano e Giulio Tarro lanciano l’allarme da anni. Denunce cadute nel vuoto.
Oggi, i loro studi, le indagini scientifiche, la raccolta di decine di pareri qualificati, diventano un libro bianco dal titolo “Campania, terra di veleni” che il Denaro pubblica in esclusiva.
Il testo è già disponibile in versione e-book e prenotabile in versione cartacea. Tutte le informazioni sono su denaro.it
“Avevo solo 15 anni – avverte Giordano – quando nel 1977 mio padre Giovan Giacomo, professore, primario anatomo patologo dell’Istituto per lo Studio e la Cura dei Tumori Pascale, pubblicava un libro bianco dal titolo: ‘Salute e ambiente in Campania’, edito dal Centro Studi di Politica Economica e Sociale Nuovo Mezzogiorno, nel quale denunciava la presenza di aree ad alto rischio tumori nella città di Napoli. Precorrendo i tempi, mio padre, coordinando un’equipe di studiosi napoletani, tracciava una mappa della nocività nella provincia di Napoli, evidenziando come la popolazione napoletana corresse maggiori rischi di ammalarsi nelle zone più industrializzate della città partenopea”.
Dopo 35 anni, Antonio Giordano, figlio dell’illustre anatomo patologo Giovan Giacomo, da ordinario di Anatomia & Istologia Patologica presso l’università di Siena e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia (Usa) insieme a Giulio Tarro, virologo e primario emerito dell’Azienda ospedaliera Cotugno di Napoli, chairman della commissione sulle Biotecnologie della Virosfera, Wabt – Unesco a Parigi, è autore di questo nuovo libro bianco che affronta le tematiche legate alla salute in Campania. Un libro che accende i riflettori anche sulle indagini epidemiologiche disponibili che mostrano quanto il territorio campano sia stato danneggiato dal dramma, di nuovo attuale, dei rifiuti. In vent’anni la morte per tumori in Italia e’ diminuita tra il 12 e il 15 per cento grazie alla prevenzione e miglioramento dlee cure. Per gli uomini la diminuzione è da 350 a 300 casi per 100 mila abitanti, per le donne da 220 a 200 casi per 100 abitanti. Nella zona rossa tra Napoli e Caserta è tutto in controtendenza: 400 casi per gli uomini e oltre 200 per le donne per ogni 100.000 abitanti.
Un’incidenza nettamente superiore anche alle altre province campane dove i tassi sono stabili e inferiori al dato nazionale. In totale 25 Comuni, circa 700 mila abitanti nella provincia di Napoli e 300 mila nel Casertano, in una zona fortemente degradata dal punto di vista ambientale.

 

Il dossier del Pascale

Settanta chilometri di terre, tra Napoli e Caserta, che fin dai dagli antichi romani producevano ogni genere di delizia. Oggi, invece, le statistiche sulle morti per cancro dell’Istituto contro la lotta ai tumori Pascale di Napoli raccontano tutta un’altra storia. La storia di un territorio che, spiegano gli esperti, nel giro di vent’anni, dal 1988 al 2008, probabilmente ha fatto impennare i decessi in 25 Comuni di quelle zone anche del 20 per cento, del 30 per cento e anche dell’80 per cento. Quella che gli esperti considerano la zona rossa si estende al Vesuviano a ridosso del Sarno al Casertano a ridosso del Volturno. La comunità scientifica non si sbilancia. Secondo le ipotesi del responsabile epidemiologia del Pascale, Maurizio Montella, che ha condotto lo studio elaborando dati Istat, una spiegazione potrebbe essere l’inquinamento prolungato delle matrici ambientali. “’Questa ipotesi spiegherebbe anche gli altri 4 Comuni fuori dalla zona rossa, a ridosso di Sarno e Volturno, i più inquinati d’Europa”. Ecco i dati Il linfoma non-Hodgkin è aumentato per gli uomini del 44% nella provincia di Napoli e del 58% nella provincia di Caserta, nelle donne del 79% nella provincia di Napoli e oltre il 100% in quella di Caserta. Per il mieloma gli aumenti vanno dal 40% a oltre il 100%. ”Sono tumori rari – spiega Montella -, sono quelli che vengono monitorati quando ci sono problemi con le centrali nucleari’”. Aumentano anche le morti per tumori al colon retto (+30%), dei dotti biliari (+50%), del pancreas (70%), del polmone (+30%), nonché dello stomaco (in Italia la media è -50%, tra Napoli e Caserta gli aumenti sono tra il 3% e il 10%), dei tessuti molli e della mammella. Leggera diminuzione per i tumori alla laringe e all’utero. ‘Il veicolo potrebbe essere l’acqua, non tanto quella potabile, ma quella dei fiumi e quella usata per le irrigazioni. Un inquinamento non massivo, ma prolungato e cronico, lento nel tempo.

http://denaro.it

“Anche le leucemie sono tumori da amianto”

“Anche le leucemie
sono tumori da amianto”

Parla Franco Mandelli

presidente dell’Ail

Si apre una nuova frontiera scientifica nella lotta contro l’amianto e le malattie collegate alla fibra killer. «Alcuni studi clinici hanno dimostrato che esiste una maggiore incidenza del mieloma e delle leucemie in alcune popolazioni che sono state esposte all’amianto»: parola di Franco Mandelli, autorità nel campo delle leucemie e presidente dell’Ail durante un convegno che si è tenuto lunedì a San Felice al Circeo (provincia di Latina) organizzato dall’Avis e con la presenza di Legambiente e dell’Osservatorio nazionale amianto.

Le parole di Mandelli hanno spalancato le porte a nuove prospettive scientifiche: è la prima volta che la fibra killer viene indicata come responsabile di malattie che colpiscono altri apparati rispetto ai polmoni e ai bronchi. «Una ricerca italo-tedesca ha preso in esame sei zone della Germania e due della Sardegna, Nuoro e Cagliari: è stata trovata una correlazione tra l’amianto e l’insorgere di linfomi. E c’è una correlazione anche con alcuni tumori dei testicoli e nel midollo di alcuni pazienti leucemici sono state trovate fibre di amianto. Per cui in quei casi possiamo dire che la leucemia è stata provocata dall’amianto che funziona da immunodepressore». 
«È necessaria, indispensabile – ha continuato il prof. Mandelli – che la comunità scientifica lavori per ottenere una diagnosi più precoce possibile, per permettere un intervento tempestivo».

L’intervista

“In tribunale si aprono scenari nuovi”

Fino ad oggi c’era un punto fermo nella giurisprudenza: laddove c’è un mesotelioma pleurico, c’è stata una contaminazione da amianto. Un “vantaggio”, se così si può dire, in sede di prova, per la fibra killer rispetto ad altri agenti patogeni. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, ha al suo attivo centinaia di cause di risarcimento ma anche penali relative all’amianto.
Avvocato, cosa cambia con questa scoperta?
Molto, lo spettro di indagine diventa molto più ampio. Sappiamo che l’amianto è un immunodepressore e che è colpevole anche di danni molecolari del Dna. Occorre lavorare insieme all’Ail per poter portare il massimo aiuto alle vittime.
Sì ma in tribunale sarà difficile dimostrare che una leucemia è dovuta all’amianto.
Diciamo che sarà meno immediato di altre malattie che storicamente sono ricondotte all’inalazione delle fibre. In questi altri casi l’onere della prova cadrà sulle vittime, ma trovando le fibre nell’organismo saremo in grado di dimostrare la natura professionale delle malattie.

(Stefania Divertito)

ALBICOCCHE, IL FRUTTO ARANCIONE CHE FA BENE ALLA PELLE E AGLI OCCHI

proprietà albicocche, benefici albicocche, tumori albicoccheFresche e succose, le albicocche sono ricche di beta-carotene, la sostanza che conferisce il colore arancione al frutto e aiuta il nostro corpo ad abbronzarsi velocemente. Le albicocche sono povere di calorie, ma ricche di vitamine e minerali. Possiamo abbondare nel loro consumo, quindi, ma senza esagerare.

 

Le albicocche, grazie alle loro proprietà nutritive, rafforzano il sistema immunitario e contribuiscono alla salute degli occhi, della pelle, dei capelli, delle gengive. Ma aiutano anche il bilanciamento della pressione sanguigna, la funzionalità cardiaca e contrastano la formazione di placche sulla parete interna delle arterie. L’albicocca è un’ottima fonte di potassio e di ferro, per questo è ottima per combattere l’anemia.

 

Non solo. Le albicocche sono un ottimo alimento per la prevenzione dei tumori. Secondo uno studio pubblicato dall’American Cancer Society, le albicocche e altri alimenti ricchi di beta-carotene riducono il rischio di cancro alla laringe, all’esofago e ai polmoni. Le albicocche, ricche di antiossidanti, tengono lontani i radicali liberi, mantenendo giovane la nostra pelle.

Ora l’ordine dei medici riconosce il metodo Di Bella

L’ordine dei medici di Bologna dà il patrocinio al congresso organizzato dalla Fondazione Di Bella in programma sabato, dal titolo “Evidenze scientifiche non valorizzate in oncoterapia”. Non solo: fra i relatori anche oncologi e ricercatori di varie università

di Gioia Locati 

L’ordine dei medici di Bologna dà il patrocinio al congresso organizzato dalla Fondazione Di Bella. Il convegno, dal titolo “Evidenze scientifiche non valorizzate in oncoterapia” è in programma sabato a Bologna (aula magna dell’università, via Belmeloro 14) dalle 9 alle 18.30..

 
Ingrandisci immagine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ingresso è libero. È la prima volta che un ordine dei medici riconosce il valore scientifico del metodo Di Bella, non solo patrocinandone il convegno ma favorendo la partecipazioneanche fra i non dibelliani. Il presidente dell’ordine dei medici bolognese, Giancarlo Pizza, infatti, illustrerà proprio sabato i risultati di una sperimentazione da lui condotta, in collaborazione con l’università di Firenze, su 360 malati di carcinoma renale metastatico a cui è stato iniettato un vaccino.


Dottor Pizza, il patrocinio al convegno significa che riconoscete il valore della terapia Di Bella? 

“Stiamo dando il patrocinio a un convegno che ha basi scientifiche, i cui lavori sono stati sottoposti al vaglio dell’ordine dei medici di Bologna. Ossia, gli argomenti che verranno dibattuti sono stati valutati e approvati da una commissione incaricata. Questo non significa che stiamo dando la patente al metodo Di Bella ma che prendiamo atto che ci sono colleghi che fanno osservazioni e ottengono risultati che si ritiene giusto che vengano proposti alla comunità scientifica”.


Come mai non collimano i risultati della sperimentazione del ’98 con le storie cliniche dei pazienti guariti? 

“Non sono in grado di entrare nel merito della sperimentazione del ’98, so che sono state fatte delle critiche ma non le conosco. Tuttavia, prendo atto che ci sono medici che ottengono risultati. Ed io non posso dire a questi colleghi che stanno sostenendo posizioni non vere”.


Il patrocinio bolognese capita a soli due mesi di distanza dalla sanzione che un altro ordine dei medici, quello di Bari, inflisse a un medico, reo di aver prescritto la cura Di Bella. Il presidente barese, Filippo Anelli, responsabile del provvedimento, lo motiva così: “Mi occupai io dell’esposto non perché il collega avesse prescritto i farmaci del metodo Di Bella ma perché aveva approfittato della sua posizione per speculare su un malato (forse su più di uno). Mi arrivò la segnalazione ed io fui obbligato a intervenire. Un ordine professionale non entra nel merito (non guarda se la cura è scientifica o meno) ma controlla se è rispettata la deontologia professionale. Questo vuol dire che un medico, in scienza e coscienza, se ritiene che faccia bene al malato, può anche prescrivere la cura Di Bella”.


Così al convegno di sabato interverranno non solo medici dibelliani ma anche studiosi di varie università, italiane e straniere. Si va dal virologo Giulio Tarro (professore a Philadelphia e presidente della fondazione de Beaumont Bonelli per la ricerca sul cancro e attualmente impegnato in lavori sull’immunoterapia) all’oncologo Paolo Lissoni del san Gerardo di Monza, noto per le sue 600 pubblicazioni sulle proprietà antitumorali della melatonina. Verranno esposti i risultati dell’immunovaccinoterapia sui malati di cancro renale metastatico (ai quali la chemioterapia non ha dato alcun beneficio) condotti dal gruppo congiunto università di Bologna e di Firenze (De Vinci, Capanna, Pizza, Lo Conte e Mazzarotto). La psichiatra Giusy Messina del Policlinico di Milano parlerà della psiconeuroendocrinologia, di come la prognosi del cancro è influenzata dallo stato psicologico e dalla dimensione spirituale del paziente. Infine, Giuseppe Di Bella affronterà il ruolo fondamentale che hanno le molecole anti-proliferative (somatostatina e anti-prolattinici) nel fermare il cancro. E, oltre ai casi di tumore al seno guariti con il metodo Di Bella, illustrerà le regressioni di microcitomi polmonari, leucemie linfatiche croniche, leucemie mieloidi acute, carcinomi del pancreas e fibrosarcomi.


Chavez: Stati Uniti sviluppato tecnologia per indurre cancro?Perché no

Molti leader del Sudamerica in questi ultimi anni hanno, uno dopo l’altro, contratto varie forme di tumore. Da Dilma Rousseff a Lula, da Fernando Lugo a Cristina Fernandez de Kirchner, passando da Hugo Chavez che si è domandato: “Che qualcuno abbia già sviluppato una tecnologia per indurre il cancro?”. Pensando subito agli Stati Uniti e agli esperimenti USA in Guatemala.

Hugo Chávez, presidente del Venezuela, operato d’urgenza a Cuba nel mese di giugno ufficialmente per un “ascesso pervico” (leggi http://is.gd/WKu0ny) ma già sottoposto a tre cicli di chemioterapia, durante un discorso all’accademia Militare ha lasciato intendere, precisando però che non era sua intenzione “accusare nessuno”, che forse gli Stati Uniti potrebbero aver sviluppato una “tecnologia per indurre il cancro”. Tale idea è sorta in Chavez dopo la notizia che anche alla presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner è stato riscontrato un tumore, precisamente alla tiroide. Prima di lei, nel 2009, fu diagnosticato e curato a Dilma Rousseff, braccio destro di Lula e indicata alla sua successione, un tumore linfatico. Successivamente, due mesi fa, tocco a Lula, a cui fu scoperto un tumore alla laringe, tanto che l’ex presidente del Brasile ha iniziato il suo secondo ciclo di chemio. Colpito poi da un cancro anche il presidente del Paraguay, Fernando Lugo, che pare sia riuscito a curare. Infine c’è il caso di Chavez e oggi quello di Cristina Fernandez de Kirchner.

“Strano, molto strano – dice Chavez in tv e via radio – ma non è impensabile che qualcuno abbia già sviluppato una tecnologia per indurre il cancro… Se avessero sviluppato questa tecnologia senza dirlo a nessuno, sarebbe così sorprendente? Magari lo verremo a sapere tra 50 anni, chissà”. “Non sto sospettando degli Stati Uniti – aggiunge il leader del Venezuela – ma vi ricordate quando si disse che alcune infezioni in Guatemala erano state scatenate dalla CIA?”.

Chavez si riferisce al fatto che solo poco tempo fa si è venuto a conoscenza, ufficialment, del fatto che gli americani hanno condotto in Guatemala dei terribili esperimenti medici su soldati, prostitute, carcerati e malati di mente (circa 1.300 persone), a cui venivano inoculati la sifilide, la gonorrea o l’ulcera molle (ulcera venerea). Ufficialmente pare che tali esperimenti, portati avanti senza il consenso dei diretti interessati, dovessero servire per capire se la penicillina potesse curare tali infezioni. Di fatto, la commissione d’inchiesta aperta in seguito alla sconcertante rivelazione, avvenuta dopo che il Wellesley College ha rinvenuto la documentazione del medico che ha condotto gli esperimenti, dottor John Cutler (morto nel 2003), sembra che abbia appurato che solo 700 persone infettate hanno poi ricevuto un qualche tipo di trattamento, mentre 83 persone sono decedute.

Inoltre, si è scoperto che in alcuni casi si è andato ben oltre la “somministrazione” del batterio. Sembra infatti che a 7 donne affette da epilessia sia stata iniettata la sifilide attraverso una iniezione nella parte posteriore del cranio, tanto che queste poco dopo hanno contratto una forma di meningite batterica, senza però essere stata curata. Particolare ancor più inquetante, la scoperta che invece ad una donna allo stadio terminale hanno iniettato altre malattie, tra cui la gonorrea, per vedere come il corpo avrebbe reagito ad altre infezioni. Sei mesi dopo, la donna è morta. Il presidente Barack Obama ha chiamato il presidente del Guatemala, Alvaro Colom, per porgere le scuse degli USA, anche se il presidente guatemalteco non ha mancato di sottolineare come “la ricerca degli Stati Uniti in Guatemala sarebbe da considerare un crimine contro l’umanità”. Non sono questi gli unici esperimenti di cui gli stati Uniti si sono “macchiati”. Tra i più eclatanti (e ufficializzati) quelli condotti tra il 1946 e il 1956 su ragazzi e donne in stato interessante, tra gli altri, a cui facevano mangiare o bere cibi e bevande radioattive per “vedere l’effetto che fa” (leggi http://is.gd/tz5R5z).

Jessica Montani

http://www.mainfatti.it/