Recuperare voce, gusto e olfatto dopo l’intervento si può

 

Quando un tumore interessa zone delicate come bocca, naso, gola: strategie per ritrovare una buona qualità di vita

 

MILANO – La riabilitazione dopo le cure per un tumore è un passo spesso indispensabile per recuperare una buona qualità di vita. Quando ad essere toccate dalla malattia sono zone delicatissime, come quelle del viso, è comprensibile ce la faccenda sia ancora più delicata. Gli organi colpiti dai tumori della testa e del collo (bocca, lingua, gengive, faringe, laringe, naso, seni paranasali e ghiandole salivari), infatti, sono coinvolti in processi vitali, oltre ad essere molto importanti nella percezione estetica che ogni persona ha di se stessa. Negli ultimi 20 anni la ricerca medico-scientifica ha cercato di individuare le strategie terapeutiche più adatte a conservare l’integrità e le funzioni di questi organi, oltre alla possibilità di preservare le capacità sensoriali dell’individuo. Molto può però essere fatto anche con una buona riabilitazione, «ma in Italia è ancora troppo alta la percentuale di pazienti che non la fanno, per motivi personali, per la lontananza dai centri che la fanno o perché neppure ne conoscono l’esistenza» dice Umberto Tassini, consigliere nazionale dell’Ailar, l’Associazione Italiana Laringectomizzati.

 

IL PRIMO PASSO, PRESERVARE L’ORGANO – La chirurgia, associata o meno alla radio o alla chemioterapia, ha sempre rappresentato il trattamento standard di questi tumori, a cui in anni più recenti si è aggiunta l’integrazione con i nuovi farmaci biologici. Grazie ai miglioramenti delle terapie negli ultimi anni si è potuto ricorrere sempre meno agli interventi chirurgici più radicali (che purtroppo comportano l’asportazione di parti del corpo come lingua, gola, trachea, corde vocali) mantenendo in molti pazienti le funzioni degli organi colpiti, con le stesse probabilità di sopravvivenza. Dopo le cure (a seconda del tipo di intervento effettuato) è spesso importante seguire programmi di riabilitazione respiratoria, fisica, fonatoria o di rieducazione del gusto e dell’olfatto. «Secondo le statistiche, però – prosegue Tassini -, su un totale di circa 5mila nuovi pazienti all’anno che subiscono una laringectomia totale, se l’uno per cento riesce in maniera autonoma a riprendere la capacità comunicativa, soltanto il 5 per cento utilizza le apposite protesi. Invece, ben l’85 per cento dei pazienti che si recano presso centri di riabilitazione completa l’iter con successo. C’è poi un restante 13 per cento che usa il laringofono (erogato dalle ASL) e un due per cento che rinuncia alla riabilitazione per motivi personali: fattori fisiologici, mancanza di spinta volitiva, isolamento familiare, depressione».

COSA SI PUÒ FARE – Per capire quanto sia vasto il mondo della riabilitazione è bene fare innanzitutto chiarezza sui termini: «Per riabilitazione si intende la ripresa, ovvero il ristabilire in maniera diversa (vicariante) una funzione che è stata permanentemente offesa o eliminata – spiega Maurizio Magnani, direttore dell’Otorinolaringoiatria a Cremona, presidente nazionale di Ailar e Fialpo (Federazione Italiana delle Associazioni di Laringectomizzati e dei Pazienti Oncologici della testa e del collo) -. La rieducazione, invece, riguarda funzioni ancora presenti e che devono essere opportunamente ripristinate in maniera ottimale. Infine, per riadattamento si intende la ripresa delle abitudini di una persona nell’ambito familiare, sociale e, quando possibile, lavorativo. Oggi sono molti, oltre cento, i nostri centri gestiti da volontari e sono presenti in tutta Italia».

RIABILITAZIONE RESPIRATORIA E FISICA – Nel caso di laringectomia con tracheostoma definitivo, il percorso tra ingresso nell’aria e i polmoni risulta molto ridotto e privo di resistenza. La conseguenza è un aumento del ritmo respiratorio rendendo meno facili le azioni di sforzo (salire le scale, camminare a passo sostenuto, praticare uno sport). «Occorrerà quindi praticare opportuni e semplici esercizi ginnici per mantenere un buon mantice polmonare – dice Magnani -. La mancanza di un opportuno filtraggio dell’aria ispirata può provocare una serie di problemi tracheali e bronchiali con complicanze non indifferenti. A tale scopo, se si pongono degli elementi filtranti davanti al tracheostoma e tali di che provochino anche una resistenza all’ingresso dell’aria, si ottengono due risultati: il primo è il filtraggio, umidificazione, e riscaldamento dell’aria respirata ed il secondo è quello di richiedere un maggior sforzo in fase inspiratoria con il vantaggio di far esercitare il mantice polmonare».

RECUPERARE LA VOCE – «La riabilitazione fonatoria è la parte più impegnativa della riabilitazione dei soggetti laringectomizzati e tracheostomizzati: i pazienti devono utilizzare metodi diversi dalla voce naturale per potersi esprimere e comunicare» prosegue l’esperto. Nei casi di preservazione d’organo, invece, la funzione fonatoria avviene ancora per la spinta dell’aria proveniente dai polmoni e quindi si procede alla rieducazione di una «voce soffiata». C’è poi la riabilitazione alla voce esofagea, un sistema per ottenere una voce vicariante autonoma che il soggetto deve produrre in condizioni di apnea, e quella con protesi tracheo-esofagea (che, in casi selezionati, permette di ottenere una fluidità fonatoria molto simile a quella naturale). Il laringofono, invece, è un dispositivo elettronico (utilizzato da pazienti non in grado di essere riabilitati con modi diversi) che produce la vibrazione di una membrana che, quando premuta sulla cute sottostante la faringe (sotto la zona del mento) mentre il paziente articola, viene modulata dalle minime vibrazioni faringee, dando luogo ad un suono articolato comprensibile come parole.

RIEDUCAZIONE DI GUSTO E OLFATTO – «La respirazione anomala attraverso la tracheostomia esclude naso e bocca e quindi non consente più una corretta stimolazione dell’epitelio olfattivo – conclude Tassini -. Con opportune metodiche inspiratorie, però, la funzione olfattiva viene mantenuta e, quando possibile, anche riattivata. In parallelo anche il senso del gusto viene opportunamente stimolato tramite degustazione di dolce, salato, aspro e amaro».

Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)

http://www.corriere.it/salute

3-1 L’apprendimento della voce senza laringe

3-1-1 L’apprendimento della voce senza laringe

 

       C’è chi apprende da solo (il 3 per mille) e chi ha bisogno d’aiuto (oltre il 50 %), ed anche se il risultato finale può essere simile, esiste una sensibilità individuale all’apprendimento.

       L’aiuto è una variabile indipendente poiché non esistono, al momento, dei protocolli di studio che tentino di prevedere quali difficoltà si incontreranno durante l’apprendimento. Non esistono ipotesi e verifiche possibili e, pertanto, la variabile umana resta la protagonista indiscussa dei tanti successi e di pochi fallimenti. Tuttavia non si esaminano mai a fondo gli insuccessi che vengono generalmente ignorati ed addebitati all’età avanzata, ad handicap sociali o reazioni psicologiche del paziente. E’ irrisolta pertanto la polemica tra i fautori della rieducazione insegnata da un laringectomizzato, da un foniatra  o da un logopedista. Auspichiamo che l’approccio interdisciplinare efficace, con l’utilizzo di un protocollo approntato in equipe, sia capace di dare alcuni orientamenti ad una metodologia più sicura e la professionalità a ciascuno. Le difficoltà dovute alla tecnica operatorie, più o meno demolitiva, incidono a livello anatomiche e richiedono un discorso a parte. Per ciò che riguarda alcune sequele (paralisi parziale dell’ipoglosso) o patologie coesistenti (morbo di Parkinson) è nostra esperienza non escludere il recupero.

3-1-2 Problemi generali di apprendimento

 

La lingua italiana presenta alcune difficoltà specifiche e pertanto chi già non articolava, o non modulava la voce, ora incontrerà più difficoltà per l’abbondanza di vocali, di dittonghi e trittonghi che vanno letti singolarmente. Anche la tonalità, l’intonazione ed il cadere frequente dell’accento sulla prima sillaba rappresentano un’ulteriore difficoltà, il ritmo della voce e la compattezza della frase ci faranno ricordare quel periodo in cui i bambini sviluppano la parola frase. Pertanto per elaborare un programma sempre più specifico alla lingua italiana è necessario esercitarsi, traendo aiuto opportunamente dai diversi metodi: olandese, per iniezione e per deglutizione (cfr lessico). Sarà utile, come diremo in seguito, usare delle filastrocche e delle frasi di diversa intonazione: richiesta, domanda, ordine ed espressione di sentimenti.

 3-1-3 Sottovoce

 

Poiché l’aria è espulsa dall’orifizio tracheale, dopo l’ablazione della laringe, bisogna pronunciare le consonanti con l’aria contenuta nella bocca. Per le consonanti esplosive risulta facile, mentre per le consonanti labiali e nasali l’acquisizione richiede particolari procedure, poiché è impossibile ricorrere solo alla risorsa dell’aria contenuta nella bocca. Se vi è facile gonfiare le guance come se la bocca diventasse un palloncino: si prova poi a sgonfiarla aiutandosi con le mani, per far vibrare le labbra a punta per dire: prr prr..; raggiunto questo risultato si potrà spingere, sempre di più, questo boccone d’aria indietro, più in fondo. Ci si accorgerà che prima della vibrazione delle labbra (<<prr…>>), il dorso della lingua sarà già incurvato come nell’atto di ingoiare.

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Capitolo 3 3-0 Rieducazione alla voce esofagea

Capitolo 3 3-0 Rieducazione alla voce esofagea

L’intervento ha asportato la laringe, organo principale della voce; le corde vocali, l’epiglottide e le cartilagini non esistono più. La via aerea e la via digestiva sono state dissociate in seguito all’intervento. Poiché la via polmonare sbocca dal tracheostoma e quindi l’aria polmonare non può essere utilizzata per creare suoni. L’aria necessaria alla voce dovrà, d’ora in poi, essere introdotta discretamente nell’esofago. Prima dell’intervento la vostra voce non era altro che una espirazione sonorizzata, oggi avete la tendenza a fare la stessa cosa, benché sia diventata inutile; infatti l’aria espiratoria sfugge allo stoma del vostro collo e non può essere utilizzata nell’allocuzione. Per non aumentare il vostro sforzo respiratorio, provocando una stanchezza inutile, per non rendervi affannati rendendo l’allocuzione difficile e incomprensibile, dovete acquisire l’indipendenza dei soffi fino a riuscire a gonfiare un palloncino o soffiarvi il vostro naso, mantenendo il ritmo respiratorio ampio con l’uso degli addominali. Giungerete ad usare i due soffi indipendentemente, controllandoli; anche quando per esercitarvi solleverete una sedia alla fine dell’espirazione e contemporaneamente proverete l’iniezione esofagea. Immaginate anche nella pratica , che l’iniezione di una piccola pallina d’aria dal retrobocca alla parte alta dell’esofago è immediatamente seguita da una vibrazione esplosiva della parete esofagea che riporta l’aria verso gli organi fonatori della bocca. Quindi basta quella piccola pallina d’aria usata indipendentemente dal soffio respiratorio.

Questa voce sarà articolata esattamente come la voce laringea, tramite la faringe, gli organi della bocca, la lingua, la mascella e le labbra.

I mezzi di rieducazione: per acquisire questa voce esofagea sarà necessario sottoporsi ad un apprendimento metodico, che può essere effettuato in diversi modi.

1-Rivolgersi ad un foniatra, libero e professionista, e sottoporsi a due o tre sedutela settimana.

2-Partecipare a sedute collettive, associate ad altre individuali, perché tale combinazione risulta efficace, infatti stimola il confronto ed affronta le difficoltà specifiche di ognuno.

3-Frequentare gli stessi corsi presso gli ospedali o le associazioni.

4-Ricoverarsi presso centri di rieducazione specializzata e frequentarne i corsi intensivi.

Quest’ultimo risulta il metodo più efficace e più rapido,nei casi in cui l’ambiente familiare non può offrire la complementarietà ed il supporto necessario all’atteggiamento psicologico del paziente, particolarmente frustrato e depresso dalla sua incapacità di verbalizzare.                                                  

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Ausilio per la riabilitazione-2-4 I rapporti interpersonali

2-4 I rapporti interpersonali

Si può vivere senza laringe? Non si ha risposta, e muta resta la moglie e il neooperato, anche l’amico è sorpreso per l’inatteso cambiamento di una persona che improvvisamente non esprime il suo nome. Il ricovero in ospedale, l’allontanamento dalla famiglia a cui si spera di tornare; ma in quali condizioni? Si sarà ancora all’altezza della propria vita precedente, la parola cancro ci farà sentire presi dal panico? La rapidità degli infermieri, i silenzi e le poche parole dei medici, lo sforzo di farsi capire con i gesti e scrivendo, sono solo l’avvio e la nascita di un nuovo ritmo di vita.

La fragilità alle emozioni del neooperato. Sentirsi accettato dalla moglie è il primo passo. Non è <<un poverino>>, ma un uomo che deve affrontare l’impresa della vita, con la consapevolezza di una breve <<morte sociale>>, una corsa che riprende dopo essere uscito di pista. Ma ora, improvvisamente, potrebbe franare la tenerezza che tra marito e moglie calmava tante ansie, se entrambi non hanno rispetto della vita vissuta insieme. Mala crisi passa, saper abbandonarsi alla speranza dopo lo sconforto o il pianto può aiutare anche la moglie a sostenere il marito ad essere nuovamente autonomo. Quali gli obiettivi? Conoscere ed applicare le norme igieniche, mascherare l’orifizio tracheale, continuare a comunicare con le lavagnette o con carta e penna, affrontare gli interrogativi passo dopo passo e per prima cosa l’educazione alla voce esofagea.

 

Il laringectomizzato è un malato di cancro?

 

Lontano dalla propria famiglia ci si sente privati di ogni diritto come i numeri del proprio letto in ospedale, che si susseguono uno dopo l’altro… <<Avanti il prossimo!>> Le difficoltà da affrontare spaventano e bisogna stringere i denti. Se preso in tempo il vostro caso non è diverso da quello di tanti altri ed i vostri rischi non sono superiori! Tra tutti i tumori maligni il carcinoma della laringe presenta il più alto numero di guarigioni complete a distanza di 10, 20, 30 anni ed oltre. I laringectomizzati possono essere reintegrati completamente nella loro vita e nel lavoro. Ma queste persone devono essere aiutate a superare questa prova di morte sociale, quale la perdita temporanea della parola, ed incoraggiati ad acquisire la voce esofagea. L’ambiente di lavoro deve essere preparato, se è necessario. C’è qualcuno che sta peggio, i ciechi ad esempio! Ma il laringectomizzato può riprendere come prima, con una certa gradualità. Occorre andare incontro agli altri ed affrontare le difficoltà.

 

Le dieci regole del laringectomizzato

  • Aver pazienza;

  • aver volontà:

  • essere perseverante e testardo;

  • cercare l’autocontrollo e l’autodominio;

  • cercare la tranquillità ed essere sereno;

  • essere aperto;

  • essere disponibile;

  • aver cura di sé;

  • esser rigoroso;

  • esser <<sportivo>>.

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Nodo alla gola Fastidio e senso di blocco alla gola possono essere sintomi di diversi disturbi. Vediamo meglio di cosa si tratta.

La disfagia è il termine medico con cui si indica la difficoltà ad inghiottire cibo o acqua. Se questo fastidio da occasionale diviene frequente o costante, può essere di tipo psicosomatico o dipendere da problemi a carico di altri organi. Le situazioni più comuni in cui si verifica quello che comunemente è chiamato nodo alla gola sono lo stress, il reflusso esofageo e il gozzo.

La deglutizione
La deglutizione, che permette di ingoiare cibi, liquidi e saliva, è una delle funzioni che il nostro corpo compie più spesso; in un giorno avviene dalle 500 alle 1.200 volte. La frequenza dipende dall’età della persona e dalle azioni che si compiono. Nell’adulto solitamente avviene 1 volta al minuto se si è svegli mentre se si dorme ogni 5 minuti; nel bambino invece è di cinque volte al minuto da sveglio e di tre nelle ore di riposo.
Nodo alla gola
Colpa dello stress
La sensazione di avere un nodo alla gola può comparire anche in assenza di problemi fisici: stress, ansia e depressione possono essere la causa del “bolo” isterico, che crea un impedimento al transito non solo del cibo, ma anche della saliva. È una sensazione psicosomatica, ovvero un disturbo dovuto al trasferimento dei propri timori e delle proprie insicurezze sul corpo, che si manifestano con sintomi del tutto simili a malattie che però non sono presenti. In questo caso è necessario ridurre al massimo le fonti di stress che causano l’ansia. Oltre poi ai farmaci ansiolitici e antidepressivi (sempre e solo sotto controllo medico!), può essere di aiuto la psicoterapia.

Il reflusso
Se il cardias, cioè la valvola che mette in comunicazione l’esofago con lo stomaco, non funziona bene, il cibo tende a risalire e a ritornare verso la bocca. Si verifica così il reflusso esofageo, un disturbo caratterizzato dalla risalita degli acidi presenti nello stomaco verso l’esofago. Nei casi meno gravi è sufficiente non sdraiarsi subito dopo aver finito di mangiare e assumere dei farmaci che aiutano a svuotare lo stomaco più velocemente. Nei casi più gravi, invece, bisogna correggere il difetto del cardias con un intervento chirurgico.

Nodo alla golaIl gozzo
Il gozzo è causato da un aumento delle dimensioni della tiroide e può comprimere l’esofago, ostacolando il passaggio dei cibi. Di solito viene curato con i farmaci antitiroidei che riducono l’eccessiva produzione di ormoni della tiroide, con lo iodio radioattivo o con un’asportazione chirurgica.

Come individuare il problema
Se la difficoltà a deglutire è passeggera non vale la pena preoccuparsi, mentre se il disturbo perdura per settimane è meglio fare dei controlli medici. Quelli più importanti sono i seguenti:

  • Per valutare le condizioni dell’esofago è utile una radiografia con contrasto; la persona deve ingerire del bario, una sostanza che rende più visibili gli organi interni.
  • Se questo esame non evidenzia nulla può essere utile ricorrere alla gastroscopia che può rivelare problemi all’esofago o un’ernia iatale.
  • Infine esclusi i disturbi all’esofago si possono indagare gli altri organi coinvolti nella deglutizione con la fibrolaringoscopia che consente di ispezionare le parti interne della cavità di naso, bocca e laringe.
  • fonte

Ausilio per la riabilitazione 2-3 Ginnastica

 

2-3 Ginnastica

 

Quando il ritmo respiratorio è ben acquisito si può passare ad una ginnastica più ampia e generale,di mantenimento,da praticare ogni giorno per quindici minuti,al fine di conservare una buona forma fisica.

 

2-3-1 Esercizi per i muscoli del cingolo addominale

 

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Supini con un cuscino sotto il collo. Portare l’attenzione alla respirazione e durante l’espirazione, molto lenta, eseguire una breve serie di movimenti, simili al pedalare, con gli arti inferiori.

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Dopo una serie di questi esercizi effettuare altri movimenti degli arti inferiori: sforbiciare o ruotare, con movimenti circolari, gambe e piedi.

2-3-2 Esercizi per i muscoli del cingolo scapolare

 

Far lavorare gli arti superiori distendendo e ruotando

le braccia in avanti in alto ed indietro,al fine di riacquisire quei movimenti che l’intervento ha potuto limitare, si scioglieranno quei muscoli che si sono irrigiditi in seguito

all’intervento chirurgico. Quindi si potranno forzare questi movimenti, cercando di toccare con le mani livelli sempre più alti e parimenti, ampliando le rotazioni, si porteranno le mani sempre più indietro. L’esercizio si può completare con l’uso dei sacchetti.

Questo esercizio risulta notevolmente importante sopratutto quando il nervo spinale è stato sezionato durante lo svuotamento dei linfonodi. L’importanza funzionale della spalla causata dall’amiotrofia del muscolo trapezio può essere recuperata con movimenti fisici.Immagine.JPG

 

In piedi. Distendere da prima il braccio più energico e meno irrigidito verso il muro. Occupare a piedi uniti una distanza che vi faccia restare eretti,appoggiandovi il palmo della mano,poi oscillando restare fermi sui piedi e far salire la mano lungo la parete. Ripetere lo stesso esercizio con il braccio che presenta minor funzionalità.

In piedi mettere le mani dietro la nuca incrociando le dita ed effettuare delle rotazioni con le spalle a destra e a sinistra sull’asse vertebrale, mantenendo fermo il bacino e le gambe divaricate. Proni, fare delle flessioni, dapprima in ginocchio appoggiando le mani sul bordo del letto. Quando si riacquista una buona efficacia, nel sostenersi, si può provare ad effettuarle mettendo le mani a terra.

2-3-3 Esercizi per i muscoli del collo

 

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In piedi o seduti, respirare profondamente tre volte ed alla fine dell’ultima espirazione quando i polmoni sono relativamente vuoti, ruotare la testa a destra e a sinistra per due volte, come se si volesse toccare con il mento la spalla. Controllare l’assenza di respiro mantenendo il palmo della mano sullo stoma.

Seduti con la schiena eretta e le mani appoggiate sul tavolo , effettuare movimenti di avanzamento ed indietreggiamento del capo sul collo senza muovere le spalle, similmente all’atteggiamento di stupore ed inorridimento.

Questa ginnastica dovrà essere seguita da un Kinesiterapeuta, in particolare se principianti,onde evitare errori basilari e forzature del ritmo di esercizi

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Ausilio per la riabilitazione-2-2 La respirazione

2-2 La respirazione

La Respirazione avviene,d’ora in poi,dall’orifizio situato alla base del collo od orifizio tracheale. E’ bene non esibire lo stoma e proteggerlo con il filtro respiratorio;eviterete che durante i colpi di tosse le vostre mucosità vengano proiettate addosso a chi vi sta di fronte.

Questa modificazione anatomica deve essere accettata conoscendone tutti i riflessi nella vita quotidiana. La soppressione della glottide quindi del meccanismo di chiusura dell’albero respiratorio impedisce di bloccare il respiro (chiudendo la bocca e gonfiando le guance),di conseguenza si ha l’impressione che manchi l’aria salendo le scale o si pensa di non poter più sollevare carichi pesanti e di non essere resistenti ad alcuno sport. Se immaginassimo di sollevare un oggetto pesante ci ricorderemo che involontariamente chiudiamo la bocca gonfiamo le guance volendo quasi impedire all’aria di uscire;tutto ciò permette di sostenere e terminare lo sforzo più facilmente.

Occorre imparare a trattenere l’aria diversamente,poiché chiudere la bocca non impedisce all’aria di uscire dal tracheostoma e bisogna compensare questo deficit anatomico con la regolazione addominale della respirazione. Anche quando dormiamo la nostra respirazione è normalmente addominale,cioè respiriamo in economia e senza sforzi. Il ventre partecipa alla respirazione gonfiandosi e sgonfiandosi ritmicamente. Questi movimenti addominali possono essere appresi e controllati anche quando siamo svegli:si tratta di coinvolgere nell’esercizio un altro muscolo non visibile,il diaframma,permettendogli di contrarsi e di abbassarsi ritmicamente ed ampiamente. Ne otterremo una maggiore tolleranza agli sforzi,un più grande senso di calma ed un miglior autocontrollo,utile all’apprendimento della voce esofagea.

Per completezza elenchiamo le altre due modalità respiratorie:

  • la respirazione toracico-superiore è tipica di quelle situazioni affettive-emotive,come quella che osserviamo sobbalzando ad un forte rumore. L’inspirazione è provocata dal rialzamento della parte anteriore del torace, generata dai muscoli del collo. L’espirazione risulta dal ritorno alla posizione iniziale, dopo rilasciamento dei muscoli del collo;

  • la respirazione vertebrale rappresenta il terzo tipo di funzione respiratoria tipica del respiro profondo. E’ provocata da un movimento di estensione-flessione della colonna vertebrale. Il movimento scapolare crea un’apertura delle costole aumentando la potenza della inspirazione; se si esegue il movimento contrario, chiudendo le spalle e curvando la schiena, si ottiene un’espirazione più ampia.

L’uso di un umidificatore e di uno ionizzatore è utile e può essere necessario in alcune condizioni climatiche ed ambientali. Infatti le regioni con ampie escursioni igrometriche nel periodo estivo (sbalzi di umidità frequenti) e in inverno gli ambienti scarsamente umidificati (non ventilati,riscaldati con termosifoni e arredati con moquette) facilitano le malattie del raffreddamento.

2-2-1 Un approccio alla rieducazione respiratoria

Per svolgere questo training sono necessari “alcuni pesi” che possono essere acquistati in un negozio di articoli sportivi,oppure semplicemente confezionati con sabbia e tessuto (due sacchetti di 12 cmx20 cm di peso variabile da 1 kg. A 2 kg., ed un terso più grande di 20 cm. con un peso di circa ¾ kg.

Diventare consapevoli della propria disponibilità e creare l’ambiente ideale:

Mi metto in una posizione comoda”

Mi sento a mio agio”

Non controllo il mio respiro”

Non penso a nulla di emotivamente importante”

 

Ritmo respiratorio addominale:

Tra poco riempirò d’aria i miei polmoni,pronto…VIA….ora la trattengo…e la lascio uscire lentamente. Bene!L’espirazione deve essere più lenta dell’inspirazione e durare circa due volte il tempo dell’inspirazione.

 

La tecnica in tre posizioni:

Inspirare profondamente,lasciare gonfiare il ventre al massimo e fare altrettanto per la gabbia toracica. Lasciare svuotare il torace e l’addome espirando completamente ed attivamente tutta l’aria.

2-2-2 Posizione supina

 

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Con un cuscino nell’incavo della nuca ed un altro nell’ incavo delle ginocchia,mentre le braccia sono ai lati del corpo con le palme prone.

 

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Appoggiare sull’addome il sacchetto di sabbia di 2 o 3 kg. Ed allenarsi a sollevarlo, quando l’aria entra nei vostri polmoni. Cercare un ambiente tranquillo e lontano dai rumori,tentare di rappresentare l’aria che entra nei polmoni,che si gonfiano quando si inspira ed il diaframma si abbassa;poi quando si espira,visualizzare il diaframma che si alza e le coste si abbassano, mentre l’addome rientra.

2-2-3 Posizione seduta e respiro in economia

 Ripetere l’esercizio senza sacchetto distesi lateralmente sui due lati e, da seduto, apprendere e continuare tale esercizio. Anche nella vita quotidiana, tale respirazione sarà un respiro di economia ed è alla base della rieducazione fonatoria.

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2-2-4 Posizione prona a cagnolino

 Col capo in basso ed appoggiati sui gomiti e sulle ginocchia,ripetere lo stesso esercizio al mattino,per svuotare i polmoni di tutte le secrezioni notturne.

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2-2-5 Posizione eretta

 

Sollevare le braccia che afferrano i due sacchetti di sabbia,mentre avviene l’inspirazione, poi durante l’espirazione abbassare le braccia in avanti, mentre, contemporaneamente inizia e si conclude una lenta espirazione. Acquisita una certa pratica, questo movimento può essere completato con una flessione sulle ginocchia,mentre si espira lentamente.

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Tutti questi esercizi sono da effettuare mantenendo una respirazione di base diaframmatica. E’ facile accorgersi che il movimento del sacchetto ci aiuta a respirare lentamente e profondamente, con la partecipazione dell’addome.

La pancia si gonfia nell’ispirazione e si svuota nell’espirazione.

2-2-6 Il soffio addominale

 E’ un esercizio eseguito dalla parete addominale che facilita il controllo respiratorio. Si divide in tre tempi e deve essere effettuato in piedi.

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Primo tempo:

inspirare gonfiando la pancia.Portare l’attenzione sulla pancia gonfia.

 

Secondo tempo:

cercare di rimanere con la pancia gonfia.

Terzo tempo:

spingere l’aria fuori comprimendo la pancia energicamente. L’aria, che espulsa fuori dallo stoma, con sbuffi frazionati,deve sollevare la protezione tracheale o il filtro respiratorio di protezione.

 

Ripetere l’esercizio 5/6 volte di seguito,imitando il suono di una locomotiva a vapore.

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Ausilio per la riabilitazione-2-1 Igiene

2-1 Igiene

2-1-1 Il Tracheostoma

Dal greco,termine che designa l’orifizio alla base del collo per abboccarvi la trachea e creare il nuovo percorso respiratorio.

Come per la propria bocca od il proprio naso è necessario lavarli giornalmente,altrettanto si richiede:

-la pulizia della pelle attorno allo stoma con prodotti dermatologici (saponi acidi o lavande di tipo ginecologico) e senza irritarlo;

-l’uso di alcune gocce di olio gomenolato con azione fluidificante,da installare in trachea,per evitare la formazione di croste,che possono sempre favorire le infezioni o causare problemi.

2-1-2 La cannula

Per la cannula bisogna avere gli stessi riguardi. Una o due volte al giorno va lavata con acqua corrente con gli appositi spazzolini e poi sterilizzata. E’ perciò importante avere una seconda cannula disponibile per qualsiasi eventualità. Le cannule possono essere in plastica (teflon) o metalliche (argentate); quest’ultime vanno verificate ogni sei mesi e all’occorrenza ricevono un altro bagno di argento. Le cannule in plastica sono necessarie per chi dovrà portarle a lungo,poiché sono indeformabili e leggerissime.

2-1-3 Il filtro respiratorio

L’aria non è più filtrata dal naso e l’immissione diretta dell’aria nella trachea richiede la protezione del tracheostoma. Attraverso un filtro respiratorio,s’impedisce ai granelli di polvere ed altri agenti dannosi di penetrare con l’aria respirata;si potrà,inoltre,riscaldare l’aria ed umidificarla. L’uso del filtro respiratorio deve essere continuo,permanente,e non intralcia affatto la respirazione.

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Ausilio per la riabilitazione 1-4 Aspetti psicologici del laringectomizzato

E’ un’esperienza comune degli oncologici che variabili di tipo psicologico,in particolare la reazione alla malattia,siano in grado di ricoprire un ruolo importante non solamente ai fini della riabilitazione e del reinserimento,ma anche ai fini prognostici. Occorre quindi aver un quadro abbastanza chiaro per aiutare il futuro operato a non restare vittima dei suoi meccanismi di difesa ed incoraggiarlo ad uscire il più velocemente possibile dalla situazione di blocco.

La reazione alla malattia è suddivisa generalmente in 3 fasi:una fase iniziale dove si comunica la diagnosi e si stabilisce l’intervento,la fase ospedaliera e la fase post-chirurgica ossia la riabilitazione. La fase iniziale è uno stato di profondo allarme;successivamente è frequente il riscontro di una reazione aggressiva (ovvero depressiva) rivolta verso i familiari e i sanitari. Se questa fase è mascherata dal rifiuto dell’intervento,il paziente e i familiari sono spesso condizionate dalle preoccupazioni di non rubare tempo prezioso ai medici con le loro richieste di informazioni;tuttavia il medico deve interpretare quell’atteggiamento di vittima che indica la paura del rifiuto e può nascondere una rivalsa persecutoria. Quando questo percorso resta ancora più sotterraneo il paziente corre spesso il rischio di rimanere psicologicamente e socialmente “isolato” con il suo timore e ansia inespressa circa il futuro. Il familiare,dal canto suo,spinto di non dire niente al paziente sulla sua condizione,rimane il più delle volte confuso ed angosciato dal senso di impotenza e dalla condizione di “cospiratore del silenzio”.Laddove il paziente e i familiari appartengono alle classi lavoratrici non tecnocratiche,le difficoltà connesse alla diffidenza,alla distanza sociale,ai diversi stili di espressione verbale,alle basse aspettative del medico circa le capacità del paziente di comprendere le informazioni,tutte queste difficoltà peggiorano l’interazione tra l’ammalato e il suo ambiente. Quindi bisogna stabilire una migliore comunicazione aiutando il paziente ad esprimere il suo dolore e a creare una comunicazione interna libera e aperta,affinché i meccanismi di adattamento favoriscano una migliore attuazione dell’intervento chirurgico.

Per i famigliari la consapevolezza di una possibile depressione nel paziente li conduce a reagire negando tutte le paure del Congiunto/a.

L’ignoranza incrementa la paura e la paura scatena una negazione dell’importanza della riabilitazione e della logica dei piccoli passi sin dalle prime fasi. Gli infermieri possono collaborare in modo insostituibile perché a loro i pazienti si rivolgono con maggiore fiducia sperando di poter ricevere una verità serena e schietta;in questa fase di shock i pazienti sono emotivamente dei bambini che desiderano una guida che nulla nascondo. Questi operatori,che convivono ed osservano più facilmente i pazienti in questo periodo,hanno la possibilità di trovare il miglior momento per esprimere fiduciosamente le diverse fasi dell’intervento,incoraggiandoli ripetutamente ad affrontare il futuro.

L’attesa dell’intervento chirurgico costituisce una continua e notevole fonte di stress. L’ansia,la paura,l’agitazione,oppure la confusione,persino l’inibizione e la disperazione sono le diverse intensità di reazioni all’intervento. In tale fase (II fase) è importante il ruolo del chirurgo che dovrebbe illustrare le possibilità terapeutiche,l’intervento programmato,gli esiti,dando e trasmettendo fiducia al paziente. E’ stata dimostrata l’utilità del fare incontrare il paziente con gli operati da lungo tempo. Il ricevere risposte concrete rappresenta una prima tappa di notevole importanza ai fini dell’accettazione del demolitivo intervento chirurgico.

Fino ad oggi questa azione preventiva si è svolta prevalentemente a livello dei possibili determinanti di tipo biologico,in una visione di tipo chirurgico tradizionale. Di contro occorrerebbe dare importanza all’approccio programmatico dell’intervento,che tenga conto dei due tipi di problemi che si intrecciano:

  • da un lato la valutazione iniziale delle possibilità terapeutiche in relazione allo stadio della malattia e delle coesistenti patologie somatiche (che determinano l’alternativa tra cordectomia/laringectomia parziale o totale);

  • dall’altro lato l’analisi e la presa in carico delle reazioni emozionali.

E’ importante preparare i familiari e il paziente ad affrontare ed accettare la notevole quota di sofferenza somatica e psichica che caratterizza i 12 giorni successivi all’intervento. La solitudine,il sondino,le difficoltà respiratorie e le secrezioni richiedono che il paziente sia incoraggiato a superare quella fase come l’ultima di una situazione di passività;mentre la malattia è stata ormai affrontata è necessario puntare sul suo ruolo attivo:come il desiderio di tornare autonomo nella quotidianità. Pertanto occorre fare il punto della situazione analizzando:


1) il problema sociale e lavorativo (se c’è);

    1. le reazioni psicologiche ed affettive;

    2. le risorse ambientali (la famiglia).

 

Infine,la dimissione dall’ospedale (III fase) ed il rientro a casa sono le fasi confronto/scontro con la realtà,poiché il neo operato è pienamente cosciente della sua problematica:lo stato di ansia legato alla malattia,le alterazioni funzionali ed estetiche conseguenti all’intervento,il timore del << rigetto sociale>> sono ingigantiti dall’impossibilità di comunicare verbalmente le proprie preoccupazioni. Il neo-operato vive una pericolosa sensazione di isolamento e di incomprensione. La conseguenza più temuta di questo stato d’animo è rappresentato dalla depressione psichica con rifiuto della vita e di ogni tentativo di prolungarla.

E’ in questa fase che si rivela essenziale la presenza dell’operatore poiché dovrà dare una metodologia, ossia gli strumenti e le abilità necessarie al neo-operato e alla sua famiglia per superare questa particolare situazione. E’ necessario presentare al neo-operato una programmazione dettagliata della giornata e convincerlo ad eseguirla. Si richiede alla famiglia di incoraggiarlo,di prestargli attenzione senza eccessivo mammismo o militarismo. Occorre mantenere un interesse costante nei suoi confronti,basta fare capire che la sola vicinanza fisica oppure un semplice cenno degli occhi sono già un’interazione valida per riacquistare la propria autostima. L’operatore deve ripetere alla famiglia che è inutile cercare di proteggere il neo-operato dal prendere piena consapevolezza dei drastici cambiamenti che si sono prodotti. La famiglia deve sempre più incentivare e spronare il neo-operato a recarsi alla rieducazione vocale poiché è l’unica via per reinserirsi socialmente. Se il paziente può riprendere l’attività lavorativa,è determinante che a scandire l’impegno sia un riabilitatore che abbia le stesse affinità sociali.

A volte,il rifiuto della riabilitazione fonatoria,l’astenia,la dispnea fino all’attacco di panico con vertigine,richiedono una consulenza psichiatrica. Verranno individuate le strategie più opportune,gli incontri con le famiglie,le mete da raggiungere. I risultati ottenuti nel corso del programma riabilitativo aiuteranno a trovare le motivazioni necessarie per compiere ulteriori passi.

L’intervento di laringectomia totale,se da un lato è finalizzato alla salvezza della vita del paziente,d’altra parte deve essere associato a opportune iniziative psicologiche e sociali,affinché la vita del laringectomizzato possa essere qualitativamente soddisfacente.

 

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Ausilio per la riabilitazione 1-3 Prima e dopo la laringectomia totale

1-3-1 Conseguenze dell’intervento

Per quanto riguarda la respirazione:essa avviene ormai tramite il foro situato alla base del collo,orefizio detto tracheostoma,senza passare né dalla bocca né dal naso.

Per quanto riguarda l’emissione dellae parole o fonazione:occorre acquisire una nuova tecnica di produzione dei suoni,chiamata voce esofagea.E’ realizzata dall’aria inghiottita e non più tramite l’espirazione.Si deve affrontare un periodo di rieducazione vocale.

Per quanto riguarda l’alimentazione:il cibo seguira la stessa via e la laringectomia totale non serberà alcuna conseguenza sull’alimentazione.Quando la ferita operatoria si sarà cicatrizzata l’alimentazione sarà di nuovo normale

1-3-2 Periodo postoperatorio iniziale


Rappresenta il culmine dei relativi disagi,ma è un periodo molto breve.Ci si sveglia con un sondino gastrico,un tubicino che introdotto nel naso sin nello stomaco permette un’alimentazione liquida iniziale per i primi 8/15 giorni.

Nel tracheostoma sarà presente una cannula,piccolo tubicino generalmente di ferro ricoperto da un bagno di argento (o preferibilmente di plastica) immesso nell’orefizio creato alla base del collo.Nei maggio parte dei casi la cannula verrà tolta dopo 6/12 mesi.

Dopo tre settimane dall’intervento inizia generalmente un trattamento di radioterapia,per una durata di 5/7 settimane con una frequenza di 4/5 sedute settimanali della durata di qualche minuto.A tale periodo segue la rieducazione vocale con un training che dura da uno a tre mesi,o più lungo per il tipo di intervento chirurgico e per la reazione psicologica del paziente.

Il laringectomizzato nonostante seri inconvenienti non è un infermo,perché lo stoma può essere completamente dissimulato alla vista altrui e la voce esofagea permette un’interazione sociale e familiare normale.

D’altronde se il laringectomizzato può riconquistare una vita sociale e familiare,è consigliabile evitare gli ambienti rumorosi e natatori,per non correre il rischio di trovare chi “Lo” scambia per un ranocchio od un marziano.

Schemi anatomici riassuntivi.

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