‘Gli Equilibristi’: “Mantenere la propria famiglia, la propria dignità, ma non se stesso”

Il film presentata alla Mostra di Venezia è uno spaccato reale e crudo sulla situazione dei padri separati. Un viaggio nella dimensione dei nuovi poveri. De Matteo: “Questo è il conto presentato dopo anni di falso benessere in cui ci hanno fatto cullare”

Vito Tripi – 21/09/2012
 
Fonte: ©Marta Spedaletti e Laura Lo Faro

 

Un film che, più di ogni altro mostra la realtàdelle famiglie italiane negli anni della crisi non solo economica, ma anche e soprattutto dei rapporti interni al nucleo. Uno spaccato sui genitori separati e monoreddito, che oramai vivono sotto la soglia della povertà e, nonostante questo, devono continuare a provvedere alla propria famiglia. Protagonista di questa pellicola, che ha il sapore del reportage e che qualcuno, non a torto, ha avvicinato a ‘Umberto D’ e ‘Ladri di biciclette’, è Giulio, che ha il volto di un magistrale Valerio Mastandrea, impiegato del Comune con 1.200 euro mensili che si trova a dover mantenere se stesso e la moglie che vive con i due figli. La situazione si fa di mese in mese sempre meno sostenibile, e per non intaccare dignità e orgoglio con mancati pagamenti, a rimetterci è la sua qualità della vita che scende sempre di più fino ai limiti della tolleranza.

Presentato alla 69ma Mostra del Cinema diVenezia, nella sezione Orizzonti, il film ‘Gli equilibristi’ di Ivano De Matteo è un film che mostra la disintegrazione del nucleo familiare, la fine delle certezze ma soprattutto delle illusioni. De Matteo apre gli occhi dello spettatore italiano su una realtà fin troppo cruda ma fin troppo vicina a ciascuno di noi. Si potrebbe definire un film dalla prospettiva maschile, visto che il protagonista viene buttato fuori di casa dalla moglie perché adultero, ma in realtà si tratta di una visione globale che potrebbe riguardare tutti.

“Questo film era in cantiere dal 2007 – ha raccontato il regista in un incontro con la stampa neigiorni scorsi – e vuol essere un film ideologico. Ho voluto mostrare la realtà dei nuovi poveri, che sono ben diversi dall’immagine che si è avuta per anni dei clochard, o quella più attuale degli immigrati”. “Si tratta di persone normalissime, dall’aria tranquilla, magari ben vestite, che però mangiano alla mensa della Caritas e sono costrette a dormire in macchina. Questo è il conto, purtroppo, che c’è presentato dopo gli anni di falso benessere in cui ci hanno fatto cullare”. “Ormai – ha continuato De Matteo – il confine tra i due mondi, quello della luce fatto benessere, e quello d’ombra, in cui si aggirano i disperati, non sono più così distanti sono quasi speculari e paritetici, l’uno può diventare l’altro in frazione di secondo”.

‘GLI EQUILIBRISTI’ BACKSTAGE


Una pellicola oltremodo toccante in cui il regista ha ammesso di aver inserito molti aspettibiografici, la cui sceneggiatura è stata scritta a quattro mani con la sua compagna di vita Valentina Ferlan e con il figlio Lupo che interpreta il figlio del protagonista del film. “Se per due anni sto fermo non pagando il mutuo – ha ironizzato De Matteo – mi trasferisco con tutta la famiglia a casa di mia madre e viviamo con la sua pensione di reversibilità. Quindi mi troverò una famiglia-stato anziché uno stato-famiglia come dovrebbe essere”. Oltre a questo il personaggio di Giulio in parte è ricalcato e in parte è omaggio ad un suo amico che era un poeta di strada.

“Per questo film la domanda più stupida che mi è stata fatta – ha raccontato ValerioMastandrea – è ‘Chi è Giulio’ che vuol dire delegare completamente l’analisi di un personaggio e di un film. Invece la domanda più interessante, ma anche la più difficile, che mi è stata fatta più volte è stata ‘E allora che si fa? Cosa possiamo fare per sopravvivere?'”. “Nel finale della pellicola si cerca di dare una risposta, forse un po’ estrema, ma anche idealista e romantica. Probabilmente – ha concluso l’attore romano – perché ormai ci è rimasto solo questo attaccarci a questa spiritualità rispetto alla sopravvivenza non è colpa nostra ma è il simbolo dell’epoca in cui viviamo”.

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La crisi riscopre le riparazioni. Dagli abiti agli elettrodomestici è boom degli ‘aggiusta-tutto’

Un business “anticiclico” che cresce quando i consumi sono in crisi e sta trasformando i consumatori in riparatori. E qualcuno ne fa una teoria

riparazioni

Gli italiani consumano meno e riparano di più. La crisi sta cambiando le abitudini delle famiglie e rilanciando mestieri che sembravano scomparsi: gliaggiusta-tutto. E’ il classico business “anticiclico” che esplode quando la produzione e il commercio sono in contrazione. Si mette la toppa alla giacca, si ripara il vecchio frigorifero invece che comprarne uno nuovo. I consumatori diventano – più per necessità che per scelta – riutilizzatori.

Dagli abiti agli elettrodomestici, dai mobili aicellulari, i negozi e i laboratori che offronoriparazioni fanno affari d’oro. E anche per gli “aggiustatori” tradizionali – meccanici, carrozzieri ecc. – si registrano aumenti di attività.

Una virtù ritrovata

Un settore in cui il recupero è esploso, ad esempio, è quello delle sartorie. Giuliano Andreucci, responsabile di Zyp, una catena di negozi di riparazioni di abiti sparsi soprattutto a Roma e provincia, ha dichiarato a Repubblica: “Ultimamente il nostro fatturato è in aumento e naturalmente si adatta alle caratteristiche dei diversi quartieri”. Nelle zone della Roma povera, come il Quadraro, “si riparano i cappotti della nonna”, a Prati “si fa l’orlo ai capi pret-à-porter”. Insomma c’è un marketing anche per i rammendi.

Un cambio di mentalità che è evidente anche nel settore degli elettrodomestici. Lorenzo Bellachioma, fondatore dell’Associazione riparatori elettrodomestici (Are), spiega sempre a Repubblicache “i clienti sono disposti a spendere molto più di prima per aggiustare il vecchio frigorifero. Oggi si ripara di più anche accettando di spendere 250 euro per un elettrodomestico che ne vale 400“.

Si può crescere consumando meno?

Ma c’è anche chi di recupero parla da tempi non sospetti (ben prima della crisi) per motivi che hanno a che fare più con la sostenibilità ambientale che col risparmio. Sono i teorici delle “3 R“, ovvero:
 Riduci i consumi: compra solo quello che usi davvero, rinuncia al superfluo.
 Riusa (nel nostro caso, Ripara): allunga la vita del prodotto riparandolo e adattandolo.
 Ricicla: tutto ciò che compri prima o poi diventerà rifiuto, utilizza la raccolta differenziata.

Anche se in periodo di crisi la parola d’ordine più diffusa è “aumentare i consumi”, non tutti la pensano così. I sostenitori della decrescita felice, per esempio. Partono da un presupposto fondamentale: in un mondo finito non è possibile una crescita infinita. La crisi che stiamo attraversando lo dimostra: è impossibile spingere i consumi oltre un certo livello. E teorizzano una cambiamento che ha delrivoluzionario: spostarsi progressivamente dal campo degli scambi mercantili a quello degli scambi non mercantili. Che vuol dire usare come moneta di scambio non solo il denaro ma anche il tempo, la competenza personale, l’autoproduzione. A qualcuno può sembrare un sogno da vecchi hippy ma ha il sostegno di economisti e intellettuali che cercano l’alternativa a un modello di sviluppo ormai “alla frutta”. (A.D.M.)

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