Cancro, ogni giorno in Italia mille casi. Polmone big killer Il 61% delle donne e il 52% degli uomini è vivo a 5 anni dalla diagnosi

Roma, 26 set. (TMNews) – Ogni giorno in Italia si scoprono 1.000 nuovi casi di cancro. I tumoricolpiscono di più le Regioni settentrionali (+30%) rispetto al Sud, ma complessivamente nel nostro Paese migliorano le percentuali di guarigione. Il 61% delle donne e il 52% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Particolarmente elevata la sopravvivenza dopo un quinquennio in tumori frequenti come quello del seno (87%) e della prostata (88%). Il merito è da ricondurre alla più alta adesione alle campagne di screening, che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, e alla maggiore efficacia delle terapie.

I nuovi casi di cancro nel 2012 saranno 364mila (erano 360mila nel 2011): 202.500 (56%) negli uomini e 162.000 (44%) nelle donne. Il tumore del colon-retto è il più frequente, con oltre 50.000 nuove diagnosi, seguito da quello della mammella(46.000), del polmone (38.000, un quarto nelle donne) e della prostata (36.000). Il cancro del polmone si conferma al primo posto complessivamente per mortalità (34.500 i decessi stimati) ed è il big killer fra gli uomini (27%), quello del seno fra le donne (16%).

È la fotografia scattata dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dall’Associazione italiana registri tumori (Airtum) nel volume “I numeri del cancro in Italia 2012”, presentato oggi all’Auditorium del ministero della Salute con l’intervento del ministro, Renato Balduzzi.

 

 

IN MOLTE PELLICOLE È PRESENTE LA MALATTIA, MA SENZA APPROFONDIMENTO

IN MOLTE PELLICOLE È PRESENTE LA MALATTIA, MA SENZA APPROFONDIMENTO

Volete saperne di più sul cancro?
Non andate al cinema

I film non dicono la verità sulle possibilità di diagnosi e di cura che oggi la medicina mette a disposizione dei pazienti

Clint Eastwood nel film «Gran Torino»Clint Eastwood nel film «Gran Torino»

MILANO – Clint Eastwood, il Walt Kowalski del film Gran Torino (quello in cui lui, reduce dalla guerra di Corea, anziano e malato, prima disprezza, poi finisce per difendere dai teppisti i suoi vicini di casa, asiatici di etnia Hmong) tossiva tanto e probabilmente aveva un tumore al polmone. Non muore per quello, ma perché viene ucciso dai delinquenti della banda. Gran Torino (il titolo è il nome dell’automobile Ford che Walt custodiva gelosamente in garage), uscito nel 2008 non è né il primo né l’ultimo film dove il cancro assume un qualche ruolo, anche da comprimario.

 

«GRAN TORINO» – Di tumori, nei film degli ultimi anni, si parla sempre di più. A partire da La gatta sul tetto che scotta(pellicola del 1958 dove un padre ammalato di tumore si confronta con il figlio alcolizzato) e ancora prima con il Diario di un curato di campagna (che è affetto da un tumore allo stomaco: e siamo nel 1951) per arrivare non solo a Gran Torino, ma a molte altre opere cinematografiche che hanno via via analizzato diversi aspetti legati al mondo dell’oncologia e dei malati. Erin Brockovich (il titolo italiano è: Forte come la verità, del 2000) è una segretaria di uno studio legale che indaga su una compagnia sospettata di avere contaminato le falde acquifere di una cittadina americana, provocando tumori ai residenti e fa emergere l’aspetto epidemiologico della malattia e le sue cause ambientali. Lo stesso fanno l’avvocato Michael Clayton nell’omonimo film del 2007 e la pellicola Le ultime 56 oredell’italiano Claudio Fragasso sui linfomi dei militari e l’uranio impoverito della guerra di Balcani. Poi ci sono le implicazioni economiche delle cure che emergono nel film L’uomo della pioggia (1997) di Francis Ford Coppola.

 

Una scena del film «La prima cosa bella»Una scena del film «La prima cosa bella»

A VIENNA – E ancora: Wit and dying young (1999) parla di cancro all’ovaio e del problema dei trattamenti, mentre Le invasioni barbariche (canadese del 2003), L’eternità e un giorno(Mia aioniotita kai mia mera, titolo originale greco, 1998) e La prima cosa bella (italiano del 2010) affrontano il tema dell’assistenza ai malati terminali. “Oncomovies: cancer in cinema” sarà oggetto di una relazione al prossimo congresso della European Society of Medical Oncology (Esmo) che si terrà a Vienna nei prossimi giorni. «Oggi il cinema si occupa di alcuni aspetti legati ai tumori che erano totalmente assenti in passato – commenta Luciano De Fiore dell’Università La Sapienza di Roma che ha condotto uno studio su questo tema –. Il cancro non è un soggetto facile da rappresentare, ma il fatto che se ne parli in qualche film permette di far conoscere meglio al pubblico questa malattia e le sue implicazioni».

 

PROVE SCIENTIFICHE – Purtroppo però l’immagine che emerge dai film non rappresenta la realtà scientifica dei giorni nostri. Troppo spesso il cinema vede il cancro come un elemento della trama che serve a drammatizzare la situazione e provoca, nella maggior parte delle situazioni, la morte dei protagonisti che ne sono affetti. Invece, le possibilità di sopravvivenza dei pazienti, grazie alle cure oggi disponibili, non sono mai rappresentate sul grande schermo. «Non si parla mai nei film – commenta De Fiore – delle opportunità che la medicina offre oggi ai pazienti. E raramente la sopravvivenza dei malati viene attribuita ai trattamenti ora disponibili. Fortunatamente nella vita reale le cose sono ben diverse».

IL SENO SNOBBATO – De Fiore a altri ricercatori hanno preso in esame 82 film dove si parla di tumore e hanno analizzato, fra i personaggi, 40 donne e 35 uomini affetti dalla malattia. In 21 film il tipo di tumore non era dichiarato. I sintomi erano menzionati nel 72 per cento delle pellicole, mentre il riferimento a test diagnostici compariva nel 65 per cento dei casi. La terapia più citata risultava essere la chemioterapia, seguita dai trattamenti antidolorifici. Non solo: Hollywood non sembra focalizzarsi sui big killer (a eccezione del cancro al polmone), ma preferisce parlare di leucemie, linfomi e neoplasie al cervello (il cancro al seno è quasi sempre snobbato). Nonostante tutte queste considerazioni, però, i ricercatori ritengono che usare il grande schermo per raccontare storie sul cancro possa avere un impatto positivo sia sui pazienti che sui medici. «Può servire – commenta De Fiore – ad aumentare l’attenzione al problema e a capire il valore delle nuove terapie. Non solo: può aiutare gli oncologi a prendere in considerazione alcuni problemi che a volte trascurano. Per esempio: le conseguenze che la malattia può avere sulla sessualità, il rapporto medico-paziente, gli effetti delle terapie. E, perché no, il significato della vita e della morte». Del resto La Bohemeraccontava un dramma della medicina di altri tempi: la tubercolosi. Che oggi è controllabile con i farmaci.

Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it

Il linfoma non è più un problema, la “giustizia” sì


Sette anni fa guarisce dal cancro, oggi i giudici decidono che deve restituire i soldi delle terapie: 41 mila 178 euro. Perchè  la sua malattia  ”non si poteva curare” come ha fatto lei e cioè con il metodo Di Bella.

Barbara Bartorelli, quarantenne bolognese, scopre undici anni fa di avere un linfoma di Hodgkin. Si affida alle cure tradizionali, affronta quattro cicli di chemioterapia ma, dopo pochi mesi, la malattia ritorna più aggressiva.

I medici le prospettano la soluzione del trapianto senza però garantirle la guarigione. La donna non vuole rischiare, non se la sente di “farsi ridurre a zero le difese immunitarie e di assumere grandi quantità di antibiotici”, decide di provare con il metodo Di Bella. Dopo pochi mesi migliora. E, piano piano, quei i benefici diventano stabili.

Per pagarsi la terapia, sui duemila euro al mese, chiede soldi ad amici e a parenti e c’è è anche chi, per racimolare la cifra, organizza per lei tornei di calcio.  Passano altri mesi e, d’accordo con gli avvocati, Lorenzo Tomassini e Luca Labanti,  Barbara fa causa alla Asl per ottenere il rimborso.

Due le pronunce a lei favorevoli, un decreto d’urgenza nel 2004 e una sentenza di merito nel 2006. I giudici constatano – grazie anche alle perizie di oncologici incaricati dai magistrati – che Barbara è guarita e che non ha un reddito tale da permetterle di pagarsi le cure. La Asl però impugna la decisione.  E sei anni dopo, ossia a fine agosto di quest’anno, arriva il verdetto della corte d’appello.

Barbara non avrebbe potuto fare quella cura,  perché, recita la sentenza ” una sperimentazione ministeriale stabilì che era inefficace”. Non solo. Poche righe più sotto si legge che ” la malattia di Barbara non era fra quelle oggetto di sperimentazione nel 1998″  ( infatti, non venne testato il suo linfoma, ma un altro, il non Hodgkin).

Non è finita. I tre magistrati, autori della sentenza d’appello, dichiarano che i loro colleghi non avrebbero dovuto affidarsi a esperti, a medici incaricati di esaminare le cartelle cliniche della paziente, visto che nel 1998 la sperimentazione ministeriale stabilì che la terapia Di Bella non era valida.

Testuale: ”All’autorità giudiziaria non compete di accertare, mediante l’ammissione di una consulenza tecnica di uffici, l’efficacia terapeutica del trattamento del prof Di Bella, in relazione alla patologia tumorale in coerenza con il principio dell’ordinamento secondo cui la legge ha attribuito ad appositi organi tecnici il potere di effettuare la sperimentazione…“.

L’avvocato Lorenzo Tomassini è stupefatto: “E’ assurdo, come si può stabilire per legge che è vietato indagare? Oserei dire: vietato guarire. Alla base del diritto civile c’è la possibilità di emettere provvedimenti d’urgenza per tutelare i casi limite. Lo stesso diritto civile prevede che si guardi all’obbiettività della situazione, la signora Bartorelli è guarita. Ha ottenuto un indubbio beneficio da quella terapia, invece non sappiamo quali risultati avrebbe avuto con un trapianto… com’è possibile che un giudice non si curi del fatto che un malato di tumore è guarito? Il diritto alla salute è sacro e inviolabile”.

E il diritto alla  libertà di cura? Barbara Bartorelli annuncia un prossimo ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo:  ”Perchè dobbiamo accettare che lo Stato sia tutore della nostra salute? Perchè la commissione del farmaco deve decidere come si deve curare un malato ? Se le terapie non funzionano, il nostro Stato  – lo stesso che si interroga sull’opportunità del testamento biologico – ci lascia morire. E che colpa avrei io? Di  non aver accettato di andare all’altro mondo a 32 anni? Chiedo la libertà di rivolgermi al medico che scelgo e che sia lui a decidere cosa è meglio per me, non un prontuario stabilito da una azienda farmaceutica!”

 fonte

Riconoscere un tumore alla testa, con quali sintomi rivolgersi al medico?

tumore alla testa

I sintomi di un tumore alla testa dipendono da quali sono le strutture coinvolte dalla malattia. Il cancro, infatti, può colpire sia la scatola cranica sia gli organi presenti nella cavità orale o a livello del collo.

Nel primo caso si tratta di tumori che si sviluppano dalle ossa (osteosarcomi) o dalla cartilagine (condrosarcomi), i cui sintomi più frequenti sono dolore e gonfiore, che diventano tanto più costanti quanto più la malattia avanza. Nel secondo caso si tratta, invece, di forme di cancro che rientrano nel gruppo dei tumori della testa e del collo (fra cui quelli più frequenti interessano la laringe, il cavo orale e la faringe) e in quello dei tumori del massiccio facciale.

Ecco i sintomi che dovrebbero farci rivolgere al medico, soprattutto se non scompaiono in poco tempo:

  • Tumori orali che si formano dalle gengive e dal palato: dolore ai denti, sanguinamenti, vesciche, ulcere e ferite che non si rimarginano. Nei casi più gravi la lingua si può gonfiare e può diventare difficile aprire la bocca.
  • Tumori del seno mascellare: sintomi della sinusite, mal di denti, perdita di sangue dal naso, gonfiore dei tessuti molli della guancia, del palato e delle gengive, occhi sporgenti.
  • Tumori all’osso etmoide: sintomi di sinusite, difficoltà a respirare con il naso, perdite di sangue dal naso.
  • Tumore della laringe: alterazioni della voce e, nei casi già avanzati, difficoltà e dolore a deglutire. Raramente, affanno respiratorio.
  • Tumore della faringe: fastidio o dolore alla gola che può arrivare fino all’orecchio, difficoltà a deglutire, alito molto pesante, voce nasale, produzione di saliva abbondante e, nella metà dei casi, ingrossamento dei linfonodi del collo.
  • Tumore del rinofaringe: disturbi all’orecchio (diminuzione dell’udito, ronzii, fischi, otiti, orecchie tappate). Spesso i sintomi iniziali sono poco importanti e iniziano con un ingrossamento dei linfonodi del collo. In alcuni rari casi i disturbi possono coinvolgere il naso, che si chiude, cola molto e, a volte, sanguina.
  • Tumori dei seni paranasali: ostruzione nasale, raffreddore continuo, alterazione della sensibilità della pelle del viso o paralisi facciali.
  • Tumore delle ghiandole salivari: nelle fasi iniziali dà pochi sintomi, fra cui la presenza di una massa che non fa male se viene toccata e che può essere localizzata sulla mandibola o sotto di essa o nel cavo orale. In alcuni casi si possono avere difficoltà ad aprire la bocca o si può paralizzare metà volto.
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Mammografia, precauzione salvavita

Regolari mammografie riducono del 49% il rischio di morire di cancro. E’ quanto emerge da uno studio comparso sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention che ha dimostrato definitivamente come lo screening previene i decessi. Analizzando il tasso di screening effettuati dal campione di 4000 donne selezionato di età tra i 50 e i 70 anni, infatti, la frequenza è molto più bassa in coloro poi decedute a causa del cancro.

Brasile, campagna shock contro il fumo Mobile

, campagna shock contro il fumo

 
 
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Brasile In occasione della Giornata nazionale contro il tabacco, avvertimento Ospedale Regionale sul fumo

Brasile celebra il 29/08 Giornata nazionale contro il tabacco, però, i numeri non danno molte ragioni per festeggiare. Il fumo è legato ad almeno 50 tipi di malattie, concentrandosi tra i più gravi i vari tipi di cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie.

Solo nel Regionale Valley Hospital Paraíba, a Taubate, Capo e Collo Clinica realizza il 21% delle visite nel 2012 ai soli casi di cancro della laringe bocca e delle labbra. Per quanto riguarda l’intervento chirurgico, il tasso sale al 23%, e ogni mese, aumenta il numero di nuovi casi.

Pertanto, in questo Giovedi, 30/08, il programma di assistenza comunitario porta il “Il fumo: come e perché smettere di fumare?” Lezione, ha insegnato dal capo chirurgo e collo HR, Dr. César Augusto Cardoso.

La rapida evoluzione della malattia e la sua aggressività per la mancanza di una diagnosi precoce sono le cause principali per la ripresa con una minore qualità della vita, e la parte di rilevamento di un semplice sospetto: raucedine o dolore alla bocca non polimerizzato per più di 15 giorni.

Il dibattito è un’iniziativa dell’Istituto di Formazione e Ricerca delle risorse umane che si riunisce ogni mese, discussioni su temi che riguardano la popolazione, mostrando le alternative per affrontare alcune malattie, promuovere lo sviluppo sano e soprattutto cambiare le cattive abitudini.

L’evento inizia alle 17h in ospedale padiglione regionale, che si trova in Avenida Tiradentes, 280, Centro di Taubaté. L’ingresso è gratuito. Informazioni ed iscrizioni presso (12) 3634.2013 owww.hospitalregional.org.br.

Doping, Armstrong rinuncia al ricorso: radiato a vita, revocati sette Tour de France L’annuncio dell’ex corridore sul suo sito internet


lance armstrong

 

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La dissoluzione della leggenda di Lance Armstrong passa anche da questo. Dalla decisione di non presentare ricorso contro le accuse di doping avanzate dall’agenzia americana antidoping, l’Usada.
 
“Arriva un momento nella vita di ogni uomo in cui ci si deve dire: ‘Quando è troppo è troppo’. Per me questo momento è arrivato adesso”, ha dichiarato il campionissimo americano. L’investigazione è una ‘incostituzionale caccia alle streghe’. “Ho dovuto – ha ricostruitoArmstrong – affrontare accuse secondo cui avevo ingannato e avuto un vantaggio scorretto quando vinsi i sette titoli al Tour de France dal 1999. Il peso che tutto questo ha avuto sulla mia famiglia, sul mio lavoro per la nostra fondazione e su me stesso mi porta a questo, a finirla con questa assurdità”.
 
Un modo per ribadire la sua innocenza, eppure Armstrong è convenuto sull’opportunità di non fare appello interpretata come ammissione di colpa.  Armstrong ha definito l’indagine dell’Usada nei suoi confronti “una caccia alle streghe incostituzionale” e ha insistito che la sua decisione non è n’ammissione di aver fatto uso di sostanze dopanti, ma un rifiuto di entrare in un processo arbitrale che a suo parere sarebbe improprio e ingiusto. “L’Usada – ha tenuto a precisare Lance – non può rivendicare il controllo sullo sport professionale internazionale e tentare di togliermi i sette titoli del Tour de France. So chi ha vinto quei sette Tour, lo sanno i miei compagni di squadra e lo sanno anche tutti quelli con cui ho gareggiato”. 
 
“Non c’è – ha proseguito Armstrong – nessuna prova fisica per confermare queste bizzarre e odiose affermazioni. L’unica prova fisica sono le centinaia di controlli antidoping che avevo passato a pieni voti”. “Oggi – ha concluso il ciclista – volto pagina. Non voglio più affrontare questo problema, indipendentemente dalle circostanze. Mi dedicherò al lavoro che avevo iniziato prima di aver vinto il primo Tour de France: servire le persone e le famiglie colpite dal cancro, soprattutto in comunità svantaggiate”
 
L’Usada ha già fatto sapere che radierà a vita il corridore e gli revocherà tutti i titoli vinti al Tour de France tra il 1999 e il 2005. Secondo l’agenzia, infatti, il corridore avrebbe fatto uso di sostanze dopanti a partire dal 1996, tra cui steroidi e trasfusioni. Armstrong, che si è ritirato dal ciclismo professionistico nel 2011 dedicandosi in seguito al triathlon, ha agito in un tribunale federale per bloccare le accuse, ma il suo ricorso è stato respinto.
 
 
Il direttore dell’agenzia, Travis Tygart, ha definito il caso uno “straziante” esempio di approccio allo sport in cui si vuole vincere a tutti i costi sottolineando la competenza dell’agenzia in materia di titoli e di loro assegnazione e revoca.

Corde vocali nuove da un biogel

E’ stato inventato negli Stati Uniti  e potrebbe essere già sperimentato il prossimo anno sui pazienti un gel che ripristina l’uso delle corde vocali quando queste sono  state danneggiate o hanno perso la loro naturale capacità di produrre suoni. La ricerca è stata presentata oggi in occasione della riunione annuale dell’ American Chemical Society a Philadelphia.

Il Biogel verrà iniettato nelle corde vocali e, grazie alla sua speciale composizione, riuscirà a riprodurre le stesse vibrazioni delle corde vocali e quindi anche i suoni.

Le corde vocali son due muscoli che si trovano nella laringe e che vibrando producono suono. Quando sono mal utlizzate si tendono  fino a perdere la capacità di vibrare rendendo la voce roca e con l’aria durante l’emissione. Similli effetti possono essere prodotti anche dal cancro o dall’invecchiamento. Ma attualmente non ci sono modi per curare questo tipo di problema.

Il gel da applicare sulle corde vocali sviluppato dal team del professor Robert Langer presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston si basa su un materiale già utilizzato in creme cosmetiche approvate, dispositivi medici e farmaci.

Ora il gel puà vibrare circa 200 vlte al secondo che è il numero di vibrazioni della voce di una donna.

“Il gel sintetico delle corde vocali ha proprietà simili a quelle del materialeche si trova nelle corde vocali umane e vibra  in risposta alle variazioni della pressione dell’aria, proprio come le corde reali”, ha detto il prof Langer.

La star di Mary Poppins, Dame Julie, 76 anni, che ha perso definitivamente la voce dopo un’operazione nel 1997, presiede una organizzazione non-profit che finanzia la ricerca ed è in cura da un medico che collabora al progetto. Sarà probabilmente lei una delle prime pazienti che sarà sottoposta al trattamento rivoluzionario. Infatti gli studi su animali hanno dato risultati positivi sugli animali, il materiale è sicuro e la sperimentazione umana potrebbe iniziare verso la metà del prossimo anno, secondo gli scienziati.

Il gel potrebbe avere poi consistenze diverse a seconda del danno che le corde vocali hanno subito e del probelma vocale conseguente su cui si deve agire.
Poiché il gel degrada nel tempo potrebbe essere che i pazienti abbiano bisogno di 5 inziezioni l’anno.

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Amianto sulle auto cinesi?

In Australia, può partire un richiamo di auto importate dall Cina: il dubbio è che per la loro costruzione sia stato utilizzato amianto

auto cinese

Per ora è solo un sospetto, che per dovere di cronaca ci limitiamo a riportare: le autorità australiane hanno richiesto di effettuare un richiamo di auto importate dalla Cina, perchépare che per la loro costruzione sia stato utilizzato l’amianto. Si tratterebbe, secondo l’agenzia Bloomberg, di vetture appartenenti alle aziende Great Wall (quella che era stata accusata da Fiat di aver clonato la Panda) e Chery (che dà i pezzi all’italiana DR, la quale li assembla nel nostro Paese).

VIETATO – Il Wall Street Journal è più circostanziato: “Un importatore australiano ha richiamato 23.000 auto cinesi dopo che una sonda del Governo ha trovato amianto nelle guarnizioni del motore e nello scarico”. La Commissione australiana per la concorrenza ha dichiarato chel’importatore Ateco Automotive Pty. Ltd. sta richiamando le auto prodotte da Great Wall Motor Co. e la Chery Automobile Co. Stando alla commissione, l’amianto è proibito dalla legge australiana, anche se non costituisce un rischio immediato per i conducenti che utilizzano i veicoli. Sembra che Chery abbia già diramato un comunicato in merito: l’utilizzo di amianto nelle unità di esportazione sarebbe stato un errore. Chery e Great Wall Motor hanno spiegato di aver cessato l’utilizzo di amianto nelle guarnizioni per le auto destinate al mercato estero proprio dopo un esame effettuato dalle autorità australiane. Ma il passaggio chiave è un altro: i portavoce di entrambe le società si sarebbero difesi sostenendo che l’uso di amianto per guarnizioni risulterebbe comunque legale in Cina. Insomma, la loro difesa parrebbe questa: nella nazione della Grande Muraglia, usiamo l’amianto, perché è legale; se c’è amianto nelle macchine esportate, si tratta di un errore. C’è anche da dire che Chery offre i vari componenti all’italiana DR di Di Risio (Macchia d’Isernia, Molise), assemblati in Italia: anche DR diramerà un comunicato per spiegare che tutti i pezzi Chery sono assolutamente privi di amianto? Ricordiamo che se, sul pianeta, l’amianto era presente nelle auto (pastiglie dei freni, frizioni e alcuni pannelli di isolamento acustico e termico, vernici), nelle navi, nelle case e altrove, nel nostro Paese è vietato dal 1992 perché causa il cancro ai polmoni e crea gravi problemi all’ambiente.

LA CINA È LONTANA – Se davvero in Autostralia le autorità dovessero seguire la strada del richiamo, e se emergesse la presenza di amianto, sarebbe un duro colpo sotto il profilo dell’immagine per le due aziende cinesi, che hanno (legittimamente) piani di espansione negli Stati Uniti e in Europa. Nazioni come la Russia, Iran, Algeria e Iraq sono i mercati preferiti degli esportatori cinesi. Il fatto è che il basso livello di sicurezza delle auto cinesi era già un motivo più che sufficiente per stare alla larga dalle vetture orientali, adesso la possibile presenza di amianto in alcune componenti delle vetture di due grandi marchi con gli occhi a mandorla è una ragione ulteriore per diffidarne. Oppure il possibile prezzo ultra low cost delle vetture cinesi in Europa e in Italia farà dimenticare al consumatore qualsiasi genere di pericolo?

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