Cancro, ogni giorno in Italia mille casi. Polmone big killer Il 61% delle donne e il 52% degli uomini è vivo a 5 anni dalla diagnosi

Roma, 26 set. (TMNews) – Ogni giorno in Italia si scoprono 1.000 nuovi casi di cancro. I tumoricolpiscono di più le Regioni settentrionali (+30%) rispetto al Sud, ma complessivamente nel nostro Paese migliorano le percentuali di guarigione. Il 61% delle donne e il 52% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Particolarmente elevata la sopravvivenza dopo un quinquennio in tumori frequenti come quello del seno (87%) e della prostata (88%). Il merito è da ricondurre alla più alta adesione alle campagne di screening, che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, e alla maggiore efficacia delle terapie.

I nuovi casi di cancro nel 2012 saranno 364mila (erano 360mila nel 2011): 202.500 (56%) negli uomini e 162.000 (44%) nelle donne. Il tumore del colon-retto è il più frequente, con oltre 50.000 nuove diagnosi, seguito da quello della mammella(46.000), del polmone (38.000, un quarto nelle donne) e della prostata (36.000). Il cancro del polmone si conferma al primo posto complessivamente per mortalità (34.500 i decessi stimati) ed è il big killer fra gli uomini (27%), quello del seno fra le donne (16%).

È la fotografia scattata dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dall’Associazione italiana registri tumori (Airtum) nel volume “I numeri del cancro in Italia 2012”, presentato oggi all’Auditorium del ministero della Salute con l’intervento del ministro, Renato Balduzzi.

 

 

“La radiografia per la cervicale? Meglio se ripassa tra 3 anni”

il caso

Tempi biblici per le liste d’attesa sanitarie

di Valerio Baroncini

 
Una dottoressa consulta una radiografia in una foto d'archivio (Ansa)

Una dottoressa consulta una radiografia in una foto d’archivio (Ansa)

Bologna, 13 settembre 2012 – Volete fare una risonanza magnetica perché avete problemi di cervicale? Meglio evitare Bologna. Al momento di fissare l’esame vi sentireste dire: «Ripassi pure fra tre anni».
La sanità alle prese con la tortuosa spending review, la revisione dei costi, (ri)scopre il fiume carsico delle liste d’attesa. Anzi, le liste della disperazione.

 

TORNANDO alla prestazione dell’altro giorno: il paziente, un bolognese di 58 anni, è stato rinviato a tre anni e un po’, per la precisione 1.113 giorni. L’attonito cittadino, che con il mal di testa proprio non riesce più a stare, dovrà farsene una ragione, dal momento che dal 10 settembre s’è visto proiettato all’équipe radiologica dell’ospedale Maggiore di Bologna al 29 settembre, ma del 2015. Leggere lo statino qui accanto per credere. Non si tratta del primo caso. Perché le radiografie avrebbero bisogno loro stesse di un’iniezione curativa.

 

LANFRANCO Ceci, un altro bolognese, è senza parole: «Mi sono recato al Cup per prenotare una risonanza magnetica al rachide cervicale. Prima disponibilità 21/04/2015. Avete capito bene: quasi 960 giorni di attesa». Non va meglio per una mammografia. Esempio certificato: una giovane donna necessita di una mammografia bilaterale, la richiesta arriva dal medico di base. In città (al Bellaria e al policlinico Sant’Orsola-Malpighi) non è possibile prenotare, perché l’agenda è chiusa. Tecnicamente significa che non si accede al servizio, tanti saluti. I primi tre posti disponibili? Il 30 agosto 2013 a Vergato, in appennino; oppure il 24 gennaio 2014 a Bazzano o il 12 giugno 2014 a San Giovanni in Persiceto.

 

RESTA inteso un dato: pagando, si può ottenere la prestazione anche domani. Nello stesso ospedale dove poi ci si ritroverebbe con la mutua nel 2015. Ed è quantomeno singolare nel capoluogo di regione, che ospita anche i principali ospedali della nostra area. Nel 2002 in Emilia-Romagna ci sono state 60 milioni di prestazioni specialistiche, nel 2011 sono arrivate a 80 milioni.

 

L’assessore alla sanità Carlo Lusenti, a una tavola rotonda dove gli si chiedeva come risolvere l’annosa questione, se l’era cavata con un altro interrogativo: «Ma è più importante il tempo di ogni prestazione o invece la misurazione dell’accessibilità, della continuità delle cure, dell’appropriatezza della prescrizione e della gestione appropriata della domanda?».
 

di Valerio Baroncini

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