DEI DELITTI E DELLE PENE

Dei delitti e delle pene Opera di C. Beccaria; pubblicata anonima nel 1764 e, rivista dall’autore, nel 1766. Il testo circolò ampiamente in tutta Europa ed esercitò grande influsso sulla legislazione penale dei principi riformatori, nella versione francese anonima del padre A. Morellet (1766), che aveva riordinato e rinumerato i paragrafi. A partire dalle dottrine di Montesquieu e dalla critica di alcune tesi di Rousseau (di cui, però, deriva il diritto di punire fondato sulla libertà che se ne ottiene in cambio), Beccaria stigmatizza gli errori e i rigori eccessivi del diritto e della procedura penale in vigore nel suo tempo. Egli auspica riforme quali l’uguaglianza delle pene per tutti i cittadini, la pubblicità dei giudizi, l’abolizione della tortura, la limitazione della pena di morte a casi eccezionali, l’abolizione del giuramento di dire la verità e l’introduzione del principio del danno subito dalla società come misura del delitto («errarono coloro che credettero vera misura dei delitti l’intenzione di chi gli commette»), che comporterebbe il derubricamento di crimini quali la lesa maestà divina, la blasfemia, l’eresia, il suicidio, l’omosessualità.

News Stampa Email Il Messaggero su ‘Braccialetti Rossi’, premiata da FAVO con il cedro d’oro 2014

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La Fiction che cambia la vita

Da “Il Messaggero” di mercoledì 7 gennaio 2015
di Carla Massi

L’effetto “Braccialetti rossi” si vede nelle corsie degli ospedali, negli ambulatori, nelle scuole, nelle case dei bambini e dei ragazzi malati. La fiction che RaiUno sta mandando in replica la domenica sera (già pronta una seconda serie) non ha terremotato solo l’auditel. È riuscita ad abbattere un tabù: quello che avvolge il tumore nei più piccoli. Fino a portare le immagini degli adolescenti sulla sedia a rotelle e senza capelli in prima serata nelle domeniche in famiglia.
Potevano essere un azzardo le storie dolorose di Leo (senza una gamba amputata per un cancro), Vale (stessa malattia di Leo), Cris (anoressica), Davide (cardiopatico), Tony (vittima di un incidente) e Rocco (in coma) e invece si sono trasformate, nella realtà, in un’autentica rivoluzione. La regia di Giacomo Campiotti, dunque, sovrapposta a quello che ogni giorno accade nei nostri ospedali pediatrici dove a un bambino o a un adolescente viene fatta la diagnosi di tumore o scoperto un danno al cuore.

LA NORMALITÀ
«La rivoluzione – spiega Annalisa Serra oncoematologa responsabile del Day hospital del Bambino Gesù a Roma – sta nel fatto che i piccoli pazienti si vergognano di meno ad andare a scuola senza capelli. Sta nell’aver fatto entrare questo argomento nella normalità. Sta nel far sentire i più piccoli dei supereroi che si riconoscono nella fiction. Alcuni mi hanno chiesto: “Perché nella televisione i ragazzi hanno le sopracciglia dopo la cura e noi no?”. Il riconoscimento dei bambini nella fiction dà carica ed è un grande aiuto sia per noi e che per le famiglie».

DALLA SPAGNA
Si parla di rispecchiamento nelle immagini e nelle situazioni, nelle paure e nei sorrisi. Così appassionatamente descritti nel testo all’origine di tutto: l’autobiografia di Albert Espinosa, nato a Barcellona nel 1973 e diventato uno dei più noti scrittori, registi, autori di teatro e tv spagnoli, che narra la sua esperienza di malattia. Nessun vittimismo. Solo quei dieci anni, dai 14 ai 24, durante i quali Espinosa ha lottato contro un tumore, l’osteosarcoma alla gamba. Dal quel libro, la fiction italiana (oltre 5 milioni di spettatori) e i diritti per gli Stati uniti acquistati da Steven Spielberg.
Camilla, romana, oggi ha 17 anni. Quando ne aveva 12 le è piovuta addosso una diagnosi di leucemia mieloide acuta. «In otto mesi di terapie al Bambino Gesù ce l’ho fatta – racconta – e ora vado ad aiutare gli altri ricoverati. Piccoli e adolescenti. Vedere quelle scene alla televisione, anche se romanzate, è stata una grande cosa. Ci siamo sentiti finalmente meno soli. Le cose vanno detto come sono. Che si perdono i capelli, che si sente dolore ma anche che tutto può passare e che il gruppo ti aiuta».
Tanto che nell’ospedale pediatrico romano è nato il team dei “Braccialetti bianchi”. «Quelle puntate, seppur un po’ edulcorate – aggiunge Federica, madre di Camilla, oggi attivista di Abe, Associazione bambini emato-oncologici (www.abeonlus.org) – dimostrano che l’unione è forza e che non è più tempo di vergogna».

IL MODELLO
La Favo, la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia,ha dato un premio a “Braccialetti Rossi”: «Coraggiosa, commovente e rivoluzionaria fiction che racconta il cancro come esperienza di vita», spiega Elisabetta Iannelli vicepresidente dell’associazione. «Molti ragazzi quando entrano in corsia non hanno nessuna voglia di parlare poi, piano piano, si rendono conto e imparano a capirsi ed aiutarsi. Le storie sono dei modelli che, per molti aspetti, hanno trasformato la vita del bambino e del giovane malato»
Ora il film si è fatto modello. Con il ragazzo antipatico “forgiato” dall’amicizia, il piccolo morto di cuore e la giovane Cris anoressica e senza sorriso. Ma anche con l’immagine di tutti sulla sedia a rotelle a guardare lontano.
«I pazienti tra i 15 e i 19 anni – fa sapere Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Istituto tumori di Milano e promotore del “Progetto giovani” nell’ospedale – pur soffrendo degli stessi tumori tipici dell’infanzia, si trovano in una sorta di “terra di nessuno” venendo spesso curati nei reparti per adulti. Una situazione che aumenta il loro disagio e li spinge a restare a letto depressi. Anche con i bambini molto piccoli hanno difficoltà a convivere. Per questo abbiamo creato degli ambienti dove i ragazzi possono incontrarsi. Fare palestra, studiare, cantare».

fonte

 

LA CASA E’ UN PROBLEMA? MACCHE’. ECCO I “FIGLI DI” CHE L’HANNO AVUTA DA UN ENTE PUBBLICO

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E mentre la gente si dà fuoco perché non riesce a pagare il mutuo della casa,  mentre le famiglie italiane non riescono più a comprarsi un appartamento, lo scandalo delle case degli enti concesse ai vip risuona ancora più clamoroso

 Ecco dunque alcuni figli di che hanno ottenuto casa dagli enti o dalle assicurazioni con lo sconto:

–          Le figlie di Pierferdinando Casini

–          I figli di Clemente Mastella

–          Il figlio di Vincenzo Visco

–          La figlia di Pietro Ingrao

–          Il figlio di Andreotti

–          Il figlio di Cossiga

–          Il figlio di Cossutta

Altri figli celebri hanno ottenuto case degli enti in affitto (a tariffe agevolate):

–          Il figlio dell’ex prefetto di Milano Lombardi

–          Il figlio del segretario della Cisl Bonanni

–          La figlia dell’ex assessore alla Regione Lazio Stefano Cetica

Tutti i dettagli nel libro: “Tutti a casa”

Il capitalismo terminale finirà la specie umana? (Un fumetto)

 

http://www.effedieffe.com/

«L’1% dell’umanità possiede oggi il 40% delle ricchezze prodotte. Per quale trucco prodigioso il 99% restante accetta di lasciare la maggior parte del frutto del suo lavoro a questa minoranza (…) e se questo sfruttamento frenetico, questa disumanizzazione crescente dell’attività economica andasse ormai fino a mettere in pericolo la sopravvivenza della specie?».
Paul Jorion

Lo stesso Paul Jorion, economista ed antropologo, ha inventato e stilato, con il disegnatore Grégory Makles, un fumetto satirico acuminato, dove spiega la realtà della finanza a coloro (ormai sono i più) che sono capaci solo di guardare le figure. Titolo: «La Survie de l’Espèce». Magari qualche editore lo pubblicherà in Italia?


Sotto, un assaggio: 


Il generoso destriero si fa una domanda:

«Come può essere che la quasi totalità dell’umanità, che fa la quasi totalità del lavoro, ceda la quasi totalità del surplus da lei prodotto…

… ad una popolazione di scommettitori e di fantini?»

Eppure è semplice:

Il generoso purosangue pensa soprattutto a non cadere. 

Perché in questo mondo competitivo e non cooperativo la compassione è meno pregiata che l’efficacia.

Maurizio Blondet

Ugo FOSCOLO, I sepolcri

Deorum Manium jura sancta sunto
Duodecim tabulae

      All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
      Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’ nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
      Sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d’lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
     Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende. senza tomba giace il tuo
sacerdote
, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t’appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de’ buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov’io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch’or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d’evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l’ossa
col mozzo capo gl’insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l’úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l’immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.
     Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
ed are a’ figli; e uscían quindi i responsi
de’ domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
fean pavimento; né agl’incensi avvolto
de’ cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d’effigïati scheletri: le madri
balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l’amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l’urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell’uom cercan morendo
il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de’ suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe’ la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l’opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell’Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l’amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l’esempio.
     A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l’arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
sotto l’etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all’Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
– Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe’ lavacri
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’ invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all’Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a’ patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l’austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a’ Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
la virtú greca e l’ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
silenzi si spandea lungo ne’ campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
     Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole egèe, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l’armi d’Achille
sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l’onda incitata dagl’inferni Dei.
     E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: – E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama. –
Cosí orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio: e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: – Oh se mai d’Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
 
 
 
 
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“Un bambino che legge è un adulto che pensa”

 

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito.. perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

[Cit. Umberto Eco]

‘Cinquanta sfumature’: per gli scrittori italiani solo marketing, “l’erotismo è un’altra cosa”

Per Corrado Augias, “lo stile della scrittrice inglese solo vent’anni fa lo si sarebbe definito da fumetto”, mentre secondo la Castellina, “con un battage pubblicitario simile si sarebbe riusciti a vendere qualsiasi cosa”

Aura De Luca – 29/08/2012
 

 

Italiani ed erotismo? Più che altro unaquestione di fantasia. Come a dire che si immagina e ci si infervora sempre per ciò che non si può avere o che, magari, è lontano dalla vita reale. Psicologia spicciola? Chissà. Certo è che al di là del caso editoriale estivo della trilogia ‘Cinquanta sfumature’ della scrittrice inglese E.L. James, il dibattito si è riacceso dopo anni di pudico silenzio, coinvolgendo non solo il gentil sesso che non si è perso nemmeno una riga del trittico inglese, ma scomodando perfino una serie di illustri autori italiani, tutti bene o male concordi sul fatto che il successo letterario della James sia stata più che altro una grande operazione marketing. 

AUGIAS: “LA VOGLIA DI EROTISMO TRA I LETTORI ITALIANI NON È UNA NOVITÀ”. “La voglia di erotismo tra i lettori italiani non è una novità – ha commentato Corrado Augias all’Adnkronos -. L’argomento ha sempre attirato, per ragioni che non devo spiegare”. Lo scrittore e giornalista romano boccia, dunque, questo genere di romanzi: “Dispiace – ha aggiunto – che libri così mediocri come quelli della James attirino i lettori italiani. Lo stile della scrittrice inglese solo vent’anni fa lo si sarebbe definito da fumetto”.

CASTELLINA: “I CONSUMATORI NON SCELGONO PIÙ, SUBISCONO LE IMPOSIZIONI DI CHI PRODUCE”. Ad una società meno passionale è da ricondurre, secondo la scrittrice e politica Luciana Castellina, “la tendenza all’erotismo, in Italia come altrove”. “Una tendenza che c’è perché viviamo in una società con meno passioni, sentimentali, politiche, di qualsiasi tipo e con una generale carenza di valori”. Entrando nel dettaglio, Castellina, il successo dei libri della James dipende molto “dal forte bombardamento pubblicitario e a questo propositi dice: “Sono operazioni di mercato e quando c’è un battage come quello dei romanzi della James, va qualsiasi cosa, sia essa erotismo, giallo, thriller o altro”. “Oggi – ha affermato – i consumatori non scelgono più, subiscono invece le imposizioni di chi produce. Questo ovviamente vale per tutto, anche per l’editoria che prima era esente da questo fenomeno”. Quanto alla trilogia della James ha precisato di non averla ancora letta e di non volerla leggere “non per snobismo – ha detto – ma perché proprio non ho tempo”.

GAMBERALE: “QUESTI LIBRI APPAGANO LA PAURA DEL SESSO VERO”. “Credo che potremmo parlare di ritorno alla voglia di erotismo da parte dei lettori italiani solo se ritrovassimo in classifica i romanzi di D.H. Lawrence”: così la scrittrice Chiara Gamberale. “Più che un boom dell’erotismo – afferma – mi sembra un boom di chi si illude di farlo attraverso qualcosa che è un surrogato dell’erotismo vero”. “In un mondo che ha sempre più bisogno di virtualità – ha aggiungi unto la scrittrice – questi libri appagano la paura del sesso vero. Siamo molto lontani dal grande erotismo di Lawrence”. “Io nei miei libri – ha spiegato – parlo d’amore e di sesso, e penso di farlo realisticamente, anche se è molto difficile. Ma i miei libri non sono erotici, il sesso è raccontato come parte della vita e delle relazioni umane”.

GRAZIOTTIN: “CON LA FANTASIA LA JAMES HA SCONFITTO LA MONOTONIA”. “E. L. James è riuscita a trovare, attraverso l’uso di quel potente afrodisiaco che è la fantasia, un elemento di eccitazione per sé che ha fatto risuonare altri milioni di cervelli come il suo”: questa l’analisi della psicologa e sessuologa Alessandra Graziottin. “Uno dei fattori più antierotici – ha spiegato la Graziottin – è l’abitudine, mentre la novità è uno dei più potenti afrodisiaci perché attiva il cosiddetto ‘arousal'[1] sessuale”. “Questa donna, che faceva la casalinga e in quanto tale aveva una vita estremamente ripetitiva – ha concluso -, è riuscita rompere questa ripetitività e ad attivare con la fantasia aree del cervello come la serotonina, la dopamina, e persino le aree più arcaiche che sono proprio quelle erotiche”.

Insomma, questa l’opinione di alcuni dei più importanti autori di casa nostra. Ma sarà propriovero che gli italiani hanno perso nel tempo le loro tanto decantate qualità amatorie, diventando un popolo di repressi e voyeristi per colpa di una società a-passionale? Comunque la si pensi, forse aveva ragione Oscar Wilde che diceva sempre “Tutto, purché se ne parli”. In fondo anche quello è marketing!
 

NOTE
[1]
 Termine inglese difficilmente traducibile (letteralmente “risveglio”) con cui viene designato il livello di attivazione della corteccia cerebrale necessario a mantenere questa in uno stato di vigilanza e quindi di adeguata ricezione degli stimoli provenienti dal mondo esterno.

http://www.nannimagazine.it/

Soffitta di Ezra Pound

Soffitta

Vieni, compiangiamoli quelli che stanno meglio di noi.

Vieni, amica, e ricorda

che i ricchi han maggiordomi e non amici,

E noi abbiamo amici e non maggiordomi.

Vieni, compiangiamo gli sposati e i non sposati.

L’aurora entra a passettini

come una dorata Pavlova,

E io son presso al mio desiderio.

Ne ha la vita in sé qualcosa di migliore

Che quest’ora di chiara freschezza,

l’ora di svegliarsi in amore.

Ausilio per la riabilitazione-ringraziamenti

 

Al dr. Bernard Luboinski il nostro più caldo ringraziamento per averci incoraggiati a realizzare quest’opuscolo affinché il volontariato sia sempre più qualificato.

Siamo affettuosamente riconoscenti al prof. Franco Salonna per la sua volontà di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli aspetti sociali e riabilitativi del laringectomizzato.

Grazie all’interessamento del dottor F. Schittulli e dell’avv. F.Matera,quest’opuscolo viene distribuito gratuitamente con l’aiuto della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori e della sede centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura.

Siamo grati all’Assessore alla Sanità della Regione Puglia dott. Onofrio Introna e al presidente dell’Ordine dei Medici di Bari dott. Michele Bellomo per il patrocinio offerto alle nostre iniziative,coll’auspicio che la Regione Puglia come tutte le altre Regioni Italiane,possa varare una legge a favore dei mutilati della voce.

 

GLI AUTORI

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