Sondino Naso-gastrico (SNG)

Pino
392 giorni fa…
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Il sondino nasogastrico, i cui precursori risalgono al XVI secolo, può essere utilizzato per:

aspirare il contenuto gastrico, anche in caso di occlusione intestinale;
somministrare la nutrizione enterale;
svuotare lo stomaco da contenuti pericolosi (gastrolusi o lavanda gastrica);
prevenire la distensione dello stomaco prima o dopo un intervento chirurgico, anche se non c’è accordo in letteratura riguardo all’efficacia di questo utilizzo.
Nell’inserimento del sondino nasogastrico occorre fare particolare attenzione ai seguenti pazienti:

non coscienti, se erroneamente si posiziona il sondino nelle vie aeree, il paziente potrebbe non manifestare alcuna reazione;
in stato confusionale o deliranti, per la maggior difficoltà della manovra e per il maggior rischio di lesioni;
con malformazioni o lesioni della cavità orale o dell’esofago, per la maggiore difficoltà nel posizionamento;
sottoposti a intervento chirurgico dell’esofago o dello stomaco, per il rischio di lesione delle suture interne e per il pericolo di creare “false strade”;
con varici esofagee in atto, per il rischio di creare lesioni della mucosa e di rimuovere gli eventuali coaguli a parete appena formati.
Va fatta particolare attenzione quando si introduce un sondino nasogastrico nei pazienti con trauma cranico, facciale o con rinorrea per il rischio di passaggio nello spazio endocranico.

TIPI DI SNG.

Il sondino utilizzato per l’alimentazione enterale può essere in silicone o poliuretano perché deve essere morbido, flessibile in modo che la permanenza sia poco traumatica.4 Nei pazienti adulti si utilizzano sonde con un diametro compreso fra gli 8 e 12 French (1 French equivale a 0,3 mm), mentre nei bambini si usano sonde con diametro compreso tra i 6 e gli 8 French.

I sondini per adulti possono variare per diametro e per lunghezza (90-145 cm). Alcuni sondini sono concepiti per poter raggiungere la posizione digiunale dopo il legamento di Treitz. L’avanzamento e il posizionamento avvengono per peristalsi. Per l’alimentazione enterale possono essere utili i sondini con la punta magnetica che oltrepassano facilmente il piloro. Il posizionamento di questi sondini può essere controllato in modo semplice e sicuro senza bisogno della radiografia.

In Italia però questi sondini sono poco utilizzati.

Il sondino utilizzato per la somministrazione di farmaci e per la decompressione gastrica è di dimensioni maggiori (almeno 14 French) ed è solitamente meno flessibile. Non sembra ci siano differenze significative nel rischio di polmonite da aspirazione con sondini di diversa misura.
Ci sono anche sondini radiopachi e a doppio lume come il sondino di Salem utilizzato per l’aspirazione continua. Il secondo lume serve per mantenere costante la pressione all’interno dello stomaco. Per impedire l’entrata di materiale gastrico nel lume le valvole sono unidirezionali.

Altro dispositivo a doppio lume, di calibro tra 12 e 18 French, è la sonda di Miller-Abbott che ha all’estremità distale un palloncino che si gonfia attraverso un lume dedicato e viene utilizzato per far progredire il sondino nelle prime anse digiunali.

TECNICA DI POSIZIONAMENTO.

Come per tutte le manovre invasive prima di inserire un sondino nasogastrico bisogna informare il paziente e chiedergli il consenso. Le narici devono essere pervie e si deve verificare che non ci siano ulcerazioni o arrossamenti. L’introduzione del sondino non è generalmente dolorosa, ma è può essere fastidiosa perché può stimolare il riflesso del vomito.

Se possibile il paziente dovrebbe essere in posizione semiseduta (posizione di Fowler) e il sondino va inserito per circa 75 cm, pari alla lunghezza del percorso dalla narice al cardias. Occorre notare che in molti casi sono sufficienti 50 cm per superare il cardias. Per misurare la lunghezza del sondino da inserire si può sommare la distanza fra la punta del naso e l’apice del lobo auricolare e quella fra il lobo auricolare e l’estremità inferiore dello sterno, aggiungendo circa 15 cm. La punta in genere deve essere posizionata nella porzione distale dello stomaco, ma la scelta della sede di collocazione del sondino dipende anche dalle condizioni cliniche del paziente. In pazienti incoscienti o nei quali il riflesso della deglutizione è alterato è preferibile inserire il sondino nel digiuno per ridurre il rischio di rigurgito e la possibile aspirazione tracheale.

Non è corretto posizionare la punta del sondino a livello del cardias per l’alto rischio di reflusso.

Per ridurre il disagio dell’inserimento del sondino può essere utilizzato un lubrificante per via topica.

Prima di procedere con l’inserimento del sondino occorre ricoprire la punta con lubrificante idrosolubile che, nel caso di posizionamento erroneo del sondino nelle vie aeree, viene riassorbito facilmente senza il rischio di ostruzione.

Al paziente collaborante si chiede di inclinare leggermente la testa all’indietro mentre si inserisce il sondino nelle narici. Una volta che il sondino ha raggiunto l’orofaringe, si deve far piegare la testa del paziente in avanti chiedendogli di bere e di deglutire perché la deglutizione favorisce l’abbassamento dell’epiglottide e la chiusura delle vie aeree. Se il paziente ha conati di vomito si deve sospendere l’inserimento e bisogna dire al soggetto di fare alcuni respiri profondi o di sorseggiare dell’acqua per calmare il riflesso del vomito.

Se il paziente continua ad avere conati di vomito durante la manovra e non si riesce a far avanzare il sondino è probabile che questo possa essersi arrotolato in gola. In questo caso va ritirato indietro e re-spinto avanti fino a che riesce a entrare in esofago. Se la manovra di riposizionamento non riesce e il sondino rimane attorcigliato, lo si può recuperare attraverso la bocca con una pinza, tagliandolo all’estremità arrotolata e quindi sfilandolo dal naso.

Quando si giunge in prossimità della carena (a circa 25 cm dal punto di ingresso), se il sondino fosse stato posizionato per errore in trachea si può sentire la fuoriuscita di aria durante l’espirazione.

Per accertarsi dell’arrivo del sondino in stomaco, si deve aspirare con una siringa da almeno 30 ml. Se l’aspirazione non riesce si può provare a modificare la posizione del paziente (se è possibile si può spostarlo prima sul fianco sinistro, poi sull’altro fianco). Se non si riesce ad aspirare nulla si può far avanzare il sondino di altri 5 cm e ripetere l’aspirazione.

Modalità di fissaggio.

Il sondino va fissato al naso con un cerotto. Si può confezionare una sorta di “cravatta” con 2 strisce sottili di cerotto che si incrociano sul sondino oppure può essere fissato sulla fronte fra 2 strati di cerotto: uno inferiore, a contatto con la cute, e uno superiore, sovrapposto al cerotto inferiore, evitando così che il sondino tocchi la cute. Esistono anche i sistemi di fissaggio già predisposti, che bloccano il sondino e lo posizionano sul naso o sulla fronte con una striscia adesiva. Qualunque sia la tecnica o la modalità del fissaggio deve sempre essere possibile rimuovere o riposizionare il sondino facilmente.

Controllo del posizionamento.

Per verificare che il sondino sia posizionato correttamente ci sono numerosi metodi empirici come l’insufflazione di aria o woosh test, il controllo visivo dell’aspirato e il test del pH. Il controllo radiografico, endoscopico o l’utilizzo di sondini con punta magnetica sono considerati più affidabili ma vengono poco utilizzati nella routine.

Un controllo semplice e abbastanza affidabile può essere effettuato esaminando l’aspirato gastrico, preferibilmente dopo aver insufflato circa 30 ml di aria per liberare il sondino da eventuali tappi di muco, liquido gastrico o residui di cibo e quindi aspirando.

Bisognerebbe controllare la posizione del sondino prima della somministrazione di farmaci o del pasto enterale o ogni 12 ore in caso di alimentazione enterale continua.

Radiografia del torace e dell’addome.

La radiografia è il metodo da preferire per controllare il posizionamento del sondino,17,18 ma è anche il metodo meno praticato per l’esposizione alle radiazioni e per i costi economici e organizzativi. Oltretutto la necessità di eseguire una radiografia ritarda il momento di inizio dell’uso del sondino. Il controllo radiografico è raccomandato soprattutto quando vengono utilizzati sondini con un filo guida metallico e può essere indicato nei pazienti incoscienti, sedati, intubati, confusi, debilitati o non collaboranti. La lastra deve mostrare tutto il percorso del sondino e non solo la parte distale.

Endoscopia.

Anche la diagnostica endoscopica permette di controllare il corretto posizionamento del sondino, ma viene esclusa per il disagio che provoca al paziente, per la complessità di esecuzione e per il ritardo che comporta nel momento di inizio dell’uso del sondino.

Valutazione mediante rivelazione magnetica.

Per controllare il posizionamento del sondino la rivelazione magnetica sembra il metodo più valido ed efficace perché poco costoso, rapido, si può eseguire al letto del paziente ed è sicuro per il paziente (non ci sono rischi di esposizione a radiazioni ionizzanti, né di polmonite ab ingestis).

Per utilizzare questo sistema di controllo è necessario aver inserito un sondino con un sensore magnetico sull’estremità distale. Ci sono 2 metodi di valutazione ugualmente efficaci.

Il primo metodo consiste nel posizionamento di un rilevatore di campi magnetici sull’addome del paziente che rileva la posizione del sensore e rimanda l’immagine su un monitor di un computer.

Il secondo, meno costoso, consiste nell’utilizzo di un sondino con un sensore magnetico all’estremità distale e una piccola luce elettrica collegata all’estremità prossimale del sondino. Il sondino viene introdotto con una guida magnetica esterna che lo aiuta a seguire il tubo digerente. Una volta captato il campo magnetico si illumina la luce posta all’estremità prossimale.

Osservazioni delle secrezioni aspirate.

L’osservazione delle secrezioni è uno dei metodi più usati per controllare il posizionamento del sondino. Il secreto gastrico è normalmente verdastro (per il reflusso biliare) con sedimenti di colore marroncino, se c’è un po’ di sangue, oppure è incolore con filamenti biancastri e in rari casi è giallo paglierino. Quando l’aspirato gastrico è giallastro o bianco può essere confuso con quello tracheobronchiale.

Il secreto intestinale è generalmente più trasparente di quello gastrico e può apparire striato di bile con colori variabili dal giallo oro al verde marrone.

L’esofago normalmente non ha secrezioni al suo interno, salvo i casi di reflusso gastrico o di grandi quantità di saliva deglutita.

La letteratura su questo metodo è piuttosto scarsa e sono presenti opinioni discordanti. Si ricorda comunque la tendenza dei sondini a collabire durante l’aspirazione e la conseguente difficoltà a reperire materiale.

Misurazione del pH e delle bilirubina.

La misurazione del pH dell’aspirato è ritenuta un buon indicatore di corretto posizionamento del sondino nasogastrico.

Se il pH dell’aspirato è acido, compreso tra 1 e 4, il sondino dovrebbe essere posizionato correttamente nello stomaco, in quanto gli aspirati di secrezioni polmonari hanno un pH che può variare da 6,74 a 8,36. Oltre al pH però occorre valutare anche il colore e la consistenza dell’aspirato.

Se il pH è maggiore o uguale a 6 e il colore dell’aspirato è giallo paglierino, eventualmente striato di sangue e di consistenza acquosa con molto muco potrebbe trattarsi dell’aspirato delle vie respiratorie.

Se invece a un pH maggiore di 6 si associa un aspirato è di colore giallo oro o marrone verdastro, striato di bile è molto probabile che il sondino sia nel duodeno.
Questo metodo, nonostante sia poco invasivo ed economico, non può essere usato di routine perché non è sempre possibile ottenere del materiale gastrico dai sondini e perché in alcuni soggetti il pH dell’aspirato può essere alterato per esempio in caso di terapia con antiacidi o nei soggetti in nutrizione enterale cronica. Inoltre il secreto dei bambini è molto diverso da quello degli adulti e cambia con l’età.

Recentemente si è notato che l’associazione della misura del pH con la determinazione della quantità di bilirubina contenuta nell’aspirato può essere un sistema di verifica valido. La concentrazione della bilirubina, rilevata mediante apposite strisce reattive, può fornire entro certi valori (5 mg/dl) una buona garanzia di corretto posizionamento intestinale.

Negli studi che riportano l’utilizzo di questa tecnica si è notato che l’associazione della rilevazione dei valori di pH con la rilevazione della concentrazione della bilirubina rende affidabile la localizzazione del sondino (nell’albero respiratorio non è possibile trovare valori di pH associati a quantità di bilirubina superiori a 5 mg/dl).

Misurazione della CO2.

Misurare la CO2 all’estremità prossimale del sondino (capnometria) può essere un buon metodo per verificare se il sondino è posizionato nel tratto respiratorio. Attualmente ci sono 2 sistemi per valutare la CO2: il primo, più accurato, prevede una lettura continua dei cambiamenti di concentrazione, mentre il secondo si basa su un indicatore colorimetrico, la cui efficacia negli adulti non è stata valutata in letteratura.

Insufflazione d’aria.

La pratica, molto comune, di insufflare aria (circa 20 ml) nel sondino e di ascoltare il gorgoglio prodotto in epigastrio o in ipocondrio sinistro (woosh test) non è fondata su basi scientifiche, né consente di distinguere il posizionamento nello stomaco o nell’intestino. La difficoltà di utilizzo di questo metodo è legata al fatto che è possibile ascoltare il gorgoglio solo se c’è molto liquido nello stomaco. L’utilizzo esclusivo di questo metodo è pertanto sconsigliato.

Rivelazione del passaggio di aria in fase espiatoria.

In linea teorica, se durante l’inserimento si percepisce la fuoriuscita di aria dal sondino in corrispondenza degli atti espiratori è molto probabile che si trovi nell’albero respiratorio. L’ascoltazione del passaggio di aria in fase espiratoria, così come l’introduzione dell’estremità del sondino in un bicchiere d’acqua per verificare la presenza di eventuali bolle d’aria, non è raccomandata in quanto possono verificarsi casi di falsi positivi legati alla presenza di aria nello stomaco o di falsi negativi per l’impossibilità del passaggio di aria per ostruzione del sondino che tocca le pareti mucose delle vie respiratorie o che si riempie di muco.

Un altro aspetto negativo di questo metodo è che aumenta considerevolmente il rischio di inalazione di acqua negli adulti e soprattutto nei bambini.

Rilievo dei sin tomi respiratori.

La presenza di sintomi respiratori (tosse, cianosi, dispnea) o di disfonia può ragionevolmente indicare un malposizionamento, soprattutto nei pazienti coscienti e collaboranti, ma nei pazienti incoscienti questi sintomi potrebbero non manifestarsi.

Conclusione della procedura.

Si consiglia di segnare sul sondino (con un pennarello) il punto di fuoriuscita dalla narice, in modo da avere un riferimento in caso di eventuali dislocazioni. E’ preferibile riportare la lunghezza della porzione esterna della sonda nasogastrica e confrontarla con la misurazione effettuata al momento del posizionamento e annotata nella cartella clinica.

Lavare il sondino periodicamente con almeno 30 ml di acqua a temperatura ambiente per impedire la cristallizzazione dei sali biliari, che otturerebbe il sondino.

Il lavaggio interno della sonda può essere fatto con siringa (circa 30 ml) e acqua potabile ma le linee guida raccomandano in alcuni casi (per esempio nei pazienti a rischio infettivo) l’utilizzo di acqua bollita o sterile perché nell’acqua potabile è possibile trovare microrganismi resistenti ai processi di trattamento delle acque, compresa la disinfezione.

Occorre tenere presente che la cristallizzazione dei sali biliari dipende dalla densità del materiale, ma in genere è più frequente quando non si aspira perché il transito attraverso il tubo è più lento.

Controllo del paziente.

L’operatore sanitario deve controllare periodicamente il paziente verificando:

la tolleranza del paziente al sondino (chiedere se il paziente ha compreso i motivi per cui è statoposizionato il sondino);
il corretto posizionamento del sondino nel tubo digerente;
le caratteristiche dell’aspirato quantità, colore, qualità.
Occorre inoltre controllare se si sono formate lesioni da decubito nella narice dove è appoggiato il sondino e nella cute sottostante il cerotto di fissaggio.

Igiene del naso e del cavo orale.

Le narici possono essere pulite con un bastoncino di cotone inumidito e possono essere mantenute umide ed elastiche con un po’ di crema emolliente o con la stessa soluzione lubrificante utilizzata per l’inserimento della sonda.

Il cavo orale va tenuto umido e pulito, tenendo conto che il paziente respirerà soprattutto con la bocca e che le mucose tenderanno quindi a seccarsi. Se il paziente le accetta (e non vi sono controindicazioni cliniche) si può consigliare di prendere caramelle balsamiche o gomme da masticare che stimolano la salivazione.

L’igiene del cavo orale, cioè il lavaggio di denti e labbra, andrebbe eseguita almeno 2 volte al giorno.

Ogni 48-72 ore si deve cambiare il cerotto che fissa il catetere al naso e ispezionare la cute sottostante.

Uso del sandino naso-gastrico.

Aspirazione di materiale gastrico.

Per evitare traumi alla mucosa dello stomaco l’aspirazione di materiale gastrico andrebbe effettuata a intermittenza e con basse pressioni (fino a 30-40 mmHg). L’aspirazione può essere effettuata con un aspiratore a muro o con una siringa da 50 ml.

Somministrazione di farmaci.

E’ possibile somministrare farmaci con un sondino nasogastrico, ma occorre seguire alcuni accorgimenti per non alterare le caratteristiche del farmaco.4,29,30

Prima di somministrare un farmaco con il sondino nasogastrico bisogna sospendere momentaneamente l’alimentazione enterale anche se il farmaco è in forma liquida, per il rischio di precipitazione degli alimenti o dei farmaci e ostruzione della sonda. Nei casi più gravi si può formare un bezoari gastrico, concrezione che si deposita nello stomaco.

Se possibile è meglio preferire le forme farmaceutiche liquide, diluendo il preparato prima della somministrazione in modo da ridurre l’osmolarità di alcuni eccipienti, come per esempio il sorbitolo. Se non è possibile somministrare il farmaco in forma liquida, ma è necessario ricorrere alle compresse, prima di somministrarle bisogna frantumarle finemente tranne nel caso di compresse a lento rilascio (formulazioni retard), per il rischio di picchi di concentrazione e di livelli subterapeutici negli intervalli fra le dosi, e di compresse gastroresistenti. In questi 2 casi non è possibile frantumare le compresse, ma è necessario studiare forme di somministrazione alternative (per esempio capsule con granuli a lento rilascio, che potrebbero essere sospesi in un liquido, compatibilmente con il calibro del sondino, cerotti transdermici eccetera). Bisogna precisare però che i granuli a lento rilascio sono difficili da frantumare, tendono a depositarsi nel fondo della siringa e possono facilitare l’ostruzione del sondino. In ogni caso il problema va sempre segnalato al medico. Le capsule possono essere svuotate e messe in soluzione a eccezione di quelle di gelatina molle, che potrebbero contenere liquidi non miscibili in acqua. Se non ci sono alternative, il contenuto delle capsule molli può essere aspirato con una siringa, successivamente diluito in olio alimentare e iniettato nel sondino come tale o dopo emulsione in soluzione acquosa (tenendo conto della fotosensibilità e dell’adsorbimento alle pareti del sondino).

La sospensione o la soluzione da somministrare con il sondino può essere preparata con 10-15 ml di acqua corrente o minerale non gasata (non è necessaria acqua sterile o soluzione fisiologica). Per i bambini sono sufficienti 5-10 ml di acqua.
Tutto il materiale utilizzato per la preparazione va risciacquato con la stessa soluzione, in modo da disperdere la minore quantità possibile di farmaco. La soluzione o la sospensione va aspirata con una siringa e il sondino va irrigato con 20-30 ml di acqua prima e dopo la somministrazione.

E’ consigliabile somministrare un farmaco per volta, irrigando il sondino dopo ogni somministrazione, per evitare rischi di incompatibilità fra i diversi preparati. Non è consigliabile associare più farmaci per il rischio di interazioni chimiche e farmacologiche.

Se si utilizzano farmaci con un ristretto range terapeutico è opportuno assicurarsi che la biodisponibilità del farmaco sia quella attesa, controllando la concentrazione ematica del farmaco e ricorrendo a un’attenta consulenza farmacologica.

Complicanze.

Complicanze causate dalla permanenza del sondino.

La polmonite ab ingestis da vomito o reflusso gastroesofageo è la complicanza più temibile nei soggetti con sondino nasogastrico, con un’incidenza che va dall’1 al 4%.28 In particolare i soggetti più a rischio di reflusso gastroesofageo e di conseguenza di polmonite sono quelli in stato di incoscienza o con deficit neurologici. La nausea e il vomito invece si presentano nel 20% dei casi. Per ridurre il rischio di polmonite è necessario tenere il paziente in posizione semiseduta il più a lungo possibile.

Il reflusso gastrico può provocare anche lesioni da decubito e ulcerazioni del cavo orale, delle alte vie respiratorie e dell’esofago.

La diarrea non è una complicanza da imputare direttamente al sondino. E’ favorita però dalle caratteristiche dell’alimentazione enterale e in particolare: la velocità troppo elevata di somministrazione, la temperatura della soluzione introdotta (troppo alta o troppo bassa), la contaminazione della soluzione, l’osmolarità troppo alta o la possibile intolleranza al lattosio del paziente.

La permanenza del sondino per un lungo periodo può causare lesioni da decubito a livello delle narici, infiammazione del laringe posteriore, granulazioni, lesioni muscolari e lesioni delle corde vocali.

Se il posizionamento del sondino è concomitante a una tracheotomia, la frizione con la cannula può provocare lesioni del laringe posteriore, ritardandone la guarigione.

Sono stati descritti anche episodi di disidratazione in seguito a scarso controllo del liquido aspirato dal sondino e delle perdite del paziente.

Complicanze da posizionamento non corretto.

Durante l’introduzione, il sondino può essere posizionato erroneamente nell’albero bronchiale o in casi più rari nello spazio pleurico o nel mediastino in seguito a perforazione dell’esofago. È stato descritto anche un caso di pneumotorace.

Una volta inserito, il sondino può spostarsi dalla propria sede (deposizionamento da antiperistalsi) anche se inserito correttamente. Il rischio più alto è per i pazienti confusi, agitati, con conati di vomito, tosse o sottoposti a broncoaspirazione.

La retrazione del sondino aumenta la probabilità di polmonite ab ingestis. In caso di alimentazione enterale la progressione nel tratto intestinale può provocare intolleranza alimentare se la formulazione della dieta non è appropriata per l’intestino tenue.

Rimozione del sondino.

Il tempo di permanenza del sondino varia in base al motivo per cui è stato inserito e al materiale del sondino, si consiglia di controllare le indicazioni del produttore e le relative schede tecniche.

Due o 3 ore prima della rimozione del sondino occorre chiuderlo, soprattutto se in aspirazione, per verificare che il paziente non abbia nausea e vomito quando il sondino è chiuso.

Prima di rimuovere il sondino è utile introdurre circa 30 ml di aria per rimuovere eventuali secrezioni gastriche che a contatto con tessuti diversi dalla mucosa gastrica potrebbero essere irritanti.

Quando si sfila il sondino è utile consigliare al paziente di chiudere gli occhi perché la vista del sondino che fuoriesce dalle narici, unita all’eventuale presenza di muco e secrezioni, può provocare nausea e vomito. Si può anche chiudere il sondino con un morsetto o piegarlo fra le dita, impedendo così l’eventuale aspirazione del contenuto del sondino durante la sua estrazione.

Se il paziente collabora, gli si può chiedere di fare una profonda inspirazione e trattenere l’aria mentre si estrae il sondino per favorire la chiusura della glottide e ridurre il rischio di aspirazione di materiale nelle vie aeree.

http://prontoinfermieri.it/2012/07/10/sondino-naso-gastrico-sng/

Tracheostomie e tracheostomizzati – VIII parte – Facilitare la fonazione nel paziente tracheostomizzato.

Facilitare la fonazione nel paziente tracheostomizzato.

Inviato da S.R. – Ultimo aggiornamento (Thursday 02 March 2006)

Hess DR, Department of Respiratory Care, MassachussetsGeneralHospitalBoston

Respiratory Care, April 2005, Vol 50 No 4

Traduzione italiana

La cannula tracheostomica riduce l’abilità del paziente di comunicare con efficacia.

La possibilità di parlare rappresenta un elemento fondamentale per la qualità della vita del paziente tracheostomizzato.

Nel paziente ventilato è possibile la fonazione utilizzando

– una cannula fenestrata

– una cannula scuffiata con valvola fonatoria

 – una cannula scuffiata senza valvola fonatoria.

La fonazione può essere facilitata nel paziente con una cannula tracheale e in respiro spontaneo con:

– una cannula fenestrata

 – l’occlusione con il dito in presenza della cannula scuffiata

– l’uso della valvola fonatoria con cannula scuffiata

Il lavoro integrato tra paziente ed equipe (fisioterapista respiratorio, logopedista, infermiere) può portare a un’ efficace promozione della fonazione in molti pazienti che necessitano della tracheostomia per un lungo periodo.

 

 

Traduzione di alcuni estratti dall’articolo. 

 

Nel paziente in respiro spontaneo la fonazione è possibile, in particolare, tramite:

 

1. Occlusione della cannula tracheale scuffiata con un dito: il paziente (o il care giver) può posizionare il dito sulla cannula per permettere all’aria di raggiungere le alte vie aeree. Per molti pazienti questa tecnica è di facile esecuzione,

ma altri non hanno la coordinazione necessaria per utilizzare questo metodo.

2. Occlusione della cannula tracheale scuffiata con valvola fonatoria: nel paziente in respiro spontaneo la valvola fonatoria permette all’aria espiratoria di raggiungere le vie aeree superiori e di permettere al paziente la fonazione. Questa metodica è probabilmente la più comune per facilitare la fonazione in questi pazienti. Nonostante però in molti casi venga usata con efficacia, esistono anche alcune controindicazioni.

La valvola fonatoria può essere usata nel paziente vigile, responsivo, che accenna tentativi di comunicazione.

Le condizioni cliniche devono essere stabilizzate e deve essere mantenuta la cannula scuffiata.

Nonostante la valvola fonatoria faciliti l’espettorazione orale delle secrezioni è necessaria, prima del posizionamento, la broncoaspirazione se il paziente presenta abbondanti secrezioni.

Prima del posizionamento, inoltre, è necessario valutare il rischio di inalazione (attenzione alle inalazioni silenti) in quanto la valvola è controindicata in pazienti con un rischio elevato.

Non devono essere presenti ostruzioni a livello delle vie aeree superiori (esempio tumori, stenosi, tessuti di granulazione, secrezioni).

È necessario inoltre valutare il diametro della cannula e prenderne in considerazione l’eventuale riduzione.

Anche la cuffia può creare un’ostruzione, nonostante sia sgonfia. In tal caso valutare la sostituzione di una cannula con una non cuffiata o eventualmente con una fenestrata.

Prima di posizionare la valvola controllare che la cannula sia completamente scuffiata e che le secrezioni siano state rimosse.

Testare la tollerabilità dell’occlusione del tracheostoma con un dito e dopo il posizionamento della valvola: osservare la funzionalità respiratoria del paziente (alcuni pazienti necessitano di un training di adattamento) monitorando

la funzione respiratoria (fondamentale la saturazione) e cardiaca.

Se il paziente mostra difficoltà respiratorie è necessario rimuovere la valvola.

 

Oltre a promuovere la fonazione, la valvola fonatoria può avere altri benefici. Alcuni studi evidenziano che può promuovere la deglutizione e ridurre il rischio di inalazione. Sono riportati inoltre studi che evidenziano la promozione dell’olfatto.

http://infermierincontatto.beepworld.it/tracheostomia.htm

Tracheostomie e tracheostomizzati – VII parte – Le raccomandazioni del “The Joanna Briggs Institute

Raccomandazioni


1. L’aspirazione deve essere fatta solo quando è stata compiuta una valutazione completa del paziente ed è stata stabilita la
necessità per tale procedura. Si raccomanda una valutazione individuale preliminare, ed una accurata osservazione
durante e dopo la procedura. Il paziente deve essere incoraggiato a tossire e ad espettorare autonomamente se è in grado.
(Livello IV)
2. A causa dei potenziali rischi associati, gli infermieri devono possedere abilità procedurali e delicatezza per eseguire la
manovra di l’aspirazione. (Livello IV)
3. Gli infermieri non devono instillare la soluzione fisiologica allo 0.9% prima di aspirare gli adulti con tracheostomia o
intubati. Accertando che i pazienti siano adeguatamente idratati è un modo con il quale gli infermieri possono facilitare la
rimozione delle secrezioni respiratorie. (Livello III.1)
4. Devono essere utilizzate tecniche asettiche durante l’aspirazione dei pazienti adulti ospedalizzati con tracheostomia.
(livello IV)
5. La misura del sondino di aspirazione non deve occupare più di metà del diametro interno della via respiratoria artificiale
per evitare pressioni negative maggiori nelle vie respiratorie e per minimizzare la caduta della PaO2. (livello IV)
6. L’opinione degli esperti suggerisce che la durata dell’aspirazione deve essere inferiore ai 10 -15 secondi. (livello IV)
7. Alcune forme di iperossigenazione prima di compiere l’aspirazione possono ridurre la potenziale ipossiemia postaspirazione
nei pazienti adulti ospedalizzati. (livello III.1)
Combinando l’iperossigenazione e l’iperinsuflazione si può potenzialmente minimizzare l’ipossiemia indotta
dall’aspirazione. (livello III.1)
8. Utilizzando volumi correnti proporzionali alle dimensioni del paziente si può contribuire ad una riduzione delle difficoltà
potenziali. (livello III.1)
9. Quando si iperossigena, lasciare il tempo perché l’aumentata percentuale di ossigeno passi attraverso i tubi del ventilatore
e raggiunga il paziente. (livello IV)
10. Deve essere utilizzato un ventilatore, piuttosto che un dispositivo di rianimazione manuale, per fornire
l’iperventilazione/iperossigenazione prima di aspirare al fine di ridurre le alterazioni emodinamiche. (livello III.2)
11. Utilizzare al massimo due passaggi di aspirazione. (livello III.1)
12. È necessaria una completa valutazione del paziente per pianificare gli interventi di aspirazione. L’iperinsuflazione può avere
implicazioni cliniche per pazienti che hanno un aumento della PIC o che hanno di recente subito un intervento vascolare o
cardiochirurgico o che sono emodinamicamente instabili. (livello II)
13. Modificare le attività e distanziare gli interventi che sono riconosciuti responsabili nel determinare un aumento della MICP
o MAP con intervalli di almeno 10 minuti. Le azioni devono essere pianificate su una completa valutazione dei bisogni del
paziente; quando possibile occorre considerare le attività di assistenza passo per passo piuttosto che farle come attività consolidate

 

Riassunto delle evidenze


1. 
I traumi tracheali, l’ipossiemia indotta dalla aspirazione, l’ipertensione, le aritmie cardiache e l’aumento della pressione intracranica
sono state associate alle procedure di aspirazione. (livello III.3)
2. I pazienti hanno riferito che l’aspirazione può essere una procedura dolorosa e ansiogena. (livello IV)
3. Somministrare un bolo di soluzione fisiologica allo 0.9%, per rendere più liquide le secrezioni, non è convalidato in letteratura. (livello
III.1)
4. C’è un rischio potenziale che più batteri entrino nelle basse vie aeree durante ripetute operazioni di aspirazione, in particolare se è
utilizzata in modo routinario l’instillazione di soluzione fisiologica come parte della procedura. (livello IV)
5. Il rapporto del diametro del sondino di aspirazione rispetto al diametro del tubo endotracheale può essere direttamente correlato alla
pressione negativa all’interno del polmoni. (livello IV) La caduta dei livelli di PO2 è stata riferita essere maggiore quando sono
utilizzati sondini per aspirazione più grossi. (livello III.2)
6. Se si raddoppia la durata del periodo di aspirazione si possono dimezzare i livelli di PO2. (livello III.1)
7. L’iperossigenazione prima dell’aspirazione può potenzialmente ridurre l’ipossiemia indotta dalla manovra. Associando
l’iperossigenazione con l’iperventilazione si può minimizzare l’ipossiemia indotta dall’aspirazione. (livello III.1)
8. I pazienti hanno riferito sensazioni di dispnea durante l’iperventilazione condotta con volumi maggiori del volume corrente (900 cc).
(livello III.1)
9. Un periodo di pausa fino a 2 minuti può essere necessario quando l’iperossigenazione è realizzata attraverso dei vecchi respiratori,
al fine di dare tempo perché l’aumentata percentuale di ossigeno attraversi i tubi del ventilatore e raggiunga il paziente. (livello IV)
10. L’uso del ventilatore per fornire l’iperossigenazione e l’iperventilazione può determinare meno alterazioni emodinamiche rispetto
l’uso di dispositivi manuali per la ventilazione (MRB). (livello III.2)
11. Aumenti nella MICP, MAP e nei livelli di CPP nei pazienti con traumi cerebrali acuti possono essere associati all’aspirazione e questi
cambiamenti si possono sommare ad ogni sequenza di aspirazione successiva. (livello III.1)
12. Ripetute sequenze di iperventilazione-aspirazione possono portare a modifiche emodinamiche significative nella MAP, nella attività
cardiaca e nel ritmo cardiaco. (livello II)
13. I pazienti con severi traumi chiusi del capo, in particolare coloro che rispondono con un innalzamento della PIC, sono a rischio di ipertensione intracranica durante l’aspirazione

Tracheostomie e tracheostomizzati – II parte -LA CANNULA TRACHEALE

LA CANNULA TRACHEALE

 

 

Materiali utilizzati per la costruzione di cannule tracheali

 

I materiali impiegati nella costruzione delle CT devono rispondere a precise caratteristiche di atossicità e superare i test d’efficacia .

I materiali più utilizzati oggi sono il PVC , il silicone e metallo ( ottone, ottone argentato, argento, oro e acciaio).

Le prime CT utilizzate furono quelle in gomma naturale (ormai non più in uso) e le CT metalliche (di Jackson). Queste ultime vengono tutt’oggi utilizzate in chirurgia ORL e in pazienti portatori di tracheotomie di lunga durata o permanenti.

Questo tipo di materiale dà la possibilità di poter variare artigianalmente il diametro, la curvatura e la lunghezza della CT (ovvero di personalizzare la cannula);

gli svantaggi sono la rigidità e la possibilità di ossidazione ed erosione della cromatura esterna in caso di secrezioni tracheali particolarmente acide.

 

Il silicone è un elastomero, che, per alcune sue caratteristiche, è apparentemente uno dei più idonei, infatti, oltre ad avere elevata tollerabilità può essere sterilizzato in autoclave.

Tra gli svantaggi nell’utilizzo di questo materiale abbiamo: l’alto costo, l’elevato attrito di superficie, l’elevata memoria (tendenza a riassumere la forma originale).

 

PVC medicato privo di lattice, anallergico. Tale materiale atossico termosensibile e radiopaco risulta confortevole per il paziente e riduce il rischio di lesioni tracheali.

Questo tipo di materiale è ad oggi il più utilizzato.

 

 

CARATTERISTICHE GENERALI
 

 

La cannula tracheale è composta da tre elementi:

  • Cannula
  • Controcannula e
  • Mandrino

 

 

 

La cannula

 

 

mantiene la tracheostomia pervia consentendo una normale respirazione. La parte curva del tubo è  posizionata nella trachea, mentre la flangia nella parte esterna.

 

La cannula viene fissata saldamente per mezzo di fettucce di fissaggio che vengono fatte passare attraverso i fori della flangia.

 

Mandrino

È posto all’interno della cannula nella fase di posizionamento della stessa. Esso serve per facilitare l’introduzione della cannula rendendo la manovra atraumatica.

 

Controcannula

Viene inserita dentro la cannula dopo il posizionamento e serve a mantenere pulita la cannula interna evitando che questa debba essere rimossa durante le manovre di pulizia.

 

La ISO (International Organization for Standardization)  ha stabilito dei parametri entro cui devono rientrare le caratteristiche delle CT. Per comodità didattica distinguiamo le caratteristiche in intrinseche ed estrinseche.

Le caratteristiche intrinseche sono quelle presenti in tutte le cannule anche se con parametri diversi; esse sono: il diametro, la lunghezza, la forma, la flangia, il tratto esterno e la punta.

Le caratteristiche estrinseche sono quelle che differenziano le CT tra di loro. Le CT, infatti, possono essere cuffiate, non cuffiate, fenestrate o cuffiate fenestrate.

 

 

CARATTERISTICHE INTRINSECHE

 

Diametro

In passato le CT venivano identificate in base alle dimensioni del diametro esterno (OD); questa classificazione, detta di Jackson, è ancora utilizzata per le cannule metalliche.

Attualmente la classificazione utilizzata per individuare le CT è quella che tiene conto del diametro interno (ID). Non tutte le CT hanno l’ID uguale in tutta la sua lunghezza, pertanto si fa riferimento all’ID più prossimo alla flangia.

Il diametro della cannula varia in base alle dimensioni dello stoma tracheale.

Le cannule generalmente hanno un calibro compreso tra 9.4 e 13.8 mm. Nell’adulto.

 

Lunghezza

La lunghezza è un parametro molto variabile è dipende dalla ditta produttrice, generalmente tra 65 e 81 mm.

 

Forma

In base alla forma le CT possono essere suddivise in angolate e a semicerchio. Le CT angolate sono quelle che vengono solitamente utilizzate nelle tracheotomie percutanee. Sono costituite da due braccia, uno orizzontale, che è quello che si continua con la flangia, uno verticale endotracheale, e da una curvatura che deve essere obbligatoriamente ad angolo ottuso.

Questa forma è sicuramente quella più anatomica, rispettando il più possibile le varie strutture.

Nelle CT a semicerchio invece le due braccia  si continuano l’una nell’altra senza formare un vero angolo. Questa forma è tipica delle CT rigide e semirigide (metalliche, PVC). Esse di solito sono dotate di controcannula e sono destinate a tracheotomie di lunga durata o permanenti.

 

Flangia

La flangia è una lamina posta perpendicolarmente alla cannula. Essa è il limite oltre il quale la CT non può essere inserita nella tracheotomia; infatti, oltre a determinare la lunghezza della stessa cannula ne permette la fissazione attraverso piccoli fori a forma di asola posti ai suoi lati, attraverso i quali si fanno passare i lacci che vengono legati dietro la nuca.

La flangia di solito è saldata alla cannula, ma esistono CT in cui essa può scorrere lungo tutto il suo tratto orizzontale, permettendone l’adattamento a seconda delle singole esigenze.

 

Tratto esterno

E’ la porzione posta verso il lato esterno della flangia, le sue dimensioni variano a seconda della ditta produttrice, solitamente ha forma cilindrica e una lunghezza di circa 1,5 cm. Nelle CT angolate senza controcannula esso può essere fuso alla flangia o essere rimovibile. Nelle cannule a semicerchio di solito è saldato alla controcannula. La sua funzione, oltre che permettere di collegare il terminale del respiratore, è anche quella di poter estrarre agevolmente la controcannula.

 

Punta

E’ l’estremità endotracheale della cannula è solitamente smussa; di solito ha una sezione cilindrica perpendicolare all’asse lungo del braccio endotracheale, in modo da formare con questo un angolo di 90°; in alcune cannule può avere anche la forma a becco di flauto, purché l’angolo ß sia maggiore di 50°

 

 

 

CARATTERISTICHE ESTRINSECHE

 

CANNULE CUFFIATE

 

Sono  provviste di un manicotto esterno (o cuffia) gonfiabile a bassa pressione per mezzo di un manometro o di una siringa e consentono di mantenere una buona tenuta sulla parete tracheale. La pressione della cuffia non deve superare i 20/25 mmHg.

Questo tipo di cannula consente il mantenimento di volumi di ventilazione costanti durante la VMI (ventilazione meccanica intensiva o integrata) per assenza di fughe d’aria e previene episodi di inalazione in pazienti disfagici o con alterazione dello stato di coscienza.

La cuffia, pur con modesta pressione alla parete della trachea, può causare lesioni da decubito e da compressione ischemizzante sulla mucosa tracheale. Tale evenienza può essere evitata sgonfiando periodicamente la cuffia nell’arco della giornata o con l’utilizzo di speciali cuffiature a bassa pressione o a doppia cuffiatura.

Presenta anche altri svantaggi quali, il maggior traumatismo durante le manovre di sostituzione. Può necessitare inoltre di frequenti sostituzioni per rotture alla cuffia, usura del sistema di gonfiaggio.

 

Nursing

Informare sempre il paziente circa le manovre che verranno effettuate. Controllo e mantenimento di adeguati valori pressori a livello della cuffia in quanto l’introduzione di eccessivi volumi d’aria può creare problemi ischemici da compressione e favorire l’insorgenza di lesioni e stenosi tracheali.

Umidificazione dell’aria inspirata e aerosol terapia onde prevenire la possibile formazione di tappi di muco.

Mantenimento di una corretta igiene dello stoma, sostituzione periodica del materiale accessorio (filtro, garza, fascetta, ecc).

 

 

CANNULE NON CUFFIATE

 

Il loro utilizzo è consigliato in assenza di problemi di deglutizione, durante training di rimozione della cannula e qualora sia necessario mantenere la broncoaspirazione.

Inoltre il loro utilizzo può essere riservato ai pazienti avviati ad un programma di adattamento alla ventilazione non invasiva. L’utilizzo di queste cannule permette:

1 la fonazione a cannula chiusa

2 la riduzione del rischio di insorgenza decubiti tracheali

3 una maggior facilità di gestione

4 minor traumatismo durante le manovre di sostituzione

5 facilita l’inizio del training di svezzamento con progressiva riduzione del calibro della cannula fino alla chiusura della stomia.

 

Gli svantaggi sono che è difficilmente utilizzabile durante la ventilazione meccanica e che non vengono prevenuti episodi di inalazione e sanguinamento della trachea.

 

Nursing

 

 

E’ importante:

  • valutare il paziente a cannula chiusa (parlare con tracheostomia) ;
  • controllare l’evoluzione del processo di chiusura dello stoma in corso di progressiva riduzione del calibro;
  • utilizzare idrocolloidi adesivi o poliuretano al fine di ottenere una perfetta tenuta dello stoma intorno alla cannula ed evitare così fughe di aria che potrebbero condizionare sfavorevolmente l’efficacia della ventilazione non invasiva; della tosse o della fonazione.

  

CANNULE FENESTRATE


Presentano un foro ovoidale a livello della porzione posteriore e superiore. Scopo della fenestratura  è di consentire il passaggio di aria attraverso le corde vocali e con esso la fonazione. Le cannule fenestrate sono dotate di controcannula  che ne consente l’utilizzo in ventilazione e riduce il rischio di lesioni della mucosa durante le manovre di broncoaspirazione.

Gli svantaggi sono legati alla maggior complessità di gestione dovuta a dotazione  di più accessori,  alla necessaria manipolazione della controcannula che potrebbe determinare un maggiore rischio di contaminazione batterica ed infine potrebbero insorgere con più facilità i granulomi in sede della fenestratura.

 

Nursing

 

 

·         Le manovre di broncoaspirazione devono essere effettuate solo dopo aver posizionato la controcannula non  fenestrata.

·         Segnalazione precoce di ostacoli o sanguinamenti durante la manovra d’introduzione della controcannula.

·         Educazione del paziente ad una gestione ottimale di tutti gli accessori in dotazione e alle procedure igieniche da seguire al fine di ridurre i rischi di contaminazione ( uso di detergenti, scovolini, disinfettanti specifici)

 

 http://infermierincontatto.beepworld.it/tracheostomia.htm

Facilitare la fonazione nel paziente tracheostomizzato

Traduzione italiana dell’abstract

La cannula tracheostomica riduce l’abilità del paziente di comunicare con efficacia.
La possibilità di parlare rappresenta un elemento fondamentale per la qualità della vita del paziente tracheostomizzato.
Nel paziente ventilato è possibile la fonazione utilizzando

  1. una cannula fenestrata

  2. una cannula scuffiata con valvola fonatoria

  3. una cannula scuffiata senza valvola fonatoria.

La fonazione può essere facilitata nel paziente con una cannula tracheale e in respiro spontaneo con:

  1. una  cannula fenestrata

  2. l’occlusione con il dito in presenza della cannula scuffiata

  3. l’uso della valvola fonatoria con cannula scuffiata

Il lavoro integrato tra paziente ed equipe (fisioterapista respiratorio, logopedista, infermiere) può portare a un’efficace promozione della fonazione in molti pazienti che necessitano della tracheostomia per un lungo periodo.

Traduzione di alcuni estratti dall’articolo.
Nel paziente in respiro spontaneo la fonazione è possibile, in particolare, tramite:

1. Occlusione della cannula tracheale scuffiata con un dito: il paziente (o il care giver) può posizionare il dito sulla cannula per permettere all’aria di raggiungere le alte vie aeree. Per molti pazienti questa tecnica è di facile esecuzione, ma altri non hanno la coordinazione necessaria per utilizzare questo metodo.

2. Occlusione della cannula tracheale scuffiata con valvola fonatoria: nel paziente in respiro spontaneo la valvola fonatoria permette all’aria espiratoria di raggiungere le vie aeree superiori e di permettere al paziente la fonazione. Questa metodica è probabilmente la più comune per facilitare la fonazione in questi pazienti. Nonostante però in molti casi venga usata con efficacia, esistono anche alcune controindicazioni.
La valvola fonatoria può essere usata nel  paziente vigile, responsivo, che accenna tentativi di comunicazione. Le condizioni cliniche devono essere stabilizzate e deve essere mantenuta la cannula scuffiata. Nonostante la valvola fonatoria faciliti l’espettorazione orale delle secrezioni è necessaria, prima del posizionamento, la broncoaspirazione se il paziente presenta abbondanti secrezioni.
Prima del posizionamento, inoltre, è necessario valutare il rischio di inalazione (attenzione alle inalazioni silenti) in quanto la valvola è controindicata in pazienti con un rischio elevato.
Non devono essere presenti ostruzioni a livello delle vie aeree superiori (esempio tumori, stenosi, tessuti di granulazione, secrezioni).
È necessario inoltre valutare il diametro della cannula e prenderne in considerazione l’eventuale riduzione. Anche la cuffia può creare un’ostruzione, nonostante sia sgonfia. In tal caso valutare la sostituzione di una cannula con una non cuffiata o eventualmente con una fenestrata.
Prima di posizionare la valvola controllare che la cannula sia completamente scuffiata e che le secrezioni siano state rimosse. Testare la tollerabilità dell’occlusione del tracheostoma con un dito e dopo il posizionamento della valvola osservare la funzionalità respiratoria del paziente (alcuni pazienti necessitano di un training di adattamento) monitorando la funzione respiratoria (fondamentale la saturazione) e cardiaca.
Se il paziente mostra difficoltà respiratorie è necessario rimuovere la valvola.
Oltre a promuovere la fonazione, la valvola fonatoria può avere altri benefici. Alcuni studi evidenziano che può promuovere la deglutizione e ridurre il rischio di inalazione. Sono riportati inoltre studi che evidenziano la promozione dell’olfatto.

http://www.fli.it/

Storia di una valvola fonatoria 3 parte

Non mi stancherò di dire che ognuno di noi è un caso a se stante e particolare e che io posso raccontare solo il mio.
Faccio due esempi banali : a me non hanno tolto la tiroide ma non ho più il pomo di adamo e quindi oltre ad avere uno stoma molto grande ho anche il sotto mento più incavato.
Cercate di capirmi non è niente di particolare tanto che non me ne ero nemmeno accorto fino ad oggi (questo per farvi capire che non è una cosa grave) ma me ne sono accorto da quando il cerotto porta filtro se non aderisce molto bene fa fuoriuscire l’aria.
Ma forse è bene che faccia una distinzione su due modi di utilizzo della valvola fonatoria.
La valvola fonatoria funziona con il principio che quando te espiri l’aria se trova lo stoma chiuso (o con le dita o con un “corpo” adeguato”) si insinua in questo “forellino” e torna a percorrere la “vecchia via” 🙂 ovvero entra nella parte posteriore e se vuoi puoi sentire di nuovo l’aria che esce dalla bocca. Come si producono i suoni e cosa vibra non chiedetemelo, però funziona, di questa affermazione ne sono responsabile.
Quindi il primo grosso spartiacque è : con o senza filtro+cerotto?
Non ridete, è una cosa molto seria e una scelta che varia e/o varia da persona a persona.
Come voi sapete io già da un anno e mezzo porto i filtri (definiti falsi naso) perchè mi proteggono i polmoni e mi inumidiscono l’aria che vi penetra (io da quando son o operato non ho mai avuto un raffreddore, sarà un caso ma è un dato) quindi non ci voglio, almeno per il momento 
al loro utilizzo e inoltre il mio obiettivo è arrivare alla fonazione a mani libere, ovvero non dover portare il dito a premere/chiudere il filtro.
Ricapitolando quindi ci sono vari livelli :
1 – inserimento della valvola per chi non riesce a utilizzare in maniera “decente” e senza tanti sforzi la voce esafogea. Con questo banale inserimento la persona chiudendo lo stoma con il pollice o due dita riesce da subito a parlare meglio che con la voce esafogea e con frasi più lunghe.(sfrutta tutta la sua espirazione)
2 – utilizzo del cerotto+filtro/membrana per poter parlare senza ausilio della mano. Io al momento non l’ho ancora provato, penso di cominciare dopo il primo cambio valvola.
Anche in questo caso mi sono trovato sprovvisto degli ausili necessari per una giusta gestione del mio stoma/valvola, ovvero nessuno m in aveva detto che dovevo comprare/procurarmi degli ausili PRIMA dell’operazione e non dopo quando ne hai bisogno perchè non sono ausili che vai in farmacia e li compri. (se qualcuno pensa di farsi inserire la valvola mi chieda i particolari compresi cod prodotto ecc ecc)
E’ per questo motivo che sto avendo difficoltà nella gestione del cerotto perchè non ho quello giusto, ne ho di tre tipi ma non di quello giusto, mi dovrebbero arrivare entro metà mese.
Invece sfato un “problema” che mi ossessionava/preoccupava molto prima dell’operazione (ai cerotti non ci avevo pensato, è sempre così) la pulizia della valvola! va fatta con uno scovolino due volte il giorno, è di una banalità assurda.
Se uno non porta il cerotto è facilissimo e si fa bene mentre se uno porta il cerotto bisogna adattare lo scovolino (almeno io ho fatto così) 
piegando leggermente la punta e non si può ruotare.
Quindi quando cambio il cerotto (ogni due giorni mediamente) faccio le “pulizie si Pasqua” me tre le altre volte faccio la “pulizia giornaliera”.
Al momento non uso nè liquidi antibatterici nè liquidi antibiotici.
Diamo Cesare a quel che è di Cesare : sto avendo sia dal chirurgo che da due logopediste un aiuto notevole!! con controlli settimanali, più per tranquillizzarmi che altro perchè mi dicono che tutta va bene e che sono bravo!! :)))
(non sto dicendo una stupidaggine quando dico che mi aiutano anche le logopediste perchè mi stanno aiutando a parlare meno velocemente, a rilassarmi e spingere meno l’aria, difetto preso nei mesi precednti, e a utilizzare i vari ausili nella maniera giusta)

Fabri

Storia di una valvola fonatoria 2 parte bis

Prima di passare alla terza “puntata” credo sia necessario fare chiarezza sul dubbio manifestato da Giovanni e Ester anche per il motivo che credo che in Italia (all’estero è diverso) sia tra i pochi che utilizzano in forma continuativa i filtri copristoma.
La valvola fonatoria è nata indipendentemente dai “filtri per alleviare la tosse e i problemi polmonari” e dalla “fonazione a mani libere”.
Quindi direi di partire dalla situazione base che è quella che ho verificato con la paziente a cui ho visto cambiare la valvola.
Questa signora ormai da dieci anni ha la valvola, non ha mai usato i filtri e per parlare correntemente inserisce due dita sotto il foulard e tappa/chiude lo stoma! l’aria non potendo uscire dallo stoma si inserisce nella valvola e va a colpire le pareti della faringe e “nascono” i suoni.
Questo è il 1 STEP.
Coloro che utilizzano i filtri in sostituzione del foulard/bavaglino invece devono sempre portare una mano al collo e premere la parte centrale del filtro per chiudere l’uscita dell’aria.
Questo è il 2 STEP su cui poi torno perchè sto trovando dei problemi iniziali e di cui è bene tenere conto.
Il terzo STEP a cui non sono ancora arrivato (ma è il mio punto di arrivo o almeno lo spero) consiste sempre in un filtro su cui si applica una valvola che si chiude automaticamente quando il paziente parla. Si possono applicare tre diversi tipi di membrana in funzione della “potenza” respiratoria del paziente.Spero di cominciare a fare i test a breve (per me breve vuol dire un mese e quindi …. calma 🙂 )
Invece torno al secondo STEP ovvero ai primi problemi/sorprese che ho avuto quando ho cominciato a parlare con il filtro.
Premetto che io sono un ex biondo (adesso sono pelato) e quindi di carnagione chiara e delicata! non è un particolare da ignorare quando si affrontano questi problemi e si prendono scelte conseguenti.
Come supporto al filtro bisogna utilizzare un cerotto, questo cerotto è circolare e con un diametro di 8 cm al cui centro si apre un foro di 2,4 cm (un pollice) in cui viene inserito il filtro.
Di questi cerotti ne esistono di tre tipi e io ne ho provati due (il terzo è poco interessante).In cosa differiscono? nella forza della colla che li lega al collo! E’ chiaro che la colla più forte ti permette di cambiare il cerotto ogni 48 ore mentre l’altro ogni 24 ore (sono tempi indicativi) però se uno ha la pelle “delicata” il cerotto con la colla più forte dopo alcuni giorni infiamma la pelle.
Quindi io fino ad oggi alternavo cerotti a minor tenuta a cerotti ncon maggior tenuta.
Questo è un problema con la valvola fonatoria perchè il cerotto a minor tenuta quando io chiudo il filtro per poter parlare e deviare quindi l’aria questa anzichè inserirsi nella valvola fonatoria solleva in alcuni punti il cerotto e esce da li e io non parlo 🙂
Facciamo il punto : per poter parlare con la valvola fonatoria i portatori di filtro devono usare cerotti a alta tenuta oppure quando vogliono far riposare la pelle utilizzare la valvola come descritto nel primo step ovvero con bavaglino e chiusura dello stoma con i diti
Esiste un quarto cerotto nato e costruito proprio e solo come portatore di valvola automatica per la fonazione a mani libere che io ancora non ho visto e provato e quindi rimando a successive informazione dopo che lo avrò utilizzato.
Forse mi sono dilungato troppo ma questo per gli “altri” ma non per noi che ben sappiamo che sono i particolari che ci cambiano la “qualità del vivere quotidiano”.
Oggi è una settimana esatta che mi sono operato, e mi faccio una domanda : lo rifarei? SI
Non credo che saranno tutte rose e fiori e come avete capito i primi problemini li ho già incontrati ma vi assicuro che il poter contare fino a dieci dopo tre ore dall’operazione non lo dimenticherò mai.
E questo senza nessun corso ecc io non ho fatto altro che parlare ma di questo vi dirò la prossima volta.Ciao

by Fabrizio