La voce delle,donne provoca stanchezza nel cervello

LA VOCE DELLE DONNE PROVOCA STANCHEZZA NEL CERVELLO DELL’UOMO

LO STUDIO: L’uomo non può ascoltare una donna parlare a lungo per motivi biologici

La frase “non posso più sentirti parlare” ha adesso un fondamento scientifico. La voce femminile provoca stanchezza nel cervello dell’uomo.

Così, tutti gli uomini che non ascoltano le proprie mogli o compagne e che fino ad oggi hanno cercato una scusa per metterle a tacere, adesso potranno mostrare che anche il problema è da individuare nella costituzione biologica del cervello e della voce della donna. Per questo, il cervello dell’uomo si stanca quando sente la voce di una donna.

Certo, si tratta di una tesi “scomoda” per l’universo femminile ma, come riportano alcuni quotidiani internazionali (per le fonti, vedi articolo collegato), il professor Michael Hunter, dell’Università di Sheffield (UK), non ha dubbi: la voce femminile ha dei toni più complessi di quella maschile, che coinvolgono tutta l’area uditiva del cervello. Al contrario, la voce maschile, interessa solo una piccola parte del cervello.

Secondo Hunter, questo è il motivo per cui le donne si lamentanospesso che gli uomini non le ascoltano e, dunque, non hanno nessuna colpa per quella che può apparire come una mancanza di attenzione. Lo studio scientifico ha infatti dimostrato che l’uomo non può ascoltare a lungo una donna parlare per motivi biologici.

Lo studio è stato condotto con tecniche di risonanza magneticanucleare, che ha permesso di individuare le diverse aeree del cervello che si attivano per la voce maschile e femminile. Inoltre, è emerso che gli uomini sono più diretti mentre le donne tendono a girare attorno a ciò che vogliono comunicare.

L’autore dello studio ha spiegato che la donna emette suoni con una gamma di frequenze più complessa di quella dell’uomo uomo a causa delle differenti dimensioni e forma delle corde vocali e della laringe.

Alla luce di questi risultati, un consiglio per le donne: per riuscire a intrattenere una conversazione con il vostro partner, cercate di essere “leggere”. Provate a parlare con intervalli di tempo piccoli. Forse, così, riuscirete a farvi ascoltare. In caso contrario, il vostro uomo penserà che parlate troppo.uomo1

 

 

 

Parliamo di… Igiene vocale: le 10 regole per una bella voce

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Può capitare anche con la bella stagione di avere un abbassamento di voce o di restare afoni per un semplice colpo d’aria (aria condizionata, passeggiata in riva al mare o in alta montagna), rovinandosi così la vacanza…

In questi casi la prevenzione è tutto: meglio avere sempre con sè un foulard o una sciarpa leggera (pashmina, bandana) o almeno una maglia accollata, in modo da proteggersi direttamente dalla causa scatenante. Ma esistono tanti altri accorgimenti per evitare di restare senza voce… vediamo insieme quali sono le buone norme d’igiene vocale.

  1. Evitare gli abusi vocali. Ovvero evitate gli eccessi vocali: cantare a squarciagola, urlare da una stanza all’altra, gridare per farsi sentire in ambienti rumorosi, parlare durante l’attività fisica, imitare suoni o voci innaturali.
  2. Smettere di fumare. Il fumo irrita le mucose delle corde vocali, originando così processi infiammatori che sono alla base degli episodi di abbassamento della voce.
  3. Non ‘raschiare’ la gola. Se proprio non si resiste, deglutite con forza la saliva.
  4. Evitare il più possibile gli sbalzi termici. Questo anche per quanto riguarda il consumo di alimenti e bevande troppo calde o troppo fredde.
  5. Prevenire il reflusso faringo-laringeo. No a cibi fritti, speziati o particolarmente acidi (come gli agrumi).

Questa era la lista dei NO, ora proviamo a vedere quali sono i , ovvero ciò che possiamo fare attivamente per migliorare la nostra voce.

  1. Prevedere dei momenti di riposo vocale. Anche chi usa la voce in modo professionale, se si ‘sgola’ dalla mattina alla sera, andrà incontro a cali di voce… La buona regola è alternare momenti di riposo vocale a prestazioni più impegnative.
  2. Bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. Preferibilmente fuori dai pasti, bere un po’ d’acqua aiuta ad reidratare la mucosa che ricopre faringe e laringe, scongiurando così l’insorgenza di processi infiammatori a carico delle corde vocali.
  3. Umidificare l’ambiente in cui si vive. Aprite spesso le finestre e spruzzate dell’acqua con un vaporizzatore: no all’uso prolungato del condizionatore perché secca l’ambiente e favorisce gli sbalzi termici.
  4. Consumare caramelle emollienti. Le caramelle adatte per ritrovare la voce non sono quelle balsamiche come spesso si crede: queste, per la presenza di menta o eucalipto rinfrescano, dando una sensazione di sollievo che presto si tramuta in secchezza della mucosa faringea. Le caramelle emollienti (miele, camomilla, propoli) invece, oltre all’effetto lenitivo dell’irritazione in atto, reidratano la mucosa rendendola più elastica e più resistente agli attacchi esterni.
  5. Bere infusi di sostanze emollienti. Consumate infusi a base di erisimo (altrimenti detto “erba del cantore”), camomilla, timo che puliscono la voce: fatevi consigliare dal vostro erborista/farmacista di fiducia.

E infine: se il danno è già fatto?

Ovviamente valgono tutti i consigli dati finora, con particolare attenzione al riposo vocale: in caso di episodi acuti (laringiti) non vi è regola migliore del silenzio! Evitate possibili sforzi vocali che aggraverebbero lo stato infiammatorio portandovi ad una più severa e prolungata afonia.

E se gli episodi annuali di abbassamento di voce o afonia cominciano a susseguirsi senza sosta è l’ora di una visita specialistica: dal foniatra (o otorinolaringoiatra) in primis e successivamente dal logopedista, per verificare che non vi siano danni a carico delle corde vocali (noduli, cisti, granulomi, polipi cordali).

http://www.logopediamo.it/blog/parliamo-di-igiene-vocale.html

Perchè non ci piace sentire la nostra voce registrata

Ascoltare la registrazione della propria voce è un’esperienza quantomai strana. Jordan Gaines, del blog The Body Odd della NBC, ha trovato la spiegazione al perchè sentire la nostra voce registrata può procurare sensazioni negative.

Il suono può entrare nelle nostre orecchie in due modi : attraverso propagazione aerea oppure ossea. La propagazione aerea del suono segue il normale circuito dell’udito : i suoni portati dall’aria vengono trasmessi ai timpani, che fanno vibrare tre specifici ossicini e queste vibrazioni finiscono nella coclea, che li trasforma in segnali elettrici trasmessi al cervello.
Quando parliamo, questo circuito non viene seguito. Difatti sentiamo la nostra voce in gran parte attraverso le nostre ossa. Le vibrazioni delle corde vocali raggiungono direttamente la coclea attraverso la propagazione ossea.

Il Dr. William Cullinan, direttore dell’Integrative Neuroscience Research Center dell’università Marquette negli Stati Uniti, riassume : “L’atto fisico di produrre un discorso, che implica la contrazione dei muscoli della laringe (e altri) crea una vibrazione che è trasmessa dal collo al cranio, dove si trova la totalità dell’apparato uditivo.”

Ora, quando sentiamo una registrazione della nostra voce, i suoi che sentiamo attraverso la propagazione ossea sono logicamente eliminati.
Sentiamo i suoni aerei, che non abbiamo l’abitudine di sentire e questo produce una naturale sensazione di non-familiarità.
Per Pascal Belin, professore di psicologia all’università di Glasgow : “Di fatto, non ascoltiamo mai la nostra voce come la sentono le altre persone, da cui la sorpresa quando ascoltiamo una registrazione.”
Jordan Gaines spiega perchè la nostra voce ci sembra sempre più acuta : “Il nostro cranio ci trae in inganno attenuando la frequenza di queste vibrazioni al loro passaggio ed è il motivo per cui ci sentiamo sempre con un tono superiore quando ascoltiamo la nostra voce registrata.”

Questo spiega perchè la nostra voce ci pare diversa, ma non perchè non ci piace. E’lo stesso principio di non piacerci nelle fotografie.
Diventiamo grandi abituandoci alle nostre asimmetrie fisiche attraverso lo sguardo nello specchio. Nelle fotografie, queste asimmetrie non appaiono come il nostro cervello si aspetta di vederle. Allo stesso modo, viviamo le nostre vite ascoltando le nostre voci propagate dalle ossa e non dall’aria.

http://www.ticinolive.ch

Volto, impronte, voce… le dieci cose per cui siamo unici (e identificabili)

La nostra carta d’identità è il genoma, un “pin” di tre miliardi di cifre. Ma decrittarlo rapidamente (anche in parte) è impossibile. così scienza e polizie cercano altri metodi per riconoscerci. Saranno affidabili?

di ALEX SARAGOSA


L’Fbi riconoscerà le persone guardandole in faccia. Detta così la notizia non sembra un granché, ma è potenzialmente sconvolgente. Quello che ha annunciato la polizia federale americana a metà settembre è l’avvio del nuovo programma di identificazione Ngi (Next Generation Identification), che affiancherà al classico archivio di foto più impronte digitali di criminali e sospetti (ma anche di militari, poliziotti e altri impiegati pubblici) quello dei dati biometrici di volto, iride e voce. 

In futuro, con nuovi sistemi informatici di riconoscimento in tempo reale, in parte già disponibili, l’Fbi potrebbe così identificare all’istante ogni persona (presente nei suoi archivi, ma anche di cui abbia solo una buona foto o registrazione sonora) che passi davanti a una telecamera di sorveglianza o parli a portata di microfono spia. 

Per l’Fbi è la scoperta del santo Graal dell’identificazione rapida e inequivocabile di criminali e terroristi, per noi incarna l’incubo orwelliano dello Stato in grado di conoscere ogni nostra mossa. Ma funzionerà? Per distinguere una persona da tutte le altre bisogna essere certi di aver trovato un elemento che resti costante nel tempo, non sia alterabile e sia tanto personale da renderci diversi dagli altri sette miliardi di altri esseri umani sul pianeta. 

In effetti una carta di identità perfetta ci sarebbe, ed è il Dna. Il nostro genoma si può infatti considerare una sorta di Pin lungo tre miliardi di “cifre” 

 

(le basi azotate adenina, citosina, guanina e timina che si alternano). Tutte le sue possibili varianti, cioè quattro elevato a 3 miliardi, formano un numero tale da assicurarci che, a eccezione dei gemelli monozigoti, nessuno dei cento miliardi di esseri umani vissuti finora ha avuto il Dna di un altro. 

Per la verità, il 99,5 per cento del genoma è comune a tutti gli esseri umani, e la nostra individualità poggia su quella quindicina di milioni di basi che formano i geni che esprimono i tratti fisici e psicologici personali, ma la quantità di possibili combinazioni resta più che sufficiente a garantire l’unicità di ogni persona che sia mai vissuta. 

Decrittare rapidamente, economicamente e senza rischio di errori, a scopo identificativo, quello 0,5 per cento di Dna individuale è però ancora impossibile, e anche l’analisi semplificata di tredici brevi parti del Dna particolarmente mutevoli, usata normalmente nella medicina legale, resta affare complesso, costoso e soggetto a errori o ambiguità, come dimostrano, per esempio, le indagini sull’assassinio di Meredith Kercher a Perugia. 

Cosa potremmo considerare allora un indicatore pratico della nostra identità personale? La prima opzione è stata puntare su quelle caratteristiche fisiche legate al Dna, che, in pratica, ne sono un’accessibile rappresentazione esterna. Il viso, per esempio: colore e tipo di pelle, occhi, naso, bocca e capelli sono diretta espressione di un insieme di geni (per questo i gemelli “identici” sono tali).

Il consorzio scientifico International Visible Trait Genetics ha però scoperto che questi geni sono pochissimi: in una ricerca pubblicata a metà settembre affermano, dopo aver esaminato il genoma di diecimila persone, che l’aspetto del nostro volto dipende dal funzionamento di appena cinque geni.

Questo fa capire quanto le possibilità di variazioni del volto siano limitate: quindi la probabilità di avere da qualche parte dei sosia, o almeno persone che ci somigliano molto, sono troppo alte per poter contare sul viso come carta d’identità veramente affidabile. 

A peggiorare le cose ci sono poi le modifiche dovute all’invecchiamento, l’uso di accessori che coprono il volto e il fatto che nella realtà ombre e luci distorcono i lineamenti. Le difficoltà di questo approccio le ha dimostrate una recente ricerca condotta all’Università norvegese di GjØvik: i ricercatori hanno usato sia volontari umani che un sistema computerizzato di riconoscimento dei volti per individuare più foto delle stesse persone in un insieme di migliaia di immagini.

 Hanno scoperto che sia gli uomini che il computer commettevano un’inaccettabile quantità di errori, scambiando spesso persone diverse per la stessa. Del resto Innocence Project, un’organizzazione che negli Usa è riuscita a far liberare dalla prigione trecento innocenti riesaminando le prove della loro condanna, afferma che nel 70 per cento dei casi l’errore è dovuto a un’identificazione errata da parte di testimoni oculari.

Ma la scienza della biometria non si è certo fermata ai volti: visto che questi non sono molto affidabili, adesso si punta su quelle caratteristiche fisiche che, pur essendo determinate di base dal Dna, ognuno di noi sviluppa poi in modo diverso. Per esempio le impronte digitali, la cui formazione dipende dalla distribuzione di fibre connettive sotto la punta delle dita, che viene modificata casualmente dal contatto delle mani del feto con la placenta. 

Per questo anche i gemelli monozigoti hanno impronte molto simili ma non identiche. Finora, in miliardi di controlli, non sono state mai trovate due impronte uguali. Alcune possono però essere ingannevolmente simili e determinare clamorosi errori di identificazione. 

Come quello che portò all’arresto di Brandon Mayfield, un avvocato americano le cui impronte, secondo l’Fbi, coincidevano con quelle rilevate sulle bombe esplose a Madrid nel 2004.

Successivi riscontri fatti in Spagna scagionarono invece Mayfield completamente. Che le impronte fossero un metodo identificativo tutt’altro che perfetto si sapeva comunque già dal 1995, quando a 156 esperti vennero sottoposte sette impronte, chiedendo loro di associarle ai quattro possibili sospetti di cui avevano le schede: solo 68 esperti riuscirono a identificare correttamente tutte e sette le impronte.

Più promettente sembra essere l’identificazione attraverso un’altra parte del corpo che si sviluppa in modo molto diverso in ogni individuo nel periodo intrauterino: l’occhio. L’identificazione avviene misurando pieghe e macchioline di pigmento che costellano il muscolo circolare dell’iride, o la struttura a ragnatela dei vasi sanguigni della retina.

Il fatto che l’occhio, pur se esplorabile dall’esterno, sia un organo interno offre garanzie di protezione e stabilità alle sue strutture. Certo, nessuno ha ancora dimostrato che tutti gli occhi esistenti al mondo sono diversi, ma la velocità dell’identificazione con un’invisibile scansione ottica dell’occhio  –  possibile anche a metri di distanza  –  seguita da un quasi istantaneo raffronto in database computerizzati, ha fatto sì che questo metodo sia già usato in diversi aeroporti e zone protette nel mondo, sia per l’accesso degli autorizzati sia per il riconoscimento di potenziali pericoli.

L’uso della scansione dell’occhio, in assenza di personale, può però essere rischioso, perché i lettori potrebbero essere ingannati da fotografie di iridi o, come ipotizzato nel film Minority Report, da occhi estratti dall’orbita.

La scansione della retina sarebbe più affidabile, ma richiede che il soggetto fissi lo scanner da vicino, e quindi è più lenta e meno pratica. Molto meno noto è un nuovo filone della ricerca biometrica: la misura delle orecchie. I padiglioni esterni nascono da tre lobi nella testa dell’embrione, identici per tutti, ma che poi si sviluppano casualmente, formando una struttura diversa da persona a persona.

Nel 1989 si dimostrò, usando foto di orecchie di diecimila persone, che ognuna di esse era distinguibile dalle altre e quest’anno ricercatori dell’Università di Miami hanno ideato un sistema computerizzato che trasforma l’immagine dell’orecchio in dati numerici e potrebbe servire per realizzare un database di “identificazione auricolare”.

Le orecchie, però, spesso non sono ben visibili nelle immagini, si modificano con l’età e la loro forma può essere alterata da piercing e ornamenti. Non è detto, comunque, che la nostra individualità sia percepibile solo attraverso la vista. Che dire, per esempio, dell’odore?

Ognuno di noi ha una diversa combinazione di ghiandole odorifere e un diverso mix di batteri, in grado di alterare l’odore delle molecole che quelle emettono. Una ricerca condotta dall’etologo Dustin Penn su 197 austriaci ha rivelato che il corpo umano emette ben cinquemila sostanze organiche volatili, soprattutto dalle ascelle.

L’emissione di 373 di queste sostanze è risultata costante nelle dieci settimane dell’esperimento e 44 di esse presentano una variazione individuale sufficiente a costituire un segno identificativo. È questa nostra firma odorosa individuale, impercettibile ai nostri nasi poco sensibili, ciò su cui contano i segugi quando cercano tracce delle persone scomparse.

Però, anche in questo caso, l’odore di una persona può essere alterato, o variare con alimentazione, età o salute. D’altra parte, non emettiamo solo odori individuali, ma anche suoni. La nostra voce dipende da strutture, come la trachea, la lingua o la laringe, che si sviluppano in modo diverso da persona a persona, e per un computer non è difficile misurare tono e frequenza dei vari suoni che questa combinazione produce, e usarla poi per riconoscerci.

Il problema è che la voce è molto incostante, cambia con l’età, con lo stato di salute e psicologico e può essere alterata a volontà, o registrata e riprodotta. Non a caso i sistemi identificativi basati sulla voce, in genere, sono solo una “seconda linea di difesa”, che affianca un controllo di documenti o di altre caratteristiche fisiche.

Un discorso simile si può fare per l’andatura, che dipende da un complesso, individuale, insieme di ossa, articolazioni, muscoli e depositi di grasso: è abbastanza caratteristica da farci riconoscere amici e parenti da lontano e un computer potrebbe sintetizzarla in un codice numerico, ma può mutare troppo, intenzionalmente o meno, per essere un indicatore decisivo dell’individualità.

Anche il battito cardiaco, secondo una ricerca della Apple, potrebbe essere così personale da costituire una password con cui attivare il proprio smartphone. La differenza nel battito dipende da struttura e dimensioni del cuore, che variano da persona a persona, così come variano i periodi di contrazione e rilassamento dei ventricoli e degli atri.

Misurando questi tempi con precisione, si ottiene una sorta di “Pin cardiaco”. Alterare volontariamente questa caratteristica è molto difficile. In compenso però il battito cardiaco si modifica da sé secondo lo stato mentale e fisico, e nessuno, comunque, ha ancora dimostrato che sia veramente diverso in ognuno di noi. 

Forse, alla fine, la ricerca del segno univoco dell’Io non potrà che indirizzarsi nel luogo dove l’Io, appunto, risiede: il cervello. Il numero di possibili encefali è infatti superiore anche a quello dei possibili Dna. Basti considerare che in un medio cervello umano ci sono cento miliardi di neuroni e ognuno è collegato a settemila altri, in una rete scolpita dalle esperienze individuali, le cui possibili varianti rasentano l’infinito.

E forse ogni cervello esprime la sua individualità, modulando in modo leggermente diverso l’insieme dei suoi segnali elettrici, misurabili esternamente. Nel 2001 ricercatori canadesi hanno dimostrato di poter riconoscere individui in un gruppo di 40 analizzando le loro onde cerebrali alfa, mentre un’altra ricerca, sulle onde gamma, ha trovato chiare variazioni individuali in cento persone. Non si sa ancora, però, se questa “carta d’identità neurale ” sia veramente costante nel tempo: in fondo nessun organo cambia tanto nel corso della vita quanto il cervello…

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Cancro della laringe, interventi d’avanguardia a Taormina

L’Unità di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico facciale diretta dal dott. Politi ancora protagonista di complesse operazioni che hanno salvato la vita ai pazienti riuscendo a restituire loro anche la voce

il dott. Antonio Politi

L’Unità di Otorinolaringoiatria e chirurgia cervico facciale ad indirizzo oncologico dell’Ospedale San Vincenzo di Taormina, diretta dal dott. Antonio Politi, si conferma sempre più all’avanguardia nella lotta ai tumori.

In particolare viene trattato in questo reparto con tecniche ormai di riferimento assoluto per l’intero Sud Italia il cancro della laringe, la neoplasia più frequente tra i tumori della testa e del collo: le cause sono il fumo, l’alcool, e recentemente si sono aggiunte cause virali legate al “papilloma virus”.

Una volta colpiva quasi solo gli uomini, adesso il gap con le donne va sempre più assottigliandosi. Quando ad un paziente viene diagnosticato il cancro della laringe, non solo si ingenera la paura di soffrire o di morire, ma anche l’eventualità della perdita della voce o di rimanere tutta la vita con il tracheostoma. Nei giorni scorsi, al “San Vincenzo”, è stato eseguita per la prima volta in Sicilia una ricostruzione delle corde vocali tramite muscoli anteriori del collo (sternoioidei), raffinato intervento “inventato” dal prof. Aldo Garozzo, regalando così al paziente una efficace neo-voce.

E sempre di recente è stato eseguito un altro intervento ricostruttivo e sofisticato, essendo asportata parte della laringe dove aveva sede il tumore che infiltrava sia le corde vocali che la regione sottostante – e ricostruendo l’organo fonatorio con la stessa trachea del malato (tracheoioidoepiglottidopessia). Le operazioni di chirurgia ricostruttiva vengono riservate a casi selezionati, e seguiti dalla riabilitazione logopedica, senza la quale tutto verrebbe vanificato.

“Oggi – spiega il dott. Politi – si è nelle condizioni di poter fare una selezione più accurata degli interventi per i pazienti oncologici testa/collo garantendo a tutti la voce: dalla laserchirurgia per tumori cordali allo stadio iniziale, alle laringectomie parziali ricostruttive, ma anche nel caso meno frequente di laringectomie totali, avvalendosi della riabilitazione logopedica o delle protesi fonatorie, piccolo gioiello bioingegneristico.

Il paziente oncologico cervico facciale, per le sue peculiari problematiche deglutitorie, fonatorie, respiratorie, va operato e seguito nel proprio territorio, nella volontà di percorrere un lungo percorso prima di guarigione e poi di controllo insieme al medico ed agli assistenti che lo hanno preso in cura e che a lui si sono dedicati con le tecniche chirurgiche ed assistenziali più moderne”. Al “San Vincenzo”, attorno al paziente oncologico cervico facciale si muove una comunità multidisciplinare composta non solo dai chirurghi Orl, ma anche oncologi, onco radiologi, anestesisti e terapisti del dolore, anatomopatologi, gastroenterologi, radiologi, psicologi, infermieri dedicati, logopedisti.

La voce è la peculiarità del genere umano ed ecco perché vi è la necessità assoluta di “estirpare” una malattia così devastante, e la sfida resta nel non privare il paziente della massima espressione della comunicazione, ciò che rappresenta l’uomo e lo fa riconoscere in società. Oggi si eseguono interventi di laringectomia ricostruttiva, e non più totale come un tempo ed è grande la differenza: anche asportando le corde vocali, si garantisce sia una buona voce che l’affrancamento dalla tracheotomia a permanenza, una tremenda stimmate postoperatoria.

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I disturbi della voce e la categorie lavorative a rischio

ROMA – Si è celebrata lo scorso 16 aprile la quarta edizione della “Giornata mondiale della voce”. Iniziative di sensibilizzazione sono state realizzate dai maggiori istituti di ricerca e prevenzione d’Italia: università, aziende sanitarie, istituti ospedalieri e scuole.

Le malattie della voce sono in aumento. Sono molteplici le categorie professionali che , non avendo ricevuto nessuna informazione e formazione in materia di igiene vocale, rischiano patologie dell’apparato fonatorio. Tra le categorie più a rischio gli insegnanti, costretti a parlare con un tono di voce elevato per varie ore di seguito, ma allo stesso modo sono a rischio gli operatori di call center, i venditori, gli addetti agli sportelli, gli istruttori di nuoto e di ginnastica.

I problemi all’apparto fonatorio intervengono quando, magari senza nemmeno accorgercene, ci troviamo a dover sforzare la voce, parlando a un volume sostenuto per sovrastare i rumori di fondo o parlando senza pause per tempi lunghi. Un altro tipo di tensione dannosa per l’apparato vocale è quella emotiva che causa uno stato di irrigidimento della muscolatura della laringe, del collo e della respirazione che accresce lo sforzo fonatorio.

Cosa si può fare per proteggere la voce da possibili danni? I consigli dei medici sono semplici e gli esperti dell’Unità di otorinolaringoiatria della Fondazione Irccs Policlinico di Milano hanno stilato il “Decalogo della voce sana” per diffondere i concetti di base dell’igiene vocale:

  • non parlare mai troppo in fretta, e fare pause per riprendere fiato;
  • bere almeno 1,5-2 litri di acqua al giorno, per non disidratare le corde vocali;
  • non bere troppo caffè, tè o bevande contenenti caffeina: favoriscono la diuresi e la disidratazione;
  • in casa e in ufficio tenere un tasso di umidità minimo del 40%: l’aria troppo secca è dannosa per la voce;
  • non alzare la voce per richiamare l’attenzione, ma usare modi alternativi;
  • non cercare di superare il rumore ambientale, ed evitare di parlare a lungo in luoghi rumorosi;
  • sul lavoro, per farsi sentire da molte persone è meglio utilizzare un microfono, quando possibile;
  • non chiamare gli altri da lontano, ma avvicinarsi alle persone con cui si vuole comunicare;
  • evitare di parlare durante l’esercizio fisico: non si ha abbastanza fiato per sostenere la voce senza sforzo;
  • cercare di avere sane abitudini di vita: niente fumo, alcolici con moderazione, alimentazione ricca di frutta e verdura, pasti regolari e non troppo abbondanti, numero adeguato di ore di riposo.
  • fonte

Per quali motivi può «andare giù» la voce? Sforzi, virus, reflusso e tumori all’origine della «disfonia»

Ci sono diverse possibili cause per l'abbassamento di voceCi sono diverse possibili cause per l’abbassamento di voce

I disturbi della voce, in termini tecnici disfonie, si presentano con una varietà di sintomi: dalla voce rauca, soffiata, debole, alla sua completa assenza. In gran parte dei casi la disfonia è causata da sforzi nel parlare, ma può essere anche la spia di patologie più serie. «Un terzo delle persone usa la voce come strumento di lavoro e, se la usa troppo e male, rischia la disfonia — spiega Claudio Albizzati, responsabile del Servizio di Otorinolaringoiatria Multimedica di Milano —. Insegnanti, telefonisti, cantanti, attori e politici sono più a rischio. Le possibilità di disturbi della voce aumentano anche se si fuma, si abusa di alcolici, si lavora in un ambiente rumoroso (che rende necessario alzare la voce), nonché in seguito all’assunzione di alcuni farmaci».

 

Perché va giù la voce?
«A volte abbassamento o raucedine sono il segnale di un problema psicologico, ma nella maggior parte dei casi la voce va giù per un abuso vocale, che può favorire la comparsa di noduli a livello delle corde vocali. La laringite virale è un’altra classica causa di disfonia, che può essere secondaria anche a bronchiti e polmoniti. Sono inoltre sempre più comuni anche i casi legati al reflusso gastroesofageo (che arriva a irritare le corde vocali), più rari i casi in cui la disfonia è il segnale di un tumore della laringe della tiroide, del polmone, del cervello o di un ictus».

Come bisogna comportarsi?
«Se la voce non torna normale in 2-3 settimane è bene farsi visitare da un otorinolaringoiatra. Per la diagnosi è fondamentale un’accurata indagine della storia del paziente per un corretto inquadramento (epoca di insorgenza e modalità d’esordio del disturbo, attività professionale, ambiente lavorativo, affezioni del tubo digerente, precedenti interventi per un tumore del polmone o della tiroide, traumi, fumo, alcol). Poi si esaminano le corde vocali con la fibroscopia flessibile, procedura che può essere eseguita in ambulatorio. I fibroscopi permettono di evidenziare alterazioni anatomiche (polipi, tumori, ecc.) e/o funzionali (noduli da sforzo, paralisi delle corde vocali, ecc.). In alcuni casi, per avere informazioni più dettagliate, si possono eseguire laringoscopia con ottica rigida e stroboscopia».

Quali sono le cure? 
«Innanzitutto, l’igiene della voce: non gridare, respirare correttamente, cercare di parlare in ambienti dove non ci sia rumore di fondo. Ovviamente se la disfonia è il segnale di altre malattie bisogna curarle. Particolare attenzione è necessaria nel caso di reflusso laringofaringeo, spesso non riconosciuto e trattato a dovere. Una volta accertata la presenza di questa condizione si ricorre ai farmaci del caso, oltre, ovviamente alla dieta ed ad altri accorgimenti sullo stile di vita. È inoltre utile eseguire la fibroscopia sia prima sia durante la terapia per vedere lo stato di corde vocali e laringe».

Antonella Sparvoli

http://www.corriere.it/

Quando la voce si abbassa, le cause della voce rauca, le cause

Nella maggior parte dei casi alla base della voce che si abbassa c’è un’infiammazione delle corde vocali che si risolve in poco tempo, ma se il problema persiste per quattro cinque giorni, vale la pena di farsi vedere dal medico. Molto comune è l’infiammazione della laringe o laringite, accompagnata oltre che da raucedine anche da tosse grassa e mal di gola, con sensazione di qualcosa che gratta e continuo bisogno di schiarirsi la voce. Si tratta ella classica forma siminfluenzale, causata nella maggior parte dei casi da un’infezione virale delle vie aeree superiori. La cura prevede farmaci antinfiammatori fino alla scomparsa dei sintomi, che in genere avviene nel giro di qualche giorno.

Un abbassamento di voce che dura giorni o settimane può essere provocato anche da uno o più polipi alla laringe, ovvero neo formazioni benigne che compaiono sulle corde vocali a causa di un’irritazione cronica della laringe o dell’uso eccessivo della voce. Oggi la micro laringoscopia diretta consente di intervenire in modo mirato: grazie a un microscopio operatorio p possibile osservare le corde vocali a vari ingrandimenti e quindi rimuovere il polipo con estrema decisione, risparmiando i tessuti sani.

L’intervento si esegue in anestesia generale restando in ospedale al massimo 24 ore. Dopo l’operazione la parte asportata viene in genere sottoposta a esame istologico per escludere la natura tumorale della neoformazione.

http://www.mondobenessereblog.com/2011/07/08/quando-la-voce-si-abbassa-le-cause-della-voce-rauca-le-cure/

La voce (seconda parte)

Ennio De Felice

Cominceremo con questo capitolo ad affrontare la discussione sulle patologie della laringe.
Il sintomo dominante è la “Disfonia” ovverosia l’alterazione della voce. Raucedine è un termine molto usato ed anche corretto ma in medicina è più tecnico parlare di disfonia.
Altri sintomi spesso connessi con le varie malattie che possono interessare la laringe sono la disfagia (alterazione della deglutizione) e la dispnea (alterazione della respirazione).
Inizieremo col valutare quelle forme che vanno sotto il nome di “disfonie funzionali o disfunzionali”.
Sono chiamate così perché manca una vera e propria malattia d’organo ma la disfonia è legata a maluso o abuso della voce. In genere si riconosce in esse un’alterata impostazione della voce che viene ad essere prodotta non sfruttando la pressione della colonna d’aria proveniente dalla cassa toracica tramite l’ausilio del diaframma ma usando la laringe non solo per modulare l’emissione della voce ma anche per produrla. Si crea così una sofferenza dei muscoli laringei in genere e delle corde vocali in particolare. Importanza rivestono anche le ipotonie o ipertonie congenite od acquisite dei muscoli laringei stessi.
Si distinguono due gruppi: disfonie funzionali ipocinetiche e ipercinetiche.
Nelle prime si configura appunto una ipotonia di uno o più muscoli principali delle corde vocali. Ricordo che la zona di laringe in cui sono comprese le corde vocali vere si chiama “glottide”. Si potrà configurare dal punto di vista obiettivo, a seconda dei muscoli interessati, una glottide “ovalare” in cui il contatto maggiore è solo nei punti più anteriore e più posteriore, oppure “a clessidra” in cui il contatto è più o meno al centro delle corde o, infine, un “difetto di accostamento posteriore” in cui le corde si accostano solo nei due terzi anteriori lasciando ampio spazio posteriormente.
Nelle forme ipercinetiche le corde sono fortemente accostate tra loro fino quasi a sovrapporsi con l’associazione di un avvicinamento mediano anche delle false corde che normalmente partecipano in piccolissima parte al movimento durante la fonazione.
A seconda della gravità del difetto, la voce sarà più o meno rauca, è intuitivo che nella glottide ovalare ci saranno i maggiori problemi. Molti dei pazienti affetti da queste forme di disfonia hanno più difficoltà nel parlare che nel cantare o urlare anche se dopo sforzo vocale pagano il conto con un netto peggioramento della voce. Spesso si associano alla disfonia dolore muscolare a tutto il collo a causa del coinvolgimento di muscoli estrinseci alla laringe, sensazione di “groppo in gola”, blanda ma costante secrezione catarrale e, talvolta, dispnea lieve.
Con il passare del tempo ed in assenza di idonea terapia si potranno manifestare lesioni d’organo come i noduli, i polipi o l’edema delle corde vocali vere. I più frequentemente rappresentati sono i noduli cosiddetti “kissing” ovverosia che si baciano poiché sono posti uno di fronte all’altro nel punto di maggiore contatto delle corde che normalmente cade tra il terzo anteriore e quello medio. I noduli, che vanno considerati solo e sempre come “calli” e non come tumori neanche benigni, possono ridursi fino a sparire con la terapia ma, di contro, se non trattati per tempo andranno incontro a fibrosi e necessiteranno di asportazione chirurgica in microlaringoscopia poi la terapia sarà comunque necessaria altrimenti, negli anni, tenderanno a ripresentarsi.
Dei noduli, dei polipi e dell’edema riparleremo nei prossimi capitoli.
Una forma particolare di disfonia funzionale è quella che riguarda i bambini e viene chiamata “disfonia funzionale ipercinetica infantile”. 
Essa si manifesta tra i 5 e i 12 anni circa ed è appannaggio di quei bambini con forte carattere e che, pertanto, tendono ad alzare molto il tono di voce per “imporsi” nei confronti degli altri. Anche in questi casi si potranno formare noduli o edema che in genere, però, tendono a migliorare con l’età. È difficile fare terapia riabilitativa sui bambini per cui si preferisce una terapia medica nei momenti di disfonia più marcata aspettando la cosiddetta “muta vocale” periodo di passaggio tra la voce infantile e quella da adulto che corrisponderà quasi sempre con un netto miglioramento della voce. Tentare di non farli urlare è doveroso ma difficile da ottenere.
La terapia delle disfonie funzionali è essenzialmente di tipo riabilitativo, bisognerà cioè ricorrere, affidandosi a centri specializzati, ad alcune sedute di cosiddetta “ortofonologoterapia” al fine di migliorare l’impostazione della voce ed il coordinamento fono-respiratorio. La terapia medica, mediante l’uso di antinfiammatori, sarà utile per alleviare i fastidi ed il dolore muscolare associato. Difficilmente la sola terapia medica potrà risolvere il problema se non per brevi periodi di tempo.

Cordialmente

La voce (seconda parte)

Ennio De Felice – ennio.defelice@gmail.com

La voce (prima parte)

Ennio De Felice

Quando si discute di voce si pensa subito alle corde vocali e all’ugola (questa viene chiamata in causa soprattutto nel canto). L’ugola però non serve assolutamente a nulla, rappresenta infatti solo un residuo embrionale del palato molle; con o senza ugola si parla e si canta esattamente nella stessa maniera.
Discorso diverso è per le corde vocali che, di contro, sono indispensabili nella fonazione.
Molti immaginano una serie di corde come quelle di una chitarra sistemate nel contesto della laringe ma in realtà esse sono solo due disposte a triangolo con apice anteriore posto più o meno all’altezza del cosiddetto pomo d’Adamo. Il movimento delle “corde vocali vere” durante la fonazione è principalmente di chiusura verso la linea mediana con effetto di modulazione della corrente aerea proveniente dai polmoni e spinta verso l’alto dal diaframma che è quel grande muscolo fatto a cupola  posto appena sotto la cassa toracica. In realtà è presente anche un fine movimento di vibrazione sull’asse infero-superiore e latero-mediale. Esistono anche altre due corde dette “false corde” che non entrano nel sistema diretto della fonazione ma costituiscono solo elementi di supporto. L’anatomia della laringe e, soprattutto, la fisiologia della fonazione (emissione della voce) sono estremamente complesse per cui cercherò di fare una sintesi di facile comprensione. La laringe è un “tubo” con impalcatura cartilaginea piuttosto elastica. Ciò è dovuto sia alla componente cartilaginea molto meno rigida di una ossea sia alla presenza di numerosi legamenti e muscoli intrinseci alla struttura. Le cartilagini che la compongono sono: la cartilagine Tiroidea (con la più famosa ghiandola ha solo relazioni di vicinanza ma sono completamente staccate e differenti tra loro) che costituisce la parte maggiore dell’impalcatura laringea ed è visibile all’ispezione del collo essendo molto anteriore tanto da determinare, in maniera più marcata nel maschio, quello che comunemente viene chiamato “pomo d’Adamo”. Nel suo contesto sono alloggiate le corde vocali vere. L’Epiglottide è quella cartilagine conformata a foglia che posta più in alto nella laringe funge da “coperchio” di protezione delle vie aeree evitando l’inalazione dei cibi durante la deglutizione mediante un rapido movimento di chiusura verso il basso. Ovviamente nella respirazione resta alzata a tipo grilletto per permettere l’agevole passaggio dell’aria. Le Aritenoidi, in numero di due, sono piccole appendici poste nella porzione posteriore del piano delle corde vocali (zona detta glottide) e sono molto importanti nel movimento di chiusura della metà posteriore della laringe. Infine troviamo la Cricoide che a forma di anello costituisce la zona di passaggio tra laringe e trachea ed è quindi posta più in basso rispetto alle altre. Come detto, una serie di piccoli muscoli e legamenti completano la struttura dando elasticità e creando i movimenti necessari alla respirazione, fonazione e deglutizione. Le corde vocali vere sono lunghe circa 2 cm e larghe circa 0,5 cm, sono di aspetto bianco lucente e lisce e sono poste, nell’ambito della cartilagine tiroidea, formando un triangolo aperto posteriormente.
La diagnostica della laringe si avvale sostanzialmente di tre metodi: 1) la “Laringoscopia indiretta” che si esegue con un semplice specchietto, illuminato dalla luce frontale in uso a tutti gli specialisti, posto da parte dell’esaminatore a livello dell’ugola e che permette di vedere in basso in maniera speculare. Non necessita in genere di alcuna anestesia. 2) la “Fibrolaringoscopia” che si esegue tramite una fibra ottica inserita in una cavità nasale fino a raggiungere la zona dell’epiglottide e che permette una visione più dettagliata, registrabile e diretta, quindi non speculare. Anche questa non necessita in genere di anestesia se non, in alcuni casi, di quella di superficie mediante spray anestetico. 3) la “Microlaringoscopia” che si esegue in anestesia generale, quindi in sala operatoria, può essere nel contempo diagnostica e terapeutica. Essa si effettua mediante l’introduzione fino alla laringe di un tubo rigido bloccato con un sistema di sospensione e con l’ausilio del microscopio operatorio e di alcuni ferri chirurgici lunghi e sottili con i quali si possono asportare piccole formazioni tipo polipi o noduli o si possono eseguire prelievi bioptici per la diagnosi istologica di lesioni sospette.
Con il prossimo capitolo cominceremo ad affrontare le patologie della laringe.

Cordialmente

Ennio De Felice – ennio.defelice@gmail.com