Quale browsers usare

http://mondopc.netai.net//web/browsers.php

Un browser è un programma per navigare in internet, “sfogliando” le “pagine” del web, scritte in html, in genere spostandosi da una pagina all’altra mediante dei links.

perché non Internet Explorer

Chi usa Windows e non ha molta familiarità con l’informatica, di sicuro usa Internet Explorer. Se volesse però usare in modo intelligente il computer, dovrebbe tener conto che tale abitudine non è conveniente, se non altro per i seguenti motivi:

IE non è sicuro: gli hackers lo prendono regolarmente di mira, sfruttandone sempre nuove falle nella sicurezza;
non è funzionale: non ha tantissime utilità, che invece hanno altri browsers (di cui tra breve parleremo), come la possibilità di abilitare/disbilitare con un clic del mouse le immagini, o i javascript, o i suoni nelle pagine, o di passare da un foglio di stile a un altro, per rendere più leggibile la pagina (ad esempio aumentando o diminuendo la dimensione dei caratteri);
è legato inestricabilmente al sistema operativo, per cui non è affatto agevole aggiornarlo o sostituirlo
quali browsers

Fino alla versione 7 avevamo detto che Opera era il miglior browser. In effetti Opera chiede pochissimo e dà moltissimo. Per qualche tempo meglio di Opera sono state le ultime novità di casa Gecko: Mozilla, K-Meleon, Galeon, ma soprattutto FireFox): si tratta di diversi browsers, aventi, diciamo così, una diversa carrozzeria, ma lo stesso motore, Gecko appunto.

la “famiglia” Gecko

Ora però la versione 9 di Opera rimette in gara a pieno titolo tale browser. Così che non è più tanto facile dire quale sia il migliore tra Opera e Firefox…

Gecko è un buon motore, veloce, affidabile, fedele agli standard w3c quasi quanto Opera. Finche su tale buon motore veniva applicata una carrozzeria pesante, , come era quella di Netscape, veniva fuori un browser che chiedeva comunque troppo in termini di risorse di sistema e spazio su HD. Ma ora si possono usare versioni più leggere del medesimo motore:

la suite Mozilla, consigliabile agli utenti più esperti ed esigenti;
K-Meleon, più leggero, più veloce, ma meno accessoriato, utile soprattutto per i webmaster che vogliono testare pagine html;
Firefox, che, se viene potenziato dalle estensioni e dai temi, rivela per alcuni aspetti una superiorità anche su Opera.
Questi browsers basati Gecko hanno il pregio di essere Open Source, dunque perfettemante puliti.

Bisogna dire che il più completo dei browsers Gecko è ancora Mozilla, che tuttavia, per molti utenti può risultare troppo pesante. Firefox, allora, è la scelta più adatta a una utenza che abbia PC sufficientemente potenti.

In effetti su macchine non potentissime Firefox risulta troppo esigente in risorse, e rallenta anche di molto il funzionamento del PC; K-Meleon invece risulta veloce a caricarsi quasi quanto Opera, che resta peraltro il più veloce a caricarsi (anche se nelle navigazione il discorso cambia).

Opera 9, il riscatto

È un browser prodotto da una software house norvegese, non è perciò un prodotto Open Source, e in passato era AdWare, cioè con una componente commerciale; oggi tuttavia è totalmente Freeware, e rivela una cura del dettaglio davvero impressionante e un livello di personalizzabilità che non ha nulla da invidiare ai più puri prodotti Open Source.

Dopo un momento di crisi con la versione 8, con la versione 9 Opera segna un notevole passo avanti rispetto alla 8. La gestione di SVG ad esempio si rivela efficace e finalmente flessibile, senza i bugs che avevano funestato la ver.8.

Inoltre mentre Firefox continua ad avere tempi di caricamento piuttosto lunghi, Opera si apre in modo istantaneo.

Ancora: apprezzabile è l’inclusione di BitTorrent nell’architettura di Opera, utile per trovare, per esempio, audio e video.

Gecko o Opera?

È una scelta difficile: il pregio maggiore di Opera è la sua leggerezza e velocità, almeno nel caricarsi. Il pregio maggiore di FireFox è la integrabilità con le estensioni, che gli permettono di andare ben oltre Opera, così come la maggiore affidabilità nella codifica dei caratteri, rispetto a Opera.

Personalmente consiglio di tenere entrambi a portata di mano, anche se io preferisco usare, oggi come oggi, Opera, appunto per la sua velocità.
sia Firefox (FF) sia Opera
navigano velocemente sul web (molto più di IE);
sono flessibili e personalizzabili, FF grazie alle estensioni e ai temi, Opera grazie a interventi testuali sui files di configurazione (non immediatamente comprensibili ai neofiti);
possono con un clic del mouse didattivare/riattivare le immagini (FF grazie a una estensione);
possono bloccare i pop-up;
possono bloccare anche i banner in-line;
possono disattivare/riattivare i javascript
quanto a sicurezza, sono immensamente più sicuri di IE;
quanto a interfaccia grafica possono disporre (nativamente Opera, mediante estensioni FF) di una sidebar, con funzioni di segnalibri, cronologia, links, info, downloads, ecc.)

solo Opera
È più veloce a caricarsi, sia sotto Windows sia sotto Linux.
Dispone di moltissime funzionalità in modo nativo, senza richiedere estensioni, la cui aggiunta può implicare qualche difficoltà per i non esperti.
solo Firefox
Supporta un numero molto grande di estensioni: ad esempio con una piccolissima estensione supporta lo standard CSS3 multicolonna.
codifica in modo corretto i caratteri UNICODE, mentre Opera ha qualche problema.
un modo meno pachidermico di usare IE …

Se proprio siete affezionati a IE, potete provare delle alternative che usano Ie come motore, ma vi aggiungono nuove potenzialità. Non si tratta di una vera alternativa, ma di un modo alternativo di usare IE, grazie a una diversa, e più snella interfaccia. Si tratta di browsers che usa IE come motore, cercando però di limitarne al minimo i difetti, e di avvicinarsi il più possibile a Opera: come Opera permette di bloccare tutte le finestrelle pop-up, di disabilitare le immagini (con un solo click, ma con due, inoltre non avendo la possibilità di visualizzare le sole immagini già in memoria cache), di aprire tutte le finestre in un’unica finestra contenitrice. Sicuramente se ne guadagna in velocità e minori fastidi: resta però il problema della sicurezza (rispetto a virus e simili) che non fa un passo avanti rispetto a IE, visto che in realtà non di un altro browser si tratta, ma di una diversa interfaccia del medesimo.

Uno di questi browsers è Crazy Browser. Un altro è MyIE.

 

 

 

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Giovedì, 29 Aprile 2010
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Addio Federica

Per me è una prova di coraggio continuare a lottare contro la brutta bestia anche quando si è spacciati,perché ogni giorno,ogni ora,ogni minuto e secondo che si vive è una piccola vittoria di una battaglia anche se poi la guerra si perde.

Sentirsi chiamare da un dottore che ti dice di avere un tumore,solo chi l’ha passato sa cosa passa per la testa in quei secondi che sembrano un eternità,mentre guardi dietro alle spalle del dottore sperando in un cartello con la scritta sei su “scherzi a parte” .

Per tornare a casa aspettando la chiamata per essere ricoverati per essere operati,aspettando sempre una telefonata che ti dica che si erano sbagliati o che non eri te il colpito dal tumore ma un tuo omonimo,non perché si vuole male a gli altri ma perché si pensa che certe cose tocchino sempre agli altri,perché tutti si sentono immortali.

Una notizia del genere ti fa iniziare a concepire la parola fine,che non siamo immortali e che certe volte gli altri possiamo essere noi…

Io sono stato operato nel gennaio 2008 a 41 anni di tiroidectomia e laringectomia totale che mi ha cambiato anche anatomicamente dovendo respirare da un foro,stoma,alla base del collo.

A gennaio sono sei anni dall’operazione ma non si è mai sicuri che la grande bestia è stata sconfitta,perché potrebbe essere ancora nel corpo che dorme aspettando il momento di riattaccare,quando meno te l’aspetti.

Cara Federica Cardia da buon soldatessa ne sei uscita sconfitta ma a testa alta,con l’onore delle armi.

 

Federica R.I.P.

Federica Cardia in un'immagine tratta da Facebook

Federica Cardia in un’immagine tratta da Facebook


Addio a Federica Cardia, la blogger che ha raccontato la sua lotta contro il cancro La 31enne sarda si è spenta giovedì 5 settembre

Federica Cardia non ce l’ha fatta. Dopo due anni di strenua lotta contro un tumore al colon, la blogger sarda che ha emozionato l’Italia con i suoi racconti sul blog www.tantovincoio.it si è spenta giovedì 5 settembre. A soli 31 anni.

La giovane aveva iniziato a raccontare le sue vicende sul web diversi mesi fa, quando il male che la affliggeva si era fatto più invasivo. «Nell’aprile 2011 mi è stato diagnosticato un tumore al colon al quarto stadio e da allora la mia vita è cambiata per sempre», scriveva Federica. «Ho affrontato mesi e mesi di terapie devastanti e due complicatissimi interventi chirurgici, ma ancora non riesco a uscire da questo infinito tunnel».

Federica era affetta da una carcinosi peritoneale. Si tratta di una diffusione incontrollata di cellule timorali nelle pareti del peritoneo, con formazione di noduli difficilmente controllabili  perché, a causa della scarsa vascolarizzazione di questa parte del corpo, i classici chemioterapici riescono a penetrare poco e male. «Purtroppo la situazione si è complicata: l’ultimo chirurgo consultato a Milano si è rifiutato di intervenire, poiché la malattia sembra essersi diffusa a tutti i quadranti dell’addome».

A Federica fu dunque proposto di iniziare una nuova chemioterapia e, contemporaneamente, di sperimentare nuovi metodi farmaceutici. Metodi, però, alquanto costosi. Così Federica, grazie al suo blog, ha lanciato un appello agli italiani affinché la aiutassero economicamente a sostenere le nuove cure. E all’appello hanno risposto in molti, commossi dalla storia della giovane blogger. Giovedì 5 settembre, però, il tumore ha vinto. Accade spesso, accade a molti. Di Federica rimane l’immagine di una ragazza coraggiosa e determinata, che non ha mai smesso di lottare.

Federica Cardia in un'immagine tratta da Facebook

    Federica Cardia in un’immagine tratta da Facebook

I MIEI AMICI Dietro al pallone : il blog di Riccardo Vetere

Dietro al Pallone

       

È il mio BLOGè evidente!

 

Dietro al Pallone blog

Qui potrete trovare tutti i miei lavori, quelli che quotidianamente realizzo per Panorama.it. Non solo. Tante idee e la voglia di scavare sono alla base diDietro al Pallone, nato proprio con l’intento di raccontare quello che non trovi altrove. Ci proverò. Se sarai soddisfatto sarai tu, e tu solamente, a potermelo dire.

Qui potrai trovare anche gli approfondimenti, le analisi, i dossier e i retroscena che realizzerò sul mondo dello sport: calcio, tennis, basket, Formula 1. Nba e Nfl (per saperne di più).

Quello che più mi preme, però, è mettere in risalto quelle sfumature che colorano in lungo e in largo i saloni delle stanze di questo magnifico, quanto contorto, ambiente.

In particolar modo, cercherò di scavare e dissotterrare gli aspetti che spesso restano occultati all’ombra delle fitte trame che esistono tra sport, politica ed economia.

Intrigante vero? Allora partiamo? Via!

riccardo

 

 

La (finta) democrazia della rete

Voler far credere che attraverso internet si possa
permettere alle persone di esercitare la democrazia è una balla ed una bufala
colossale. Almeno un 30% della popolazione è esclusa. Una parte consistente della
società ha grandi difficoltà a barcamenarsi con un pc.

In rete si dice che chiunque abbia diritto di espressione.
Certo, ma il problema è: chi legge un sito non indicizzato? Solito discorso, o
hai i soldi e acquisti traffico oppure il tuo spazio web equivale ad una
scritta su un muro in una via terziaria di un quartiere di periferia. In pochi
la noteranno! Il diritto d’espressione ce l’hai (come ce l’hai nella vita reale
al bar, in strada o con gli amici) e magari anche visibilità se scrivi quello che
fa piacere al proprietario del sito, venendo citato, linkato e messo in
evidenza; se scrivi qualcosa di scomodo, il tuo commento resta in fondo alla
pagina e sprofonda nella miriade di altri interventi con ben poche letture.

Ci risiamo ancora una volta: la rete in fin dei conti è un mezzo attraverso il quale comunicare,
manipolare, informare e non è diverso dagli altri mezzi nella sostanza, ma con
una grande differenza meramente estetica: puoi pubblicare contenuti visibili al
mondo intero, peccato che saranno in pochi del mondo intero ad accorgersi della
tua pagina web sempre che tu non disponga di importanti risorse economiche. Ci
risiamo, l’illusione è servita: basta non crederci troppo.

Scaricare video da RAI.tv

Informazioni più aggiornate in questo nuovo articolo.

Logo Rai.tv

Questo articolo illustra come scaricare i video dalla sezione Programmi on Demand del sito rai.tv. A differenza di altri tutorial presenti in rete, per raggiungere il nostro scopo avremo bisogno solamente di due programmi:

 

Istruzioni

1. Dal menu principale del sito web selezionare la voce Programmi on Demand.

Menu

2. Utilizzando l’indice e le funzioni di ricerca aprire la pagina del programma desiderato.

Programma

3. Selezionare ora la puntata che si desidera scaricare per aprire la pagina di riproduzione.

Episodio

4. Utilizzare la funzione del browser che permette di visualizzare il codice sorgente della pagina (tasto destro – Visualizza sorgente pagina / HTML) e, con l’aiuto della funzione cerca (CTRL-F o SHIFT-F3), localizzare il testo videoURL_MP4 e prendere nota dell’indirizzo associato (vedi figura).
Sorgente

Conversione utilizzando l’interfaccia grafica di VLC

Nota: Potrebbe capitare che la conversione di un video attraverso l’interfaccia grafica richieda un tempo pari alla durata del video stesso, anziché procedere a velocità più sostenuta. Per ovviare a questo problema invocare VLC da riga di comando.

5a. Aprire VLC media player e fare click su Media→Converti/Salva…. Nella finestra che si apre selezionare la scheda Rete e inserire l’indirizzo trovato al passo precedente. Fare quindi click suConverti/Salva.

Sorgente

6a. Se non si possiede ancora il profilo di conversione adatto, cioè se è la prima volta che si segue questa guida, fare click sul pulsante per la creazione di un nuovo profilo.
Converti/Salva

7a. Nella finestra che compare digitare un nome per il profilo (ad esempio: “Video e audio originali (MP4)”) e selezionare il formato di incapsulamento MP4/MOV. Nella scheda Codifica videospuntare la voce Video e la voce Mantieni la traccia video originale. Quindi applicare le medesime impostazioni nella scheda Codifica audio spuntando le voci Audio e Mantieni la traccia audio originale. Fare click su Salva per tornare all’interfaccia di conversione.

Crea Profilo

8a. Con l’aiuto della funzione Sfoglia, specificare la cartella e il nome del file in cui verrà salvato il video convertito. Utilizzare un’estensione coerente con il profilo selezionato (ad es. video.mp4). Assicurarsi poi che il profilo selezionato sia quello creato in precedenza. Premere Avvia per iniziare la conversione.
Finale

Conversione utilizzando VLC da riga di comando

Lanciare la conversione da riga di comando è un’alternativa molto rapida, in quanto con un solo comando si avvia l’intero processo di conversione.

5b. Aprire un prompt dei comandi da cui eseguire VLC. Su Linux è sufficiente aprire un qualsiasi terminale, mentre su Windows è necessario che l’eseguibile vlc.exe sia nel PATH. In Windows 7/Vista è sufficiente aprire la cartella di installazione di VLC (tipicamente C:Program Files (x86)VideoLANVLC) e, mentre si preme il tasto SHIFT, fare click con il tasto destro del mouse all’interno della cartella. Nel menu contestuale che appare selezionare Apri finestra di comando qui.

Verificare che VLC sia raggiungibile con il comando:

> vlc –version
VLC media player 2.0.4 Twoflower
. . .

Per avviare la conversione utilizzare il comando:

> vlc indirizzo-sorgente –sout output.mp4

Ad esempio:

> vlc http://mediapolisvod.rai.it/relinker/relinkerServlet.htm?cont=pPpPlusspPpPlusspPpPlussJu29RTWQeeqqEEqual –sout ulisse.mp4

Si aprirà l’interfaccia grafica di VLC e la conversione partirà automaticamente. È possibile monitorare l’avanzamento osservando la barra di riproduzione.

Se non si vuole l’interfaccia grafica è possibile usare il comando:

> vlc -I dummy indirizzo-sorgente –sout output.mp4

In questo modo, però, non viene mostrata alcuna barra di avanzamento.

Come messaggiare con iPad

Stai cercando un modo per mantenerti sempre in contatto con i tuoi amici e messaggiare con loro anche tramite iPad ma hai paura di ingolfare il tuo tablet con troppe applicazioni per la messaggistica istantanea? Allora non pensarci su due volte, apri l’App Store e scarica IM+.

Di che si tratta? IM+ è un’ottima applicazione gratuita per iPad che consente di chiacchierare su diverse piattaforme di IM e social network, come Windows Live, Facebook e Google Talk, da un’unica interfaccia. È estremamente intuitiva e permette di gestire tutti i propri account online in maniera davvero comoda. Ti va di scoprire come messaggiare con iPad utilizzandola?

GUARDA: PROGRAMMI PER IPAD

 

Se vuoi scoprire come messaggiare con iPad, il primo passo che devi compiere è aprire l’App Store e cercare IM+ tramite la barra di ricerca che si trova in alto a destra. Adesso, seleziona il nome dell’applicazione dai risultati della ricerca e, nella pagina che si apre, pigia prima suGRATIS e poi su INSTALLA APP per avviare il download e l’installazione di IM+. Se ti viene richiesto, digita la password del tuo ID Apple e pigia sul pulsante OK per completare lo scaricamento.

Ad installazione effettuata, avvia IM+ tramite la sua icona presente nella home screen di iPad ed autorizza l’applicazione ad inviarti delle notifiche pigiando sul pulsante OK. A questo punto, scegli se sincronizzare o meno i dati della app con iCloud (in modo da avere automaticamente la stessa configurazione su tutti i tuoi iDevice) e metti il segno di spunta accanto ai nomi delle piattaforme IM che intendi utilizzare.

Puoi scegliere fra Windows LiveFacebookGoogle TalkYahoo!AOL Neighbors. Dopo aver selezionato i servizi che intendi integrare in IM+, pigia sul pulsante Prossimo che si trova in alto a destra ed esegui l’accesso a tutte le piattaforme che hai selezionato immettendo le tue credenziali nei moduli che compaiono sullo schermo.

Per Facebook non è sufficiente eseguire il login, devi anche autorizzare IM+ ad accedere al tuo profilo premendo prima il pulsante Connect with Facebook e poi Installa Consenti tutto. Ci vogliono pochissimi secondi, non preoccuparti.

Una volta eseguito l’accesso a tutti i servizi di instant messaging selezionati, puoi cominciare amessaggiare con iPad con IM+ semplicemente selezionando il nome della persona con cui intendi conversare dalla barra laterale di sinistra ed utilizzando il pannello con la chat presente sulla destra. Pigiando sui pulsanti collocati ai due lati del box per la composizione dei messaggi puoi anche selezionare tantissime faccine da usare nelle tue chiacchierate online con gli amici.

Per selezionare le piattaforme a cui vuoi risultare connesso e disconnetterti da altre, non devi far altro che pigiare sull’icona dell’omino che si trova in alto a destra (nella barra nera) e spostare verso sinistra le levette dei servizi IM che vuoi disattivare momentaneamente. Pigiando sull’icona accanto a quest’ultima, puoi inoltre regolare il tuo status attuale impostandolo su Online,OccupatoAssente, ecc..

Insomma, è davvero tutto molto intuitivo. Ci metterai pochissimo a prendere confidenza con tutte le funzioni di questa app e messaggiare in tutta tranquillità dal tuo iPad senza rimpiangere più di tanto il PC di casa. Ti ricordo, inoltre, che è disponibile una versione a pagamento di IM+ denominata IM+ Pro che permette di chattare su un maggior numero di piattaforme. Costa 4,49 euro.

Ti piacerebbe sapere come ricevere SMS su iPad? Leggi la mia guida sull’argomento ed avrai le idee più chiare anche su questo argomento molto ricercato da tutti gli utenti del tablet Apple.

Foto all’inizio dell’articolo: iPad Mini (Product) Red closeup

Pubblicato da Salvatore Aranzulla il 14 dicembre 2012

 

Come localizzare un cellulare acceso

Hai paura di perdere il tuo costoso smartphone di ultima generazione e di non riuscire più a recuperarlo? Purtroppo eventi del genere possono colpire tutti ma sfruttando le caratteristiche dei cellulari più moderni è possibile ridurre anche i rischi di furto e smarrimento. O per meglio dire, è possibile aumentare le possibilità di trovare i telefonini perduti.

Se ti stai chiedendo come, evidentemente non hai ancora impostato sul tuo telefono un servizio di geolocalizzazione capace di rilevare la posizione geografica del dispositivo tramite GPS in caso di necessità. Che dire? Rimedia subito! Attrezza il tuo smartphone contro furti e smarrimenti leggendo questa rapida guida su come localizzare un cellulare acceso e di sicuro non te ne pentirai.

GUARDA: PROGRAMMI PER LOCALIZZARE CELLULARI



Se vuoi scoprire come localizzare un cellulare acceso ed utilizzi uno smartphone Android, puoi usufruire dei servizi offerti da Prey. Si tratta di un’app antifurto gratuita che permette di localizzare geograficamente il telefonino e visualizzarlo su una mappa di Google Maps agendo da qualsiasi PC.

Per usarla, scaricala dal Google Play Store direttamente sul tuo smartphone, avviala e completa la procedura di configurazione iniziale dell’applicazione creando un account gratuito. Gli account gratuiti hanno delle limitazioni rispetto a quelli a pagamento: non si possono monitorare più di tre smartphone simultaneamente e non si possono ricevere più di 10 rapporti sul loro stato in caso di smarrimento.

Una volta completata la procedura di configurazione iniziale, puoi chiudere la app cosciente del fatto che Prey sta svolgendo il suo lavoro “dietro le quinte” e sta controllando il tuo telefonino. In caso di furto o smarrimento, potrai dunque localizzare il tuo smartphone collegandoti al sito Internet di Prey da qualsiasi PC ed effettuando l’accesso usando i dati del tuo account.

Dovrai quindi cliccare sul nome del tuo telefonino, impostare l’opzione Mancante su YES (per indicare che il dispositivo è stato smarrito), l’opzione Geo su ON ed indicare l’intervallo di tempo entro il quale desideri ricevere report sullo stato del tuo smartphone nel campo Frequenza dei reports/azioni. A questo punto, aspetta qualche minuto e nella sezione Report del sito di Prey dovresti trovare la mappa di Google con la posizione geografica del tuo telefono. Se ciò non accade, prova a forzare l’entrata in funzione di Prey inviando un SMS al cellulare smarrito avente come testo GO PREY.

Desideri imparare come localizzare un cellulare acceso e possiedi un iPhone? Allora sappi che non devi installare alcuna applicazione sul tuo smartphone, poiché il “melafonino” di casa Apple include in maniera predefinita il servizio Trova il mio iPhone che permette di rintracciare il dispositivo a distanza in caso di furto o smarrimento.

Se non hai attivato la funzione Trova il mio iPhone durante la procedura iniziale per attivare iPhone, puoi rimediare facilmente recandoti nelle Impostazioni di iOS ed attivando l’opzioneTrova iPhone dal menu iCloud.

Una volta attivata la funzione di localizzazione del dispositivo, puoi rintracciare il tuo iPhone smarrito o rubato collegandoti al sito Internet di iCloud da qualsiasi computer ed effettuando l’accesso ad esso con i dati del tuo ID Apple. A login effettuato, clicca sull’icona Trova il mio iPhone, seleziona il tuo smartphone dall’elenco che compare in alto a sinistra e, nel giro di qualche secondo, vedrai comparire una mappa con la posizione geografica del tuo “melafonino”. Facile, no?

Foto all’inizio dell’articolo: ‘Plaatsbepaling’ Oude Singel Leiden

PRESSING SU GOOGLE: PAGHI LE TASSE IN ITALIA – CINQUECENTO MILIONI DI PUBBLICITÀ, ZERO IMPOSTE.

Filippo Santelli per “la Repubblica

google-logoGOOGLE-LOGO

La Francia ha dato un ultimatum: due mesi per cambiare regime, o potrebbe arrivare una supertassa. Il Parlamento inglese ha chiesto di vedere i conti. E ora, ad indagare sulle (poche) tasse pagate da Google, inizia anche l’Italia. Perché sul giro d’affari nel nostro Paese, più di 500 milioni di euro di pubblicità venduta, il motore di ricerca non avrebbe versato al fisco neppure un euro: né Ires, né Irap, né Iva. «Alcune imprese si sottraggono al pagamento delle imposte in misura adeguata alla loro capacità contributiva», ha denunciato la scorsa settimana la Guardia di finanza. E ieri, in commissione Finanze alla Camera, la segnalazione è stata rilanciata dal deputato Pd Stefano Graziano. Per chiedere al ministro Grilli se il governo intenda adottare contromisure.

google datacenter techGOOGLE DATACENTER TECH

Vale per Google e i suoi servizi pubblicitari. Ma anche per altri big dell’economia digitale, come Facebook, Apple e Amazon.
Che in rete non conoscono confini fisici, ma si muovono con agilità anche tra quelli fiscali. «Utilizzano tecniche collaudate », spiega Carlo Garbino, professore di Diritto tributario alla Bocconi. «Stabiliscono la propria sede in Paesi con regimi vantaggiosi, come l’Irlanda. O caricano costi aggiuntivi in quelli dove le tasse sono più alte ».

google datacenterGOOGLE DATACENTER

Tutto legale, come ribadisce un portavoce di Google, sottolineando il «sostanziale contributo dell’azienda all’economia europea». Ma forse non equo in un periodo di economie generalizzate. «Chi raccoglie entrate in un Paese, lì deve pagare le tasse, è una questione di giustizia sociale », spiega Graziano. In Italia Google ha da poco aperto una sede, a Milano, ma dedicata solo a marketing e assistenza.

google data center greenGOOGLE DATA CENTER GREEN

Le pubblicità sono invece fatturate a Dublino, dove l’aliquota sulle imprese è al 12,5%. E grazie a una triangolazione con Amsterdam e le Bermuda, battezzata “sandwich olandese”, nel 2011 ha pagato 8 milioni di tasse su 12,5 miliardi di ricavi.
Ora la palla passa al governo che potrebbe ispirarsi alla norma «anti-Ryanair».

Ridefinendo il concetto di «base aerea», il decreto sviluppo in discussione al Senato impone alla compagnia di versare ai dipendenti italiani pieni contributi, anziché quelli, inferiori, previsti dalle norme irlandesi. Nel caso di Google però si tratta di tasse sugli introiti: la legge europea garantisce alle aziende la libertà di scegliere in quale dei 27 Stati membri stabilire la propria sede fiscale. «Per questo l’ideale è una soluzione comunitaria», conclude Graziano.

GOOGLE DATA CENTERGOOGLE DATA CENTER

La scorsa settimana Francois Hollande ha incontrato a Parigi il numero uno di Google Eric Schmidt, per mediare sulla querelle che oppone la società agli editori francesi. La loro richiesta è che il motore di ricerca condivida una percentuale dei ricavi che ottiene indicizzando i loro contenuti. In Inghilterra una commissione parlamentare ha indagato sulle poche tasse pagate da Google, Amazon e Starbucks. E a Bruxelles la Commissione starebbe valutando come correggere alcuni paradossi del fisco europeo.


2- «LA MIA FRANCIA SFIDA GOOGLE E AMAZON» – AURÉLIE FILIPPETTI: SENZA UN ACCORDO CON GLI EDITORI, OBBLIGHEREMO I SITI A PAGARE
Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera

SEDE GOOGLESEDE GOOGLE

Signora Filippetti, suo nonno Tommaso lasciò l’Italia tra le due guerre mondiali per lavorare nelle miniere del Lussemburgo e poi della Lorena, lei torna a Gualdo Tadino da ministra della Cultura della Repubblica francese. È orgogliosa del salto sociale? 
«È una soddisfazione doppia, sia per le mie origini sociali sia perché vengo dall’immigrazione. Mio nonno era un minatore italiano ed è morto nei campi di concentramento perché era entrato nella Resistenza ai nazisti, si è battuto per la libertà in Europa. A Gualdo Tadino riceverò una medaglia in suo onore. E il fatto stesso che io sia riuscita a diventare ministro lo sento come un riconoscimento per lui».

GOOGLEGOOGLE

Incontriamo la ministra Aurélie Filippetti, 39 anni, tra gli stucchi del suo ufficio in rue de Valois, alla vigilia della sua visita in Italia.

Lei è la prova che l’ascensore sociale in Francia funziona ancora? 
«Anche qui ci lamentiamo molto della società bloccata, ma la scuola repubblicana ha grandi meriti. È per questo che Hollande e il governo di cui faccio parte hanno deciso di rilanciarla con 60 mila assunzioni in cinque anni. Solo la scuola pubblica può permettere l’integrazione e dare speranza a tutti».

dublinoDUBLINO

I tagli hanno colpito anche il suo ministero. La politica culturale è un lusso in tempi di crisi economica?
«Al contrario, penso che se c’è una risorsa preziosa in Europa è la cultura e sarebbe una follia non cercare di svilupparla e sostenerla».

Anche per questo ha intrapreso la battaglia con Google? 
«Non è un conflitto, però se gli editori francesi, italiani e tedeschi non troveranno un accordo con Google entro la fine dell’anno, a gennaio la Francia varerà la legge per obbligare la società di Mountain View a remunerare i giornali dei quali elenca i contenuti. Vogliamo ribadire un principio: chi fa profitti distribuendo i contenuti deve contribuire a finanziarne la creazione. Vale per le reti tv, gli operatori telefonici, i provider Internet, i siti, le piattaforme digitali».

I FONDATORI DI GOOGLE SERGEI BRIN E LARRY PAGEI FONDATORI DI GOOGLE SERGEI BRIN E LARRY PAGE

Il modello è quello del cinema? 
«In Francia i film da decenni sono finanziati dal Cosip (Conto di sostegno all’industria dei programmi audiovisivi) che ridistribuisce parte degli incassi dei film di maggiore successo e anche i soldi messi a disposizione dagli operatori che poi diffondono i film, per esempio le tv».

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In Italia, quando si parla di sovvenzioni di Stato al cinema e alla cultura in generale, vengono in mente sprechi e film che poi nessuno va a vedere. 
«Ma noi non finanziamo film di nicchia senza mercato. Il cinema francese è fatto di pellicole d’autore, molti film di budget medio (sui 3 o 4 milioni di euro) ma anche film di cassetta come Asterix o successi mondiali come The Artist o Intouchables . E sono questi ultimi a sostenere gli altri. I Paesi che hanno fatto la scelta dell’austerità nella cultura, per esempio la Spagna, si trovano oggi in una pessima situazione. All’ultimo Festival di Cannes invece i cineasti di tutto il mondo in competizione erano quasi sempre co-finanziati dalla Francia, siamo lo Stato al mondo con il maggior numero di co-produzioni: oggi siamo a quota 52 Paesi. E la gente non è mai andata tanto al cinema, a vedere ogni tipo di opera: dai kolossal americani ai nostri film».

Eric Schmidt di GoogleERIC SCHMIDT DI GOOGLE

È la riedizione dell’eccezione culturale francese, della politica di intervento dello Stato nella cultura promossa da André Malraux in poi? 
«L’eccezione culturale è ancora di attualità e sono convinta che lo Stato debba intervenire per sostenere la creazione. Non è vero che i prodotti culturali sono prodotti come gli altri. Le leggi del mercato hanno difficoltà a funzionare in generale, come si vede, figurarsi nella cultura. Non è una questione morale, semplicemente a mio avviso solo così il sistema può funzionare, anche dal punto di vista economico».

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Ma il vostro modello è esportabile? O semplicemente i francesi amano di più il cinema, leggono più libri e frequentano di più i musei? 
«Non penso affatto che i francesi siano diversi dagli altri. È una politica volontaristica che fa sì che non ci sia città francese senza un cinema, che le piccole librerie resistano e siano il polmone di ogni quartiere, che migliaia di persone vadano alle mostre, come quella di Edward Hopper in questi giorni al Grand Palais».

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Quando ci sono le file alle mostre da noi c’è sempre qualcuno che storce la bocca perché sarebbero fenomeni di massa o turismo, non cultura. 
«I grandi numeri non sono tutto, d’accordo, ma è una lamentela che non capisco. Bisogna aiutare le persone che ne hanno voglia ad avvicinarsi all’arte. Per questo ho incoraggiato i musei a usare le nuove tecnologie per spiegare le opere, per accompagnare il visitatore che vuole saperne di più».

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Lei parla di librerie di quartiere, in Italia quasi del tutto scomparse da tempo. In Francia librai ed editori anche grandi, come Gallimard, parlano di Amazon come del nemico. È d’accordo? 
«Sono molto preoccupata per come Amazon si comporta in Europa. Ha un peso tale che rischia di trovarsi ben presto in posizione ultradominante. Sono andata a parlarne alla Commissione di Bruxelles, ma trovo il loro atteggiamento deludente».

Aurelie Filippetti ministro della Cultura francese affronta con uno spacco le scale dellEliseo Reuters resizeAURELIE FILIPPETTI MINISTRO DELLA CULTURA FRANCESE AFFRONTA CON UNO SPACCO LE SCALE DELLELISEO REUTERS RESIZE

Che cosa rimprovera alla Commissione europea? 
«Ha una visione un po’ troppo unilaterale della libera concorrenza. La Commissione preferisce fare le pulci agli editori che si organizzano per sopravvivere alla minaccia di Amazon, e non si allarma invece per il fatto che un colosso basato in Lussemburgo fa vendita a distanza con strategie fiscali inaccettabili e facendo dumping sulle spese di distribuzione. Amazon può permettersi di vendere a basso prezzo per mettere fuori mercato i suoi concorrenti, ma naturalmente rialzerà i prezzi appena avrà conquistato il monopolio o quasi. Di questo dovrebbero preoccuparsi a Bruxelles. La Francia vigilerà affinché Amazon pratichi una concorrenza leale».

AURELIE FILIPPETTIAURELIE FILIPPETTI

La Francia è stata all’avanguardia nella lotta contro lo scaricamento illegale di musica, film e poi libri, con la legge Hadopi voluta dalla presidenza Sarkozy. Lei prende le distanze da Hadopi. Come mai? 
«È un approccio diverso, io vorrei sviluppare l’offerta legale. Se uno vuole scaricare un film non troppo recente, magari degli anni Cinquanta, nelle piattaforme legali non lo trova, mentre illegalmente sì. Non considero i consumatori come dei teppisti che vogliono rapinare gli artisti, ma persone che hanno voglia di ascoltare, vedere, leggere. Credo che la colpa sia anche dell’industria, che è in ritardo. Bisogna offrire un catalogo ampio e a prezzi ragionevoli. Qualcosa si sta muovendo, soprattutto per la musica».

Allude ai siti di streaming Deezer e Spotify? 
«Sì, anche se la parte versata agli artisti è ancora troppo bassa. Bisogna riconsiderare la percentuale versata agli autori, e lo stesso vale anche per il libro digitale, che in genere affianca quello di carta e ha costi di produzione molto inferiori».

FRANCOIS HOLLANDEFRANCOIS HOLLANDE

Lei, ministra Filippetti, che cosa legge? 
«Tra gli italiani Erri De Luca e Niccolò Ammaniti, tra i francesi Jean Echenoz e Jérôme Ferrari che ha appena vinto un Goncourt molto meritato».

In «Gli ultimi giorni della classe operaia» ha raccontato la storia della sua famiglia, in «Un homme dans la poche» una storia d’amore. Tornerà a scrivere?
«Non finché sono ministra».