Amianto: il peggio deve ancora venire (picco tumori tra il 2015 e il 2020)

Eternite

Il Ministero della Salute ha comunicato che in Italia devono essere smaltite ancora trentadue milioni di tonnellate di amianto. Sono infatti trentaquattromila i luoghi rubricati come pericolosi, a seguito dell’ultima mappatura sul nostro Paese.

I dati sono stati illustrati nel corso di un incontro tenutosi a Casale Monferrato. All’iniziativa hanno partecipato il Ministro del Lavoro insieme ad alcuni rappresentanti del Ministero della Salute e dell’Ambiente.

 

La significativa presenza dell’amianto è dovuta al fatto che, tra 1945 e il 1992, in tutto il mondo occidentale sono state impiegate ingenti quantità di tale materiale per la realizzazione di vari tipi di costruzioni, per via della sua resistenza al calore e per le note proprietà anti incendio. Inoltre è solo dal 1992 che in Italia è vietato l’impiego di Eternit [1].

Come ha evidenziato il Ministro Balduzzi, quella dell’amianto è “un’emergenza nazionale”. I dati sono allarmanti: ancora mille persone all’anno si ammalano di tumore ai polmoni per l’esposizione alla polveri prodotte dall’Eternit.

 

Le fibre di absesto, infatti, possono permanere nell’organismo anche per oltre trent’anni. Per questo, alcune previsioni profetizzano che il picco delle malattie e delle morti correlate all’impiego di amianto si avrà tra il 2015 ed il 2020.

 

 

[1] L.  n. 257 del 1992.

 

 

La foto del presente articolo è un’opera artistica di Dantemanuele De Santis, DS Photostudio, ©. Ogni riproduzione riservata.

 


 

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Amianto. Quali sono le patologie asbesto-correlate?

Come già accennato, l’Italia è stata fino al bando del 1992 uno dei maggiori Paesi produttori e importatori di amianto grezzo, con oltre 3,5 milioni di tonnellate consumate a partire dal secondo dopoguerra alla messa fuori legge. 

 

Ma cosa comporta questo per la salute? Negli anni la cronaca ci ha spiegato che la polvere di amianto è carcinogena, e riconosciuta causa del mesotelioma, una forma di tumore particolarmente aggressiva che colpisce in particolare la pleura: a dirlo sono i decessi avvenuti in tutta Italia a causa di questa patologia, di cui esempio emblematico sono le diverse migliaia di morti a Casale Monferrato dove si trovavano le fabbriche di Eternit AG, e dove i morti e i malati di tumore individuati tra cittadini e soprattutto tra alcuni tipi di lavoratori sono più che altrove e non accennano a diminuire a distanza di anni: per circa il 10% dei casi infatti l’esposizione è avvenuta in ambito residenziale o familiare, ma i settori di attività maggiormente coinvolti sono quelli con uso diretto di amianto, come la cantieristica navale, l’edilizia e l’industria del cemento-amianto.

                                     

Il mesotelioma

Il tasso di incidenza di mesotelioma per 100 mila abitanti è pari, per la sede pleurica, a 3,6 casi negli uomini e 1,6 nelle donne. La latenza è particolarmente lunga (oltre i 40) e non è identificabile una soglia di esposizione al di sotto della quale il rischio sia assente. La diagnosi precoce, inoltre, è difficoltosa, visto che la patologia non ha sintomi riconoscibili nella fase iniziale, né sono ancora stati trovati biomarker in grado di fornire prova di avvenuta attivazione del processo eziopatologico.

Per questo, il migliore strumento in mano ai medici è la TAC multistrato, insieme alla PET e alla risonanza magnetica. Con questi strumenti è possibile infatti diagnosticare il mesotelioma pleurico, capire lo stadio di avanzamento della malattia, ma soprattutto definire l’istotipo (epiteliale, bifasico, sarcomatoide) e dunque capire prognosi e terapia. 

 

Quali cure? Il farmaco più attivo è il cis-platino in monoterapia e la combinazione con antifolati, terapia che comporta un miglioramento significativo nella sopravvivenza. Il ruolo della chirurgia rimane invece controverso: la pleuropneumonectomia extrapleurica è limitata dall’età e dalla stadiazione del tumore, e comunque eseguita esclusivamente in Centri di eccellenza; la pleurectomia/decorticazione ha mostrato risultati sovrapponibili, con minore morbidità e mortalità.

 

Le altre patologie neoplastiche e non

L’inalazione di fibre di amianto però, non è solo causa di mesotelioma, ma anche di tumori del polmone, laringe e ovaio, nonché di malattie non neoplastiche, come asbestosi e pleuropatie.

Tuttavia, in questi casi spesso comprendere l’effettiva portata del ruolo dell’amianto è più complicato: ad esempio, per il tumore polmonare lo spettro di carcinogeni che possono essere coinvolti nell’insorgenza è molto più ampio del solo asbesto. Nonostante questo, si stima siano circa 1000 i casi di questa neoplasia che ogni anno sono attribuibili all’esposizione professionale all’amianto. In questo caso, al contrario che per il mesotelioma, esistono però degli indicatori che potrebbero permettere la diagnosi precoce, anche se il loro utilizzo per campagne di screening è ancora lontano. Anche in questo caso, dunque l’esame più importante rimane la TAC spirale. 

 

E oltre ai tumori? Anche le manifestazioni non neoplastiche dovute all’amianto (asbestosi, pleurite essudativa acuta e cronica, placche pleuriche, ispessimento pleurico diffuso, bronco pneumopatia cronica ostruttiva) hanno un’epidemiologia non ben definita, anche per via delle forme silenti o dell’assenza di diagnosi nelle stadi iniziali. Di nuovo, sono stati proposti biomarcatori e test non invasivi per la diagnosi precoce, per la stadiazione e per la prognosi delle patologie asbesto-correlate, tuttavia l’utilizzo di TAC spirale a bassa dose rimane una delle prime scelte. Non esistono terapie specifiche, ma si usano per lo più glucocorticoidi, da soli o in associazione con altri farmaci.

 

La prevenzione

Chiaramente, il metodo più efficace per prevenire le patologie asbesto-correlate rimane impedire o limitare più possibile l’inalazione delle fibre. Ciò vuol dire però che bisogna adottare misure tecniche volte proprio a questo scopo: da una parte sistemi di prevenzione primaria durante le opere di bonifica, o nelle attività che obbligano a convivere con il materiale; dall’altra la prevenzione secondaria, ovvero l’istituzione di intervento sanitario specifico per il trattamento di queste patologie.

Amianto. Eternit: Schmidheiny e de Cartier ricorrono contro la sentenza

 

Stephan Schmidheiny

17 luglio 2012. Il magnate svizzero e il miliardario belga impugnano il verdetto del tribunale di Torino che li ha condannati a 16 anni e oltre 150 milioni di risarcimenti. I legali contano di riaprire il procedimento entro tre/cinque mesi. Il governo italiano, intanto, entro breve procederà all’erogazione dei 25 milioni per le bonifiche di Casale Monferrato

GINEVRA – L’industriale svizzero Stephan Schmidheiny, l’ex proprietario della multinazionale dell’amianto Eternit giudicatocolpevole in primo grado per disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche negli stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo, ha inoltrato ricorso contro la sentenza emanata dal tribunale di Torino lo scorso 13 febbraio. A dare la notizia è stato il suo portavoce, Peter Schuermann, che ha detto all’agenzia di stampa elvetica Ats di contare in una riapertura del processo entro tre o cinque mesi. Schmidheiny, secondo quanto deciso dalla corte, dovrà anche pagare oltre 150 milioni di euro di risarcimenti.

La replica a caldo: “Verdetto incomprensibile: solo 17 le vittime”. Subito dopo la sentenza Schmidheiny aveva diffuso un comunicato pubblicato sul proprio sito Internet dove riteneva ilverdetto “incomprensibile”, accusando la giustizia italiana di “gravi violazioni delle procedure legali” che “in Svizzera avrebbero fermato il processo”. Ancora, il miliardario aveva affermato di non avere avuto alcun ruolo esecutivo nelle attività italiane del gruppo” e aveva ridotto a soli 17 – rispetto alle circa tremila vittime citate nel dibattimento – i dipendenti ammalati a causa dell’amianto che, a suo dire, avevano presumibilmente lavorato nelle fabbriche italiane della Eternit durante il periodo rilevante per le accuse formulate (1976-1986).

Obiezione sulla competenza territoriale del tribunale di Torino. Schmidheiny non è stato il solo ad avere scelto di confutare il verdetto. Anche l’altro imputato, il barone belga Louis de Cartier, lo scorso 11 luglio ha presentato ricorso in appello. L’avvocato Cesare Zaccone, che fa parte del suo collegio difensivo, ha anticipato l’intenzione di chiedere “alla Corte la revisione totale della sentenza di primo grado”. Tra i punti focali della strategia difensiva la riconsiderazione della legittimità costituzionale sollevata al processo di primo grado – e respinte dal tribunale – e della competenza territoriale che, a detta di Zaccone, spettava alla corte di Genova (dove Eternit Italia aveva la sede legale).

Il sindaco di Casale Demezzi: “Avanti con le bonifiche”.Intanto, il ministro alla Salute, Renato Balduzzi, ha reso noto che “a breve verranno erogati i 25 milioni di euro stanziati per bonificare dall’amianto il casalese”. A riferirlo è stato il sindaco di Casale Monferatto (Alessandria), Giorgio Demezzi, commentando la riunione di ieri in Prefettura ad Alessandria, con Balduzzi, l’assessore regionale Paolo Monferino e i ricercatori che lavorano per coordinare una rete europea che si occupa di patologie legate all’esposizione da amianto. “L’impegno del Comune di Casale e di tutti gli altri Enti preposti, sta proseguendo con caparbietà per concludere la bonifica del nostro territorio e per dare una speranza a chi, purtroppo, ancora si ammala di mesotelioma”, ha detto il primo cittadino del comune piemontese.

Continua la ricerca sulla prevenzione. Il sindaco ha definito l’incontro positivo e utile anche per la “disponibilità fattiva dimostrata dagli esperti affinché si lavori tutti insieme per debellare le gravi conseguenze che l’amianto ha portato non solo a Casale, ma in tutta Italia. Prova ne è che già mercoledì prossimo con il direttore del Centro Amianto, Massimo D’Angelo, incontrerò, grazie anche all’interessamento del rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Paolo Garbarino, uno dei professori coinvolti, Corrado Magnani, per approfondire le tematiche della ricerca e della prevenzione”.

fonte

Atto di voce

Di chi muore, non importa a nessuno, chi resta presto dimentica, va avanti e si rifà una vita.
Ci dicono di pensare ai fatti propri, “vivi e lascia vivere”, che nessuno è indispensabile.
Tale è la volgarità del pensiero comune. Questa parte di mondo che chiamano Occidente corre veloce, non si ferma davanti a niente, assimila tutto ciò che incontra e spesso devasta.
La terra, l’acqua, le persone, le relazioni.
Tutto si tinge di squallore e desolazione.
Essere individui, autonomi, l’inganno di sentirsi liberi. Essere soli.
Frantumati e spezzati nell’affanno della vita quotidiana.
Essere soli e, solo, oggetti del potere, del controllo. Numeri senza storia e macchine, pezzi ricambiabili.
Questo, è un modo di pensare e di agire che mi fa ribrezzo.
Vogliono farci credere che sia l’unico modo possibile di abitare in questo mondo, ma non è così.
Tantissimi i segnali che ci dimostrano l’esatto contrario, quotidianamente, nel silenzio.
Un silenzio, troppo spesso, imposto.
Nel silenzio continuano a spegnersi le vite di donne e uomini che hanno respirato per anni, per varie ragioni e per nessun motivo logico, se non quello dell’interesse politico ed economico di altri, quella letale polvere che s’insinua nei corpi e nelle vite, fatalmente: la polvere di amianto.
La forza del movimento che rivendica giustizia per le migliaia di morti non causate da una cieca e innocente ignoranza e fatalità, sta proprio nel sentire l’urgenza di rompere il silenzio e, insieme, portare avanti una lotta e condividere il dolore.
Casale Monferrato è l’emblema della dignitosa azione collettiva e rivendicazione di giustizia contro la multinazionale svizzera dell’amianto, Eternit.
Molte altre città d’Italia e di altre parti del mondo (in alcune delle quali l’amianto continua ad essere estratto e lavorato), guardano al processo di Torino, iniziato il 6 Febbraio 2009 e che si concluderà il 13 Febbraio 2012, con la speranza che il verdetto finale possa favorire dei cambiamenti a livello internazionale.
Che l’istituzione comunale di Casale M. pensi e si accinga a firmare un accordo con chi ha perpetrato una sciagura umana e ambientale ai danni della città di cui dovrebbe essere portavoce, rappresenterebbe un ulteriore e grave atto di violenza.
La possibilità di contrattare non può e non deve essere sempre garantita: non ci si può liberare dalla responsabilità delle scelte fatte e rinegoziare la propria identità pagando 18 milioni di euro.
Se il Comune di Casale M., firmando l’accordo, rinuncerà a comparire nel processo come parte civile lesa e al diritto di intraprendere azioni giudiziarie future contro Stephan Schmidheiny, l’unica, ma grande, consolazione sarebbe quella che, nonostante l’abbandono istituzionale, i cittadini e tutti gli altri soggetti coinvolti in questa drammatica vicenda, non tornerebbero al silenzio e alla solitudine che rende vulnerabili.
Il silenzio per fortuna è rotto e non è più possibile. 
L’istituzione comunale dovrebbe “solo” avere l’intelligenza di capire l’entità dell’errore che commetterebbe e le conseguenze, non solo simboliche, che potrebbero scaturire dalla violazione del patto di rappresentanza con in suoi cittadini.

Agata Mazzeo
Università di Amsterdam – Master in Antropologia Medica
Studiosa di questioni politiche e sociali
legate all’amianto e familiare di una vittima.

http://www.vittimeamianto.it/

Storica sentenza contro l’Eternit: l’amianto però è ovunque

Il 60% delle morti dovute a mesotelioma è causata dall’esposizione ambientale, il 40% da malattia professionale

Paola Tesio- 14 febbraio 2012- Ieri è stata pronunciata una storica sentenza. L’ultima udienza che apre gli occhi al mondo scrivendo pagine di speranza su di un libro di dolore

. Ed apre un capitolo importante, quello della sicurezza sul lavoro, che finalmente non può più essere ignorato. Vengono condannati a sedici anni di carcere i dirigenti dell’azienda Eternit, il novantunenne miliardario svizzero Stephan Schmidheiny ed il sessantacinquenne barone belga Louis de Cartier, per disastro doloso permanente ed omissione dolosa di dispositivi di prevenzione (rispettivamente articoli 434 e 437 del codice penale) .

L’azienda invece è stata condannata al risarcimento 100.000 euro per ogni ente sindacale Cgil, Usr Cisl Piemonte, Usr Cisl Torino, Feneal, Uil Reg, Uil Prov Alessandria, e per l’associazione esposti amianto, 70000 euro per Wwf e Medicina Democratica, quattro milioni per il Comune di Cavagnolo, oltre ad una provvigione all’Inail di 15 milioni di euro. A ciascuno dei parenti delle vittime che si sono costituiti parte civile il risarcimento è di soli 30 mila euro. Al Comune di Casale Monferrato 25milioni mentre 50 milioni a Romana Blasotti Pavesi, presidente dell’associazione famigliari vittime amianto. Nel documento di accusa un lungo elenco di 2.191 morti, 665 malati per patologie causate dall’amianto e 4500 parti civili.

Lacrime di sofferenza e di gioia hanno bagnato i volti dei presenti che hanno assistito al processo. Nelle varie aule, oltre duemila persone, famigliari delle vittime, delegazioni estere provenienti dalla Francia, Inghilterra, Stati Uniti. Perché in molte nazioni questo mortale materiale è ancora in uso e negli stabilimenti meno avanzati viene addirittura movimentato in maniera rudimentale e senza protezioni di sicurezza.

Questa volta l’Italia, il paese che tutti considerato incapace, ha fatto scuola, anche se è dagli anni Settanta che sono iniziate le prime battaglie sociali per sollevare la questione dei danni alla salute. Emblematiche le dichiarazioni del pubblico Ministero Raffaele Guarinello «È un processo storico. Il più grande nella storia e nel mondo in materia di sicurezza sul lavoro che dimostra che un processo si può fare. Bisogna lavorare per dare giustizia e su questo abbiamo avuto aiuto da quasi tutte le istituzioni» sul ruolo dell’amministrazione comunale ha asserito «il sindaco di Casale è stato bravo a non cedere di fronte all’offerta di Stephan Schmidheiny di 18,3 milioni di euro. Poiché un comune rappresenta la sua comunità e questa era contraria»

. Inoltre per il magistrato «siamo di fronte a una grande ingiustizia internazionale: ci sono paesi in cui se si tocca l’amianto bisogna farlo con lo scafandro altri in cui ancora si tocca con le mani».I due imputati non sono in aula, ma la loro assenza è colmata da una folla che ha atteso fiduciosa il verdetto. Un’altra sentenza, che dopo quella della ThyssenKrupp, dimostra che sui luoghi di lavoro la sicurezza deve essere garantita e le leggerezze da parte dei vertici delle aziende sono inaccettabili. Sono troppe le realtà occupazionali in cui si opera senza il rispetto delle norme e in cui di fatto vengono messe a tacere le infrazioni. Un altro esempio è il recente incidente nucleare a Fukushima.

Risparmiare sulla sicurezza, e non provvedere coscienziosamente ad essa, è un atto delittuoso che mette a repentaglio le vite umane e la salvaguardia dei lavoratori, oltre che a distruggere irrimediabilmente l’ambiente. Si tratta di un errore inaccettabile e si spera che questo processo storico, che vede l’Eternit in primo piano, scriva in modo indelebile la parola Giustizia. Il comune di Casale Monferatto rappresenta il simbolo della lotta all’amianto, già negli anni Settanta e Ottanta ci sono state le prime denunce per i rischi di salute dei lavoratori contro l’Eternit. Oltre 2mila presentate da Cgil, Cisl e Uil e dall’Afea (associazione familiari vittime dell’amianto) alla Procura della Repubblica di Torino. Soltanto nel 2004 prende vita l’inchiesta del sostituto procuratore Raffaele Guariniello a carico dei due vertici, Stephan Schmideiny e Louis de Cartier de Marchienne.

Il 22 luglio 2009 il giudice delle udienze preliminari decide il rinvio a giudizio dei responsabili della multinazionale svizzero-belga. L’udienza di primo grado si è svolta a distanza di anni, il 10 dicembre del 2009. Lo stabilimento incriminato aveva chiuso i battenti nel 1986. Nel 1987 il comune di Casale Monferrato aveva emesso un’ordinanza che vietava l’utilizzo dell’amianto nel territorio, anticipando la legge n. 257 del 1992, con cui viene bandito a livello nazionale. Ma è ormai risaputo che il pericolo amianto è una triste realtà, forse ancora troppo ignorata, visto che non vi sono ancora normative restrittive che impongono lo smaltimento di quello usato ampiamente in varie applicazioni, che costituisce comunque un fattore di rischio.

Non si tratta solo delle ex cave di estrazione presenti in vari siti e non sempre correttamente bonificate o a cielo aperto (ad esempio si potrebbe citare quella di Serpentino a Trana, oppure quella nel comune di Balangero) ma gli usi dell’eternit, applicati soprattutto nell’edilizia sono innumerevoli, dalle coperture di amianto-cemento alle tubature, ai rivestimenti delle canne fumarie al linoleum. Secondo l’Institute Cancer Research di Londra, il problema dell’esposizione all’amianto rischia un incremento di ammalati che sfiorerà le 400.000 vittime. Inoltre la regione Piemonte è fra quelle più a rischio. Le patologie da esposizione all’amianto sono l’ asbestosi , il cancro polmonare, il mesotelioma ed altre neoplasie quali quelle gastro-intestinali e della laringe. Nonostante le Asl indichino come rischioso solo l’amianto friabile, uno studio della Clinica del lavoro di Milano ha dimostrato che anche il solido cemento-amianto non è più considerabile integro già dopo un anno di esposizione alle intemperie. Inoltre è stato dimostrato che soltanto il 40% delle morti dovute a mesotelioma sono causate da malattia professionale, il 60% riguarda infatti la popolazione che non ha mai lavorato a diretto contatto dell’amianto. La presenza di questo materiale è stata massicciamente utilizzata in numerosi ambiti per le sue caratteristiche d’isolamento termico ed elettrico , per la resistenza al fuoco, per le capacità fonoassorbenti, per il basso costo e la facilità di lavorazione. Il cemento amianto è stato sfruttato per le coperture dei tetti, e nelle zone montane diffuso né è stato l’uso nelle canne fumarie. In Val di Susa sono state rilevate tracce del materiale nell’aria, nel terreni coltivati, e la procura di Torino ha aperto un’inchiesta evidenziando un’incidenza 2-3 volte superiore, in proporzione, a quella registrata a Casale Monferrato, sede di uno stabilimento Eternit.

In Val Sangone invece da anni si registra un aumento dei tumori all’intestino (che raggiunge picchi del 73% rispetto alla media piemontese). Sebbene una delle cause maggiori è legata alle scorrette abitudini alimentari non sarebbe da sottovalutare l’ipotesi di un’attinenza fra la presenza di amianto e il cancro al colon. Una probabilità che nel nostro paese non è avvalorata dalla lettera medica in materia, ma che all’estero è invece oggetto di ricerche. Infatti corpi di asbesto sono stati rinvenuti in tumori del colon-retto in soggetti asbestosici in uno studio condotto dal professor Ehrlich nel 1985. Ma già nel 1994 Homa ei suoi colleghi avevano evidenziato che le neoplasie del colon-retto risultavano significativamente aumentate in caso di esposizione a fibre anfiboliche esaminate, cosa che non veniva evidenziata tra gli esposti a crisotilo, indicando un diverso effetto cancerogeno a seconda della tipologia di amianto implicata, del resto già documentato per i tumori respiratori.
L’ingestione di fibre di asbesto è stata di recente correlata al rischio di adenocarcinoma esofageo e di diversi altri tumori intestinali come dimostrano due differenti ricerche dell’equipe di Jansson e Kiaerheim effettuate nel 2005. Altri studi epidemiologici più recenti hanno attribuito l’insorgenza dei tumori del tratto gastro-intestinale in zone in cui l’acqua potabile conteneva tracce di amianto. Senza andare troppo lontano, negli anni 90, in Toscana, sono stati fatte verifiche sull’esistenza della sostanza nelle acque potabili, ed ove riscontrata, nel 79% dei casi è stata attribuita al rilascio da parte delle tubazioni in cemento amianto. In Italia l’asbesto non rientra tra i parametri che inficiano la qualità delle acque destinate al consumo umano, e pertanto eventuali residui non sono considerati pericolosi e questa è una superficiale interpretazione che minimizza un fattore di rischio. Non bisogna dunque sottovalutare le gravi ripercussioni sulla salute umana a causa di questo materiale, e si spera che la sentenza di oggi porti non solo a bandire l’utilizzo dell’amianto nel resto del mondo ma anche ad attuare politiche di bonifica mirate a smaltire l’esistente.

Scriveva Primo Levi nel “Sitema Periodico”«C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina: se si lasciava per qualche ora un libro su di un tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo; i tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente a terra».

FONTE

 

Eternit: condanna a 16 anni. Quanto amianto c’è ancora?

È arrivata una storica sentenza di reclusione per i responsabili dell’azienda: sono 2.100 i morti per l’amianto. Ma il problema è tutt’altro che risolto

 

Pericolo amianto

 

 

  • Pericolo amianto

    Pericolo amianto

     

Oggi è una data storica per le vittime dell’Eternit, quel pericolosissimo fibrocemento a base di amianto responsabile di milioni di morti in tutto il mondo. È uscita infatti oggi la sentenza che vede come imputati Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero di 64 anni, e il barone belga, 90 anni. L’accusa è di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. I due, che sono stati alti dirigenti della multinazionale svizzera Eternit, hanno ricevuto una condanna a 16 anni di reclusione. Il processo è durato oltre due anni e si è articolato in 65 udienze. Ai dirigenti vengono contestate le morti di 2.100 persone e le malattie che hanno colpito altre 800 persone nelle zone degli stabilimenti di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Le parti civili che si sono costituite in giudizi sono oltre seimila.

Ma la lettura della sentenza non mette purtroppo la parola fine all’allarme eternit. Le ragioni sono diverse. Prima fra tutte è che ancora oggi non si riesce a fare una valutazione sul numero delle vittime. L’eternit è stato infatti collegato, oltre che alla malattia polmonare cronica nota come asbestosi, anche all’insorgenza del cancro. Siamo quindi di fronte a malattie che hanno un periodo di incubazione molto lungo, che si aggira intorno ai 30 anni. Per cui la lunga lista delle vittime non si può dire chiusa. Purtroppo molti ancora potrebbero pagare il prezzo di esser entrati a contatto con questo materiale tossico.

La seconda ragione che non permette di archiviare definitivamente il problema eternit è che in Italia c’è ancora l’amianto. Secondo le stime del Cnr e di Ispesl ci sono ancora ben 32 milioni di tonnellate di amianto e un miliardo circa di metri quadri di coperture in eternit sui tetti. La stima sui decessi è allarmante: 4mila persone ogni anno perdono la vita a causa dell’amianto. Secondo lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio inquinamento (Sentieri) dell’Istituto superiore di sanità, ci sono almeno una quarantina di luoghi di interesse per una bonifica d’amianto. Secondo il Registro nazionale mesioteliomi i più colpiti sono gli operai che lavorano la fibra, seguiti dai familiari e dagli abitanti delle zone vicine ai grandi centri di pericolo, come Casale Monferrato. L’Agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro (Iarc) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, capace di provocare tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe, dell’ovaio.

Il materiale killer si nasconde in tubature, rotaie, rivestimenti di tetti e garage. Le condizioni di questi manufatti sono anche precarie per via del deterioramento causato dal tempo. A questo si deve aggiungere il fatto che il processo di bonifica e smaltimento è tutt’altro che concluso. Per legge infatti lo smantellamento di tetti o altri manufatti che contengono amianto è obbligatoria solo se si trovano in uno stato di degrado tale da poter formare delle particelle che possono essere inalate. Secondo la normativa, il lavoro di bonifica e smaltimento può essere effettuato solo da ditte specializzate che possono contare sull’aiuto di personale qualificato. L’elenco delle ditte autorizzate si può trovare sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: basta cliccare sull’icona “Codice Rifiuto” e compilare i campi richiesti (regione, provincia, ecc.)

La prima operazione che gli operatori della ditta devono eseguire è l’accertamento della presenza di amianto tramite l’analisi storica del sito e attraverso test di laboratorio su un campione del materiale. Una volta determinata la presenza dell’amianto si procede con l’incapsulamento, un’operazione di bonifica transitoria che prevede il trattamento delle superfici delle lastre esposte agli agenti atmosferici con sostanze sintetiche che impediscono il rilascio di polveri tossiche. Per procedere invece allo smaltimento definitivo, il materiale deve essere confezionato, seguendo una serie di misure di sicurezza eccezionali, e poi trasportato in apposite discariche.

Ma anche quando si riuscirà a eliminare definitivamente la presenza di amianto su tutto il territorio nazionale, rimane il problema dei manufatti a rischio che possono essere importati dall’estero. Nonostante infatti l’Europa abbia bandito l’eternit negli anni ’90, ci sono ancora alcuni paesi dove viene utilizzato, come ad esempio la Russia, il Canada, la Cina, l’India, il Brasile e la Thailandia.

(Credit per la foto: MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

 

FONTE

Amianto, un killer inestinguibile

Nel 2025 l’asbesto avrà ucciso in Italia tra le 20 e le 30 mila persone 
Eternit, cioè eterno come i tumori che provoca e continuerà a provocare. Gli ammalati e i parenti delle vittime del mesotelioma hanno intrapreso un difficile battaglia, per sé e per tutti noi esposti
14 novembre 2004 – Manuela Cartosio
Fonte: www.ilmanifesto.it
9.11.04

Ha due nomi, entrambi derivati dal greco. Amianto significa «incorruttibile», asbesto vuol dire «inestinguibile». Di qui il neologismo eternit, passato dalla multinazionale svizzera che all’inizio del Novecento brevettò la miscela di cemento e amianto all’ondulato grigio che nel dopoguerra scalzò i coppi rossi dai tetti. Le virtù vantate dai nomi si sono rovesciate in maledizione. L’amianto, messo al bando in Italia nel 1992, continuerà a presentarci il conto per un pezzo. Il picco dell’epidemia di tumori causati dal minerale usato come isolante universale – dalle navi ai ferri da stiro, dai tetti ai freni, dalle carrozze dei treni ai tessuti – è atteso attorno al 2025. A quella data si stima che l’amianto avrà fatto solo nel nostro paese tra i 20 e i 30 mila morti. La bonifica e la demolizione dei siti produttivi, la rimozione dagli edifici dei rivestimenti e dei tubi in cemento-amianto, la distruzione o la messa in sicurezza dei manufatti all’asbesto procedono a rilento. «In giro per l’Italia ci sono milioni di metri cubi di roba varia con dentro l’amianto», dice il senatore diessino Antonio Pizzinato, tra i promotori della conferenza nazionale non governativa sull’amianto che si terrà questo fine settimana a Monfalcone (vedi box). Quanti esattamente non si sa. La mappatura completa dell’amianto non è stata fatta. E’ solo uno dei tanti ritardi sulla tabella di marcia indicata dalla legge 257 del 1992. Non è stato fatto il registro nazionale degli esposti all’amianto e qualche regione non ha fatto neppure quello dei mesoteliomi, il micidiale tumore alla pleura che con il carcinoma polmonare e l’asbestosi si accanisce sui lavoratori che hanno inalato le fibre d’amianto.

Tutto cominciò a Casale…

Il mesotelioma era un tumore rarissimo. Un caso atteso su un milione di abitanti all’anno, secondo gli epidemiologi. Nel 2003 l’ospedale di Casale Monferrato, che ha un bacino d’utenza sotto i 100 mila abitanti, ha diagnosticato 32 nuovi casi di mesotelioma. «E due terzi delle persone colpite non lavoravano all’Eternit», precisa Bruno Pesce, coordinatore dell’Associazione familiari vittime dell’amianto. L’Eternit di Casale, chiusa nel 1986, ha un posto di rilievo nella storia italiana dell’amianto e della sua messa al bando. Lì si è cominciato a contare i morti e lì si è celebrato il primo processo contro l’asbesto. Finito con una condanna prescritta nel 2000 dalla Cassazione e un risarcimento di 7 miliardi di lire da spartire tra 1.700 parti lese. Una miseria, rispetto all’enormità del danno. Per evitare di pagare risarcimenti più consistenti – ricorda Pesce – alla metà degli anni Ottanta l’Eternit italiana si dichiarò autofallita, portò i libri in tribunale e chiuse gli stabilimenti a Casale, Melilli e Bagnoli. La cava di Balangero, la più grande d’Europa, l’Eternit la chiuse nel `90. 
La multinazionale Eternit, però, continua a esistere. E i casalesi vogliono portarla alla sbarra, sia in sede penale che in sede civile, con quella che hanno battezzato «vertenzamianto». L’esposto da presentare alla magistratura è già stato sottoscritto da oltre 1.400 cittadini, vittime dirette o loro eredi. All’azione civile parteciperà anche il Comune di Casale: i costi della bonifica incidono pesantemente sui suoi bilanci. In Brasile, uno dei maggiori produttori di asbesto dopo Cina, Russia e Canada, l’Abrea – l’associazione degli esposti all’amianto guidata dalla coraggiosa Fernanda Giannasi – due mesi fa ha ottenuto un risarcimento di 160 milioni di dollari da Eternit, Brasilit e Eterbras. E’ una sentenza importantissima, commenta Bruno Pesce, ma anche in quel caso bisognerà trovare il modo di risalire «agli svizzeri», la famiglia Schmidheiny che, dopo aver fatto i miliardi con il cemento-amianto, ha ceduto la rogna ad altre società investendo gli utili «nel cioccolato e nelle banche». Pesce, fino a qualche anno fa segretario della Cgil, da quando è in pensione lavora a tempo pieno «contro» l’amianto. Il suo raggio d’azione spazia dal Brasile a Tiggiano, un piccolo paese del Salento dove, quando l’intervistiamo, è appena andato per affrontare un altro problema: tanti emigranti si sono beccati l’amianto lavorando in Germania, in Svizzera, in Belgio e tornati in Italia si ritrovano figli di nessuno. 
C’è un particolare agghiacciante nel rapporto tra Casale e l’Eternit. Per anni, quando già si sapeva che l’amianto era una bomba a orologeria, l’azienda si è liberata del «polverino» – gli scarti di lavorazione – regalandolo ai dipendenti e ai casalesi. E’ tutto finito nelle stradine, nelle soffitte, nelle cantine. E c’è ancora. Sarà per questo «regalo» che a Casale muore di mesotelioma anche chi non ha lavorato all’Eternit?

… e proseguì a Monfalcone

A Monfalcone la polvere d’amianto l’hanno respirata i lavoratori di Fincantieri. Nella piazzetta di Panzano, di fronte all’ingresso dei cantieri, un monumento ricorda le vittime. L’epigrafe di Massimo Carlotto dice tutto: «Costruirono le stelle del mare, li uccise la polvere, li tradì il profitto». Dice tutto anche il titolo del libro del professor Claudio Bianchi, Amianto, un secolo di sperimentazione sull’uomo. E’ il medico che, arrivato nei primi anni Settanta all’ospedale di Monfalcone, «scoprì» tra i cantieristi l’altissima incidenza di mesoteliomi. E’ andato in pensione avendone censiti circa 600. La latenza, correlata all’intensità e alla durata dell’esposizione, varia dai 15 ai 40 anni. In alcuni paesi europei la curva dei mesoteliomi sembra essersi assestata, smentendo le funeste previsioni di crescita fino a 2025. In Italia non è così, forse perché l’amianto è stato messo al bando solo nel `92. E’ stato sostituito dalla lana di vetro e di roccia o dalle fibre di ceramica. Tra vent’anni scopriremo se e quanto fanno male. E sarà difficile stabilire, prevede il professore, «fin dove arrivano i danni dell’amianto e dove cominciano quelli delle materie con cui è stato rimpiazzato».

Meglio non sapere?

Essendo il mesotelioma un tumore incurabile, è utile monitorare tutti gli esposti all’amianto? «Morire per morire, preferisco non saperlo in anticipo». Molti lavoratori la pensano così, dice Michele Michelino, ex operaio della Breda Fucine di Sesto San Giovanni, fondatore di uno dei comitati che hanno promosso «dal basso» la conferenza di Monfalcone. A una trentina dei 350 ex lavoratori della Breda visitati dalla Clinica del lavoro di Milano sono state riscontrate placche pleuriche che potrebbero evolvere in tumori. Saranno ricontrollati ogni anno e le loro condizioni psicologiche non sono delle migliori. «Non sappiamo se questi monitoraggi serviranno o no», ammette il professor Bianchi, «siamo costretti a continuare la sperimentazione». In Svezia, che sull’amianto è avanti a noi almeno di vent’anni, si è visto che i costi psicologici del monitoraggio sono effettivamente pesanti. D’altra parte, però, alimentazione e fumo possono essere co-fattori del mesotelioma. Essere allertati in anticipo, quindi, può essere utile.

Amiantizzati di tutto il mondo…

Nei tre quarti di mondo ancora amiantizzato il dilemma sui monitoraggi non se lo pongono. Essendo notoria la sensibilità per la salute dei lavoratori e per l’ambiente di Russia e Cina, vengono i brividi al pensiero che proprio loro sono i maggiori produttori di amianto. Hanno strappato il primato al Canada che, non sapendo più a chi vendere il suo amianto, ha rallentato la produzione. Sulla situazione nell’ex patria del socialismo, fa testo quel che in un congresso internazionale alcuni colleghi russi hanno detto al professor Bianchi: «La sua relazione è molto interessante. Però da noi non succede. Il nostro amianto è puro e non fa male». La strada per mettere al bando l’amianto – se ne parlerà a Monfalcone e alla fine del mese a Tokyo – è tutta in salita.

L’unificazione dei processi

Qui da noi, la strada per ottenere giustizia per le vittime è un percorso a ostacoli e dall’esito incerto. Di recente due processi, contro la Fibronit di Bari e la Fincantieri di Riva Trigoso, sono finiti con una condanna. Ma le assoluzioni – ultima quella della Breda ferroviaria di Pistoia – non mancano e amareggiano malati e familiari delle vittime. La procura di Gorizia, competente per Monfalcone, ha 600 fascicoli aperti per morti attribuite all’amianto. Una cinquantina di vedove, come le madri Plaza de Mayo, hanno manifestato tutti i giovedì perché siano celebrati i processi. Alla fine di ottobre, il gup di Gorizia ha chiesto d’unificare nello stesso procedimento tutti le cause Fincantieri. Alessandro Morena, autore di Polvere, pur vedendo il rischio che i tempi si allunghino è convinto che l’unificazione dell’inchiesta sia una novità positiva. Ottenuta grazie al protagonismo e alla determinazione di donne consapevoli che i loro mariti «non sono morti per caso». Il loro apporto ha rivitalizzato l’associazione esposti amianto, «alle riunioni quando parlano loro non si sente volare una mosca». 
Gualtiero Nardi, tubista per 35 anni alla Fincatieri di Monfalcone, cominciò a star male quattro giorni dopo essere andato in pensione. Un anno dopo, la diagnosi: mesotelioma. E’ morto alla vigilia di Natale del `99. «Difendere mio marito è l’unica cosa che mi tiene al mondo», dice Rita Nardi, «i nostri uomini hanno sofferto come cani nell’indifferenza. Ora questa sofferenza la portiamo noi». Fincantieri sarà anche «una potenza», ma deve rispondere del perché ha tenuto gli operai a respirare amianto, sapendo da decenni che faceva male. «Per un milione e mezzo al mese».

Indistruttibile

A Casale Monferrato una ditta della multinazionale Eternit ha celebrato nel secolo scorso un prospero matrimonio, durato ottant’anni, tra il cemento e l’amianto (o asbesto), materiale tradizionalmente considerato ‘indistruttibile’. Ma gli operai della ditta, che hanno lavorato duramente e con pochi diritti per rendere possibile la cerimonia, e i cittadini di Casale, invitati alle nozze con promesse di sviluppo e ricchezza, non erano stati informati che il conto era a carico loro e si pagava con la malattia e la morte, a causa delle fibre di amianto sparse nell’aria.
Il documentario è la storia della lotta dei lavoratori e dei cittadini di Casale – quelli che ci sono ancora e quelli che non ci sono più – per liberare tutti da un pericolo impalpabile come la polvere ma tremendamente letale. Portando quella minaccia nei polmoni queste persone hanno dato un contributo fondamentale alla messa al bando dell’amianto in Italia e ora chiedono la bonifica del loro territorio, l’individuazione delle responsabilità di questa tragedia ai massimi livelli e il divieto dell’uso dell’amianto in tutti i paesi.
Il video è stato prodotto in occasione della partecipazione alla prima edizione del Monfilmfest di Vignale Monferrato, settembre 2003, nella sezione “Sette giorni per un film”, ed ha ricevuto la menzione speciale della giuria e il premio del pubblico.
“L’uomo va, sempre e comunque, difeso e l’onere delle prove sta tutto e sempre sulle cose, soprattutto su chi le produce e le immette nell’uso umano, nell’ambiente di vita ed in particolare di lavoro. La vita dell’uomo va difesa non solo dai danni ma anche dai rischi, va riparata dai colpi ma anche dalle ombre, se queste proiettano una minaccia di malattia o di morte” (Giulio A.Maccacaro, 1924-1977, fondatore di Medicina Democratica)
CALENDARIO PROIEZIONI
16/11/2009 AMENIC Cinema Crema (CR)
Italia – 2003 – 60′ – DVD – Michele Citoni & Monfilmfest

Casale Monferrato

un documentario di Michele Citoni
A Casale Monferrato una ditta della multinazionale Eternit ha celebrato nel secolo scorso un prospero matrimonio, durato ottant’anni, tra il cemento e l’amianto (o asbesto), materiale tradizionalmente considerato ‘indistruttibile’. Ma gli operai della ditta, che hanno lavorato duramente e con pochi diritti per rendere possibile la cerimonia, e i cittadini di Casale, invitati alle nozze con promesse di sviluppo e ricchezza, non erano stati informati che il conto era a carico loro e si pagava con la malattia e la morte, a causa delle fibre di amianto sparse nell’aria. Qualcuno sapeva, ma ha preferito il silenzio per non rovinare la festa.