Fumo, sono 40 le malattie associate alle sigarette

Sono ben 40 le malattie che i ricercatori hanno ormai collegato al fumo di sigaretta. Non solo i tumori, come quello al polmone o alla laringe, ma anche problemi cardiovascolari. Ora la lista ha raggiunto quaranta diverse malattie riconducibili al tabagismo.

Fumo

Tumore ai polmoni ma anche ictus e infarti, ma la lista delle patologie legate al consumo di sigarette e in continuo aumento. Lo ha detto un gruppo di ricerca che ha pubblicato una nuova ricerca sulla rivista scientifica Surgeon General,  nel suo annuale aggiornamento al primo rapporto sul fumo.

Oltre al cancro ai polmoni, la disfunzione erettile, le malattie respiratorie e simili, ora si sa che anche l’artrite reumatoide, il glaucoma, il tumore al colon e al fegato, il diabete e persino la frattura dell’anca sono collegate al vizio del tabagismo.

L’inquietante ricerca della sanità americana si sofferma anche sul costo per lo Stato del vizio di fumare: ogni anno, il governo Usa spende l’astronomica cifra di 289 miliardi di dollari per contrastare i danni delle sigarette. Danni che non riguardano solo chi fuma, ma anche coloro che sono costretti al fumo passivo, anche noto come fumo di seconda mano, per i quali vi è una crescita dal 20 al 30 per cento dei rischi di infarto e di ictus.

Nonostante questo, ogni giorno circa 3.200 persone, per lo più giovanissimi, iniziano a fumare, dando spesso vita ad una dipendenza nociva per sé e per il prossimo

fonte

Esplora il significato del termine: ALIMENTAZIONE Tumore del colon, quei sospetti su bibite gasate e snack Uno studio scozzese indaga su 170 cibi, per capire quali espongono a un rischio maggiore di ammalarsi di cancro. Pericolosa una dieta ricca di gras

La dieta ricca di grassi è pericolosa per il colonLadietaricca di grassi è pericolosa per il colon

Che bevande frizzanti, torte, biscotti, patatine e dolci vari non siano un toccasana per la salute (e tantomeno per la linea) è cosa nota. Ora però uno studio britannico ha messo in evidenza il legame fra una dieta ricca di cibi zuccherini e grassi e le maggiori probabilità di sviluppare un tumore all’intestino.

 

LA RICERCA – In un’analisi pubblicata sull’European Journal of Cancer Prevention i ricercatori scozzesi dell’Università di Edimburgo hanno valutato i possibili fattori di rischio per un tumore al colon: insieme a fumo e sedentarietà, hanno calcolato gli effetti di circa 170 diversi tipi di alimenti (tra cui frutta, verdura, carne, pesce e molti snack, ad alto contenuto calorico, come cioccolatini, patatine e bibite gassate). Gli esiti delle loro osservazioni hanno confermato la pericolosità di tabacco, inattività fisica e familiarità (già noti come fattori di rischio) e hanno introdotto nuovi sospetti su vari spuntini ricchi di zuccheri e grassi, così come sulle bevande dolcificate ed effervescenti. Legandosi a studi precedenti, condotti sempre usando i dati dello Scottish Colorectal Cancer Study, gli scienziati hanno confermato l’effetto benefico di un’alimentazione sana (ricca di frutta, verdura e cibi salubri, in genere) e l’influsso negativo (perché espone a maggiori probabilità di sviluppare un carcinoma colon-rettale) di quella che definiscono «dieta occidentale», ad alto consumo di carne, grassi e zuccheri. «Servono maggiori conferme su un campione più vasto di popolazione – dice Evropi Theodoratou, School of Molecular, Genetic and Population Health Sciences dell’ Università di Edimburgo -. Il legame che abbiamo trovato non implica un nesso diretto di causa ed effetto tra i “cibi sospetti” e il cancro, ma è importante che le persone capiscano l’importanza di mangiare in modo corretto».

http://www.corriere.it/

Quel nesso tra tumori diversi

Quel nesso tra tumori diversi
Uno studio svolto su pazienti italiani e svizzeri ha identificato il rischio familiare di sviluppare una neoplasia differente da quella che ha colpito un parente. Emerge una relazione tra cancro del seno, del colon-retto e dell’ovaio

Simone Valesini

I parenti stretti di chi ha, o ha avuto, un tumore sono esposti al cosiddetto rischio familiare, ovvero una probabilità più alta della media di sviluppare a loro volta una neoplasia. Un nuovo studio pubblicato sulle pagine degli Annals of Oncology ha ora analizzato i rischi familiari legati a diversi tipi di cancro, identificando e quantificando non solo la probabilità di sviluppare la stessa neoplasia che ha colpito un proprio parente, ma anche i legami statistici esistenti tra forme tumorali differenti.

Oltre ad associazioni note, come quella tra tumore al seno e del colon-retto, lo studio – che con 23.000 partecipanti è il più ampio svolto fino ad oggi – ha permesso di determinare i rischi reciproci legati a 13 differenti forme tumorali. Dai risultati è emerso, per esempio, che avere una familiare di primo grado con tumore al seno aumenterebbe di 4,3 volte il rischio di sviluppare un carcinoma dell’ovaio.

L’analisi. Lo studio è stato svolto da diversi gruppi di ricerca italiani, francesi e svizzeri, e ha analizzato oltre 12.000 casi di cancro trattati in Italia e in Svizzera tra il 1991 e il 2009. I ricercatori hanno raccolto informazioni anche sui parenti dei pazienti, e hanno poi confrontato i risultati con quelli relativi a 11 mila persone sane e alle loro famiglie, tenendo conto delle caratteristiche socio-demografiche e fisiche dei partecipanti, della loro dieta, e di abitudini come il consumo di alcol e il fumo di sigaretta, per limitare l’influenza di fattori di rischio diversi da quelli puramente genetici.

Il rischio familiare. “Oltre a confermare il rischio, già noto, che i parenti di primo grado sviluppino un tumore dello stesso tipo di quello che ha colpito il loro familiare, abbiamo identificato e quantificato anche i rischi di sviluppare una grande varietà di altre forme di cancro”, spiega Eva Negri, direttrice del laboratorio di Metodi Epidemiologici dell’Istituto Mario Negri di Milano, tra i centri che hanno partecipato allo studio. Avere un parente di primo grado con tumore della laringe, ad esempio, aumenta di 3,3 volte del rischio di sviluppare un tumore della bocca, mentre questa forma di tumore determina a sua volta un rischio 4 volte maggiore di sviluppare un tumore all’esofago. Lo studio ha confermato anche l’esistenza di un rischio una volta e mezzo più alto di sviluppare un tumore al seno nelle familiari di pazienti con carcinoma del colon retto.

L’importanza per l’epidemiologia. I risultati sono di particolare rilevanza per le forme di tumore rare, per le quali anche un’associazione statisticamente debole con una forma tumorale frequente può rappresentare un’informazione rilevante dal punto di vista epidemiologico. “Per esempio, nel caso del carcinoma dell’ovaio, abbiamo scoperto che una storia familiare di cancro al seno rappresenta un fattore di rischio maggiore rispetto a quello determinato da una familiarità con lo stesso tumore dell’ovaio: quest’ultimo ha un’associazione statistica molto più forte, ma è anche molto più raro nella popolazione”, commenta Negri. I ricercatori stanno continuando a raccogliere dati sui pazienti che partecipano allo studio e campioni biologici che in futuro che potrebbero aiutare a comprendere quali fattori genetici contribuiscano a determinare il rischio familiare di sviluppare le diverse forme di cancro.

Vai allo studio

Family history of cancer and the risk of cancer: a network of case–control studies

29 luglio 2013 ©RIPRODUZIONE RISERVATA

http://la.repubblica.it/saluteseno/news/quel-nesso-tra-tumori-diversi/

No Tobacco Day: e se tutti smettessero di fumare?

In Italia i fumatori diminuiscono: nel 2011 erano il 22,7% degli ultra 15enni, il 20,8% nel 2012. Ma sono sempre tanti: 10,8 milioni. E se smettessero? Sarebbero più longevi e più fertili. E più belli!

 

Come smettere di fumare? In gruppo, aiutati dagli esperti di uno dei 380 centri anti-fumo, è più facile. I vantaggi per la salute sarebbero veramente enormi. Abbiamo calcolato la riduzione dei tumori incrociando i dati epidemiologici dell’Associazione italiana registri tumori con la stima dei tumori da fumo pubblicata nel 2011 dai ricercatori londinesi della Queen Mary University. Ecco come cambierebbero umore e stato di salute dei fumatori se smettessero di fumare. Oggi.
Da una campagna anti-fumo del 2011, in Inghilterra: nonostante la crudezza della comunicazione, che parla direttamente all'ego maschile, i produttori di tabacco non sono riusciti a bloccare la campagna.

Da una campagna anti-fumo del 2011, in Inghilterra: nonostante la crudezza della comunicazione, che parla direttamente all’ego maschile, i produttori di tabacco non sono riusciti a bloccare la campagna.

 

Cervello, umore, pelle e occhi. Si ridurrebbero: l’incidenza della depressione, la mortalità (-5.611 casi) e le disabilità per malattie cerebrovascolari come ictus e aterosclerosi (-819 casi).
Occhi. Calerebbe del 40% il rischio di cataratta e di 3 volte quello di degenerazione maculare. Per non parlare dei vantaggi estetici: la pelle del viso invecchierebbe più lentamente, l’irsutismo si ridurrebbe del 5,6%, si appianerebbero le rughe intorno alla bocca e sparirebbe il reticolo venoso superficiale delle gote e del naso. 
 
Bocca, gola, denti e alitosi. Scenderebbero (-6.000) i decessi per tumori di labbra, bocca, faringe e laringe. Si risparmierebbero impianti e dentiere: la piorrea (espulsione dei denti dovuta alla placca batterica) è infatti agevolata dal fumo che riduce le difese immunitarie.
Piorrea. Il rischio di piorrea espulsiva sarebbe ridotto di 3 volte per chi fumava fino a 10 sigarette al giorno; di 6 per chi superava le 30. Inoltre la dentina sarebbe più bianca, il sorriso più gradevole e l’alito non saprebbe di posacenere.

 

Bronchi, polmoni, cuore e sangue. Ogni anno ci si risparmierebbe la maggior parte dei decessi per tumore al polmone (-32.956), quelli per bronchiti acute ed enfisemi (-12.935), polmoniti e influenze (-1.592), oltre ai decessi per Bpco o broncopneumopatia cronica ostruttiva (-2.244), patologia sviluppata da un fumatore su due.
Cuore. Ma si ridurrebbero anche i decessi per ipertensione (-2.135), malattie cardiache (-18.000) e 477 persone non si ammalerebbero di leucemia. 
 
Stomaco, colon, pancreas, fegato… Si ridurrebbero i tumori dello stomaco (-3.000), del colonretto (-4.000), del pancreas (-3.300), del fegato (-3.000), della vescica (-9.000), del rene (-1.976). Calerebbero i decessi per rottura degli aneurismi dell’aorta addominale (-2.033 morti), la dilatazione a palloncino di un’importantissima arteria la cui rottura è più frequente nei fumatori.
Diabete. Si ridurrebbe inoltre il rischio di insufficienza renale cronica, e di diabete, aumentato (79%) nei fumatori anche leggeri.

Questo articolo è tratto da Focus Extra 60 (primavera 2013), un numero speciale di Extra tutto dedicato agli "e se..." più curiosi e sorprendenti.

Questo articolo è tratto da Focus Extra 60 (primavera 2013), un numero speciale di Extra tutto dedicato agli “e se…” più curiosi e sorprendenti.

 

Riproduzione femminile.Calerebbero i tumori della cervice uterina (-158) e dell’ovaio (-4.900); non sarebbero necessarie molte fecondazioni artificiali perché il fumo è associato nella donna a un aumento dell’infertilità del 60%.
Gravidanza. Meno intoppi anche in gravidanza: al fumo sono correlati il 70% delle morti fetali; il 60-90% dei parti prematuri; la riduzione del peso alla nascita dei neonati (in media -200 g). Inoltre, il fumo causa un’anticipazione di 3 anni della menopausa. 
 
Riproduzione maschile. Nell’uomo smettere di fumare riduce del 15% il rischio di disfunzione erettile (impotenza): il fumo infatti favorisce la formazioni di ateromi non solo nei vasi del cuore, ma anche in quelli del pene impedendo la congestione necessaria per l’erezione.
Seme. Inoltre il fumo riduce il volume, la densità dello sperma oltre il numero e la motilità degli spermatozoi. Ma danneggia anche la morfologia e, direttamente o indirettamente, il Dna dello spermatozoo. 
 
Apparato scheletrico. Il fumo riduce la densità ossea e favorisce l’osteoporosi; le fumatrici 60enni hanno un rischio maggiore di frattura del collo del femore del 17%; nelle 70enni aumenta del 41%; nelle 80enni del 71%: quindi è sempre l’età giusta per smettere. Circa una frattura di anca su 8 è oggi attribuita al fumo.
Mortalità. Inoltre poiché in Italia la frattura del femore è correlata a una mortalità del 6% nel mese successivo al ricovero, il fumo è responsabile di circa 500 decessi precoci fra le donne anziane. 
 
Benefici anche per i bambini. Gli under 14 esposti al fumo passivo dei genitori sono circa 4 milioni. Si risparmierebbero i danni ai polmoni in sviluppo.
Conseguenze. Se tutti smettessero di fumare, inoltre, i bambini oggi figli di fumatori avrebbero una riduzione del rischio di otiti dell’orecchio medio, cioè fra il timpano e l’orecchio interno (-48%), di asma (-21%) e di dispnea, cioè di respirazione difficoltosa con fame d’aria (-24%) e di sindrome catarrale, cioè un eccesso di produzione di catarro (-35%). 
 
Fumo passivo e incidenti. In Italia i fumatori passivi sono 15 milioni, pari al 26,5% della popolazione. Ci si risparmierebbero i tumori al polmone da fumo passivo (-4.000 casi), ma anche quelli alle vie aeree superiori.
Al volante. Anche gli incidenti stradali si ridurrebbero della quota attribuita a distrazione per accensione o spegnimento della sigaretta, stimata nel 15% (cioè -32.000) del totale; in proporzione si ridurrebbero anche i morti (-600) e gli infortuni (-45.000) con i danni permanenti che derivano.

La sigaretta brucia anche l’intestino

Che fumare fa male, ormai lo sanno tutti. Ma mentre di solito si pensa che aumenti il rischio di un tumore del polmone, o tutt’al più di un infarto, pochi sanno che le sostanze cancerogene contenute nelle esalazioni del tabacco, attraverso il circolo sanguigno, possono raggiungere anche organi molto lontani dalle vie aeree. Il colon, per esempio, è uno di questi. Per l’International Agency for Research on Cancer ci sono ormai prove sufficienti per affermarlo.

Introduzione

SigarettaFino a poco tempo fa era solo un sospetto. Ora a sbilanciarsi è l’International Agency for Research on Cancer, che ha cambiato la sua posizione ufficiale sullegame tra fumo e cancro al colon: mentre le prove a sostegno di questa tesi prima erano considerate “limitate”, oggi si possono ritenere “sufficienti”.

Negli anni passati era già stato lanciato l’allarme, dopo che tra i fumatori era stato osservato un numero di tumori dell’ultimo tratto dell’intestino maggiore rispetto a quello riscontrato in chi non fumava. Ma le modalità con cui erano condotti questi studi non permettevano di formulare un giudizio risolutivo, perché c’erano molti altri fattori a confondere le acque: chi fuma di più può essere meno attento a un’alimentazione sana e ricca di frutta e verdura oppure può fare meno attività fisica o ancora, statisticamente, eccede più spesso con l’alcol, solo per fare degli esempi.

Tre epidemiologi dell’American Cancer Society hanno quindi deciso di fare chiarezza, seguendo per 13 anni più di 184.000 persone che inizialmente non avevano alcun segno della malattia, con uno studio pubblicato sul numero di dicembre 2009 di Cancer Epidemiology Biomarkers& Prevention, tutto dedicato ai danni del tabacco. Nell’indagine, Michael J. Thun e i suoi collaboratori hanno tenuto conto non solo del fatto che i partecipanti fossero o no fumatori, ma anche di come e quanto mangiavano, di cosa e quanto bevevano, se si sottoponevano ai controlli periodici e di altri possibili fattori di rischio, 13 in tutto, aggiornandoli periodicamente.

Alla fine dell’osservazione è risultato evidente che, anche tenendo conto di tutte le variabili, chi fumava aveva una probabilità maggiore del 27 per cento di sviluppare un tumore del colon rispetto a chi non aveva mai preso questa abitudine; tra chi era riuscito a smettere, il rischio scendeva un po’, ma restava del 23 per cento superiore a quello dei non fumatori. A fare la differenza è il tempo: più a lungo l’organismo è stato esposto alle sostanze nocive e maggiore è il rischio (38 per cento in più il massimo, per chi fuma da almeno 50 anni).

Vale comunque sempre la pena di smettere, e di farlo il prima possibile: il rischio infatti scende progressivamente quanto più tempo passa dall’ultima sigaretta e quanto più si è giovani al momento in cui si prende la saggia decisione di spegnerla. Se lo si fa prima dei 40 anni, ogni pericolo per il colon sembra svanire. Se ci si riesce più tardi, secondo i calcoli dei ricercatori statunitensi, bisogna aspettare una trentina di anni per vedere tornare le proprie probabilità di tumore dell’intestino al livello di chi non ha mai fumato.

Diffusione in Italia per uomini e donne

donnaIn Italia nel 2009 fumavano 17 donne su 100

 

uomoIn Italia nel 2009 fumavano 29,5 uomini su 100

 

Domande e risposte

Le risposte alle domande più frequenti su fumo e tumore del colon.

Esiste un tumore per il quale non è dimostrato un legame con il fumo di sigaretta?

È vero che il fumo è la maggiore causa di morte in tutto il mondo?

La celiachia può essere provocata o favorita dal fumo?

È possibile ridurre il rischio di ammalarsi di tumore del colon?

Non dimenticare: indicazioni utili

In inglese si chiamano take-home messages. Noi diciamo: da non dimenticare!

  1. Il fumo non provoca solo il cancro del polmone, ma una lunga serie di malattie, tumorali e non. Ora anche il tumore del colon si è aggiunto alla lista.
  2. Ci sono infinite buone ragioni per non fumare. Se avete altri fattori di rischio per il tumore del colon, ricordate che la sigaretta li può rinforzare.
  3. Il tumore del colon si previene soprattutto a tavola: non fate mai mancare la frutta e la verdura.
  4. Dopo i 50 anni sottoponetevi ai controlli periodici che possono fare la differenza, individuando precocemente polipi che si possono asportare in ambulatorio prima che si trasformino in una malattia grave.
  5. http://www.airc.it/prevenzione-tumore/fumo/tumore-colon/#p1

La sigaretta brucia anche l’intestino

Che fumare fa male, ormai lo sanno tutti. Ma mentre di solito si pensa che aumenti il rischio di un tumore del polmone, o tutt’al più di un infarto, pochi sanno che le sostanze cancerogene contenute nelle esalazioni del tabacco, attraverso il circolo sanguigno, possono raggiungere anche organi molto lontani dalle vie aeree. Il colon, per esempio, è uno di questi. Per l’International Agency for Research on Cancer ci sono ormai prove sufficienti per affermarlo.

Introduzione

SigarettaFino a poco tempo fa era solo un sospetto. Ora a sbilanciarsi è l’International Agency for Research on Cancer, che ha cambiato la sua posizione ufficiale sullegame tra fumo e cancro al colon: mentre le prove a sostegno di questa tesi prima erano considerate “limitate”, oggi si possono ritenere “sufficienti”.

Negli anni passati era già stato lanciato l’allarme, dopo che tra i fumatori era stato osservato un numero di tumori dell’ultimo tratto dell’intestino maggiore rispetto a quello riscontrato in chi non fumava. Ma le modalità con cui erano condotti questi studi non permettevano di formulare un giudizio risolutivo, perché c’erano molti altri fattori a confondere le acque: chi fuma di più può essere meno attento a un’alimentazione sana e ricca di frutta e verdura oppure può fare meno attività fisica o ancora, statisticamente, eccede più spesso con l’alcol, solo per fare degli esempi.

Tre epidemiologi dell’American Cancer Society hanno quindi deciso di fare chiarezza, seguendo per 13 anni più di 184.000 persone che inizialmente non avevano alcun segno della malattia, con uno studio pubblicato sul numero di dicembre 2009 di Cancer Epidemiology Biomarkers& Prevention, tutto dedicato ai danni del tabacco. Nell’indagine, Michael J. Thun e i suoi collaboratori hanno tenuto conto non solo del fatto che i partecipanti fossero o no fumatori, ma anche di come e quanto mangiavano, di cosa e quanto bevevano, se si sottoponevano ai controlli periodici e di altri possibili fattori di rischio, 13 in tutto, aggiornandoli periodicamente.

Alla fine dell’osservazione è risultato evidente che, anche tenendo conto di tutte le variabili, chi fumava aveva una probabilità maggiore del 27 per cento di sviluppare un tumore del colon rispetto a chi non aveva mai preso questa abitudine; tra chi era riuscito a smettere, il rischio scendeva un po’, ma restava del 23 per cento superiore a quello dei non fumatori. A fare la differenza è il tempo: più a lungo l’organismo è stato esposto alle sostanze nocive e maggiore è il rischio (38 per cento in più il massimo, per chi fuma da almeno 50 anni).

Vale comunque sempre la pena di smettere, e di farlo il prima possibile: il rischio infatti scende progressivamente quanto più tempo passa dall’ultima sigaretta e quanto più si è giovani al momento in cui si prende la saggia decisione di spegnerla. Se lo si fa prima dei 40 anni, ogni pericolo per il colon sembra svanire. Se ci si riesce più tardi, secondo i calcoli dei ricercatori statunitensi, bisogna aspettare una trentina di anni per vedere tornare le proprie probabilità di tumore dell’intestino al livello di chi non ha mai fumato.

Diffusione in Italia per uomini e donne

donnaIn Italia nel 2009 fumavano 17 donne su 100

 

uomoIn Italia nel 2009 fumavano 29,5 uomini su 100

 

Domande e risposte

Le risposte alle domande più frequenti su fumo e tumore del colon.

Esiste un tumore per il quale non è dimostrato un legame con il fumo di sigaretta?

È vero che il fumo è la maggiore causa di morte in tutto il mondo?

La celiachia può essere provocata o favorita dal fumo?

È possibile ridurre il rischio di ammalarsi di tumore del colon?

Non dimenticare: indicazioni utili

In inglese si chiamano take-home messages. Noi diciamo: da non dimenticare!

  1. Il fumo non provoca solo il cancro del polmone, ma una lunga serie di malattie, tumorali e non. Ora anche il tumore del colon si è aggiunto alla lista.
  2. Ci sono infinite buone ragioni per non fumare. Se avete altri fattori di rischio per il tumore del colon, ricordate che la sigaretta li può rinforzare.
  3. Il tumore del colon si previene soprattutto a tavola: non fate mai mancare la frutta e la verdura.
  4. Dopo i 50 anni sottoponetevi ai controlli periodici che possono fare la differenza, individuando precocemente polipi che si possono asportare in ambulatorio prima che si trasformino in una malattia grave.

Non siamo fatti per essere carnivori: l’evidenza fisiologico-strutturale del corpo umano


APPARATI DIGERENTI A CONFRONTO:

MUSCOLI FACCIALI
Carnivori: ridotti, per permettere un’ampia apertura della bocca
Erbivori: ben sviluppati
Onnivori: ridotti
Umani: ben sviluppati

 

TIPO DI MANDIBOLA
Carnivori: ad angolo non ampio
Erbivori: ad angolo ampio
Onnivori: ad angolo non ampio
Umani: ad angolo ampio

 

POSIZIONE DELL’ARTICOLAZIONE MANDIBOLARE
Carnivori: sullo stesso piano dei denti molari
Erbivori: al di sopra del piano dei molari
Onnivori: sullo stesso piano dei denti molari
Umani: al di sopra del piano dei molari

 

MOVIMENTO MANDIBOLARE
Carnivori: tranciamento; minimo movimento laterale
Erbivori nessun tranciamento buon movimento laterale e ant.-posteriore
Onnivori: tranciamento; minimo movimento laterale
Umani: nessun tranciamento; buon movimento laterale e ant.-posteriore

 

PRINCIPALI MUSCOLI MANDIBOLARI
Carnivori: temporali
Erbivori: massetere e pterigoideo
Onnivori: temporali
Umani: massetere e pterigoideo

 

Apertura della bocca in rapporto alla dimensione della testa
Carnivori: grande
Erbivori: piccola
Onnivori: grande
Umani: piccola

 

DENTI INCISIVI
Carnivori: corti ed acuminati
Erbivori: ampi, piatti e a forma di spada
Onnivori: corti ed acuminati
Umani: ampi, piatti e a forma di spada

 

DENTI CANINI
Carnivori: lunghi, affilati e curvi
Erbivori: non taglienti e corti o lunghi (per difesa), o assenti
Onnivori: lunghi, affilati e curvi
Umani: corti e smussati

 

DENTI MOLARI
Carnivori: affilati, a forma di lama frastagliata
Erbivori: piatti con cuspidi, superfici complesse
Onnivori: a lame affilate e/o piatti
Umani: piatti con cuspidi nodulari

 

MASTICAZIONE
Carnivori: quasi nessuna; deglutizione del cibo intero
Erbivori: necessaria una prolungata masticazione
Onnivori: deglutizione del cibo quasi intero e/o semplice schiacciamento
Umani: necessaria una prolungata masticazione

 

SALIVA
Carnivori: assenza di enzimi digestivi
Erbivori: enzimi digestivi per i carboidrati
Onnivori: assenza di enzimi digestivi
Umani: enzimi digestivi per i carboidrati

 

TIPO DI STOMACO
Carnivori: semplice
Erbivori: semplice o a camere multiple
Onnivori: semplice
Umani: semplice

 

ACIDITA’ DELLO STOMACO
Carnivori: pH inferiore o uguale a 1 con cibo nello stomaco
Erbivori: pH 4 – 5 con cibo nello stomaco
Onnivori: pH inferiore o uguale a 1 con cibo nello stomaco
Umani: pH 4 – 5 con cibo nello stomaco

 

CAPACITA’ DELLO STOMACO
Carnivori: 60% – 70% del volume totale del tratto digestivo
Erbivori: inferiore al 30% del volume totale del tratto digestivo
Onnivori: 60% – 70% del volume totale del tratto digestivo
Umani: tra il 21% e il 27% del volume totale del tratto digestivo

 

LUNGHEZZA DELL’INTESTINO TENUE
Carnivori: da 3 a 6 volte la lunghezza del corpo
Erbivori: da 10 a piu’ di 12 volte la lunghezza del corpo
Onnivori: da 4 a 6 volte la lunghezza del corpo
Umani: da 10 a 11 volte la lunghezza del corpo

 

COLON
Carnivori: semplice, corto e liscio
Erbivori: lungo, complesso, puo’ essere con anse
Onnivori: semplice, corto e liscio
Umani: lungo, con anse

 

FEGATO
Carnivori: puo’ detossificare la vitamina A
Erbivori: non puo’ detossificare la vitamina A
Onnivori: puo’ detossificare la vitamina A
Umani: non puo’ detossificare la vitamina A

 

RENI
Carnivori: urine estremamente concentrate
Erbivori: urine moderatamente concentrate
Onnivori: urine estremamente concentrate
Umani: urine moderatamente concentrate

 

UNGHIE
Carnivori: artigli affilati
Erbivori: unghie piatte o zoccoli
Onnivori: artigli affilati
Umani: unghie piatte
  
Tratto da “The Comparative Anatomy of Eating” di Milton R. Mills, M.D.


Vedi anche:



L'uomo non è fatto per essere carnivoro

L’UOMO NON E’ UN CARNIVORO NATURALE
L’uomo non è carnivoro. L’organismo dell’uomo, contrariamente a quello dei carnivori, non è fatto per mangiare cadaveri di animali perché ne rimane intossicato a causa delle sostanze tossiche contenute nella carne stessa. L’organismo di un animale carnivoro cerca di espellere la carne dal proprio corpo con la massima velocità possibile, data la sua tossicità. Una riprova di questo è data dal fatto che il suo intestino è lungo 3-6 volte il corpo, mentre quello dell’uomo (e degli animali frugivori) è pari a 9-12 volte la lunghezza del corpo. Inoltre le mucose spesse e muscolose dei carnivori tollerano forti succhi gastrici, necessari alla digestione della carne, mentre l’uomo ne rimane danneggiato.
L’essere umano appartiene all’ordine dei primati antropomorfi, per loro natura frugivori, cioè atti a consumare frutti, foglie, semi. La neurofisiologia, l’embriologia, l’anatomia comparata confermano come l’uomo sia strutturato per cibarsi di frutti, germogli freschi, foglie tenere, tuberi, radici e non di muscoli ossa ed interiora come i carnivori. Questi infatti hanno conformazione dentale, patrimonio enzimatico, organi visivi, strutture di offesa, caratteristiche di potenza e d’aggressività, apparato digerente, intestinale, escretorio, sudorifero, circolatorio adatti ad utilizzare l’alimento carneo anche come fonte glucidica, consumandolo crudo e completo di interiora e sangue.
Gli esseri umani senza mezzi artificiali difficilmente sarebbero in grado di cacciare. Molti sono ormai gli scienziati concordi nell’affermare che l’uomo si è convertito a consumare muscoli di animali (in principio carogne) per necessità legate alla inospitalità delle foreste nell’ambiente originario, circa 2 milioni di anni fa nell’era Neozoica, periodo Pleistoccne. In quell’epoca avvennero infatti glaciazioni, interglaciazioni (ritiro dei ghiacciai e avvento di climi più caldi) e periodi di siccità contrapposti a forti diluvi: eventi climatici instabili ed irregolari che decretarono la riduzione di gran parte della vegetazione spontanea, nonché il mutare delle foreste in savane.
L’Homo Habilis sarebbe dunque passato al carnivorismo per poter sopravvivere, pagando però lo scotto di un accorciamento della vita media. L’uomo è diventato carnivoro in epoche in cui non si conoscevano i danni della carne: oggi solo gli esquimesi restano un popolo carnivoro per necessità assoluta. Essi consumano non solo la carne ma anche gli organi interni e le interiora e bevono il sangue. La durata media della vita di questo popolo è di 25-30 anni. Muoiono vittime della arteriosclerosi causata dall’alimentazione carnivora.
Oggi noi non ammazziamo direttamente le nostre vittime, ma ci serviamo di intermediari che spesso non vediamo: i dipendenti dei mattatoi, i cacciatori, i pescatori. In questo modo perdiamo un anello importante della catena che unisce l’animale alla nostra tavola e questo sicuramente ci aiuta a giustificare, in qualche modo, una tale ed inutile violenza.
Gli animali più forti e resistenti alle fatiche fisiche sono vegetariani: l’elefante, il rinoceronte, l’ippopotamo, le scimmie antropomorfe (scimpanzé, gorilla, etc.) e quelli che l’uomo ha sempre sfruttato per eseguire lavori pesanti: il bue, il cavallo, l’asino. Gli animali prolifici sono vegetariani: il coniglio. Gli animali longevi sono vegetariani: l’elefante.


 
Tratto da: Noi siamo vegetariani… e tu?,realizzato da S. Benevento, F. Chiaretti e A. Dolcini, distribuito da E.N.P.A. (Ente Nazionale Protezione Animali), 1999


fonte: reiki.info

 

VEDI ANCHE: