No Tobacco Day: e se tutti smettessero di fumare?

In Italia i fumatori diminuiscono: nel 2011 erano il 22,7% degli ultra 15enni, il 20,8% nel 2012. Ma sono sempre tanti: 10,8 milioni. E se smettessero? Sarebbero più longevi e più fertili. E più belli!

 

Come smettere di fumare? In gruppo, aiutati dagli esperti di uno dei 380 centri anti-fumo, è più facile. I vantaggi per la salute sarebbero veramente enormi. Abbiamo calcolato la riduzione dei tumori incrociando i dati epidemiologici dell’Associazione italiana registri tumori con la stima dei tumori da fumo pubblicata nel 2011 dai ricercatori londinesi della Queen Mary University. Ecco come cambierebbero umore e stato di salute dei fumatori se smettessero di fumare. Oggi.
Da una campagna anti-fumo del 2011, in Inghilterra: nonostante la crudezza della comunicazione, che parla direttamente all'ego maschile, i produttori di tabacco non sono riusciti a bloccare la campagna.

Da una campagna anti-fumo del 2011, in Inghilterra: nonostante la crudezza della comunicazione, che parla direttamente all’ego maschile, i produttori di tabacco non sono riusciti a bloccare la campagna.

 

Cervello, umore, pelle e occhi. Si ridurrebbero: l’incidenza della depressione, la mortalità (-5.611 casi) e le disabilità per malattie cerebrovascolari come ictus e aterosclerosi (-819 casi).
Occhi. Calerebbe del 40% il rischio di cataratta e di 3 volte quello di degenerazione maculare. Per non parlare dei vantaggi estetici: la pelle del viso invecchierebbe più lentamente, l’irsutismo si ridurrebbe del 5,6%, si appianerebbero le rughe intorno alla bocca e sparirebbe il reticolo venoso superficiale delle gote e del naso. 
 
Bocca, gola, denti e alitosi. Scenderebbero (-6.000) i decessi per tumori di labbra, bocca, faringe e laringe. Si risparmierebbero impianti e dentiere: la piorrea (espulsione dei denti dovuta alla placca batterica) è infatti agevolata dal fumo che riduce le difese immunitarie.
Piorrea. Il rischio di piorrea espulsiva sarebbe ridotto di 3 volte per chi fumava fino a 10 sigarette al giorno; di 6 per chi superava le 30. Inoltre la dentina sarebbe più bianca, il sorriso più gradevole e l’alito non saprebbe di posacenere.

 

Bronchi, polmoni, cuore e sangue. Ogni anno ci si risparmierebbe la maggior parte dei decessi per tumore al polmone (-32.956), quelli per bronchiti acute ed enfisemi (-12.935), polmoniti e influenze (-1.592), oltre ai decessi per Bpco o broncopneumopatia cronica ostruttiva (-2.244), patologia sviluppata da un fumatore su due.
Cuore. Ma si ridurrebbero anche i decessi per ipertensione (-2.135), malattie cardiache (-18.000) e 477 persone non si ammalerebbero di leucemia. 
 
Stomaco, colon, pancreas, fegato… Si ridurrebbero i tumori dello stomaco (-3.000), del colonretto (-4.000), del pancreas (-3.300), del fegato (-3.000), della vescica (-9.000), del rene (-1.976). Calerebbero i decessi per rottura degli aneurismi dell’aorta addominale (-2.033 morti), la dilatazione a palloncino di un’importantissima arteria la cui rottura è più frequente nei fumatori.
Diabete. Si ridurrebbe inoltre il rischio di insufficienza renale cronica, e di diabete, aumentato (79%) nei fumatori anche leggeri.

Questo articolo è tratto da Focus Extra 60 (primavera 2013), un numero speciale di Extra tutto dedicato agli "e se..." più curiosi e sorprendenti.

Questo articolo è tratto da Focus Extra 60 (primavera 2013), un numero speciale di Extra tutto dedicato agli “e se…” più curiosi e sorprendenti.

 

Riproduzione femminile.Calerebbero i tumori della cervice uterina (-158) e dell’ovaio (-4.900); non sarebbero necessarie molte fecondazioni artificiali perché il fumo è associato nella donna a un aumento dell’infertilità del 60%.
Gravidanza. Meno intoppi anche in gravidanza: al fumo sono correlati il 70% delle morti fetali; il 60-90% dei parti prematuri; la riduzione del peso alla nascita dei neonati (in media -200 g). Inoltre, il fumo causa un’anticipazione di 3 anni della menopausa. 
 
Riproduzione maschile. Nell’uomo smettere di fumare riduce del 15% il rischio di disfunzione erettile (impotenza): il fumo infatti favorisce la formazioni di ateromi non solo nei vasi del cuore, ma anche in quelli del pene impedendo la congestione necessaria per l’erezione.
Seme. Inoltre il fumo riduce il volume, la densità dello sperma oltre il numero e la motilità degli spermatozoi. Ma danneggia anche la morfologia e, direttamente o indirettamente, il Dna dello spermatozoo. 
 
Apparato scheletrico. Il fumo riduce la densità ossea e favorisce l’osteoporosi; le fumatrici 60enni hanno un rischio maggiore di frattura del collo del femore del 17%; nelle 70enni aumenta del 41%; nelle 80enni del 71%: quindi è sempre l’età giusta per smettere. Circa una frattura di anca su 8 è oggi attribuita al fumo.
Mortalità. Inoltre poiché in Italia la frattura del femore è correlata a una mortalità del 6% nel mese successivo al ricovero, il fumo è responsabile di circa 500 decessi precoci fra le donne anziane. 
 
Benefici anche per i bambini. Gli under 14 esposti al fumo passivo dei genitori sono circa 4 milioni. Si risparmierebbero i danni ai polmoni in sviluppo.
Conseguenze. Se tutti smettessero di fumare, inoltre, i bambini oggi figli di fumatori avrebbero una riduzione del rischio di otiti dell’orecchio medio, cioè fra il timpano e l’orecchio interno (-48%), di asma (-21%) e di dispnea, cioè di respirazione difficoltosa con fame d’aria (-24%) e di sindrome catarrale, cioè un eccesso di produzione di catarro (-35%). 
 
Fumo passivo e incidenti. In Italia i fumatori passivi sono 15 milioni, pari al 26,5% della popolazione. Ci si risparmierebbero i tumori al polmone da fumo passivo (-4.000 casi), ma anche quelli alle vie aeree superiori.
Al volante. Anche gli incidenti stradali si ridurrebbero della quota attribuita a distrazione per accensione o spegnimento della sigaretta, stimata nel 15% (cioè -32.000) del totale; in proporzione si ridurrebbero anche i morti (-600) e gli infortuni (-45.000) con i danni permanenti che derivano.

Fumo e gravidanza non vanno d’accordo

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Non fumare in gravidanza e davanti al bambino

La sollecitazione a non fumare è oggi universale, ripetuta e insistita. Nonostante la pericolosità del fumo da sigaretta sia ormai conosciuta dalla maggior parte delle persone e malgrado l’impegno costante da parte degli operatori sanitari nell’informare sui gravi danni per la salute, il tabagismo resta ancora uno dei fattori di rischio più diffusi e allarmanti, specie per la salute dei più piccoli.

L’esposizione ai prodotti da fumo di tabacco non solo rappresenta un pericolo per la salute di voi genitori, ma anche un rischio per la salute del vostro bambino fin dal periodo della gravidanza…

La nuova “legge antifumo”, tutela in special modo le donne in attesa e i bambini piccoli. La normativa prevede infatti il raddoppio della sanzione per chi fuma nonostante i divieti e davanti a donne col pancione e bambini al di sotto dei 12 anni. La legge entrerà in vigore il 10 gennaio 2005.

Quante volte vi siete trovati in un locale pubblico coi figli piccoli o con il pancione e le persone vicine fumavano senza porsi il benché minimo scrupolo che potesse dare fastidio a voi e ai vostri bambini. Sappiate che la nuova e discussa legge “antisigaretta” prevede una sanzione speciale per chi fuma in presenza di bambini o di donne incinte.
Chi non rispetterà il divieto dovrà pagare una multa compresa fra 27,5 e 275 euro, somma che verrà raddoppiata se il fatto avviene o è avvenuto in presenza di una donna incinta o di un bambino di età inferiore ai 12 anni. Per chi invece il divieto non lo fa rispettare, cioè per i gestori dei locali e i datori di lavoro negli uffici, la sanzione è molto più alta: parte da 220 euro e può arrivare fino a 2.200. I proprietari di ristoranti e bar rischiano anche la sospensione della licenza da parte della questura (per un periodo che va da tre giorni a tre mesi) o addirittura la revoca della licenza stessa. La legge antifumo voluta dal ministro della Salute Gerolamo Sirchia entrerà in vigore dal prossimo 10 gennaio.

«Evitare fumo, alcol e smog per preservare la laringe»

EDUCAZIONE SANITARIA. Alla Gran Guardia il punto su un tumore che comincia a diffondersi anche fra le donne
Colpisce 50mila italiani l’anno e il Veneto è tra le regioni più esposte «L’abuso sin dalla gioventù aumenta il rischio di ammalarsi»

Il fumo di sigaretta è una delle prime cause di tumore alla laringe, con alcol e smog

Il fumo di sigaretta è una delle prime cause di tumore alla laringe, con alcol e smog

Una malattia che porta via la voce, la capacità di comunicare e per questo è invalidante non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello psicologico. I tumori alla laringe colpiscono ogni anno 50mila persone in Italia, 3mila solo in Veneto, una delle regioni più esposte, e sono in aumento. Se n’è discusso ieri alla Gran Guardia, nel corso del convengo regionale “L’evoluzione del volontariato oncologico nel Veneto a supporto della politica sanitaria”, patrocinato dall’assessorato alla Sanità della Regione Veneto, dal Comune di Verona, dall’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Verona, dalla Scuola triveneta di discipline Otorinolaringoiatre e organizzato dall’Aoi, l’Associazione oncologica italiana mutilati della voce, in occasione dei 40 anni dalla nascita dell’onlus, che si occupa di fornire assistenza ai malati e ai loro familiari nella fase pre e post intervento, garantendo sostegno psicologico e ascolto. «Vogliamo coinvolgere la cittadinanza nella conoscenza di questa patologia», spiega il presidente dell’Aoi, Adriano Zanelli, «l’arma migliore è la prevenzione, per questo organizziamo incontri nelle scuole, per sensibilizzare i ragazzi a cercare di evitare i fattori di rischio, come alcol e fumo». L’abuso di queste sostanze aumenta in modo esponenziale le possibilità di sviluppare queste neoplasie e il Veneto, tradizionalmente legato al consumo di grandi quantità di alcol e sigarette, è tra le regioni italiane con il numero di casi più alto. Dal momento che l’età in cui si comincia a fare la conoscenza con alcolici e fumo si sta abbassando (si parla di dipendenza già dai 12 anni) è importante diffondere un messaggio di allerta tra le fasce più giovani e per questo il volontariato può fare molto. «Il piano socio-sanitario dedica attenzioni anche al sociale e, da questo punto di vista, un grande contributo lo danno le associazioni di volontariato», ammette l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, «se così non fosse, sarebbe difficile per la sanità sostenere i pazienti nei percorsi di cura e riabilitazione post intervento, che sono una necessità ineludibile, tanto quanto lo è il supporto durante la cura». I tumori della laringe rappresentano il 19 per cento di tutte le neoplasie in Italia e anche se i più colpiti sono uomini tra i 60 e i 70 anni, si sta assistendo ad un abbassamento dell’età e a un aumento tra le donne. «Iniziano a insorgere spesso già intorno ai 50 anni», spiega Maurizio Magnani, primario di Otorinolaringoiatria dell’ospedale di Cremona, «mentre l’incremento dell’incidenza è quantificabile tra i 7 e il 10 per cento. I fattori di rischio principali sono fumo, alcol e inquinamento atmosferico ed è bene ricordare che anche dopo che si è smesso di fumare gli effetti tossici permangono all’interno dell’organismo per altri 20 anni. Il miglior tipo di prevenzione rimane la diagnosi precoce, che consente interventi di chirurgia conservativa e migliori speranze di guarigione». Se preso in tempo si ha circa il 90 per cento di possibilità di guarigione, contro solo il 50 se viene diagnosticato in fase già avanzata. «Per questo bisogna prestare molta attenzione ai sintomi», conclude il dottor Magnani, «come abbassamenti di voce, difficoltà a deglutire o la sensazione di avere un corpo estraneo in gola. In questi casi consigliamo di rivolgersi al medico».

Elisa Innocenti

La sigaretta brucia anche l’intestino

Che fumare fa male, ormai lo sanno tutti. Ma mentre di solito si pensa che aumenti il rischio di un tumore del polmone, o tutt’al più di un infarto, pochi sanno che le sostanze cancerogene contenute nelle esalazioni del tabacco, attraverso il circolo sanguigno, possono raggiungere anche organi molto lontani dalle vie aeree. Il colon, per esempio, è uno di questi. Per l’International Agency for Research on Cancer ci sono ormai prove sufficienti per affermarlo.

Introduzione

SigarettaFino a poco tempo fa era solo un sospetto. Ora a sbilanciarsi è l’International Agency for Research on Cancer, che ha cambiato la sua posizione ufficiale sullegame tra fumo e cancro al colon: mentre le prove a sostegno di questa tesi prima erano considerate “limitate”, oggi si possono ritenere “sufficienti”.

Negli anni passati era già stato lanciato l’allarme, dopo che tra i fumatori era stato osservato un numero di tumori dell’ultimo tratto dell’intestino maggiore rispetto a quello riscontrato in chi non fumava. Ma le modalità con cui erano condotti questi studi non permettevano di formulare un giudizio risolutivo, perché c’erano molti altri fattori a confondere le acque: chi fuma di più può essere meno attento a un’alimentazione sana e ricca di frutta e verdura oppure può fare meno attività fisica o ancora, statisticamente, eccede più spesso con l’alcol, solo per fare degli esempi.

Tre epidemiologi dell’American Cancer Society hanno quindi deciso di fare chiarezza, seguendo per 13 anni più di 184.000 persone che inizialmente non avevano alcun segno della malattia, con uno studio pubblicato sul numero di dicembre 2009 di Cancer Epidemiology Biomarkers& Prevention, tutto dedicato ai danni del tabacco. Nell’indagine, Michael J. Thun e i suoi collaboratori hanno tenuto conto non solo del fatto che i partecipanti fossero o no fumatori, ma anche di come e quanto mangiavano, di cosa e quanto bevevano, se si sottoponevano ai controlli periodici e di altri possibili fattori di rischio, 13 in tutto, aggiornandoli periodicamente.

Alla fine dell’osservazione è risultato evidente che, anche tenendo conto di tutte le variabili, chi fumava aveva una probabilità maggiore del 27 per cento di sviluppare un tumore del colon rispetto a chi non aveva mai preso questa abitudine; tra chi era riuscito a smettere, il rischio scendeva un po’, ma restava del 23 per cento superiore a quello dei non fumatori. A fare la differenza è il tempo: più a lungo l’organismo è stato esposto alle sostanze nocive e maggiore è il rischio (38 per cento in più il massimo, per chi fuma da almeno 50 anni).

Vale comunque sempre la pena di smettere, e di farlo il prima possibile: il rischio infatti scende progressivamente quanto più tempo passa dall’ultima sigaretta e quanto più si è giovani al momento in cui si prende la saggia decisione di spegnerla. Se lo si fa prima dei 40 anni, ogni pericolo per il colon sembra svanire. Se ci si riesce più tardi, secondo i calcoli dei ricercatori statunitensi, bisogna aspettare una trentina di anni per vedere tornare le proprie probabilità di tumore dell’intestino al livello di chi non ha mai fumato.

Diffusione in Italia per uomini e donne

donnaIn Italia nel 2009 fumavano 17 donne su 100

 

uomoIn Italia nel 2009 fumavano 29,5 uomini su 100

 

Domande e risposte

Le risposte alle domande più frequenti su fumo e tumore del colon.

Esiste un tumore per il quale non è dimostrato un legame con il fumo di sigaretta?

È vero che il fumo è la maggiore causa di morte in tutto il mondo?

La celiachia può essere provocata o favorita dal fumo?

È possibile ridurre il rischio di ammalarsi di tumore del colon?

Non dimenticare: indicazioni utili

In inglese si chiamano take-home messages. Noi diciamo: da non dimenticare!

  1. Il fumo non provoca solo il cancro del polmone, ma una lunga serie di malattie, tumorali e non. Ora anche il tumore del colon si è aggiunto alla lista.
  2. Ci sono infinite buone ragioni per non fumare. Se avete altri fattori di rischio per il tumore del colon, ricordate che la sigaretta li può rinforzare.
  3. Il tumore del colon si previene soprattutto a tavola: non fate mai mancare la frutta e la verdura.
  4. Dopo i 50 anni sottoponetevi ai controlli periodici che possono fare la differenza, individuando precocemente polipi che si possono asportare in ambulatorio prima che si trasformino in una malattia grave.
  5. http://www.airc.it/prevenzione-tumore/fumo/tumore-colon/#p1

In che modo la ricerca scientifica contribuisce alla lotta contro il fumo?

 

Nell’ultimo secolo la ricerca scientifica ha contribuito a dimostrare e a descrivere l’entità e le modalità dei danni provocati dal fumo a tutto l’organismo, principalmente in relazione allo sviluppo del cancro. Ciò ha spinto il pubblico ad acquisire maggiore consapevolezza e i governi a prendere atto dell’impatto sociale del problema, spingendoli a provvedimenti restrittivi di vario tipo, dall’aumento delle tasse sulle sigarette, alla proibizione del fumo nei locali pubblici e nei posti di lavoro.

Aver provato che la nicotina produce una dipendenza fisica ha poi aiutato a mettere a punto prodotti a rilascio graduale della sostanza e a definire programmi di intervento psicologico.

Le nuove tecniche che permettono di esaminare l’attività del cervello in relazione a diversi stimoli stanno contribuendo al progresso delle ricerche in vista di nuovi approcci che diano un valido supporto a coloro che decidano dismettere di fumare. Secondo un rapporto del National Institute on Drug Abuse statunitense, gli studi sui gemelli mostrano che il rischio di diventare dipendenti dalla nicotina deriva dal 40 al 70 per cento dalle caratteristiche dei propri geni. Per questo molti ricercatori oggi hanno indirizzato in questo senso la loro ricerca. Per esempio, uno studio italiano, sostenuto da AIRC e condotto all’Istituto nazionale dei Tumori di Milano, ha recentemente individuato la variante di un gene che favorisce lo sviluppo di questa dipendenza. Riuscire a bloccarla potrebbe aiutare chi ne è portatore a smettere in maniera più mirata.

Altri studi dello stesso tipo, per esempio relativi ai diversi meccanismi d’azione dei farmaci, potranno forse trovare l’approccio personalizzato migliore perché ciascun fumatore riesca a smettere più facilmente.

Intanto molti gruppi di ricerca sono impegnati sul fronte della prevenzione secondaria, a definire gli strumenti di diagnosi più adatti (siano esse apparecchiature per immagini come la TC spirale o nuovi esami del sangue o analisi delle sostanze contenute nel fiato) per individuare precocemente i tumori indotti dal fumo, principalmente quelli al polmone, al fine di curarli meglio.

La ricerca contro i danni del fumo comunque è e resta interdisciplinare: gli sforzi degli epidemiologi, dei medici, dei farmacologi e dei biologi molecolari è sostenuta anche dagli psicologi, dagli studiosi di neuroscienze e perfino dai pedagogisti, dai sociologi e dagli esperti di comunicazione, tutti uniti per cercare il modo migliore per impedire che i giovani si avvicinino al fumo e per far sì che i fumatori smettano.

http://www.airc.it/

Se ho già sviluppato un tumore, che senso ha smettere?

 

Anche per chi ha già un tumore, vale la pena smettere di fumare. Diversi studi hanno dimostrato che la rinuncia alla sigaretta migliora l’andamento della malattia: un’analisi condotta da ricercatori dell’Università di Birmingham su altre 10 ricerche e pubblicata sul British Medical Journal dimostra, in particolare, che le persone a cui viene diagnosticato un cancro al polmone in fase iniziale, possono raddoppiare le loro chance di sopravvivenza smettendo subito di fumare.

Altre ricerche hanno assodato che il fumo può ridurre la risposta alla chemio e alla radioterapia, ostacolare la guarigione delle ferite chirurgiche, aumentare il rischio di infezioni, soprattutto broncopolmonari, che possono essere molto pericolose in un organismo debilitato dalla malattia o in cui le difese immunitarie sono depresse dalle cure.

Infine, continuando a fumare, si alimenta il rischio che, una volta guariti dalla malattia, questa si ripresenti, oppure che si sviluppi un secondo tumore.

Molto ancora però, in questo campo, potrebbe essere fatto per colmare l’attuale lacuna tra linee guida, organizzazione dei servizi che aiutano a smettere di fumare e la pratica clinica quotidiana.

http://www.airc.it

In che modo la ricerca scientifica contribuisce alla lotta contro il fumo?

 

In che modo la ricerca scientifica contribuisce alla lotta contro il fumo?

Nell’ultimo secolo la ricerca scientifica ha contribuito a dimostrare e a descrivere l’entità e le modalità dei danni provocati dal fumo a tutto l’organismo, principalmente in relazione allo sviluppo del cancro. Ciò ha spinto il pubblico ad acquisire maggiore consapevolezza e i governi a prendere atto dell’impatto sociale del problema, spingendoli a provvedimenti restrittivi di vario tipo, dall’aumento delle tasse sulle sigarette, alla proibizione del fumo nei locali pubblici e nei posti di lavoro.

 

Aver provato che la nicotina produce una dipendenza fisica ha poi aiutato a mettere a punto prodotti a rilascio graduale della sostanza e a definire programmi di intervento psicologico.

 

Le nuove tecniche che permettono di esaminare l’attività del cervello in relazione a diversi stimoli stanno contribuendo al progresso delle ricerche in vista di nuovi approcci che diano un valido supporto a coloro che decidano dismettere di fumare. Secondo un rapporto del National Institute on Drug Abuse statunitense, gli studi sui gemelli mostrano che il rischio di diventare dipendenti dalla nicotina deriva dal 40 al 70 per cento dalle caratteristiche dei propri geni. Per questo molti ricercatori oggi hanno indirizzato in questo senso la loro ricerca. Per esempio, uno studio italiano, sostenuto da AIRC e condotto all’Istituto nazionale dei Tumori di Milano, ha recentemente individuato la variante di un gene che favorisce lo sviluppo di questa dipendenza. Riuscire a bloccarla potrebbe aiutare chi ne è portatore a smettere in maniera più mirata.

 

Altri studi dello stesso tipo, per esempio relativi ai diversi meccanismi d’azione dei farmaci, potranno forse trovare l’approccio personalizzato migliore perché ciascun fumatore riesca a smettere più facilmente.

 

Intanto molti gruppi di ricerca sono impegnati sul fronte della prevenzione secondaria, a definire gli strumenti di diagnosi più adatti (siano esse apparecchiature per immagini come la TC spirale o nuovi esami del sangue o analisi delle sostanze contenute nel fiato) per individuare precocemente i tumori indotti dal fumo, principalmente quelli al polmone, al fine di curarli meglio.

 

La ricerca contro i danni del fumo comunque è e resta interdisciplinare: gli sforzi degli epidemiologi, dei medici, dei farmacologi e dei biologi molecolari è sostenuta anche dagli psicologi, dagli studiosi di neuroscienze e perfino dai pedagogisti, dai sociologi e dagli esperti di comunicazione, tutti uniti per cercare il modo migliore per impedire che i giovani si avvicinino al fumo e per far sì che i fumatori smettano.

 

http://www.airc.it/prevenzione-tumore/fumo/tabagismo-smettere-fumare/

Se ho già sviluppato un tumore, che senso ha smettere?

 

Anche per chi ha già un tumore, vale la pena smettere di fumare. Diversi studi hanno dimostrato che la rinuncia alla sigaretta migliora l’andamento della malattia: un’analisi condotta da ricercatori dell’Università di Birmingham su altre 10 ricerche e pubblicata sul British Medical Journal dimostra, in particolare, che le persone a cui viene diagnosticato un cancro al polmone in fase iniziale, possono raddoppiare le loro chance di sopravvivenza smettendo subito di fumare.

Altre ricerche hanno assodato che il fumo può ridurre la risposta alla chemio e alla radioterapia, ostacolare la guarigione delle ferite chirurgiche, aumentare il rischio di infezioni, soprattutto broncopolmonari, che possono essere molto pericolose in un organismo debilitato dalla malattia o in cui le difese immunitarie sono depresse dalle cure.

Infine, continuando a fumare, si alimenta il rischio che, una volta guariti dalla malattia, questa si ripresenti, oppure che si sviluppi un secondo tumore.

Molto ancora però, in questo campo, potrebbe essere fatto per colmare l’attuale lacuna tra linee guida, organizzazione dei servizi che aiutano a smettere di fumare e la pratica clinica quotidiana.