PARALIMPIADI, DOPING E AUTOLESIONISMO

Anche le Paralimpiadi hanno il loro doping, ovvero l’autolesionismo: un atleta su sei a Pechino usava la disreflessia autonoma

Paralimpiadi, doping e autolesionismo

Le Paralimpiadi hanno nell’autolesionismo degli atleti il loro più insidioso doping. Tecnicamente il fenomeno clinico associato si chiama disreflessia autonoma e il comitato paralimpico internazionale lo conosce da 20 anni. Materialmente gli atleti usano

ostruire il catetere, comprimere i testicoli, fratturarsi o applicare elettroscariche sui muscoli. Si ottiene l’aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dell’adrenalina nel sangue. Chi userà queste tecniche a Londra sarà squalificato. I controlli prevedono il controllo della pressione pre-gara nelle aree di riscaldamento. «È come il doping – ha detto il capodelegazione del team GB Craig Hunter – e diversi atleti sono pronti a barare». Nel corso di una ricerca effettuata sulle Paralimpiadi di Pechino un atleta su sei ha ammesso di usare tecniche per disreflessia, in particolare i midollolesi nei quali la pressione sanguigna non cresce allo stesso modo degli altri atleti. L’uso delle scariche elettriche, o di altre tecniche, può
indurre pericolosi picchi di pressione. I paralimpici sono sottoposti a programmi informativi sulla pericolosità del doping da “autolesionismo”.

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“Anche le leucemie sono tumori da amianto”

“Anche le leucemie
sono tumori da amianto”

Parla Franco Mandelli

presidente dell’Ail

Si apre una nuova frontiera scientifica nella lotta contro l’amianto e le malattie collegate alla fibra killer. «Alcuni studi clinici hanno dimostrato che esiste una maggiore incidenza del mieloma e delle leucemie in alcune popolazioni che sono state esposte all’amianto»: parola di Franco Mandelli, autorità nel campo delle leucemie e presidente dell’Ail durante un convegno che si è tenuto lunedì a San Felice al Circeo (provincia di Latina) organizzato dall’Avis e con la presenza di Legambiente e dell’Osservatorio nazionale amianto.

Le parole di Mandelli hanno spalancato le porte a nuove prospettive scientifiche: è la prima volta che la fibra killer viene indicata come responsabile di malattie che colpiscono altri apparati rispetto ai polmoni e ai bronchi. «Una ricerca italo-tedesca ha preso in esame sei zone della Germania e due della Sardegna, Nuoro e Cagliari: è stata trovata una correlazione tra l’amianto e l’insorgere di linfomi. E c’è una correlazione anche con alcuni tumori dei testicoli e nel midollo di alcuni pazienti leucemici sono state trovate fibre di amianto. Per cui in quei casi possiamo dire che la leucemia è stata provocata dall’amianto che funziona da immunodepressore». 
«È necessaria, indispensabile – ha continuato il prof. Mandelli – che la comunità scientifica lavori per ottenere una diagnosi più precoce possibile, per permettere un intervento tempestivo».

L’intervista

“In tribunale si aprono scenari nuovi”

Fino ad oggi c’era un punto fermo nella giurisprudenza: laddove c’è un mesotelioma pleurico, c’è stata una contaminazione da amianto. Un “vantaggio”, se così si può dire, in sede di prova, per la fibra killer rispetto ad altri agenti patogeni. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, ha al suo attivo centinaia di cause di risarcimento ma anche penali relative all’amianto.
Avvocato, cosa cambia con questa scoperta?
Molto, lo spettro di indagine diventa molto più ampio. Sappiamo che l’amianto è un immunodepressore e che è colpevole anche di danni molecolari del Dna. Occorre lavorare insieme all’Ail per poter portare il massimo aiuto alle vittime.
Sì ma in tribunale sarà difficile dimostrare che una leucemia è dovuta all’amianto.
Diciamo che sarà meno immediato di altre malattie che storicamente sono ricondotte all’inalazione delle fibre. In questi altri casi l’onere della prova cadrà sulle vittime, ma trovando le fibre nell’organismo saremo in grado di dimostrare la natura professionale delle malattie.

(Stefania Divertito)