Quel nesso tra tumori diversi

Quel nesso tra tumori diversi
Uno studio svolto su pazienti italiani e svizzeri ha identificato il rischio familiare di sviluppare una neoplasia differente da quella che ha colpito un parente. Emerge una relazione tra cancro del seno, del colon-retto e dell’ovaio

Simone Valesini

I parenti stretti di chi ha, o ha avuto, un tumore sono esposti al cosiddetto rischio familiare, ovvero una probabilità più alta della media di sviluppare a loro volta una neoplasia. Un nuovo studio pubblicato sulle pagine degli Annals of Oncology ha ora analizzato i rischi familiari legati a diversi tipi di cancro, identificando e quantificando non solo la probabilità di sviluppare la stessa neoplasia che ha colpito un proprio parente, ma anche i legami statistici esistenti tra forme tumorali differenti.

Oltre ad associazioni note, come quella tra tumore al seno e del colon-retto, lo studio – che con 23.000 partecipanti è il più ampio svolto fino ad oggi – ha permesso di determinare i rischi reciproci legati a 13 differenti forme tumorali. Dai risultati è emerso, per esempio, che avere una familiare di primo grado con tumore al seno aumenterebbe di 4,3 volte il rischio di sviluppare un carcinoma dell’ovaio.

L’analisi. Lo studio è stato svolto da diversi gruppi di ricerca italiani, francesi e svizzeri, e ha analizzato oltre 12.000 casi di cancro trattati in Italia e in Svizzera tra il 1991 e il 2009. I ricercatori hanno raccolto informazioni anche sui parenti dei pazienti, e hanno poi confrontato i risultati con quelli relativi a 11 mila persone sane e alle loro famiglie, tenendo conto delle caratteristiche socio-demografiche e fisiche dei partecipanti, della loro dieta, e di abitudini come il consumo di alcol e il fumo di sigaretta, per limitare l’influenza di fattori di rischio diversi da quelli puramente genetici.

Il rischio familiare. “Oltre a confermare il rischio, già noto, che i parenti di primo grado sviluppino un tumore dello stesso tipo di quello che ha colpito il loro familiare, abbiamo identificato e quantificato anche i rischi di sviluppare una grande varietà di altre forme di cancro”, spiega Eva Negri, direttrice del laboratorio di Metodi Epidemiologici dell’Istituto Mario Negri di Milano, tra i centri che hanno partecipato allo studio. Avere un parente di primo grado con tumore della laringe, ad esempio, aumenta di 3,3 volte del rischio di sviluppare un tumore della bocca, mentre questa forma di tumore determina a sua volta un rischio 4 volte maggiore di sviluppare un tumore all’esofago. Lo studio ha confermato anche l’esistenza di un rischio una volta e mezzo più alto di sviluppare un tumore al seno nelle familiari di pazienti con carcinoma del colon retto.

L’importanza per l’epidemiologia. I risultati sono di particolare rilevanza per le forme di tumore rare, per le quali anche un’associazione statisticamente debole con una forma tumorale frequente può rappresentare un’informazione rilevante dal punto di vista epidemiologico. “Per esempio, nel caso del carcinoma dell’ovaio, abbiamo scoperto che una storia familiare di cancro al seno rappresenta un fattore di rischio maggiore rispetto a quello determinato da una familiarità con lo stesso tumore dell’ovaio: quest’ultimo ha un’associazione statistica molto più forte, ma è anche molto più raro nella popolazione”, commenta Negri. I ricercatori stanno continuando a raccogliere dati sui pazienti che partecipano allo studio e campioni biologici che in futuro che potrebbero aiutare a comprendere quali fattori genetici contribuiscano a determinare il rischio familiare di sviluppare le diverse forme di cancro.

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Family history of cancer and the risk of cancer: a network of case–control studies

29 luglio 2013 ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Bonificare Augusta Priolo, ovvero come salvare vite e denari

Augusta PrioloLa bonifica integrale delle aree industriali inquinate di Augusta-Priolo e di Gela, in Sicilia, potrebbe evitare la morte prematura di 47 persone in media ogni anno, il ricovero ospedaliero di 281 ammalati di cancro e il ricovero ospedaliero di 2.702 persone per tutte le cause. Vi sarebbe, dunque, un significativo beneficio di natura sanitaria. Ma l’operazione sarebbe vantaggiosa anche da un punto di vista economico, visto che consentirebbe il risparmio di oltre 10 miliardi di euro (3,6 miliardi a Priolo e 6,6 miliardi a Gela), assumendo che i benefici per la salute umana saranno osservati solo 20 anni dopo l’operazione di bonifica e che si spalmeranno nell’arco di 30 anni. 

Lo dimostra un articolo pubblicato sulla rivistaEnvironmental Health firmato da due ricercatori, Fabrizio Bianchi e Liliana Cori, dell’Unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, e da due ricercatori, Carla Guerriero e John Cairns, del Department of Health Research Services che fa capo alla London School of Hygiene and Tropical Medicine, in Inghilterra.
La vicenda nasce dopo la seconda guerra mondiale, quando nei territori iblei e, in particolare, nelle aree di Augusta-Priolo-Melilli e di Gela, in Sicilia, vengono insediati due poli importanti di industrie petrolchimiche e di chimica di base. 
La gestione ecologica del territorio nelle due aree non è ottimale, per usare un eufemismo. Gli scarichi industriali inquinano il territorio con diverse sostanze tossiche e cancerogene che causano effetti sanitari che sono stati misurati: rispetto ai comuni vicini, infatti, ad Augusta-Priolo si registra un aumento da 4 a 6 volte dell’incidenza di tumori al colon retto, al polmone e della pleura, nonché di malattie respiratorie acute; mentre a Gela si registra un aumento dell’incidenza dei tumori in genere e in particolare dei tumori al colon retto nelle donne e alla laringe negli uomini. La situazione di pericolo è evidente. Tanto che nel 1998, con la Legge nazionale n. 426, Priolo-Gargallo e Gela sono inclusi nell’elenco dei primi 15 siti di interesse nazionale (SIN) da bonificare. 
Vengono allocate anche delle risorse: 774,5 milioni di euro per il sito di Priolo e 127,4 milioni di euro per quello di Gela. Si tratta di una copertura delle spese per iniziare la bonifica. Purtroppo questi soldi, benché allocati, non sono stati ancora completamente impiegati. Ma altre ce ne vorrebbero per portare a termine l’opera e mettere in sicurezza la popolazione delle aree interessate.
Oggi lo studio di Fabrizio Bianchi, lo stesso epidemiologo che ha dimostrato l’aumento delle patologie nell’area, e degli altri tre ricercatori dimostra che la bonifica comporterebbe benefici enormi: salvare la via a quasi mille persone ed evitare il ricovero in ospedale di oltre 54.000 persone nei venti anni successivi all’opera di disinquinamento. La bonifica comporterebbe un risparmio economico di 3.592 milioni in trent’anni (circa 120 milioni in media ogni anno) a Priolo e addirittura di 6.639 milioni (circa 220 milioni l’anno) a Gela. 
Occorre, dunque, non solo utilizzare le risorse allocate e portare a compimento la prima fase di bonifica, ma mettere in campo nuove risorse per disinquinare totalmente l’area. I vantaggi in termini di morti premature evitate e più in generale di salute umana sono netti e assolutamente prioritari. I margini, anche da un punto di vista squisitamente economico, sono enormi: si possono aumentare gli investimenti a Priolo di cinque volte e a Gela di 50 volte e comunque si risparmierebbe. Inoltre si darebbe un’occasione di lavoro qualificato e si restituirebbe un territorio morto ad attività produttive,

http://www.unita.it/scienza/notizie/bonificare-augusta-priolo-ovvero-come-salvare-vite-e-denari-1.331487