CAPITAN FINDUS, L’ATTORE ITALIANO VIVE IN MISERIA

Era il Capitan Findus italiano. Oggi vive in miseria. Povere e solo

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Con lui, in un piccolo monolocale in condizioni precarie a Milano, in zona Corvetto, vive con il suo unico amico e compagno, il pastore tedesco Com. Ha un pacemaker e si deve muovere con le stampelle, la sua vita è davvero difficile. I tempi del famoso spot, datato 1978, del mondo dello spettacolo e degli amici attori famosi sembra lontano anni luce. 

“Oggi sono solo, vivo con la pensione e con i fondi per l’invalidità, se non ci fosse il mio cane a tenermi compagnia sarei già morto” dice al Giorno.it vicino a un veliero in miniatura che gli ricorda la sua passione per il mare e la sua vita ormai lontana. Capitan Findus, alias Giovanni Cattaneo, postura imponente, barba bianca e ancora il berretto da lupo di mare è in causa da 11 anni per riavere i soldi persi in una truffa: “Sono stato raggirato da alcuni presunti imprenditori cinesi, mi avevano coinvolto nell’apertura di un ristorante. Alla fine ci ho rimesso la casa. Non sono ossessionato dai soldi, ma voglio ciò che mi spetta solo per mettere a posto la casa e vivere il resto della mia vita con dignità”. 

Giovanni Cattaneo è stato l’attore italiano del personaggio dello spot, mentre quello più celebre a livello mondiale è stato l’attore inglese John Hewer morto a 84 anni. 

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Valzer con Bashir

Una sera, in un bar, un vecchio amico racconta al regista Ari Folman un incubo ricorrente nel quale 26 cani feroci lo inseguono. Lo stesso numero di animali, ogni notte. I due giungono alla conclusione che cè un legame tra lincubo e la loro missione nelle file dellesercito israeliano durante la prima guerra del Libano, allinizio degli anni ?80. Ari si sorprende a scoprire di non ricordare niente di quel periodo della sua vita. Incuriosito da questo fatto inspiegabile, decide di incontrare e intervistare vecchi amici e compagni darmi in giro per il mondo. Ha bisogno di scoprire la verità su quel periodo e su se stesso. Mano a mano che Ari va avanti con le ricerche, nella sua memoria cominciano ad emergere immagini surreali…

‘L’isola dell’angelo caduto’: con Lucarelli torbidi intrighi e omicidi all’ombra del Fascio

Il primo film dello scrittore risulta più un opera politica che storica o di genere. “Se trovate che ci siano troppe cose – ha detto -, o se sono pasticciate, la colpa è mia: ma essendo anche il romanzo firmato da me, almeno mi sono pasticciato da solo”

Titolo: Lo scrittore Carlo Lucarelli
Fonte: © Ernesto Ruscio/Getty Images Europe

Brutti, sporchi e cattivi. Non parliamo delcapolavoro di Ettore Scola, bensì all’immagine che Carlo Lucarelli nel suo primo film, ‘L’isola dell’angelo caduto’, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma per la sezione Prospettive Italia, dà degli uomini in camicia nera. Fascisti psicotici, con tic nervosi, deformi con le movenze da diavoli. Una caricatura forte, alla quale non ricorsero neppure registi molto politicizzati come Petri e Rosi, di una rigidità mai vista, che poi è stata una tra le numerose critiche mosse all’opera prima di Carlo Lucarelli. Così come quella che essere un bravo giallista sulla carta, nonché un eccellente conduttore televisivo a tema, non sempre corrisponde ad una bravura dietro la macchina da presa. “Se trovate che dentro il film ci siano troppe cose, o se sono pasticciate, la colpa è mia: ma essendo anche il romanzo firmato da me, almeno mi sono pasticciato da solo”: questa la prima reazione a caldo di Lucarelli, dopo le immediate e numerose stroncature al suo lavoro, che dimostrano anche la sua grande responsabilità ed umiltà, aspetti questi di cui difettano molti registi italiani.

La storia è datata 1925. Mussolini tiene il “discorso del bivacco” alla Camera dove si addossale colpe dell’affair Matteotti, dando così il via al periodo “nero” del Paese. Contemporaneamente in uno scoglio nel Mediteranno, che tutti chiamano l’isola dell’angelo Caduto, perché si dice che Lucifero dopo la ribellione a Dio sia precipitato su quella piccola rupe sperduta, adesso colonia penale del nascente regime, si consuma la tragedia. Il commissario dell’isola, mandato un anno prima in segno di punizione, si trova ad indagare sulla morte di un miliziano, tale Miranda. In molti lo volevano morto data la sua attività di sciupafemmine con le moglie degli altri. Ma sembra, però, che tutti vogliano liquidare il fatto come un incidente, soprattutto il feroce e violento capo squadriglia Mazzarino. A mettere il poliziotto sulla pista dell’omicidio è Valanzano, uno dei detenuti politici, anatomopatologo che nota delle forte incongruenze con l’autopsia ufficiale. 

CARLO LUCARELLI RACCONTA L’ISOLA DELL’ANGELO CADUTO’



La storia si svolge nell’arco di una settimana in cui i morti aumentano rapidamente, tutti inmaniera quanto mai violenta, ma mascherata da incidente o suicidio, e al commissario appare subito chiaro che se accetterà la comoda versione ufficiale, sarà richiamato in continente, mentre se continuerà a indagare resterà confinato su quell’isola, dove sua moglie Hana, che non riesce più a sopportare quel luogo surreale e inquietante, sta impazzendo. Ma c’è qualcosa di strano nell’isola: cosa succede di notte tra il fantomatico “inglese” e la sua bella moglie? A chi sono rivolti i suoi quotidiani telegrammi con su scritto “Tornerà”? E quale segreto conosce la moglie del Federale? 


[Il cast al completo con il regista Lucarelli al Festival del Cinema di Roma. © Gareth Cattermole/Getty Images Europe]

Questi e tanti altri enigmi ancora cercheranno di dipanare i protagonisti del film di CarloLucarelli in maniera, come dice lui, “un po’ pasticciata”. Ad esempio, con un po’ di attenzione, si capisce fin da subito chi è l’assassino. La trama, inoltre, risulta tirata troppo per le lunghe e con una scena finale che vorrebbe dir tutto e a conti fatti nulla. Buono il cast: Giampaolo Morelli che torna a vestire i panni di un poliziotto, questa volta più “serio” del Coliandro televisivo. Magistrale Gaetano Bruno come sociopatico Mazzarino, anche il veterano Giuseppe Cederna incarna superbamente un Federale atipico, vittima e succube della moglie libertina ed ex sciantosa. Nel cast femminile spicca Sara Sartini nei panni di Hana e così come la giovanissima attrice romena Laura Glavan, volto noto della Tv grazie al serial ‘Don Matteo’. Ottime anche le musiche che vedono il ritorno alla musica da film di Piero Pelù. In buona sostanza il film di Carlo Lucarelli risulta più politico che storico o giallo, una pellicola in cui cerca di mescolare, senza molto successo, esoterismo, satanismo e tanta follia. 
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A Martedì Salute si parla di tumori della laringe e del cavo orale

 

 

 
Alla Gam torna l’appuntamento
con gli esperti del settore
 
TORINO

Martedì 23 ottobre nell’ambito degli appuntamenti di Martedì Salute si terrà un incontro informativo sul tema “Tumori della laringe e del cavo orale: come evitarli, come curarli”.  

23 ottobre, ore 10.00 

 

Intervengono Andrea Cavalot (Direttore SC Otorinolaringoiatria, Ospedale S. Croce di Moncalieri) e Giancarlo Pecorari (Vice Direttore I Clinica ORL, Università degli Studi di Torino) 

 

I tumori laringei sono nella maggior parte dei casi legati al fumo, all’inquinamento ed ad alcune specifiche attività lavorative”, spiega il Dott Cavalot.  

“Le neoplasie del distretto cervico-facciale (rinofaringe, cavo orale, orofaringe, laringe ed ipofaringe) rappresentano in Europa il 5% di tutti i tumori solidi: il 10 % dei tumori maligni negli uomini e il 4% nelle donne. – afferma il Dott. Pecorari – Nell’ambito delle sedi che costituiscono il distretto cervico-cefalico, la laringe è la sede di comparsa più frequente del tumore (19%.8%) seguita dal cavo orale (8%) ed orofaringe (3.1%). Purtroppo, i tumori del cavo orale e dell’orofaringe sono gravati da un’alta percentuale di decessi. L’elevata mortalità è, in parte, conseguenza di una diagnosi tardiva nonostante la sede sia facilmente esplorabile ed abbia un’alta valenza funzionale (fonazione e deglutizione). Pare quindi chiaro che una diagnosi precoce permetta di effettuare trattamenti terapeutici conservativi con minori sequele sia dal punto di vista estetico che funzionale”. 

 

Martedì 23 ottobre ore 10  

Galleria d’Arte Moderna, corso Galileo Ferraris, 30 Torino  

info e prenotazioni – segreteria organizzativa 011/6604284 –www.educazioneprevenzionesalute.it  

‘Un sapore di ruggine e ossa’: quando la speranza nasce da una tragica fatalità

Titolo: La locandina del film
Fonte: BIM Distribution

La pellicola di Jacques Audiard, acclamata a Cannes, è ispirata ai racconti di Craig Davidson e insegna, senza buonismo e luoghi comuni, l’importanza della maturità e dell’accettazione

Anni fa Carlo Verdone nel suo ‘Perdiamoci divista’ parlando con una Asia Argento che interpretava una disabile tutta pepe, faceva notare come un’invalidità potesse innescare sensi di colpa nelle persone, banalmente definite, “sane”. È partendo da questo ragionamento, ma riuscendo a toccare innumerevoli altre temi sociali e numerose sfaccettature dell’animo umano, che si sviluppa ‘Un sapore di ruggine e ossa’ l’ultimo film di Jacques Audiard, già regista de ‘Il Profeta’, basato sulla raccolta di racconti ‘Ruggine e ossa’ (Rust and Bone) di Craig Davidson. Una pellicola che ha entusiasmato la platea dell’ultimo Festival di Cannes.

La storia è quella di Ali, ex pugile e promessadella lotta libera, gigante dall’animo di ragazzino, che si ritrova solo con Sam, il figlio di 5 anni che conosce appena. Gli è stato affidato perché la madre è finita in carcere per spaccio di droga e perché usava proprio il bimbo come corriere tra l’Olanda e il Belgio. Senza fissa dimora, senza soldi, senza amici, Ali decide di trovare rifugio presso sua sorella ad Antibes, nel Sud della Francia. I due sono ospitati dalla donna, che fa la cassiera, con un marito costretto a fare il trasportatore in nero per sbarcare il lunario. Mentre lei si occupa del bambino Ali trova lavoro presso un’agenzia di security e una sera mentre fra il buttafuori un locale notturno, dopo una rissa incontra Stéphanie. Lui la riaccompagna a casa e le lascia il suo numero di telefono. Non hanno niente in comune. Lui è povero e rozzo, di suo ha solo la prestanza fisica e fondamentalmente un cuore d’oro, lei è bella, sicura di sé e addestra orche a Marineland. Dopo quella notte sembra che questi due mondi non saranno più costretti ad incontrarsi.

GUARDA IL TRAILER DI ‘UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA’


Ali continua i suoi lavori precari stringendo amicizia col losco Martial che lo porta nel mondodegli incontri di lotta clandestini, Stéphanie, invece, ha un tragico incidente sul lavoro in seguito al quale perde entrambe le gambe. Sola, depressa, lasciata all’autocommiserazione si riavvicina alla persona più improbabile di tutti, quel rozzo buttafuori dall’animo delicato. Tra i due inizia un rapporto prima d’amicizia, poi di sesso e infine d’amore che li porterà non solo ad una maturazione mentale e spirituale ma anche ad un grande senso di accettazione. Ali diventerà Uomo a tutti gli effetti, non più incosciente ragazzone buono solo a dare pugni e a rimorchiare in discoteca, Stéphanie riuscirà ad accettare la sua nuova situazione capendo che non è cambiato nulla e che lei è e sarà sempre una donna a tutti gli effetti.


[Fonte: BIM Distribuzione]

Col questo nuovo film, Jacques Audiard propone un insegnamento a superare le barrieresenza buonismo, senza luoghi comuni, senza paura di mostrare lati di paesi civili e moderni come Francia e Belgio che portano dentro di loro ancora dei semi d’intolleranza e provincialismo. Quando Ali porta Stéphanie sulla spiaggia e le chiede “Vuoi fare il bagno?” lei gli risponde a metà tra il basito e lo scocciato “Ma ti rendi conto di cosa hai detto?!” e lui candidamente controbatte “Capisco è perché non hai il costume, ma neanche io ce l’ho, ma lo faccio lo stesso”. Ali non vede la sedia a rotelle, non vede la disabilità come una vergogna o qualcosa che deve essere compatita in maniera politicamente corretta. Il bagno nudo di Stéphanie rappresenta così una catarsi, una liberazione, un’uscita dallo stato larvale. Di contro si oppone la scena in discoteca in cui un avventore cerca di rimorchiare Stéphanie ma appena vede le protesi dice “Scusami, non sapevo” suscitando in lei una reazione violenta. Un’altra scena che il regista usa per criticare la società dei consumi è quando sul treno Ali cerca tra i sedili e la spazzatura del cibo per sfamare il figlio e ne trova tanto, comprese bottiglie d’acqua ancora chiuse e cestini da viaggio intonsi, dimostrando quanto nell’opulento, o creduto tale, Occidente c’è gente che fa la fame e altra che si permette di buttare il cibo. Anche la situazione dei lavoratori dipendenti negli anni della crisi vengono mostrati dal regista con un realismo unico. 

Audiard usa la fotografia delicata e intensa per trasmettere emozioni reali, scene prive didialogo ma così forti da arrivare sino all’anima dello spettatore. Per quanto riguarda il cast abbiamo una superlativa Marion Cottilard, che col glauco dei suoi occhi profondi affascina noi spettatori ci rende partecipi del suo dramma, anche le scene di nudo non sono mai volgari anzi di una delicatezza che a tratti sfiora quasi la pudicizia; Matthias Schoenaerts rientra perfettamente in Ali questa figura possente ma dall’animo essenziale quasi bambinesco, un gigante dai piedi d’argilla e dal cuore di zucchero che non si rende conto, data la sua spontaneità, del peso delle proprie azioni, un personaggio fisico e al contempo spirituale. 

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‘Gli Equilibristi’: “Mantenere la propria famiglia, la propria dignità, ma non se stesso”

Il film presentata alla Mostra di Venezia è uno spaccato reale e crudo sulla situazione dei padri separati. Un viaggio nella dimensione dei nuovi poveri. De Matteo: “Questo è il conto presentato dopo anni di falso benessere in cui ci hanno fatto cullare”

Vito Tripi – 21/09/2012
 
Fonte: ©Marta Spedaletti e Laura Lo Faro

 

Un film che, più di ogni altro mostra la realtàdelle famiglie italiane negli anni della crisi non solo economica, ma anche e soprattutto dei rapporti interni al nucleo. Uno spaccato sui genitori separati e monoreddito, che oramai vivono sotto la soglia della povertà e, nonostante questo, devono continuare a provvedere alla propria famiglia. Protagonista di questa pellicola, che ha il sapore del reportage e che qualcuno, non a torto, ha avvicinato a ‘Umberto D’ e ‘Ladri di biciclette’, è Giulio, che ha il volto di un magistrale Valerio Mastandrea, impiegato del Comune con 1.200 euro mensili che si trova a dover mantenere se stesso e la moglie che vive con i due figli. La situazione si fa di mese in mese sempre meno sostenibile, e per non intaccare dignità e orgoglio con mancati pagamenti, a rimetterci è la sua qualità della vita che scende sempre di più fino ai limiti della tolleranza.

Presentato alla 69ma Mostra del Cinema diVenezia, nella sezione Orizzonti, il film ‘Gli equilibristi’ di Ivano De Matteo è un film che mostra la disintegrazione del nucleo familiare, la fine delle certezze ma soprattutto delle illusioni. De Matteo apre gli occhi dello spettatore italiano su una realtà fin troppo cruda ma fin troppo vicina a ciascuno di noi. Si potrebbe definire un film dalla prospettiva maschile, visto che il protagonista viene buttato fuori di casa dalla moglie perché adultero, ma in realtà si tratta di una visione globale che potrebbe riguardare tutti.

“Questo film era in cantiere dal 2007 – ha raccontato il regista in un incontro con la stampa neigiorni scorsi – e vuol essere un film ideologico. Ho voluto mostrare la realtà dei nuovi poveri, che sono ben diversi dall’immagine che si è avuta per anni dei clochard, o quella più attuale degli immigrati”. “Si tratta di persone normalissime, dall’aria tranquilla, magari ben vestite, che però mangiano alla mensa della Caritas e sono costrette a dormire in macchina. Questo è il conto, purtroppo, che c’è presentato dopo gli anni di falso benessere in cui ci hanno fatto cullare”. “Ormai – ha continuato De Matteo – il confine tra i due mondi, quello della luce fatto benessere, e quello d’ombra, in cui si aggirano i disperati, non sono più così distanti sono quasi speculari e paritetici, l’uno può diventare l’altro in frazione di secondo”.

‘GLI EQUILIBRISTI’ BACKSTAGE


Una pellicola oltremodo toccante in cui il regista ha ammesso di aver inserito molti aspettibiografici, la cui sceneggiatura è stata scritta a quattro mani con la sua compagna di vita Valentina Ferlan e con il figlio Lupo che interpreta il figlio del protagonista del film. “Se per due anni sto fermo non pagando il mutuo – ha ironizzato De Matteo – mi trasferisco con tutta la famiglia a casa di mia madre e viviamo con la sua pensione di reversibilità. Quindi mi troverò una famiglia-stato anziché uno stato-famiglia come dovrebbe essere”. Oltre a questo il personaggio di Giulio in parte è ricalcato e in parte è omaggio ad un suo amico che era un poeta di strada.

“Per questo film la domanda più stupida che mi è stata fatta – ha raccontato ValerioMastandrea – è ‘Chi è Giulio’ che vuol dire delegare completamente l’analisi di un personaggio e di un film. Invece la domanda più interessante, ma anche la più difficile, che mi è stata fatta più volte è stata ‘E allora che si fa? Cosa possiamo fare per sopravvivere?'”. “Nel finale della pellicola si cerca di dare una risposta, forse un po’ estrema, ma anche idealista e romantica. Probabilmente – ha concluso l’attore romano – perché ormai ci è rimasto solo questo attaccarci a questa spiritualità rispetto alla sopravvivenza non è colpa nostra ma è il simbolo dell’epoca in cui viviamo”.

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La Bella Addormentata risveglia il dibattito su scelte etiche drammatiche

20/09 17:09 CET

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Il film del regista Marco bellocchio ripercorre gli ultimi sei giorni di vita di Eluana Englaro dopo 17 anni di stato vegetativo, la decisione del padre di sospenderne l’alimentazione forzata, ed il clamore della sua battaglia legale. La vicenda fa da sfondo ad un intreccio di altre storie fittizie tutte connesse emotivamente al caso. Tra gli interpreti Isabelle Huppert , Toni Servillo, Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Gian Marco Tognazzi e Brenno Placido.

IN MOLTE PELLICOLE È PRESENTE LA MALATTIA, MA SENZA APPROFONDIMENTO

IN MOLTE PELLICOLE È PRESENTE LA MALATTIA, MA SENZA APPROFONDIMENTO

Volete saperne di più sul cancro?
Non andate al cinema

I film non dicono la verità sulle possibilità di diagnosi e di cura che oggi la medicina mette a disposizione dei pazienti

Clint Eastwood nel film «Gran Torino»Clint Eastwood nel film «Gran Torino»

MILANO – Clint Eastwood, il Walt Kowalski del film Gran Torino (quello in cui lui, reduce dalla guerra di Corea, anziano e malato, prima disprezza, poi finisce per difendere dai teppisti i suoi vicini di casa, asiatici di etnia Hmong) tossiva tanto e probabilmente aveva un tumore al polmone. Non muore per quello, ma perché viene ucciso dai delinquenti della banda. Gran Torino (il titolo è il nome dell’automobile Ford che Walt custodiva gelosamente in garage), uscito nel 2008 non è né il primo né l’ultimo film dove il cancro assume un qualche ruolo, anche da comprimario.

 

«GRAN TORINO» – Di tumori, nei film degli ultimi anni, si parla sempre di più. A partire da La gatta sul tetto che scotta(pellicola del 1958 dove un padre ammalato di tumore si confronta con il figlio alcolizzato) e ancora prima con il Diario di un curato di campagna (che è affetto da un tumore allo stomaco: e siamo nel 1951) per arrivare non solo a Gran Torino, ma a molte altre opere cinematografiche che hanno via via analizzato diversi aspetti legati al mondo dell’oncologia e dei malati. Erin Brockovich (il titolo italiano è: Forte come la verità, del 2000) è una segretaria di uno studio legale che indaga su una compagnia sospettata di avere contaminato le falde acquifere di una cittadina americana, provocando tumori ai residenti e fa emergere l’aspetto epidemiologico della malattia e le sue cause ambientali. Lo stesso fanno l’avvocato Michael Clayton nell’omonimo film del 2007 e la pellicola Le ultime 56 oredell’italiano Claudio Fragasso sui linfomi dei militari e l’uranio impoverito della guerra di Balcani. Poi ci sono le implicazioni economiche delle cure che emergono nel film L’uomo della pioggia (1997) di Francis Ford Coppola.

 

Una scena del film «La prima cosa bella»Una scena del film «La prima cosa bella»

A VIENNA – E ancora: Wit and dying young (1999) parla di cancro all’ovaio e del problema dei trattamenti, mentre Le invasioni barbariche (canadese del 2003), L’eternità e un giorno(Mia aioniotita kai mia mera, titolo originale greco, 1998) e La prima cosa bella (italiano del 2010) affrontano il tema dell’assistenza ai malati terminali. “Oncomovies: cancer in cinema” sarà oggetto di una relazione al prossimo congresso della European Society of Medical Oncology (Esmo) che si terrà a Vienna nei prossimi giorni. «Oggi il cinema si occupa di alcuni aspetti legati ai tumori che erano totalmente assenti in passato – commenta Luciano De Fiore dell’Università La Sapienza di Roma che ha condotto uno studio su questo tema –. Il cancro non è un soggetto facile da rappresentare, ma il fatto che se ne parli in qualche film permette di far conoscere meglio al pubblico questa malattia e le sue implicazioni».

 

PROVE SCIENTIFICHE – Purtroppo però l’immagine che emerge dai film non rappresenta la realtà scientifica dei giorni nostri. Troppo spesso il cinema vede il cancro come un elemento della trama che serve a drammatizzare la situazione e provoca, nella maggior parte delle situazioni, la morte dei protagonisti che ne sono affetti. Invece, le possibilità di sopravvivenza dei pazienti, grazie alle cure oggi disponibili, non sono mai rappresentate sul grande schermo. «Non si parla mai nei film – commenta De Fiore – delle opportunità che la medicina offre oggi ai pazienti. E raramente la sopravvivenza dei malati viene attribuita ai trattamenti ora disponibili. Fortunatamente nella vita reale le cose sono ben diverse».

IL SENO SNOBBATO – De Fiore a altri ricercatori hanno preso in esame 82 film dove si parla di tumore e hanno analizzato, fra i personaggi, 40 donne e 35 uomini affetti dalla malattia. In 21 film il tipo di tumore non era dichiarato. I sintomi erano menzionati nel 72 per cento delle pellicole, mentre il riferimento a test diagnostici compariva nel 65 per cento dei casi. La terapia più citata risultava essere la chemioterapia, seguita dai trattamenti antidolorifici. Non solo: Hollywood non sembra focalizzarsi sui big killer (a eccezione del cancro al polmone), ma preferisce parlare di leucemie, linfomi e neoplasie al cervello (il cancro al seno è quasi sempre snobbato). Nonostante tutte queste considerazioni, però, i ricercatori ritengono che usare il grande schermo per raccontare storie sul cancro possa avere un impatto positivo sia sui pazienti che sui medici. «Può servire – commenta De Fiore – ad aumentare l’attenzione al problema e a capire il valore delle nuove terapie. Non solo: può aiutare gli oncologi a prendere in considerazione alcuni problemi che a volte trascurano. Per esempio: le conseguenze che la malattia può avere sulla sessualità, il rapporto medico-paziente, gli effetti delle terapie. E, perché no, il significato della vita e della morte». Del resto La Bohemeraccontava un dramma della medicina di altri tempi: la tubercolosi. Che oggi è controllabile con i farmaci.

Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it

Batman 1939-2012: dal fumetto al grande schermo 73 anni di successi

Un tripudio annunciato per il terzo capitolo della saga di Christopher Nolan che ci dà modo di rivedere come sono cambiati ed evoluti i personaggi dell’uomo pipistrello dalla carta al mondo di celluloide

 

Era tra i film in scaletta più attesi per la finedell’estate. dopo numerosi rimandi, dovuti ai continui cambi cast e di sceneggiatura che hanno alimentato la fama di trilogia maledetta, ecco finalmente arrivare l’ultimo capitolo di Batman ‘Il cavaliere oscuro – Il ritorno’ diretto da Christopher Nolan. La pellicola, prodotta da Legendary Pictures e Warner Bros, è il capitolo conclusivo della trilogia iniziata nel 2005 con ‘Batman Begins’ e proseguita nel 2008 con ‘Il cavaliere oscuro’, entrambi diretti da Nolan e con protagonista Christian Bale. Attualmente con un incasso globale di oltre 1 miliardo 246mila dollari, ‘The dark knight rises’ sta per entrare nella top ten dei film più visti e con i maggiori incassi di sempre. Senza svelare troppo sulla trama, densa di colpi di scena, ci preferiamo soffermarci su come i personaggi apparsi in questa trilogia si siano evoluti dalla carta stampata, passando dal piccolo al grande schermo senza tralasciare i videogames.  E l’inizio non si può non iniziare sul fronte dei buoni con il padrone di casa.  

1939, L’ESORDIO DELL’UOMO PIPISTRELLO NEI FUMETTI. Il personaggio ha esordito nei fumetti nel maggio 1939 sul numero 27 della rivista ‘Detective Comics’, diventando una delle icone più importanti del fumetto supereroico. Un po’ antipodico a Superman, è perché non possiede superpoteri, e per il carattere più duro alle volte molto risoluto, è uno dei personaggi più amati anche se spesso accusato di essere troppo violento e addirittura ‘cripto fascista!’ Il Batman che un po’ tutti abbiamo conosciuto all’inizio è quello televisivo, sia dei cartoni animati che dei telefilm, che vide Adam West vestire i panni dell’Uomo Pipistrello, un eroe che trovava spazio anche per il sorriso, vestendo una ridicola calzamaglia bluette e attillata che faceva intravedere un po’ di pancetta, mentre i suoi avversari ideavano piani sempre più astrusi e macchinari decisamente assurdi e giganteschi. Nonostante tutti questi elementi creassero spesso una miscela al limite del ridicolo o del farsesco, la serie ebbe un enorme successo e ancora oggi viene citata con affetto dagli appassionati del personaggio.

L’ADATTAMENTO PER IL GRANDE SCHERMO.Nonostante sia diffusa la convinzione che il primo adattamento del personaggio sia stato Batman di Tim Burton, la serie di film su Batman comprende ben dieci pellicole di cui la prima con protagonista Lewis Wilson (1943), poi Robert Lowery (1949), Adam West (1966), Michael Keaton (1989 e 1992), Val Kilmer (1995), George Clooney (1997) e da Christian Bale. I primi tre film riprendevano la visione “buonista” del Cavaliere oscuro, ma sarà con Keaton che torneremo ad un Batman di nuovo col costume nero, un po’ più cupo e violento, fedele alla linea. Con il duo Bale- Nolan si sceglie la psicologia del Batman voluto da Frank Miller ottenendo un successo enorme di critica e pubblico. Per quanto riguarda la spalla del dinamico duo, ossia Robin il Ragazzo Meraviglia, egli ebbe un grande successo sul piccolo schermo interpretato da Burt Ward. Anche se il suo personaggio risultato molto femmineo, e quasi inutile forse per questo al cinema ebbe vita molto, Robin venne utilizzato solo nei film di Joel Schumacher (‘Batman Forever’ e ‘Batman & Robin’). In entrambe le occasioni venne interpretato da Chris O’Donnell, attore decisamente più anziano rispetto al personaggio originale.

ALFRED, DALLA CARTA ALLA CELLULOIDE  IMPECCABILE COME SEMPRE. E poi lui, il fido Alfred, maggiordomo tuttofare nonché tutore di Bruce Wayne che ha avuto invece una vita assai particolare. È il primo caso,infatti, in cui un personaggio dei fumetti viene influenzato dalla sua controparte in celluloide poiché nelle prime apparizioni del fumetto Alfred appariva come un uomo in sovrappeso e senza capelli. Nella primissima serie televisiva, invece, venne interpretato da William Austin il quale aveva un fisico magro e sportivo e dei baffi sottili. Il successo della serie spinse gli autori del fumetto a modificare l’aspetto di Alfred così da assomigliare all’Alfred interpretato da Austin. Nelle pellicole dal 1989 al 1997 sarà il noto volto di Hammer Michael Gough ad impersonare il maggiordomo, anche se non molto somigliante poiché con troppi capelli, gli occhiali e privo di baffi. Mentre ne ‘Il Cavaliere oscuro’, è un magistrale Michael Caine, anche se fisicamente non somigliante, ad interpretare Alfred che nei film di Christopher Nolan assume uno spessore umano e psicologico notevole.

DA HAMILTON A HINGLE, PASSANDO PER GARY OLDMAN, L’EVOLUZIONE DEL COMMISSARIO GORDON. E chiudiamo con il commissario James ‘Jim’ Gordon che è forse tra i comprimari più importanti di Batman. Neil Hamilton interpretò il personaggio nel celebre telefilm degli anni sessanta però era fisicamente inadatto e anche il suo ruolo era marginale quasi comico. Nei film diretti da Tim Burton e Joel Schumacher, Gordon è interpretato da Pat Hingle ma anche qui la fisicità non quadra e lo spessore del personaggio non è ben sviluppato. Ma sarà Gary Oldman nell’ultima trilogia ad impersonare la sua ascesa da semplice poliziotto a commissario che rientra in toto nell’aspetto e nella psicologia del personaggio di Miller. 

JOKER, IL PRIMO DI TUTTI I CATTIVI. Il primo attore ad impersonarlo in un live-action è stato Cesar Romero, che ne diede un’impronta clownesca, ma sempre inquietante, mentre nel Batman del 1989 diretto da Tim Burton, il Joker è stato interpretato da Jack Nicholson. La nascita del personaggio è simile a quella narrata dal fumetto ma, invece di essere un comico fallito, gli sceneggiatori decisero di fare subito del Joker un criminale incallito responsabile della morte dei genitori di Bruce Wayne. Alle interpretazioni sopra citate, va ricordata anche quella magistrale dello scomparso attore australiano Heath Ledger ne ‘Il cavaliere oscuro’ che gli è valsa la vittoria ai BAFTA, ai Golden Globe e al Premio Oscar come miglior attore non protagonista. I critici hanno paragonato questa interpretazione all’Hannibal Lecter di Anthony Hopkins.

LE QUATTRO VITE DI CATWOMAN. Anche se non si può realmente definire una villain, quanto piuttosto un’antagonista, la sinuosa Selina Kyle, ladra femme fatale, ebbe per prima il volto Lee Ann Meriwether film del 1966, tratto dalla serie televisiva omonima e il suo alterego si chiama Miss Kitka Karensha. Fu poi la volta di  Michelle Pfeiffer nel film del 1992, un personaggio rappresentato come una donna sola, infelice e frustrata, spinta al crimine dal proprio capo, Max Shreck, che aveva tentato di ucciderla per coprire il suo piano di costruire una centrale elettrica per rubare l’energia di Gotham City. Nel 2004, i panni della donna gatto li veste Halle Berry, una versione che si discosta molto dal fumetto soprattutto per  una questione ‘etnica’ Selina non era afroamericana. Il film, com’era prevedibile, fu un fiasco al botteghino e presso i fan del fumetto e l’attrice si portò a casa il Razzie Award come peggior attrice. Nell’ultimo film di Nolan tocca ad Anne Hathaway che, al di là della fisicità, dal punto di vista caratteriale è forse tra le più fedeli al fumetto.

DUE FACCE, DAI CATROON ALLA CORTE DEL CAVALIERE OSCURO. 
Per quanto riguarda il personaggio di Due Facce, alias Harvey Dent, totalmente estraneo alla serie tv, venne riesumato dai cartoon. In ‘Batman Forever’ ha il volto di Tommy Lee Jones, co-antagonista insieme al Ridler interpretato da Jim Carrey. Ottima l’interpretazione e le origini del personaggio. Nel secondo capitolo della trilogia di Nolan, Due Facce sarà interpretato da Aaron Eckhart, indubbiamente una grande recitazione, ma con uno sviluppo narrativo ben diverso dal fumetto. 

SPAVENTAPASSERI, UN PERSONAGGIO IN CERCA DI FORTUNA. 
Lo Spaventapasseri, alias Jonathan Crane, doveva essere uno degli antagonisti di Batman Triumphant, film poi cancellato a causa del flop di Batman & Robin. Però lo psicologo pazzo apparve, interpretato da Cillian Murphy, nel primo film della nuova trilogia. Murphy ha voluto evitare il look classico del personaggio preferendo un abbigliamento più semplice per donargli più realismo. Benché diverso dalla controparte di carta e non sviluppato col dovuto spessore, Crane compare in tutti e tre i film guadagnandosi una certa visibilità.

RA’S AL GHUL, CON LIAM NEESON IL SUCCESSO MEDIATICO. è uno dei principali e più pericolosi antagonisti di Batman soprattutto perché è uno dei pochi nemici dell’Uomo-Pipistrello che conosce la sua vera identità. Il personaggio di Ra’s al Ghul non ha mai avuto molto risalto mediatico finquando non è apparso in una versione a cartoni animati all’interno della serie animata Batman, doppiato in italiano da Mario Scarabelli. E fu scelto lui come villain del primo episodio della serie di Nolan con il volto di Liam Neeson. Benché per carattere e atteggiamenti, nonché nella fisicità, sia fedele al fumetto vengono eliminate alcune sue caratteristiche come l’immortalità ottenuta grazie al pozzo di Lazzaro. 

BANE, L’UTLIMO CATTIVO CHE CHIUDE LA TRILOGIA. Ora è il turno di Bane, megacattivo dell’ultima pellicola che chiude la trilogia de ‘Il Cavaliere oscuro’. Come molti altri suoi colleghi egli appare prima nella serie animata e poi nel film del 1997, diretto da Joel Schumacher, interpretato dal wrestler Robert Swenson. Rispetto al fumetto, viene rappresentato come un tirapiedi dalla scarsa intelligenza, brutale e capace di pronunciare solamente qualche parola, semplificando molto le sue origini e il suo carattere, cosa che ha contribuito all’insuccesso del film. In questa sua ultima incarnazione, invece, ha un ruolo fondamentale e ad interpretarlo è l’attore britannico Tom Hardy, solo che qui il look risente molto di alcuni Signori dei Sith di lucasiana memoria come Darth Malgus e il più famoso Darth Vader visto che deve indossare sempre un congegno per respirare che gli fa inalare del gas antidolorifico a causa di una vecchia ferita. Però questa è forse l’interpretazione più veritiera e adatta al personaggio di carta. 

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