PIANO NAZIONALE AMIANTO

 

Amianto, il Piano nazionale

Ecco il testo in anteprima pubblicato su il sole 24 ore del 2 aprile 2013

di Barbara Gobbi, Rosanna Magnano. Sara Todaro      

L’Italia serra i ranghi contro l’asbesto: il Piano nazionale amianto, approvato dal Governo e attualmente all’esame della Conferenza Stato-Regioni, sarà presentato alla comunità scientifica e locale l’8 aprile prossimo, a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, «teatro» del Caso Eternit. Il documento, una sorta di tabella di marcia per affrontare l’emergenza, è stato elaborato dai ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro. Qualcosa già si muove.

Lo scorso 28 marzo ha preso il via presso la sede dell’Inail il tavolo tecnico per i risarcimenti in esecuzione dei contenuti della sentenza Eternit. «Si tratta – spiega il ministero della Salute in una nota – di dare attuazione effettiva nella parte che riguarda “provvisionali immediatamente esecutive” nei confronti delle parti civili».

Il tavolo tecnico, istituito dal ministero del Lavoro con quello della Salute e le altre amministrazioni interessate e i soggetti danneggiati, è previsto tra gli obiettivi del Piano nazionale amianto. Nello stesso piano un’altra iniziativa in partenza, presentata all’Istituto superiore di Sanità: il «Progetto amianto», un programma biennale finanziato dal ministero della Salute composto da 4 unità operative che si occuperanno di ambiente, epidemiologia, diagnosi e cura. Il finanziamento previsto è di 50 milioni di euro per i primi interventi. 

L’impatto dell’amianto sulla salute umana è devastante. Gli ultimi dati del Registro mesoteliomi, istituito nel 2003, sono datati 2009 e parlano di 9.166 casi di mesotelioma, di cui il 72% su uomini, e il 93% di tipo pleurico. Ma il picco da un punto di vista epidemiologico è atteso tra il 2010 e il 2020 o tra il 2012 e il 2025, con un’incidenza prevista di mille casi all’anno, solo per gli uomini (mancano stime per le altre localizzazioni del mesotelioma, sulle altre patologie, e sulle donne). 

Le possibilità terapeutiche e di diagnosi precoce delle patologie neoplastiche da amianto sono oggi insoddisfacenti. Uno screening oncologico rivolto a soggetti asintomatici è proponibile come progetto di ricerca solo per il cancro del polmone. Limitate anche le possibilità terapeutiche, estremamente insoddisfacenti per i mesoteliomi e con limitate possibilità per il tumore al polmone. Nonostante questa base di partenza poco incoraggiante, dati la gravità del fenomeno e il dramma dei pazienti, le Autorità sanitarie non possono non adottare idonee contromisure. Sono quindi da indagare la possibile riduzione del rischio dopo la cessazione delle esposizione, i possibili modificatori individuali del rischio di malattia, le migliori procedure per portare corretti messaggi di prevenzione alla popolazione.

Questi gli obiettivi sanitari descritti nel Piano.

Epidemiologia 
Obiettivo: Migliorare la conoscenza dei fenomeni e delle loro dimensioni sul territorio nazionale

– I Cor (Centri operativi regionali) sono chiamati ad ampliare la loro azione sviluppando la raccolta di dati sui tumori a bassa frazione eziologica, che hanno cioè anche importanti cause extralavorative, e sulla loro possibile origine professionale. Priorità va data alle patologie correlate a esposizione da amianto: tumori del polmone, della laringe, dell’ovaio, del colon retto, dell’esofago e dello stomaco. Durante l’attuazione di questo Piano l’Inail, responsabile della tenuta del Renam (Registro nazionale mesoteliomi), dovrà garantirne mantenimento e sviluppo nonché la promozione di attività di ricerca e vigilanza, in collegamento con Regioni e Ssn

– Va garantita una capillare attuazione delle azioni epidemiologiche previste dal Piano, anche in collegamento con l’Inail. Le Regioni devono garantire il mantenimento e lo sviluppo dei Centri operativi regionali (Cor), anche alla luce dell’ampliamento dei relativi compiti ex articolo 244 del Dlgs 81/2008 e il rafforzamento della rete di Cor già esistente

– Gli archivi di Inail, Inps, Istat, delle Regioni, delle aziende sanitarie e degli altri enti gestori di banche dati, compresi i Registri tumori, vanno messi a disposizione dei Cor per lo studio del mesotelioma maligno e delle patologie da amianto, ove possibile con accesso informatico ai dati. Ribadito l’obbligo per i medici che effettuano la diagnosi, di refertare all’autorità giudiziaria e di segnalare i casi di mesotelioma al Cor, compilando il primo certificato di malattia professionale da inviare all’istituto assicuratore. Si richiamano anche gli obblighi previsti per i medici competenti verso i lavoratori ancora in attività dall’articolo 40, Dlgs 81/2008 e la necessità di attivare i flussi, più l’obbligo di denuncia di malattie professionali

– Asl e Cor dovranno costruire gli elenchi degli ex esposti nelle diverse attività lavorative e le coorti di tutti gli operatori attualmente coinvolti nelle operazioni di bonifica. Il coordinamento nazionale spetta al Renam. L’Inail deve fornire alle Asl, su richiesta, gli elenchi dei lavoratori ex esposti che hanno presentato la domanda di ex articolo 18, comma 8, della legge 257/1992

– Le Regioni devono estendere – tramite i Cor o altre strutture competenti – la sorveglianza su lavoratori esposti ed ex esposti ad amianto, in particolare per le coorti di esposti con lungo follow-up o informative su aspetti specifici, quali l’esposizione a un solo tipo di fibre di amianto

– Le Regioni devono indagare il rischio di mesotelioma connesso all’esposizione non professionale tramite i Cor o altre strutture competenti

– Vanno promosse la ricerca sui possibili modificatori individuali del rischio di malattia e la valutazione delle metodologie più efficaci per la sorveglianza sanitaria ed epidemiologica e per portare corretti messaggi di prevenzione alle popolazioni esposte

– L’Inail, avvalendosi del Renam o di altre strutture competenti, deve aggiornare e valutare modelli previsionali per stimare l’andamento dell’epidemia di mesotelioma, sostenuti da idonee metodologie e promuovere gli studi eventualmente necessari

– Va potenziata la sorveglianza dei tumori polmonari e delle altre patologie amianto-correlate, soprattutto attraverso linkage tra archivi di esposizione e basi dati di patologia (decessi, ricoveri). Queste attività potranno essere integrate con quelle svolte ai sensi dell’articolo 244 del Dlgs 81/2008 (vanno emanati decreti di attuazione). Iss, università e centri Ssn concorrono alla valutazione sanitaria, epidemiologica e di ricerca connessa agli effetti dell’amianto. È previsto un Coordinamento tecnico nazionale presso il ministero della Salute e coadiuvato dal Coordinamento delle Regioni e delle Pubbliche amministrazioni. Ogni 3 anni Inail, Iss e altri istituti tecnico-scientifici organizzeranno una conferenza di consenso con ricercatori italiani e stranieri

Valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria 
Obiettivo: migliorare qualità di valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria

– Serve uno studio di fattibilità sull’istituzione di una banca dati relativa alla misurazione delle esposizioni, per implementare un catalogo dei livelli espositivi in situazioni paradigmatiche, come manutenzioni o bonifiche, oppure di esposizione ambientale in siti critici o per affioramenti naturali. Va rafforzata e monitorata la rete dei laboratori regionali di riferimento

– Valutazione del rischio attuale per i lavoratori addetti alle bonifiche attraverso adeguati monitoraggi ambientali da realizzarsi a campione nei cantieri di bonifica da parte di strutture pubbliche specializzate, in particolare per la rimozione di amianto friabile

– La sorveglianza sanitaria deve includere solo interventi di provata efficacia. Va assicurata la migliore sorveglianza sanitaria nei confronti degli addetti alle bonifiche e degli altri potenzialmente esposti, attraverso l’aggiornamento e la verifica del protocolli. Vanno previsti formazione e aggiornamento sull’amianto per i medici competenti, e una forte sorveglianza su esposizioni non tipiche (su cui serve un piano formativo annuale)

– Le Regioni, in accordo con le aziende del settore, le associazioni e i sindacati e in coordinamento tra di loro e con il ministero della Salute definiranno modalità per la sorveglianza con Aziende sanitarie locali, Aziende ospedaliere e università dei lavoratori ex esposti, sulla base di interventi e procedure di provata efficacia. Obiettivo: superare al più presto la variabilità interregionale

– Va previsto un flusso informativo dedicato alla sorveglianza degli esposti ad amianto e ad altri cancerogeni (ex articoli 40, 243 e 244 del decreto legislativo 81/2008) diretto verso l’Inail, con il contributo delle Regioni nella raccolta

– Va avviato un percorso che assicuri la sorveglianza dei lavoratori italiani all’estero, se necessario predisponendo una apposita modifica normativa

Ricerca di base e clinica 
Obiettivo: Rete organizzativa nazionale per la comprensione dei fenomeni molecolari e dei percorsi diagnostico-terapeutici del mesotelioma maligno

– Programmare la costituzione di una rete organizzativa nazionale basata sulla condivisione di un database clinico e biologico tra centri di alto livello per la diagnosi e la terapia del mesotelioma pleurico laddove esista un piano diagnostico-terapeutico corrispondente a linee guida e consensus

– Requisiti minimi per i centri: a) creare una biobanca virtuale di materiali biologici relativi a mesotelioma pleurico ed eventuali altri soggetti, come infrastruttura per il reclutamento di materiale biologico per le attività di ricerca previste dal Piano e per individuare nuovi marcatori del mesotelioma pleurico; b) condividere in rete progetti clinici di ricerca traslazionale e preclinica nel campo del mesotelioma pleurico; c) effettuare studi sugli effetti biologici di minerali e materiali fibrosi asbestosimili, di materiali alternativi all’amianto e di nano materiali elongati (HARNs); d) standardizzare le metodiche analitiche e gli studi sui tessuti e sui liquidi biologici; e) esplorare i bersagli molecolari per l’individuazione di possibili target terapeutici; f) sperimentare l’utilizzo combinato di cellule staminali tumorali e della Reverse Phase Protein Microarray (Rppm) per lo sviluppo di nuovi antitumorali e biomarcatori predittivi; g) realizzare modelli di mesotelioma su cui sperimentare nuovi interventi terapeutici

Sistema delle cure e della riabilitazione 
Obiettivo: percorsi diagnostico-terapeutici ottimizzati omogenei

– Programmare l’istituzione di una rete nazionale e favorire la partecipazione a un European reference network per centri con alcune caratteristiche: presenza, funzionalmente integrata, di pneumologia (indusa Interventistica), anatomia patologica con Immunoistochimica, conteggio corpuscoli amianto e fibre, chirurgia toracica, oncologia medica con esperienza di sperimentazioni cliniche, radioterapia, centro terapia palliativa e hospice

– Impegno della rete nazionale a definire con la metodologia della consensus conference, linee guida e protocolli clinici per diagnosi precoce, stadiazione, terapia, palliazione e supporto psicologico, considerando gli aspetti psico-sociali nonché relazionali ed economici che ne derivano

– Attivazione in coordinamento con Renam e con la rete nazionale di un gruppo di anatomopatologi competenti, per valutare la performance diagnostica nazionale in tema di mesotelioma e per la validazione dei casi in trials clinici di sperimentazione

– Qualificazione dei laboratori e standardizzazione delle metodiche analitiche per la determinazione di fibre e corpuscoli di asbesto in liquidi biologici e tessuti.

http://www.comitatodifesasalutessg.com/2013/04/04/piano-nazionale-amianto/

Conferenza Governativa Amianto, dal 22 al 24 novembre a Venezia

L’emergenza amianto, o asbesto, in Italia non è finita, ci sono ancora diverse zone dove è presente questo materiale la cuidispersione delle fibre, a terra o nell’aria, rappresenta un rischio per la salute non solo dei lavoratori ma dei cittadini tutti.

La II Conferenza Governativa sulle Patologie Asbesto-correlate, che si terrà a Venezia dal 22 al 24 novembre, presso la sede della Fondazione Cini (Isola di San Giorgio Maggiore), nasce proprio con “l’obiettivo di discutere di quella che è un’autentica emergenza nazionale e di individuare azioni cui dar seguito per la redazione di un Piano nazionale sull’Amianto” , come riportato sul sito web ufficiale.
L’evento, realizzato per iniziativa del Ministero della Salute in accordo con l’Università Ca’ Foscari e la Fondazione Giorgio Cini di Venezia vedrà la partecipazione di autorevoli voci che in questi tre giorni animeranno i dibattiti e le discussioni.

Il programma dell’evento, che può essere interamente scaricato in formato PDF cliccando su questo link è davvero nutrito e prevede, per ogni giornata, tre sessioni di approfondimento qualiRicerca clinica e di baseSanità pubblica e ricerca epidemiologicaBonifiche e metodi di inertizzazione.
E’ possibile registrarsi online all’evento sia come Azienda sia come privato.

La valutazione del rischio amianto sui luoghi di lavoro
PMI Servizi

fonte

PRESENTAZIONE LIBRO AMIANTO/ASBESTO

una panoramica di una parte del salone durante la presentazione del libro del prof. Giancarlo Ugaziouna panoramica di una parte del salone durante la presentazione del libro del prof. Giancarlo Ugazio

Grande partecipazione all’assemblea del Comitato e alla presentazione del libro AMIANTO/ASBESTO Ieri, oggi, domani.

Il salone del Centro di Iniziativa Proletaria sabato 22 settembre era strapieno come nelle grandi occasioni, con persone che non sono riuscite ad entrare per la presentazione del libro del prof. Giancarlo Ugazio.

Dopo l’illustrazione dell’autore si è aperto il dibattito con domande di approfondimento e considerazioni molto interessanti a cui il prof Ugazio ha dato prontamente risposta. Una giornata all’insegna dell’approfondimento sulle malattie derivanti dall’amianto che ha dimostrato come queste siano molte (non solo il mesotelioma) e che le fibre d’amianto siano cancerogene non solo se respirate, ma anche se ingerite con il cibo e l’acqua.

Il dialogo e lo scambio reciproco fra le vittime e gli ex esposti amianto con il dott. Ugazio sono stati un momento importante sul terreno della prevenzione primaria.

Amianto. Quali sono le patologie asbesto-correlate?

Come già accennato, l’Italia è stata fino al bando del 1992 uno dei maggiori Paesi produttori e importatori di amianto grezzo, con oltre 3,5 milioni di tonnellate consumate a partire dal secondo dopoguerra alla messa fuori legge. 

 

Ma cosa comporta questo per la salute? Negli anni la cronaca ci ha spiegato che la polvere di amianto è carcinogena, e riconosciuta causa del mesotelioma, una forma di tumore particolarmente aggressiva che colpisce in particolare la pleura: a dirlo sono i decessi avvenuti in tutta Italia a causa di questa patologia, di cui esempio emblematico sono le diverse migliaia di morti a Casale Monferrato dove si trovavano le fabbriche di Eternit AG, e dove i morti e i malati di tumore individuati tra cittadini e soprattutto tra alcuni tipi di lavoratori sono più che altrove e non accennano a diminuire a distanza di anni: per circa il 10% dei casi infatti l’esposizione è avvenuta in ambito residenziale o familiare, ma i settori di attività maggiormente coinvolti sono quelli con uso diretto di amianto, come la cantieristica navale, l’edilizia e l’industria del cemento-amianto.

                                     

Il mesotelioma

Il tasso di incidenza di mesotelioma per 100 mila abitanti è pari, per la sede pleurica, a 3,6 casi negli uomini e 1,6 nelle donne. La latenza è particolarmente lunga (oltre i 40) e non è identificabile una soglia di esposizione al di sotto della quale il rischio sia assente. La diagnosi precoce, inoltre, è difficoltosa, visto che la patologia non ha sintomi riconoscibili nella fase iniziale, né sono ancora stati trovati biomarker in grado di fornire prova di avvenuta attivazione del processo eziopatologico.

Per questo, il migliore strumento in mano ai medici è la TAC multistrato, insieme alla PET e alla risonanza magnetica. Con questi strumenti è possibile infatti diagnosticare il mesotelioma pleurico, capire lo stadio di avanzamento della malattia, ma soprattutto definire l’istotipo (epiteliale, bifasico, sarcomatoide) e dunque capire prognosi e terapia. 

 

Quali cure? Il farmaco più attivo è il cis-platino in monoterapia e la combinazione con antifolati, terapia che comporta un miglioramento significativo nella sopravvivenza. Il ruolo della chirurgia rimane invece controverso: la pleuropneumonectomia extrapleurica è limitata dall’età e dalla stadiazione del tumore, e comunque eseguita esclusivamente in Centri di eccellenza; la pleurectomia/decorticazione ha mostrato risultati sovrapponibili, con minore morbidità e mortalità.

 

Le altre patologie neoplastiche e non

L’inalazione di fibre di amianto però, non è solo causa di mesotelioma, ma anche di tumori del polmone, laringe e ovaio, nonché di malattie non neoplastiche, come asbestosi e pleuropatie.

Tuttavia, in questi casi spesso comprendere l’effettiva portata del ruolo dell’amianto è più complicato: ad esempio, per il tumore polmonare lo spettro di carcinogeni che possono essere coinvolti nell’insorgenza è molto più ampio del solo asbesto. Nonostante questo, si stima siano circa 1000 i casi di questa neoplasia che ogni anno sono attribuibili all’esposizione professionale all’amianto. In questo caso, al contrario che per il mesotelioma, esistono però degli indicatori che potrebbero permettere la diagnosi precoce, anche se il loro utilizzo per campagne di screening è ancora lontano. Anche in questo caso, dunque l’esame più importante rimane la TAC spirale. 

 

E oltre ai tumori? Anche le manifestazioni non neoplastiche dovute all’amianto (asbestosi, pleurite essudativa acuta e cronica, placche pleuriche, ispessimento pleurico diffuso, bronco pneumopatia cronica ostruttiva) hanno un’epidemiologia non ben definita, anche per via delle forme silenti o dell’assenza di diagnosi nelle stadi iniziali. Di nuovo, sono stati proposti biomarcatori e test non invasivi per la diagnosi precoce, per la stadiazione e per la prognosi delle patologie asbesto-correlate, tuttavia l’utilizzo di TAC spirale a bassa dose rimane una delle prime scelte. Non esistono terapie specifiche, ma si usano per lo più glucocorticoidi, da soli o in associazione con altri farmaci.

 

La prevenzione

Chiaramente, il metodo più efficace per prevenire le patologie asbesto-correlate rimane impedire o limitare più possibile l’inalazione delle fibre. Ciò vuol dire però che bisogna adottare misure tecniche volte proprio a questo scopo: da una parte sistemi di prevenzione primaria durante le opere di bonifica, o nelle attività che obbligano a convivere con il materiale; dall’altra la prevenzione secondaria, ovvero l’istituzione di intervento sanitario specifico per il trattamento di queste patologie.

Domande e risposte inerenti l’amianto FAQ (Frequently Asked Questions)

1.

Cos’è l’amianto?

2.

Che differenza c’è tra amianto in matrice compatta e amianto

 

in matrice friabile?

3.

Perchè l’amianto è nocivo per la salute dell’uomo?

4.

Quali sono le patologie legate all’amianto?

5.

Dove è stato utilizzato?

6.

Come è possibile accertare se un materiale contiene amianto?

7.

E’ ancora possibile utilizzare l’amianto?

8.

Chi ha l’obbligo di comunicare la presenza dell’amianto?

9.

Come vengono classificati i materiali contenenti amianto?

10.

Quali operazioni occorre eseguire per l’accertamento della presenza

 

di amianto?

11.

Quanto costa accertare la presenza di amianto?

12.

A chi ci si può rivolgere per accertare la presenza di amianto?

13.

L’Azienda Sanitaria Locale effettua sopralluoghi per accertare

 

l’amianto in edifici?

14.

A chi rivolgersi per chiarimenti e informazioni in caso di necessità di

 

intervento?

15.

Quali operazioni tecniche occorre eseguire in caso di accertata

 

presenza di amianto?

16.

Il censimento degli edifici ha carattere obbligatorio?

17.

Quali edifici devono essere censiti ?

18.

Quali sono gli obblighi ed i compiti di un proprietario di un edificio ad

 

uso collettivo?

19.

Quali sono le tecniche d’intervento per i materiali contenenti amianto?

20.

Dove è possibile effetture lo smaltimento dell’amianto?

21.

A chi ci si può rivolgere per l’esecuzione dei lavori di rimozione,

 

smaltimento e bonifica dell’amianto?

22.

Quando una copertura in cemento-amianto (Eternit) deve essere

 

rimossa?

23.

Quali sono i rischi ed i pericoli dell’amianto confinato?

   

 

1. Cos’è l’amianto?

L’amianto, chiamato anche asbesto, è un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli.

Tra questi silicati, i più diffusi sono: la Crocidolite (amianto blu), l’Amosite (amianto bruno), l’Antofillite, l’Actinolite, la Tremolite, il Crisotilo (amianto bianco).

Le fibre di amianto sono molto addensate ed estremamente sottili. La struttura fibrosa conferisce all’amianto sia una notevole resistenza meccanica sia un’alta flessibilità.L’amianto resiste al fuoco e al calore, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura (termica e meccanica). E’ facilmente filabile e può essere tessuto.E’ dotato inoltre di proprietà fonoassorbenti oltrechè termoisolanti.Si lega facilmente con materiali da costruzione e con alcuni polimeri. Perciò l’amianto è un minerale praticamente indistruttibile, non infiammabile, molto resistente all’attacco degli acidi, flessibile, resistente alla trazione, dotato di buone capacità assorbenti, facilmente friabile.

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2. Che differenza c’è tra amianto in matrice compatta e amianto in matrice friabile?

Nei prodotti, manufatti e applicazioni, in cui l’amianto è presente, le fibre possono essere libere o debolmente legate: si parla in questi casi di amianto in matrice friabile, oppure possono essere fortemente legate in una matrice stabile e solida (come il cemento-amianto o il vinil-amianto): si parla in questo caso di amianto in matrice compatta.

L’amianto in matrice friabile può essere ridotto in polvere con la semplice azione manuale.

L’amianto è compatto invece quando può essere sbriciolato o ridotto in polvere solamente con l’impiego di attrezzi meccanici manuali o funzionanti anche ad alta velocità (dischi abrasivi, frese, ecc.).
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3. Perchè l’amianto è nocivo per la salute dell’uomo?
L’amianto è nocivo per la salute dell’uomo per la capacità dei materiali di amianto di rilasciare fibre potenzialmente inalabili. E l’esposizione a tali fibre è responsabile di patologie gravi ed irreversibili prevalentemente dell’apparato respiratorio.I più pericolosi sono i materiali friabili i quali si possono ridurre in polvere con la semplice azione manuale e, a causa della scarsa coesione interna, possono liberare fibre spontaneamente (soprattutto se sottoposti a vibrazioni, correnti d’aria, infiltrazioni d’acqua) o se danneggiati nel corso di interventi di manutenzione. L’amianto compatto invece per sua natura non tende a liberare fibre (il pericolo sussiste solo se segato, abraso o deteriorato).

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4. Quali sono le patologie legate all’amianto?

L’esposizione alle fibre di amianto è associata a malattie dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi).

L’asbestosi è una grave malattia respiratoria che per prima è stata correlata all’inalazione di fibre d’amianto, caratterizzata da fibrosi polmonare a progressivo aggravamento che conduce ad insufficienza respiratoria con complicanze cardiocircolatorie.

Il carcinoma polmonare, che è il tumore maligno più frequente, si verifica anche per esposizioni a basse dosi. Il fumo favorisce di molto la probabilità di contrarre la malattia.
Il mesotelioma della pleura è un tumore altamente maligno della membrana di rivestimento del polmone (pleura) che è fortemente associato alla esposizione a fibre di amianto anche per basse dosi.

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5. Dove è stato utilizzato?

Le caratteristiche proprie del materiale e il costo contenuto ne hanno favorito un ampio utilizzo industriale. Pertanto per anni è stato considerato un materiale estremamente versatile a basso costo. Esso è stato utilizzato in modo massiccio nel passato  per le sue ottime proprietà tecnologiche e per la sua economicità. Tra gli innumerevoli prodotti contenenti amianto si ricordano, solo per citarne alcuni: corde, nastri e guaine per la coibentazione di tubazioni, di cavi elettrici vicini a sorgenti di calore intenso come forni, caldaie, ecc.; tessuti per il confezionamento di tute protettive antifuoco, coperte spegnifiamma, ecc.; carta e cartoni utilizzati come barriere antifiamma, ecc.; pannelli di fibre grezze compresse impiegati per la coibentazione di tubazioni; filtri costruiti con carta di amianto, o semplicemente con polvere compressa, utilizzati nell’industria chimica ed alimentare. Inoltre, dall’impasto con altri materiali si ottenevano l’amianto a spruzzo, utilizzato: come isolante termico nei cicli industriali con alte temperature (es. centrali termiche e termoelettriche, industria chimica, siderurgica, vetraria, ceramica e laterizi, alimentare, distillerie, zuccherifici, fonderie); come isolante termico nei cicli industriali con basse temperature (es. impianti frigoriferi, impianti di condizionamento); come isolante termico e barriera antifiamma nelle condotte per impianti elettrici. E’ stato impiegato, inoltre, nel settore dei trasporti per la coibentazione di carrozze ferroviarie, di navi, di autobus, ecc..

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6. Come è possibile accertare se un materiale contiene amianto?
L’accertamento può essere eseguito in base all’aspetto del materiale, all’eventuale marchiatura, alle conoscenze tecniche di chi esegue l’accertamento oppure può essere eseguito da un laboratorio opportunamente ed adeguatamente attrezzato.
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7. E’ ancora possibile utilizzare l’amianto?
Dal 1994 sono vietate l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto.
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8. Chi ha l’obbligo di comunicare la presenza dell’amianto?
Ai sensi dell’articolo 12 comma 5 della Legge 257/92, presso le unita’ sanitarie locali e’ istituito un registro nel quale e’ indicata la localizzazione dell’amianto floccato o in matrice friabile presente negli edifici. I proprietari degli immobili devono comunicare alle unita’ sanitarie locali i dati relativi alla presenza di tali materiali. Anche l’Ente pubblico deve provvedere all’individuazione della presenza di amianto relativamente alle strutture di propria competenza e presentare l’autonotifica.
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9. Come vengono classificati i materiali contenenti amianto presenti in edifici?
Ai fini pratici, i materiali contenenti amianto presenti negli edifici possono essere divisi in tre grandi categorie: 
1) materiali che rivestono superfici applicati a spruzzo o a cazzuola; 
2) rivestimenti isolanti di tubi e caldaie; 
3) una miscellanea di altri materiali comprendente, in particolare, pannelli ad alta densita’ (cemento-amianto), pannelli a bassa densita’ (cartoni) e prodotti tessili. I materiali in cemento-amianto, soprattutto sotto forma di lastre di copertura, sono quelli maggiormente diffusi. (D.M. 6/09/1994).
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10. Quali operazioni occorre eseguire per l’accertamento della presenza di amianto?
Una volta individuate le strutture edilizie su cui intervenire, sara’ opportuno, prima di procedere al campionamento dei materiali, articolare un finalizzato programma di ispezione, che si puo’ cosi’ riassumere: 
1) Ricerca e verifica della documentazione tecnica disponibile sull’edificio, per accertarsi dei vari tipi di materiali usati nella sua costruzione, e per rintracciare, ove possibile, l’impresa edile appaltatrice. 
2) Ispezione diretta dei materiali per identificare quelli friabili e potenzialmente contenenti fibre di amianto. 
3) Verifica dello stato di conservazione dei materiali friabili, per fornire una prima valutazione approssimativa sul potenziale di rilascio di fibre nell’ambiente. 
4) Campionamento dei materiali friabili sospetti, e invio presso un centro attrezzato, per la conferma analitica della presenza e del contenuto di amianto. 
5) Mappatura delle zone in cui sono presenti materiali contenenti amianto. 
6) Registrazione di tutte le informazioni raccolte in apposite schede. (D.M. 6/09/1994).
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11. Quanto costa accertare la presenza di amianto?
Dipende dalle modalità di accertamento.

Nel caso di accertamento mediante richiesta di specifiche dei materiali al produttore o all’installatore, o non vi sono costi o questi sono limitati alle spese vive.
Se l’accertamento viene eseguito da tecnici competenti con o senza l’ausilio di eventuali analisi di laboratorio, i costi sono quelli derivanti da tali consulenze o prestazioni.
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12. A chi ci si può rivolgere per accertare la presenza di amianto?
Ci si può rivolgere ad un tecnico competente che sia anche un Coordinatore Amianto, 
abilitato ai sensi dell’articolo10 della Legge n. 257/92 e articolo 10 del D.P.R. 8/08/1994, ovvero in possesso di titolo di abilitazione rilasciato da parte delle Regioni o Province autonomeattestante la partecipazione ad un corsspecifico e superamento della verifica finale.

Tale corso, di livello gestionale, è rivolto a chi dirige le attivita’ di rimozione, smaltimento e bonifica dell’amianto.

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13. L’Azienda Sanitaria Locale effettua sopralluoghi per accertare l’amianto in edifici?
L’ASL effettua i sopralluoghi soltanto nell’ambito delle attività di accertamento e controllo di propria competenza.
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14. A chi rivolgersi per chiarimenti e informazioni per la verifica della necessità di intervento?
Le Aziende Sanitarie Locali forniscono informazioni generali sulla problematica amianto.

Al fine di approfondire aspetti specifici o particolari occorre eventualmente rivolgersi ad un tecnico competente che accerti ed indichi gli eventuali interventi da adottare.
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15. Quali operazioni tecniche occorre eseguire in caso di accertata presenza di amianto?
Una volta individuate le strutture edilizie su cui intervenire, sara’ opportuno, prima di procedere al campionamento dei materiali, articolare un finalizzato programma di ispezione, che si puo’ cosi’ riassumere: 
1) Ricerca e verifica della documentazione tecnica disponibile sull’edificio, per accertarsi dei vari tipi di materiali usati nella sua costruzione, e per rintracciare, ove possibile, l’impresa edile appaltatrice. 
2) Ispezione diretta dei materiali per identificare quelli friabili e potenzialmente contenenti fibre di amianto. 
3) Verifica dello stato di conservazione dei materiali friabili, per fornire una prima valutazione approssimativa sul potenziale di rilascio di fibre nell’ambiente. 
4) Campionamento dei materiali friabili sospetti, e invio presso un centro attrezzato, per la conferma analitica della presenza e del contenuto di amianto. 
5) Mappatura delle zone in cui sono presenti materiali contenenti amianto. 
6) Registrazione di tutte le informazioni raccolte in apposite schede (allegato 5), da conservare come documentazione e da rilasciare anche ai responsabili dell’edificio. (D.M. 6/09/1994).
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16. Il censimento degli edifici ha carattere obbligatorio?

Ai sensi dell’art. 12. del D.P.R. 8/08/1994, il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile ha carattere obbligatorio e vincolante per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti.
A tal fine i rispettivi proprietari sono chiamati a fornire almeno i seguenti elementi informativi: a) Dati relativi al proprietario dell’edificio (cognome e nome; data e luogo di nascita;residenza; telefono; denominazione della societa’ (per le societa’ indicare i dati del legale rappresentante) (per i condomini indicare i dati dell’amministratore); sede; partita IVA; telefono, telefax; codice fiscale. b) Dati relativi all’edificio (indirizzo; uso a cui e’ adibito;tipo di prefabbricato; 
prefabbricato; parzialmente prefabbricato;tradizionale;interamente metallico;in metallo e cemento; in amianto-cemento; 
non metallico; data di costruzione; area totale mq; numero piani; numero locali; ditta costruttrice (denominazione,indirizzo, telefono); se prefabbricato: ditta fornitrice (denominazione, indirizzo, telefono); numero occupanti; ditta/e incaricata/e della manutenzione. c) Dati relativi ai materiali contenenti amianto (indicare il tipo di materiale e l’estensione)materiali che rivestono superfici applicati a spruzzo o a cazzuola; rivestimenti isolanti di tubi e caldaie; pannelli interni; altri materiali. 
Il censimento, almeno nella prima fase, ha carattere facoltativo per le singole unita’ abitative private per le quali, ove ne ricorrano i presupposti, i relativi proprietari potranno essere invitati a fornire gli elementi informativi in loro possesso. Anche sulla base delle risposte ricevute, le unita’ sanitarie locali potranno riconsiderare opportunamente il contenuto e le modalita’ di tale parte del censimento.

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17. Quali edifici devono essere censiti ?
Tutti gli edifici nei quali è accertata la presenza di amianto devono essere censiti a prescindere dalla tipologia di attività ivi svolta.

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18. Quali sono gli obblighi ed i compiti di un proprietario di un edificio ad uso collettivo?
Ai fini della responsabilità generale sul problema amianto, compete l’obbligo di gestione del rischio a tutti i proprietari di immobili e cose contenenti amianto (anche cemento amianto) in quanto responsabili di eventuali danni causati o provocati dalla dispersione di fibre di amianto.
In particolare per l’amianto friabile compete l’obbligo di comunicarne la presenza alle Aziende Sanitarie Locali competenti per territorio e di attuare una serie di azioni in tempi brevi che consentano di accedere e di stazionare nei locali in sicurezza.
In caso di presenza di manufatti o prodotti contenenti amianto (specialmente se di tipo friabile) deve essere eseguita anche una valutazione del rischio mirata alla scelta del possibile metodo di bonifica più efficace – da adottare all’occorrenza – al fine di eliminare o comunque minimizzare la esposizione degli occupanti siano essi lavoratori o cittadini.
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19. Quali sono le tecniche d’intervento per i materiali contenenti amianto?

Le tecniche d’intervento per i materiali contenenti amianto sono tre e precisamente: rimozione, incapsulamento e confinamento.
La rimozione elimina ogni potenziale fonte di esposizione ed ogni necessità di attuare specifiche cautele per le attività che si svolgono nell’edificio. In genere richiede l’applicazione di un nuovo materiale, in sostituzione dell’amianto rimosso.

L’incapsulamento è un trattamento dell’amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che (a seconda del tipo di prodotto usato) tendono ad inglobare le fibre di amianto, a ripristinare l’aderenza al supporto, a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta. Con tale intervento il materiale contenente amianto permane nell’edificio e pertanto è necessario i mantenere un programma di controllo e manutenzione.

Il confinamento consiste nell’installazione di una barriera a tenuta che separi l’amianto dalle aree occupate dell’edificio. Se non viene associato ad un trattamento incapsulante, il rilascio di fibre continua all’interno del confinamento. Occorre sempre un programma di controllo e manutenzione, in quanto l’amianto rimane nell’edificio.

La scelta tra queste tipologie d’intervento è legata al tipo ed alle condizioni del materiale, alla sua ubicazione, alla volontà della proprietà di eliminare alla radice il rischio o mantenerlo in modo controllato (attività di controllo e manutenzione).

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20. Dove è possibile effetture lo smaltimento dell’amianto?
Lo smaltimento deve avvenire in una discarica autorizzata specificatamente per la tipologia del rifiuto prodotto.
Ulteriori notizie e informazioni relative alle operazioni di smaltimento possono essere chieste al Settore Ambiente della Provincia territorialmente competente avendo l’Ente la competenza diretta sulla materia.
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21. A chi ci si può rivolgere per l’esecuzione dei lavori di rimozione, smaltimento e bonifica dell’amianto?
Occorre interpellare imprese abilitate iscritte all’Albo Gestori Ambientali nella categoria 10 (sottocategorie 10a e 10b).

Il personale di tali imprese deve essere abilitato ai sensi dell’articolo 10 della Legge n. 257/92 e articolo 10 delD.P.R. 8/08/1994, ovvero in possesso di titoli di abilitazione rilasciati da parte delle Regioni o Province autonome attestanti la partecipazione a corsi specifici e superamento della verifica finale. Tali corsi sono a livello: 
a) operativo, rivolto ai lavoratori addetti alle attivita’ di rimozione, smaltimento e bonifica; 
b) gestionale, rivolto a chi dirige sul posto le attivita’ di rimozione, smaltimento e bonifica. 
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22. Quando una copertura in cemento-amianto (Eternit) deve essere rimossa?
Non sussiste alcun obbligo per la rimozione delle coperture in cemento-amianto (Eternit o altra marca analoga) purchè lo stato in cui si trova non è fonte di rischio.
Potrebbe invece essere obbligatorio procedere ad uno degli interventi previsti dalla legge (incapsulamento, sovracopertura e rimozione), nel caso in cui questo risultasse friabile (con conseguente rilascio di fibre d’amianto) a causa di un accentuato stato di degrado.
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23. Quali sono i rischi ed i pericoli dell’amianto confinato?
L’amianto o i prodotti contenenti amianto sono pericolosi solamente per gli operatori che effettuano la manutenzione di impianti e strutture all’interno del confinamento oppure nel caso di danneggiamento dello stesso.

 http://www.assoamianto.it/FAQ.HTM

Il tempo è galantuomo, disse l’amianto all’uranio

Era da un po che non scrivevo di agricoltura; curioso per uno che ha imparato prima a tirar su una pianta che a usare una bicicletta. In questi giorni mi è capitato di discutere con alcuni sostenitori delle colture geneticamente modificate, gli ogm. Questo è un tema spinoso, pieno di risvolti imprevedibili. Dunque i mitici ogm: chi sono costoro? Secondo l’enciclopedia sarebbero organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le tecniche dell’ingegneria genetica; intendendo l’inserimento o la rimozione di geni dal DNA oggetto dell’esperimento. C’è dentro di tutto, dal pesce fluorescente al batterio che produce l’insulina. Cose futili e cose utili, insomma. Esistono anche leggende metropolitane simpaticissime, come quella che riguarda i “pomodori antigelo”; che si suppone siano resistenti al freddo grazie ai geni di un pesce che vive in acque fredde. Non è mai accaduto,come spiegato qui; tentarono invero di realizzarli, ma non funzionò. E non fu quindi altro che un esperimento fallito. Anche la “fragola con la lisca” condivide sorte simile: è un ogm che non è mai esistito in commercio; eppure è divenuta un’icona.

Ma in agricoltura cosa si usa effettivamente? Quali sono le cultivar ogm reali che hanno avuto successo? Per farsi una idea c’è uno stringato elenco sempre in enciclopedia, che almeno ne indica le tipologie. Si tratterebbe di alcune decine di varietà, come ricordatoanche qui, per gran parte cereali e leguminose. A dominare la scena sono mais, colza, soia, cotone e riso. Cosa fanno queste piante di differente dalle altre? Nell’elenco della wiki sono indicate alcune capacità di resistere a malattie fungine e virosi; ma se guardate bene, metà delle caselle riporta il carattere di “resistenza a erbicida”. E’ questa la caratteristica davvero importante che accomuna le granaglie ingegnerizzate più diffuse.

Come mai si parla tanto di piante resistenti alla siccità, alle malattie o magari capaci di vivere in ambienti poveri di nutrienti e poi, all’atto pratico, le varietà che possiamo acquistare oggi sono essenzialmente resistenti a prodotti chimici usati per eliminare piante infestanti? Beh, una ragione esiste ed è di ordine pratico: una azienda che sviluppa una varietà di pianta – ogm o meno – commerciabile deve recuperare i costi di ricerca. I poveretti che abitano nazioni povere, prive di suoli fertili e d’acqua, non hanno ovviamente il becco di un quattrino in tasca. Inevitabilmente le aziende del comparto sementi dovranno quindi rivolgere le proprie attenzioni agli agricoltori di paesi più ricchi, capaci di spendere qualche soldo in più. Oltre a questa ovvietà, dovremmo ricordare che gli erbicidi prima o poi divengono accessibili a chiunque: i brevetti scadono. Il caso più famoso e chiacchierato è quello del glifosato, il cui brevetto scadeva, se non ricordo male, nel 2000 / 2001. La Monsanto, non potendo più ottenere introiti adeguati in assenza dell’esclusiva garantita dal brevetto, risolse il problema dedicandosi alla creazione di piante coltivabili resistenti all’erbicida. Ed ecco superato il problema: era quindi possibile applicare un nuovo brevetto ai semi delle piante ogm con questa particolare resistenza, e recuperarne una attività economicamente vantaggiosa. Rendendo tra l’altro più efficaci ed economici i trattamenti, dato che l’applicazione dell’erbicida a coltura già avviata riesce a distruggere le infestanti in maniera più incisiva, almeno in confronto al diserbo presemina praticato in precedenza.

Ma quale può essere il problema con questi organismi – e relate tecniche colturali? Fondamentalmente più o meno la stessa tipologia di problemi che incontriamo con la chimica tradizionalmente intesa, e con l’agricoltura in senso lato. Ogni qual volta creiamo o modifichiamo una sostanza o un organismo, per poi immetterli nell’ambiente e nelle catene alimentari, dobbiamo verificare quali siano i possibili effetti negativi sull’ambiente stesso, sull’agricoltura e sugli esseri umani. E qui entra in gioco un fattore che è tanto determinante quanto allegramente ignorato in molte analisi di rischio: il fattore tempo.

I rischi connessi ad un nuovo intervento, infatti, non sono tutti uguali. Nel caso di una sostanza chimica di solito il primo problema che incontriamo è la sua eventuale tossicità acuta: se mi bevo tanto metanolo, rischio di perdere la vista e di morire. Questi effetti non sono difficili da osservare, dato che li vediamo arrivare in maniera velocissima. E ovviamente tutti conosciamo questo problema: non è difficile stabilire un legame deterministico tra l’avvelenamento da metanolo ed i danni subiti. Ci può riuscire chiunque.

Esiste però anche un modo differente di manifestarsi per i rischi sanitari ed ambientali connessi alle sostanze chimiche: il danno cumulato o differito nel tempo. Se passi le tue giornate in un ambiente che ti espone, che so, a vapori di mercurio di certo non muori. Vivrai a lungo. Solo che dopo un po di tempo – parecchi anni – cominci ad accusare dei problemi gravi: diventi matto, come il Cappellaio di Carroll; o ti ammali gravemente, come tanti minatori sudamericani che usavano il mercurio per estrarre oro con la tecnica dell’amalgama. Vedere le simpatiche opzioni disponibili. Attenzione però: questi danni sono sì gravi, ma non correlabili ad una esposizione circoscritta; e richiedono molto tempo – a volte due o tre decenni – per manifestarsi pienamente. Eppure alla fine presentano il conto, e salato.

In questa maniera possiamo ben capire come fanno gli esseri umani a commettere errori di valutazione così marchiani: vivono il rischio chimico / biologico / nucleare come se il problema fosse esclusivamente confinato agli effetti acuti dello stesso. E sovente ignorano gli effetti delle esposizioni prolungate e relative patologie croniche. In questo modo riescono a sviluppare continuamente nuove applicazioni, più o meno interessanti, che si rivelano estremamente dannose per la salute e l’ambiente dopo alcuni decenni: decenni, non anni. Nessuna meraviglia in ciò: i danni cronici e differiti nel tempo richiedono per definizione tempi estesi per manifestarsi.

Quali sono le tempistiche di questi eventi? Può valere la pena di osservare qualche esempio. Il primo e più banale che mi viene in mente è l’impiego di radionuclidi e radioattività. Le indagini sul tema divengono sistematiche negli ultimissimi anni dell’800, grazie a personaggi come Becquerel e Curie. Per trovare applicazioni pratiche dobbiamo però giungere agli anni della Seconda Guerra, con la realizzazione di reattori nucleari destinati alla produzione di plutonio; e ovviamente le famose bombe lanciate sul Giappone. Negli anni ’50 inizia a diffondersi la disciplina della medicina nucleare, che a livello di idea andava sviluppandosi da molti anni. L’espansione definitiva dell’impiego di sostanze radioattive si avrà a partire dal periodo 1954 – 1956, con la nascita dei moderni reattori nucleari di potenza. Negli anni seguenti, un crescendo travolgente di applicazioni ed impianti.

Il cambiamento di prospettiva nel campo dell’impiego di radioattività è iniziato in maniera graduale; già durante gli anni ’70 ci si cominciava a porre seriamente la questione delle implicazioni sanitarie. In verità più sotto l’effetto psicologico della minaccia delle armi contenute negli arsenali. La svolta arriverà con il celebrato incidente di Chernobyl, nel 1986. I recenti eventi occorsi nell’impianto giapponese di Fukushima Dai-ichi hanno solo ribadito la dimensione del problema. In pratica, sono occorsi almeno 30 – 35 anni dal momento in cui le applicazioni tecniche sono divenute importanti per veder mettere in discussione la bontà delle scelte fatte. E la discussione è ancora in corso, in mezzo ad un mare di polemiche; ad almeno sessant’anni di distanza. Il fatto che, ad esempio, Ucraina e Bielorussia spendano per le conseguenze dell’incidente qualcosa come un 5 – 7 % del bilancio pubblico dice parecchio; e giustifica le liti attorno alla conta delle vittime. Sono trascorsi decenni ed i malati sono tanti; anche a causa delle emissioni diffuse, che avvengono dappertutto, lontano dai riflettori. Eppure ancora nessuno pare voler affrontare la questione.

Altra storia: l’amianto. Era una fibra naturale, ottenuta da rocce basiche alterate; è stata una risorsa abbondante anche in Italia. La sua tossicità, intesa come capacità di causare malattie croniche e tumori, era nota già all’inizio del XX secolo. Bisogna però ricordare che l’impiego dell’amianto come isolante leggero si era sviluppato prepotentemente in Inghilterra per tutto l’800. Se prendiamo il caso particolare del cemento – amianto, chiamato anche eternit, possiamo considerare che l’avventura industriale abbia avuto inizio nei primi anni del ’900; curiosamente all’epoca la pericolosità del minerale era già nota. La diffusione di questi manufatti in fibrocemento diviene massiva negli anni ’30, e prosegue nel dopoguerra. La produzione terminerà solo nei primi anni ’90. La tempistica che ha permesso di passare dall’euforia iniziale al riconoscimento della pericolosità del materiale è variabile; a luoghi l’amianto è ancor oggi tranquillamente utilizzato. Per il caso inglese della fibra isolante c’è voluto un secolo o poco meno; nel caso dell’eternit nostrano sono bastati 60 – 70 anni per una messa al bando.

Nella pratica, che si parli di uranio o di asbesto, il riconoscimento della pericolosità di queste applicazioni industriali ha richiesto tempi molto lunghi. Nel caso dell’amianto incluso nel fibrocemento abbiamo già risultati conclusivi: da applicazione pionieristica a rifiuto letale da rimuovere in una settantina di anni. Nel caso dell’energia elettronucleare il cammino non è concluso, dato che ancora non abbiamo tra le mani il problema dello smantellamento degli impianti in essere. E sono passati 60 anni. Pare di scorgere alcune similitudini in queste vicende: l’euforia iniziale per le nuove applicazioni tecniche prosegue indisturbata per decenni, con successi del tutto evidenti a proprio favore. Nel frattempo gli eventuali danni alla salute ed all’ambiente cominciano a prepararsi, ma con lentezza; basti pensare al fatto che l’amianto attende anche trent’anni per uccidere le proprie vittime. Questo significa che una nuova applicazione tecnica può svilupparsi indisturbata per decenni, anche se avrà ricadute distruttive sulla salute e sull’ambiente; è una questione di tempistica.

E così, a partire dal 1996 abbiamo cominciato a commerciare organismi ogm, li abbiamo diffusi su milioni di ettari di terreno. Nel 2010 quasi 160 mln di ha, che sarebbe poi più di cinque volte la superficie totale dell’Italia. Ed abbiamo reso assolutamente comuni pratiche di allegro impiego di erbicidi a pieno campo, intendendoli come sostituto di ogni altro intervento di contenimento delle malerbe. Oggigiorno queste colture sono diffuse ed importanti, in specie nelle Americhe. Sta andando tutto bene? Beh, non proprio. Nel caso del glifosato la resistenza è ormai diffusa, le erbacce si stanno evolvendo: vedere qui, oppure qui; per una analisi italiana c’è questo. Interessante anche questo articolo, su Nature; che segnala che “….Sagers and her team found two varieties of transgenic canola in the wild — one modified to be resistant to Monsanto’s Roundup herbicide (glyphosate), and one resistant to Bayer Crop Science’s Liberty herbicide (gluphosinate). They also found some plants that were resistant to both herbicides, showing that the different GM plants had bred to produce a plant with a new trait that did not exist anywhere else…”. Le piante ingegnerizzate scappano dalla gabbia, si riproducono, si incrociano, si diffondono, divengono a loro volta infestanti. No, non lo dicono i talebani di Greenpeace: lo dicono tecnici qualificati. Quando la vicenda delle resistenze giunge sulle pagine del WSJ, allora è seria. Le strategie proposte per ora sono intuibili: passare ad altre sostanze, peraltro già note e probabilmente passibili di veder nascere velocemente infestanti resistenti; oppure rivedere il modo di coltivare in varia maniera. O ancora usare mix ed alternanze di sostanze.

C’è un’altra faccenda sul tavolo, che è l’impiego degli erbicidi a man bassa in se stessi, al di là del binomio con gli ogm. Ci sono già in circolazione studi che analizzano i residui degli stessi nelle acque e nella pioggia, tipo questo. O anche questo rapporto dell’USGS. Ovviamente esiste pure il problemi dei residui nel cibo: la presenza di queste sostanze decade esponenzialmente, ma logicamente non si azzera. Tutte queste faccende potrebbero acquisire rilevanza man mano che si diffondono fenomeni di resistenza agli erbicidi: diventa forte la tentazione di aumentare le dosi.

Ora a qualcuno verrà da dire che i problemi che stanno emergendo ci costringeranno a cambiare strada in maniera drastica; qualcun altro dirà invece che possiamo risolvere ogni inconveniente con nuove piante e nuove sostanze chimiche. E poi, invariabilmente, si continueranno ad accendere dispute attorno alla pericolosità reale o presunta di un organismo o di una molecola. Quello che manca, e che mancherà a lungo in molte discussioni, è la percezione dell’importanza dell’orizzonte temporale. Le nostre pregresse avventure con contaminazioni estensive hanno dimostrato che i danni dovuti a malattie croniche e degenerative si mostrano dopo 20 o 30 anni; e che i problemi correlati divengono gravi e diffusi con ulteriore ritardo. Stessa logica per i danni al suolo ed agli ecosistemi: per manifestarsi richiedono tempi lunghi.

L’avventura delle sementi biotech è iniziata l’altro ieri, e non è poi così importante sapere che alcune di esse sono in difficoltà dopo appena un decennio di impiego realmente estensivo. Quel che conta davvero è che non è ancora passato tempo a sufficienza per poter cominciare a ragionare sugli effetti cronici dell’immissione nell’ambiente di nuove piante e sostanze in quantità così massicce. Gli effetti di lungo termine su suoli, rese agricole e salute ancora non possiamo misurarli, non c’è modo di farlo; non sono effetti acuti, ma semmai cronici. Ed è cosa ben diversa. Possiamo comunque attendere, che so, un paio di decenni: il tempo è galantuomo, e riuscirà come sempre a chiarirci le idee.

fonte

Il cancro della laringe testo originale del settembre 1998 – tradotto e validato nel dicembre 2000

Cause e prevenzione

Il cancro della laringe colpisce soprattutto le persone di età superiore ai 55 anni ed è più diffuso tra gli uomini che tra le donne. In numerosi ospedali e centri di ricerca in tutto il mondo si stanno conducendo diversi studi sul cancro per ampliare le conoscenze sulle cause e sui metodi di prevenzione.

Non si è ancora scoperto il motivo per cui una persona piuttosto che un’altra si ammala di cancro della laringe, ma si sa con certezza che il cancro non è contagioso.

Una causa conosciuta del cancro della laringe è il fumo di sigaretta. I fumatori hanno maggiori probabilità di sviluppare la malattia rispetto a chi non fuma. Il rischio aumenta per i fumatori che fanno abbondante uso di alcool (birra e vino compresi).

Per chi smette di fare uso di tabacco, il rischio di ammalarsi di cancro della laringe, così come di cancro del polmone, della bocca, del pancreas, della vescica e dell’esofago, si riduce enormemente. Inoltre, per coloro che sono già stati colpiti da cancro della laringe, smettere di fumare significa diminuire il rischio di recidiva o di sviluppare un nuovo cancro in un’altra zona. I gruppi di autoaiuto o di supporto potranno rivelarsi preziosi per coloro che stanno cercando di abbandonare questo vizio, che potranno anche iscriversi a speciali corsi organizzati presso alcuni ospedali.

I lavoratori che vengono a contatto con l’asbesto sono maggiormente a rischio di contrarre il cancro della laringe e dovrebbero pertanto seguire le procedure di sicurezza raccomandate per evitare di inalarne le fibre.

Si consiglia a coloro che ritengono di essere soggetti a rischio per il cancro della laringe di parlare dei propri dubbi e preoccupazioni con il medico, che potrà suggerire metodi di riduzione del rischio e pianificare un apposito programma di visite di controllo.


Chiedere e ottenere informazioni presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro

L’Istituto mette a disposizione dei pazienti e dei loro familiari i seguenti servizi:

Telefono oncologico: 800 422 412

Il servizio fornisce informazioni oncologiche aggiornate ai pazienti, ai loro familiari, ai medici e al pubblico in generale.

Internet: (http://www.sostumori.org)

Il sito contiene materiale informativo per i pazienti, per i loro familiari, per i medici e per il pubblico in generale: semplici ma esaustive descrizioni di varie patologie oncologiche, FAQ (una serie di veloci domande e risposte su svariati argomenti oncologici), elenchi di Centri Oncologici e di Associazioni, ricerche bibliografiche, riviste elettroniche, ecc.

E-mailquesitomedico@sostumori.org

Come il telefono oncologico, anche questo servizio fornisce, in formato elettronico, informazioni oncologiche aggiornate su richiesta di pazienti, familiari, medici.

Fax: 010 5600327

Chi non può mandare una e-mail e non desidera parlare al telefono può porre i propri quesiti tramite fax: riceverà sempre una risposta veloce ed aggiornata redatta da personale esperto.

Booklets: da richiedersi alla Biblioteca dell’Istituto

Sono libretti informativi accessibili anche attraverso il sito Web http://www.sostumori.org , ma che la biblioteca, su richiesta, fornisce in formato cartaceo. I libretti forniscono, in un linguaggio semplice, informazioni su diversi tipi di tumore e su alcune problematiche oncologiche.

Amianto, un killer inestinguibile

Nel 2025 l’asbesto avrà ucciso in Italia tra le 20 e le 30 mila persone 
Eternit, cioè eterno come i tumori che provoca e continuerà a provocare. Gli ammalati e i parenti delle vittime del mesotelioma hanno intrapreso un difficile battaglia, per sé e per tutti noi esposti
14 novembre 2004 – Manuela Cartosio
Fonte: www.ilmanifesto.it
9.11.04

Ha due nomi, entrambi derivati dal greco. Amianto significa «incorruttibile», asbesto vuol dire «inestinguibile». Di qui il neologismo eternit, passato dalla multinazionale svizzera che all’inizio del Novecento brevettò la miscela di cemento e amianto all’ondulato grigio che nel dopoguerra scalzò i coppi rossi dai tetti. Le virtù vantate dai nomi si sono rovesciate in maledizione. L’amianto, messo al bando in Italia nel 1992, continuerà a presentarci il conto per un pezzo. Il picco dell’epidemia di tumori causati dal minerale usato come isolante universale – dalle navi ai ferri da stiro, dai tetti ai freni, dalle carrozze dei treni ai tessuti – è atteso attorno al 2025. A quella data si stima che l’amianto avrà fatto solo nel nostro paese tra i 20 e i 30 mila morti. La bonifica e la demolizione dei siti produttivi, la rimozione dagli edifici dei rivestimenti e dei tubi in cemento-amianto, la distruzione o la messa in sicurezza dei manufatti all’asbesto procedono a rilento. «In giro per l’Italia ci sono milioni di metri cubi di roba varia con dentro l’amianto», dice il senatore diessino Antonio Pizzinato, tra i promotori della conferenza nazionale non governativa sull’amianto che si terrà questo fine settimana a Monfalcone (vedi box). Quanti esattamente non si sa. La mappatura completa dell’amianto non è stata fatta. E’ solo uno dei tanti ritardi sulla tabella di marcia indicata dalla legge 257 del 1992. Non è stato fatto il registro nazionale degli esposti all’amianto e qualche regione non ha fatto neppure quello dei mesoteliomi, il micidiale tumore alla pleura che con il carcinoma polmonare e l’asbestosi si accanisce sui lavoratori che hanno inalato le fibre d’amianto.

Tutto cominciò a Casale…

Il mesotelioma era un tumore rarissimo. Un caso atteso su un milione di abitanti all’anno, secondo gli epidemiologi. Nel 2003 l’ospedale di Casale Monferrato, che ha un bacino d’utenza sotto i 100 mila abitanti, ha diagnosticato 32 nuovi casi di mesotelioma. «E due terzi delle persone colpite non lavoravano all’Eternit», precisa Bruno Pesce, coordinatore dell’Associazione familiari vittime dell’amianto. L’Eternit di Casale, chiusa nel 1986, ha un posto di rilievo nella storia italiana dell’amianto e della sua messa al bando. Lì si è cominciato a contare i morti e lì si è celebrato il primo processo contro l’asbesto. Finito con una condanna prescritta nel 2000 dalla Cassazione e un risarcimento di 7 miliardi di lire da spartire tra 1.700 parti lese. Una miseria, rispetto all’enormità del danno. Per evitare di pagare risarcimenti più consistenti – ricorda Pesce – alla metà degli anni Ottanta l’Eternit italiana si dichiarò autofallita, portò i libri in tribunale e chiuse gli stabilimenti a Casale, Melilli e Bagnoli. La cava di Balangero, la più grande d’Europa, l’Eternit la chiuse nel `90. 
La multinazionale Eternit, però, continua a esistere. E i casalesi vogliono portarla alla sbarra, sia in sede penale che in sede civile, con quella che hanno battezzato «vertenzamianto». L’esposto da presentare alla magistratura è già stato sottoscritto da oltre 1.400 cittadini, vittime dirette o loro eredi. All’azione civile parteciperà anche il Comune di Casale: i costi della bonifica incidono pesantemente sui suoi bilanci. In Brasile, uno dei maggiori produttori di asbesto dopo Cina, Russia e Canada, l’Abrea – l’associazione degli esposti all’amianto guidata dalla coraggiosa Fernanda Giannasi – due mesi fa ha ottenuto un risarcimento di 160 milioni di dollari da Eternit, Brasilit e Eterbras. E’ una sentenza importantissima, commenta Bruno Pesce, ma anche in quel caso bisognerà trovare il modo di risalire «agli svizzeri», la famiglia Schmidheiny che, dopo aver fatto i miliardi con il cemento-amianto, ha ceduto la rogna ad altre società investendo gli utili «nel cioccolato e nelle banche». Pesce, fino a qualche anno fa segretario della Cgil, da quando è in pensione lavora a tempo pieno «contro» l’amianto. Il suo raggio d’azione spazia dal Brasile a Tiggiano, un piccolo paese del Salento dove, quando l’intervistiamo, è appena andato per affrontare un altro problema: tanti emigranti si sono beccati l’amianto lavorando in Germania, in Svizzera, in Belgio e tornati in Italia si ritrovano figli di nessuno. 
C’è un particolare agghiacciante nel rapporto tra Casale e l’Eternit. Per anni, quando già si sapeva che l’amianto era una bomba a orologeria, l’azienda si è liberata del «polverino» – gli scarti di lavorazione – regalandolo ai dipendenti e ai casalesi. E’ tutto finito nelle stradine, nelle soffitte, nelle cantine. E c’è ancora. Sarà per questo «regalo» che a Casale muore di mesotelioma anche chi non ha lavorato all’Eternit?

… e proseguì a Monfalcone

A Monfalcone la polvere d’amianto l’hanno respirata i lavoratori di Fincantieri. Nella piazzetta di Panzano, di fronte all’ingresso dei cantieri, un monumento ricorda le vittime. L’epigrafe di Massimo Carlotto dice tutto: «Costruirono le stelle del mare, li uccise la polvere, li tradì il profitto». Dice tutto anche il titolo del libro del professor Claudio Bianchi, Amianto, un secolo di sperimentazione sull’uomo. E’ il medico che, arrivato nei primi anni Settanta all’ospedale di Monfalcone, «scoprì» tra i cantieristi l’altissima incidenza di mesoteliomi. E’ andato in pensione avendone censiti circa 600. La latenza, correlata all’intensità e alla durata dell’esposizione, varia dai 15 ai 40 anni. In alcuni paesi europei la curva dei mesoteliomi sembra essersi assestata, smentendo le funeste previsioni di crescita fino a 2025. In Italia non è così, forse perché l’amianto è stato messo al bando solo nel `92. E’ stato sostituito dalla lana di vetro e di roccia o dalle fibre di ceramica. Tra vent’anni scopriremo se e quanto fanno male. E sarà difficile stabilire, prevede il professore, «fin dove arrivano i danni dell’amianto e dove cominciano quelli delle materie con cui è stato rimpiazzato».

Meglio non sapere?

Essendo il mesotelioma un tumore incurabile, è utile monitorare tutti gli esposti all’amianto? «Morire per morire, preferisco non saperlo in anticipo». Molti lavoratori la pensano così, dice Michele Michelino, ex operaio della Breda Fucine di Sesto San Giovanni, fondatore di uno dei comitati che hanno promosso «dal basso» la conferenza di Monfalcone. A una trentina dei 350 ex lavoratori della Breda visitati dalla Clinica del lavoro di Milano sono state riscontrate placche pleuriche che potrebbero evolvere in tumori. Saranno ricontrollati ogni anno e le loro condizioni psicologiche non sono delle migliori. «Non sappiamo se questi monitoraggi serviranno o no», ammette il professor Bianchi, «siamo costretti a continuare la sperimentazione». In Svezia, che sull’amianto è avanti a noi almeno di vent’anni, si è visto che i costi psicologici del monitoraggio sono effettivamente pesanti. D’altra parte, però, alimentazione e fumo possono essere co-fattori del mesotelioma. Essere allertati in anticipo, quindi, può essere utile.

Amiantizzati di tutto il mondo…

Nei tre quarti di mondo ancora amiantizzato il dilemma sui monitoraggi non se lo pongono. Essendo notoria la sensibilità per la salute dei lavoratori e per l’ambiente di Russia e Cina, vengono i brividi al pensiero che proprio loro sono i maggiori produttori di amianto. Hanno strappato il primato al Canada che, non sapendo più a chi vendere il suo amianto, ha rallentato la produzione. Sulla situazione nell’ex patria del socialismo, fa testo quel che in un congresso internazionale alcuni colleghi russi hanno detto al professor Bianchi: «La sua relazione è molto interessante. Però da noi non succede. Il nostro amianto è puro e non fa male». La strada per mettere al bando l’amianto – se ne parlerà a Monfalcone e alla fine del mese a Tokyo – è tutta in salita.

L’unificazione dei processi

Qui da noi, la strada per ottenere giustizia per le vittime è un percorso a ostacoli e dall’esito incerto. Di recente due processi, contro la Fibronit di Bari e la Fincantieri di Riva Trigoso, sono finiti con una condanna. Ma le assoluzioni – ultima quella della Breda ferroviaria di Pistoia – non mancano e amareggiano malati e familiari delle vittime. La procura di Gorizia, competente per Monfalcone, ha 600 fascicoli aperti per morti attribuite all’amianto. Una cinquantina di vedove, come le madri Plaza de Mayo, hanno manifestato tutti i giovedì perché siano celebrati i processi. Alla fine di ottobre, il gup di Gorizia ha chiesto d’unificare nello stesso procedimento tutti le cause Fincantieri. Alessandro Morena, autore di Polvere, pur vedendo il rischio che i tempi si allunghino è convinto che l’unificazione dell’inchiesta sia una novità positiva. Ottenuta grazie al protagonismo e alla determinazione di donne consapevoli che i loro mariti «non sono morti per caso». Il loro apporto ha rivitalizzato l’associazione esposti amianto, «alle riunioni quando parlano loro non si sente volare una mosca». 
Gualtiero Nardi, tubista per 35 anni alla Fincatieri di Monfalcone, cominciò a star male quattro giorni dopo essere andato in pensione. Un anno dopo, la diagnosi: mesotelioma. E’ morto alla vigilia di Natale del `99. «Difendere mio marito è l’unica cosa che mi tiene al mondo», dice Rita Nardi, «i nostri uomini hanno sofferto come cani nell’indifferenza. Ora questa sofferenza la portiamo noi». Fincantieri sarà anche «una potenza», ma deve rispondere del perché ha tenuto gli operai a respirare amianto, sapendo da decenni che faceva male. «Per un milione e mezzo al mese».

Cancro laringeo, nuovo intervento Operazione meno invasiva per l’asportazione del carcinoma alla laringe

Il carcinoma alla laringe ogni anno in Italia colpisce circa 7000 persone ed è causa di morte per 1500 malati. Sembra prediligere il sesso maschile (rapporto di 9 a 1), con una frequenza crescente dopo i 50 anni. 
Le cause più frequenti sono rappresentate dall’uso del fumo di tabacco e l’assunzione di notevoli quantità di alcool. Altre cause sembrano essere la prolungata esposizione alle fibre di asbesto (meglio noto come amianto), agli anticrittogamici e ai pesticidi. Un ruolo importante sembra avere, inoltre, il contagio con il Papilloma Virus. Ma le cause più frequenti sono di natura genetica, e sarà dalla farmaco genetica e dalla genetica nutrizionale che in futuro arriveranno le nuove terapie farmacologiche. Questo il tema principale del Congresso nazionale della Società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale (SIOeChCF), che si terrà a Riccione dal 19 al 22 maggio, durante il quale si svilupperà proprio il tema delle attualità in oncologia laringea. Tra gli aggiornamenti più importanti sicuramente quello che affronterà il problema, forse ancor oggi più grave e non del tutto risolto, rappresentato dalle gravi mutilazioni che sono la conseguenza della laringectomia totale, intervento altamente mutilante e spesso causa di isolamento e di emarginazione sociale. 
A tal riguardo è stato ideato un intervento che, pur asportando gran parte della laringe, permette la conservazione della voce e l’eliminazione del tracheostoma. Riportato sulla rivista scientifica Laryngoscope, è frutto dello studio di Giuseppe Rizzotto e Giovanni Succo, e in via di introduzione in tutti i più importanti centri oncologici europei. I risultati della ricerca saranno presentati durante il congresso. Ma non solo. “Come è tradizione – spiega Alberto Rinaldi Ceroni, presidente del congresso e presidente Sio – anche quest’anno ospiteremo una faculty italiana ed estera, quest’ultima numerosa e variegata per paesi di origine, entrambe di eccellenza professionale.
Saranno presenti i più autorevoli esponenti in ambito otochirurgico, roncochirurgico – uno per tutti Tucker Woodson, presidente della Società mondiale di chirurgia delle apnee ostruttive nel sonno- della chirurgia endoscopica del naso e dei seni paranasali e della chirurgia pediatrica”. 
Saranno poi trattate le più recenti innovazioni nell’ambito dei vari campi che costituiscono la specialità. “In particolare – prosegue Ceroni – David Terris, docente alla Georgia’s Health Sciences University, terrà una lezione magistrale sull’utilizzo e i vantaggi delle nuove tecnologie applicate alla chirurgia della tiroide”.

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