Ma i dopati non sono solo i ciclisti…

(FILES) Argentinian soccer player Diego

Un dardo che trafigge il cuore di migliaia di appassionati. È quanto rappresenta l’ennesima notizia di doping nel ciclismo.Mauro Santambrogio trovato positivo all’Epo – proprio come il compagno di squadra Danilo Di Luca – dopo il controllo antidoping del 4 maggio scorso. Nel frattempo ha percorso chilometri di strada fino a chiudere al 9° posto nel Giro.

E subito si sono scatenate, forse con maggior veemenza del passato, invocazioni di radiazione. Gli appassionati sono arrivati al limite, dopo la caduta dell’eroe Armstrong e la forte delusione di Di Luca, Santambrogio: ora basta.

Ma purtroppo, chi cerca di barare calpestando i valori distintivi dello sport, non sono solo gli atleti in tutina e caschetto. C’è una sequela di disonesti che prova, anno dopo anno, a farla franca ai controlli, nella speranza di fasciarsi col manto della gloria, una gloria fasulla.

Partiamo dal calcio, Diego Armando Maradona è riconosciuto, in modo planetario, come il calciatore più forte della storia del pallone. Eppure le delusioni, forti, continue, dei suoisupporterspartenopei non sono mancate. A partire da quel marzo del 1991, quando fu trovato positivo alla cocaina ai test effettuati dopo Napoli-Bari; un tradimento che lo portò a fare le valigie e trasferirsi a Siviglia, dove dovette scontare 1 anno e mezzo di squalifica prima di tornare in campo. Oltre il danno, la beffa. Il Pibe de Oro fu cacciato dalla Fifa ai Mondiali di Usa 94′, questa volta trovato positivo all’efedrina, una sostanza stimolante. Maradona tentò invano di orientare altrove gli indici di mezzo mondo, puntati contro l’idolo che nuovamente aveva tradito la fiducia di milioni di persone. Maldestro poi il tentativo di scaricare la colpa della positività all’ingerimento della Ripped Fuel, bevanda energetica datagli dal mister della Selecciòn.

Leggi tutti l’articolo

Doping, Armstrong rinuncia al ricorso: radiato a vita, revocati sette Tour de France L’annuncio dell’ex corridore sul suo sito internet


lance armstrong

 

VAI ALLA FOTOGALLERY Fonte: ANSA

La dissoluzione della leggenda di Lance Armstrong passa anche da questo. Dalla decisione di non presentare ricorso contro le accuse di doping avanzate dall’agenzia americana antidoping, l’Usada.
 
“Arriva un momento nella vita di ogni uomo in cui ci si deve dire: ‘Quando è troppo è troppo’. Per me questo momento è arrivato adesso”, ha dichiarato il campionissimo americano. L’investigazione è una ‘incostituzionale caccia alle streghe’. “Ho dovuto – ha ricostruitoArmstrong – affrontare accuse secondo cui avevo ingannato e avuto un vantaggio scorretto quando vinsi i sette titoli al Tour de France dal 1999. Il peso che tutto questo ha avuto sulla mia famiglia, sul mio lavoro per la nostra fondazione e su me stesso mi porta a questo, a finirla con questa assurdità”.
 
Un modo per ribadire la sua innocenza, eppure Armstrong è convenuto sull’opportunità di non fare appello interpretata come ammissione di colpa.  Armstrong ha definito l’indagine dell’Usada nei suoi confronti “una caccia alle streghe incostituzionale” e ha insistito che la sua decisione non è n’ammissione di aver fatto uso di sostanze dopanti, ma un rifiuto di entrare in un processo arbitrale che a suo parere sarebbe improprio e ingiusto. “L’Usada – ha tenuto a precisare Lance – non può rivendicare il controllo sullo sport professionale internazionale e tentare di togliermi i sette titoli del Tour de France. So chi ha vinto quei sette Tour, lo sanno i miei compagni di squadra e lo sanno anche tutti quelli con cui ho gareggiato”. 
 
“Non c’è – ha proseguito Armstrong – nessuna prova fisica per confermare queste bizzarre e odiose affermazioni. L’unica prova fisica sono le centinaia di controlli antidoping che avevo passato a pieni voti”. “Oggi – ha concluso il ciclista – volto pagina. Non voglio più affrontare questo problema, indipendentemente dalle circostanze. Mi dedicherò al lavoro che avevo iniziato prima di aver vinto il primo Tour de France: servire le persone e le famiglie colpite dal cancro, soprattutto in comunità svantaggiate”
 
L’Usada ha già fatto sapere che radierà a vita il corridore e gli revocherà tutti i titoli vinti al Tour de France tra il 1999 e il 2005. Secondo l’agenzia, infatti, il corridore avrebbe fatto uso di sostanze dopanti a partire dal 1996, tra cui steroidi e trasfusioni. Armstrong, che si è ritirato dal ciclismo professionistico nel 2011 dedicandosi in seguito al triathlon, ha agito in un tribunale federale per bloccare le accuse, ma il suo ricorso è stato respinto.
 
 
Il direttore dell’agenzia, Travis Tygart, ha definito il caso uno “straziante” esempio di approccio allo sport in cui si vuole vincere a tutti i costi sottolineando la competenza dell’agenzia in materia di titoli e di loro assegnazione e revoca.

Contador è un Gulliver rosa nel Giro dei tanti lillipuziani

di Cristiano Gatti

Posso? Siamo sicuri? Non è troppo disturbo? Il piccolo venezuelano Rujano taglia il traguardo sul Grossglockner continuando a voltarsi, incerto se alzare le mani o pudicamente trattenersi. Prima di vincere, chiede umilmente il nullaosta del padrone: Alberto Contador. Stavolta, rispetto al finale sull’Etna, sua imbattibilità è in vena di concessioni. Vince Rujano. Lui, il signore delle montagne, si toglie il Giro dalla tasca, dove l’aveva già ficcato in Sicilia, e lo chiude definitivamente in banca. Gli altri arrivano dopo, molto dopo, troppo dopo: pensare che un giorno possano arrivargli davanti di quel molto e di quel troppo che servirebbe per scalzarlo dal rosa, è umanamente insensato.
Come si diceva ancora prima di partire da Torino, si corre per il secondo posto. Contador ha già vinto gli ultimi cinque grandi giri disputati, qui sta aggiungendo il sesto. Confermatissima anche l’unica variabile che incombe sulla collezione: il processo ai primi di giugno davanti al Tas, per il famoso caso di doping dell’ultimo Tour. Però attenzione: anche in caso di condanna, non è detto che gli tolgano questo Giro. Potrebbero squalificarlo da lì in avanti. Il che, onestamente, sarebbe pure giusto: Contador sta correndo questo Giro supercontrollato, se non vengono rilevate sostanze proibite è giusto che se lo tenga.
Di giugno comunque si parlerà a giugno. Per il momento la storia ha un suo fascino. Del genere «Gulliver e i lillipuziani». Come Giro, è del ramo impietoso e crudele: per fatiche e tormenti lungo il percorso, per lo strapotere del fuoriclasse in rosa. Il primo round della tre giorni di passione (oggi lo Zoncolan) finisce con una nuova bancata. Dall’Etna al Grossglockner, dalla Sicilia all’Austria, agli antipodi del Giro la musica è sempre la stessa. Sull’ultima salita parte il solito Rujano, dietro arriva il solito Contador. Alle loro spalle, gli altri si barcamenano. Nessun acuto, nessuna reazione d’orgoglio: i Nibali, gli Scarponi, i Kreuziger incassano come nuovi mazzinghi. È ko. Guardando la classifica generale, c’è lui, sempre più lui, che governa un Giro riservato e personale. Poi, oltre la barriera dei tre minuti, c’è l’altro Giro. Il Giro di Lilliput.
Dice Nibali: «Giornata nera. Lui comunque ha un altro passo, sarebbe già tanto restargli vicino. Inventarci qualcosa? Ci proveremo, ma è molto dura». Scarponi: «Mi sono sentito meglio che sull’Etna. Certo che quanto ha fatto Contador è impressionante. Per fortuna restano ancora tante montagne, si sa mai». Parole al vago aroma di resa. Sembra di sentire i Gimondi e gli Adorni ai tempi di Merckx. Tra l’altro, anche Contador parla come parlava Merckx: «Cerco di guadagnare il più possibile. Sfrutto tutte le occasioni che capitano. Devo portarmi avanti. Non posso sapere cosa succederà domani…».
È la previdenza del campione, che si trasforma in quotidiana ingordigia. Siamo al monologo dell’imbattibile. Contador è effettivamente di un’altra pasta e di un altro pianeta. Davanti a una simile situazione, che nel pugilato avrebbe già imposto ai secondi il lancio dell’asciugamano, c’è chi comincia a parlare di noia. È questione di gusti. C’è ad esempio il Giro 2009, con Menchov e Di Luca che se la giocano ogni giorno agli abbuoni. E c’è ora il Giro 2011, che a metà corsa mette già sul piedestallo un campionissimo, a distanze siderali dalla concorrenza. Può partire il televoto. Tutti i gusti sono rispettabili. Personalmente preferisco il Giro crudele, la corsa più dura del mondo che fa selezione con percorsi inclementi, che evidenzia – anche spietatamente – la differenza tra il migliore e tutti gli altri. Da questo punto di vista, il Giro si conferma sempre di più la vera corsa eroica dell’era moderna. L’ultima, la più bella. Fuori dal tempo, fuori dagli schemi. Arrivassero in otto a Milano, sarebbe comunque epica.

E poi via, dannazione: quando qui arrivava Merckx, nessuno si sognava di annoiarsi. Caso mai, tutti quanti ci si incollava alla televisione per vedere che cosa il mostro fosse ancora capace di inventarsi, sempre nella segreta speranza che prima o poi persino lui avesse un’umana flessione.
Certo, nessuno può nasconderlo: se Contador non fosse qui, come probabilmente una giustizia sportiva meno allegra di quella spagnola avrebbe decretato, questo Giro sarebbe un festival di incertezza. Basta prendere la classifica generale e cancellare Contador: una lotta furibonda. Con il nostro talentino, Vincenzo Nibali, davanti a tutti. Se non altro, è un’idea: proviamo a vincere almeno il Giro dei ma e dei se.

http://www.ilgiornale.it/

Addio a maglia nera Malabrocca

Aveva 86 anni ed era identificato col simbolo, oggi scomparso, che veste l’ultimo della classifica al Giro d’Italia: per conquistarlo si nascose anche nei fienili
Luigi Malabrocca, deceduto ieri, aveva 86 anni.
Luigi Malabrocca, deceduto ieri, aveva 86 anni.

MILANO, 2 ottobre 2006 – Andava in fuga dietro al gruppo. Entrava nei bar e non ne usciva più. Si nascondeva nelle scarpate, nei fienili, nelle cantine. Una volta si tuffò addirittura in una specie di pozzo, vuoto, ma un contadino baffuto, la pelle rosolata dal sole, s’insospettì e sollevò il coperchio: “E allora?”, gli intimò. “Sto correndo il Giro d’Italia”, tentò di spiegargli. Poi risalì sulla bici, affrontò Rolle, Pordoi, Campolongo e Gardena, perché era il tappone dolomitico del Giro d’Italia, infine giunse al traguardo. Ultimo, ultimissimo, maglia nera, nerissima. Era il suo forte, il suo fortissimo.
CAPOLAVORI – Ieri è morto Luigi Malabrocca, e stavolta la maglia nera significa non solo il lutto per un uomo speciale, ma anche per la fine di un capitolo, di un romanzo, di una storia, di un’epoca, di un ciclismo. Povero Luisìn, che aveva scelto di arrivare ultimo, perché quello era il sistema per sconfiggere la miseria. Ultimo nel 1946 a 4.9’34″ da Gino Bartali: un’impresa. Ultimo nel 1947 a 5.52’20″ da Fausto Coppi: un capolavoro. Un uomo solo al comando, Malabrocca, però dal fondo della classifica, finché non incontrò un altro fenomeno nella lotta al fuori tempo massimo, Sante Carollo. Era il Giro 1949, Carollo vantava due orette di vantaggio e la tappa finale, Torino-Monza, con arrivo ufficiale a Milano, non proponeva agguati. Ci pensò “il Mala”: mentre Carollo pedalava ignaro in mezzo al gruppo, lui approfittò di una foratura, entrò in un’osteria, accettò prima da bere, poi l’invito a casa di un tifoso che gli voleva mostrare una particolare attrezzatura per la pesca, infine si rimise in sella e pedalò al minimo. Un trionfo al contrario: due ore e 20 dietro al vincitore Giovannino Corrieri, due ore e un quarto dietro a Carollo. Ma Luisìn aveva commesso un errore: non aveva previsto che i cronometristi — una volta tanto spazientiti — se ne fossero già tornati a casa, classificando il superitardatario con lo stesso distacco del gruppo. Così fu Carollo a conquistare la maglia nera: 9.57’07″ da Coppi contro 7.47’26″ collezionati da Malabrocca. E Luisìn, deluso, prese la solenne decisione di abbandonare quella divina commedia umana.
IL CINESE – Malabrocca, nato a Tortona il 22 giugno 1920, detto anche “il Cinese” per via degli occhi a mandorla, era però un fior di corridore. In carriera ha vinto 138 corse, di cui 15 da professionista (Parigi-Nantes 1947, Coppa Agostoni 1948, Giro di Croazia e Slovenia 1949), ed è stato due volte campione italiano di ciclocross (1951 e 1953). Da tempo il suo telaio cigolava. Operato al cuore e alla gola, tirava avanti con serenità. Ricoverato in ospedale 15 giorni fa, poi dimesso, ieri, nella sua cascina di Garlasco (Pavia) verso le 15 ha staccato il numero. I funerali si tengono domani, alle 10, nella Chiesa della Santissima Trinità a Garlasco. Non sarà un addio. Uomini come Malabrocca muoiono, ma non scompaiono.

Luigi Malabrocca

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Luigi Malabrocca
Dati biografici
Nome Luigi Malabrocca
Nato 22 giugno 1920
Tortona (AL)
Paese Italia
Nazionalità bandiera Italia
Morto 1° ottobre 2006
Garlasco (PV)
Dati agonistici
Disciplina Ciclismo

Luigi Malabrocca (Tortona22 giugno 1920 – Garlasco1° ottobre 2006) è stato un ciclista italiano.

Non era un grande campione, ma divenne popolare perché indossò per due anni consecutivi la “maglia nera” del Giro d’Italia. Ultimo di sette fratelli e grande amico del conterraneo Fausto Coppi, vinse 138 corse, di cui 15 da professionista, ma il suo nome rimane ancora oggi legato al Giro d’Italia dei tempi in cui l’ultimo classificato si aggiudicava la maglia di colore nero e, soprattutto, un cospicuo premio in denaro, che faceva gola a molti.

Riuscì ad aggiudicarsi la maglia nera nel 1946 (pur arrivando quarto in volata al termine dell’ultima tappa, la MantovaMilano) e nel1947, cercando di perdere più tempo possibile tra una tappa e l’altra nascondendosi dove poteva, forando le gomme della sua bici e fermandosi per lungo tempo nei bar. Nel 1949 rimase vittima del suo stesso gioco: aspettò troppo tempo e quando tagliò il traguardo dell’ultima tappa a Milano i cronometristi e i giudici spazientiti avevano già lasciato le loro postazioni, assegnando all’ignaro Malabrocca lo stesso tempo del gruppo e al vicentino Sante Carollo (che si ritirò presto dal ciclismo) la maglia nera con relativo premio. Da allora Malabrocca decise di abbandonare quella singolare corsa all’ultimo posto.

Nella sua carriera si aggiudicò la Parigi-Nantes (1947), la Coppa Agostoni (1948) e il Giro di Croazia e Slovenia (1949). Per due volte (nel 1951 e nel 1953) fu campione d’Italia di ciclocross. Si ritirò dal ciclismo nel 1956.

Dopo essere stato operato al cuore e alla gola, e dopo un ricovero in ospedale nel settembre 2006, Malabrocca è morto a Garlascoall’età di 86 anni.

Vittorie per anno

1946
Coppa Carena
Maglia nera al Giro d’Italia
1947
Parigi-Nantes
Maglia nera al Giro d’Italia
1948
Coppa Agostoni
1949
Giro di Croazia e Slovenia
1951
Campionato italiano di ciclocross
1953
Campionato italiano di ciclocross

Bibliografia