Sigarette elettroniche direttive dall’Europa

indexMentre in Italia il dibattito che da tempo interessa la sigaretta elettronica in tutti i suoi aspetti sta dividendo l’opinione pubblica, la politica e gli imprenditori, il Parlamento Europeo ha appena emanato nuove disposizioni che riguardano il prodotto e che sicuramente condizioneranno le prossime decisioni in tutti gli Stati membri dell’UE. 

Più precisamente, a partire dal prossimo maggio (con un periodo di recepimento di due anni, quindi di fatto dal 2016) i produttori di e-cig dovranno attenersi a nuove scrupolose regole che garantiranno la massima sicurezza e qualità dei prodotti fabbricati: in particolare, le sigarette elettroniche dovranno essere a prova di bambino e di manomissione, la quantità di nicotina ammessa dovrà essere non superiore a 20 milligrammi, i pacchetti dovranno presentare particolari avvertenze, e gli ingredienti contenuti nei liquidi dovranno essere puri e controllati. Oltre a ciò, i produttori avranno l’obbligo di rendicontazione: dovranno comunicare annualmente i dati sui volumi di vendita dei prodotti, nonché notificare ogni nuovo articolo che immetteranno sul mercato. La pubblicità delle e-cig, infine, sarà vietata in tutti i 28 stati membri L’UE ha approvato queste nuove norme con lo scopo di regolamentare e controllare l’uso di tabacco, tuttavia i parlamentari europei si aspettano ora l’immancabile contestazione da parte dei produttori, che porterà le parti a discutere in tribunale.  Intanto, anche dal punto di vista scientifico le valutazioni emerse sulle e-cig sono ancora contrastanti: da un lato, c’è chi sostiene che l’uso delle sigarette elettroniche sia di valido aiuto per chi vuole smettere di fumare, dall’altro c’è chi ribadisce la pericolosità di alcuni ingredienti contenuti nei liquidi da vaporizzare, oppure la tendenza alla dipendenza da nicotina nei giovani che utilizzano le sigarette elettroniche. Dal momento che le rilevanze scientifiche sono ancora insufficienti, è ormai diventato importante e urgente approfondire la ricerca, oltre che continuare quella attualmente in via di svolgimento, per chiarire rischi e benefici della sigaretta elettronica a breve e a lungo termine. Sicuramente le e-cig non producono la combustione del tabacco generata invece dalle bionde tradizionali, ovvero quel processo chimico che determina la formazione – e quindi l’inalazione – di tutte le sostanze cancerogene presenti nel fumo. Qualche giorno fa, l’Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria di Napoli e il Centro Studi De Gasperi di Capodrise hanno tenuto un convegno proprio sui tumori laringei rilevati nella Regione Campania: dal dibattito è emerso che Caserta, come Napoli, detiene il record nazionale del tasso di mortalità per tumori legati alla laringe, patologia che colpisce in prevalenza fumatori e bevitori. Le strutture ospedaliere della zona, in considerazione anche dell’inquinamento ambientale registrato in quest’area, chiedono una miglior ripartizione dei fondi sanitari, dal momento che la Campania è attualmente la regione più penalizzata nei tagli per la sanità pubblica. 

 

Sicurezza alimentare: è italiano il cibo meno contaminato del mondo

I prodotti alimentari italiani sono quelli che presentano meno residui chimici se comparati con quelli di Ue e dei paesi extracomunitari. I dati vengono da un’elaborazione di Coldiretti su analisi condotto dall’Efsa.

alimenti italiani

Tortellini, lasagne, torte e polpette. Dopo tutti gliscandali che hanno coinvolto il settore alimentare, c’è bisogno di un po’ di fiducia.

Secondo un’elaborazione Coldiretti sulle analisi condotte dall’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, l’Italia è il primo paese inEuropa nel mondo con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3%). Un numero cinque volte inferiore alla media europea che si attesta all’1,5% di prodotti fuori norma e addirittura 26 volte più basso rispetto a quelli extracomunitari (7,9% di irregolarità).

L’analisi è stata condotta su oltre 77mila campioni di 582 alimenti differenti. I risultati sono stati pubblicati nel Rapporto annuale sui residui di pesticidi negli alimenti.

Nel documento della Coldiretti si evidenzia che un prodotto su due che circola nel Vecchio Continente è completamente privo di “tracce” di residui chimici da fitofarmaci mentre il 98,4% dei campioni esaminati presenta residui entro i limiti, con la percentuale che sale addirittura al 99,7% nel caso dell’Italia che conquista il primato e scende al 92,1% per la media dei Paesi extracomunitari.

«Se si vanno ad analizzare i singoli paesi il dato peggiore – precisa Coldiretti – viene fatto segnare dai cavoli cinesi che in più di quattro casi su cinque (83%) sono risultati con valori oltre i limiti ammessi, ma lo stesso discorso vale anche per i broccoli (irregolare il 77% dei casi) e i pomodori (47% dei casi) provenienti dal paese asiatico. Risultano poco salubri anche l’uva (65% di superamento dei limiti) e il pepe (42%) indiani, i piselli sloveni, l’aglio argentino, le patate brasiliane».

 

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LA LISTA 

tortelliniScandali alimentari: SlowFood stila la lista dei ristoranti sicuri

Per reagire contro gli scandali alimentari che stanno colpendo i prodotti “made in Italy”, Slow Food presenta una lista di ristoranti italiani che offrono menù trasparenti e gustosi.

Proposte direttive europee antifumo: minori rischi per la salute, maggiore risparmio Per le malattie da tabacco si spendono ogni anno 25 miliardi di euro

sigarette ue 367Tonio Borg, commissario Ue per la Salute Fonte: ANSA

La Commissione europea propone nuove normeper contrastare il fumo di sigaretta. L’obiettivo, in cinque anni, è quello di ridurre il numero dei fumatori del 2% nei paesi della Ue. Le norme consistono nell’obbligo di introdurre un pacchetto generico, di aggiungere sul packaging messaggi e immagini sui danni alla salute provocati dal consumo di tabacco. Il 75% della superficie dovrà essere coperto da immagini shock. Saranno vietati i pacchetti da 10 sigarette, che non consentirebbero questi messaggi sgradevoli.Vietati gli additivi che danno un sapore di menta, fragola o vaniglia alle sigarette e norme più restrittive sulle sigarette elettroniche.

Tonio Borg, commissario Ue per la Salute, spiega che per le cure di malattie legate al fumo si spendono annualmente circa 25 miliardi di euro: “Ogni anno una città delle dimensioni di Francoforte o Palermo viene cancellata dalla nostra mappa”, sono troppe le morti, 700mila per malattie legate al tabacco, e ancora troppi i giovani tentati dalle bionde. “I dati parlano da soli – spiega Borg – il fumo uccide la metà dei suoi consumatori e provoca una grave dipendenza”. Il tabacco è un problema per la salute individuale e un problema per la società per i suoi costi sociali.

A questa battaglia si oppone la filiera del tabacco, le industrie sono convinte che norme di questo tipo possono dare maggior impulso a contraffazione e contrabbando, specie l’introduzione dei pacchetti generici. Già oggi il business delle sigarette illegali è stimato intorno al 3,4% (rapporto di Nomisma). Queste norme rischiano di danneggiare il settore con la perdita di 60mila posti di lavoroin Italia e 400mila in tutta Europa. Alle proteste si aggiunge la voce delle associazioni di tabaccai.
Le proposte dovranno ora passare al Parlamento Ue e ai singoli Stati membri e l’adozione potrebbe arrivare nel 2014. A quel punto la nuova legislazione entrerebbe in vigore nel 2015.

Ospedali, le regioni affilano i bisturi: la spending review vuole tagli per 30mila posti letto

Entro il 31 dicembre le regioni devono mettere a punto il piano deciso dal Ministero: si passerà dai 4,2 letti ogni mille abitanti al rapporto di 3,7. Ampiamente sotto la media europea

spending review ospedali

 

Fonte: Dreamstime

LEGGI L’ARTICOLO 

spending review bisSpending review, non è finita. A settembre nuove misure: le anticipazioni. E intanto lo Stato vende palazzi per 1,5 miliardi

Allo studio nuove misure per abbattere la montagna del debito pubblico. Tra queste la vendita di immobili pubblici e la tassazione al 25% dei capitali in Svizzera

Negli ospedali italiani ci saranno 30mila posti letto in meno. Si sta delineando la portata dei tagli, effetto della spending review messa a punto dal Governo la scorsa estate. Entro il 31 dicembre le Regioni, loro malgrado, dovranno indicare dove e come effettueranno la riduzione. In pratica, si dovrà passare nel prossimo triennio 2013-2015 dalla media nazionale attuale che prevede 4,2 letti ogni mille abitanti (di cui 3,6 per mille dei letti per acuti e 0,6 per mille per le lungodegenze), al rapporto di 3,7.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che i recenti tagli si sommano alle “diete” già inflitte al comparto Sanità dell’ultimo decennio: in tutto quasi 45 mila posti letto tagliati dal 2000 al 2009, partendo dal rapporto posti letto/abitanti pari al 5,1 ogni mille abitanti di 12 anni fa.

E qual è l’offerta ospedaliera presente nel nostro Paese in termini di posti letto, in rapporto al livello europeo? La riduzione è stata attuata anche negli altri Paesi dell’UE, ma non in misura così pesante come in Italia, che rimane costantemente sotto la media dell’Europa a 27.
Nel 2000 la media italiana per posti per acuti(escluse dunque le lungodegenze) era infatti pari a4,70 posti per 1000 abitanti, mentre la media UE era di 6,39. E, dieci anni, dopo nel 2009, si registrano le stesse proporzioni con l’Italia su una media di 3,6 letti per mille e l’Europa a quota 5,5 per mille.
Poco più della metà dei letti a disposizione inFrancia, che nel 2009 segnano una media di 6,60e meno della metà rispetto alla Germania, con8,22 posti letto per acuti ogni 1000 abitanti (dati Eurostat).

Alcune regioni, come Emilia RomagnaVeneto,Toscana Lombardia, si sono portate avanti e avendo già avviato una ristrutturazione della Sanità locale; mentre per altre si parte da zero. E sono quelle che già lamentano alti deficit di bilancio a dover fare i conti con gli interventi più drastici: i governatori di Lazio (-19,9%), Trentino (-20,9%) eMolise (-33,2%) dovranno affilare il bisturi.

In realtà, il documento redatto dal ministero della Salute parla soprattutto di “riconversione”, nell’intenzione di alleggerire le spese elevate dei posti letto, trasferendo ove possibile le prestazioni ai servizi territoriali.  Lo 0,7% dei posti disponibili serviranno per le terapie di lungodegenza e per i servizi di assistenza agli anziani.  
I tagli non vogliono essere indiscriminati, nel progetto di riduzione della spesa sanitaria si parla anche diabolire primariati-doppione, di tutelare le strutture con più esperienza, di occupare al meglio i letti di un reparto, arrivando almeno a un tasso di riempimento del 90%

Ma gli effetti dei tagli sulle piccole strutture, ancorché di primaria importanza per i cittadini, non saranno indolori. Le proteste non mancano. E’ il caso, ad esempio, dell’ospedale di Portoferraio, sull’Isola d’Elba, che in base alle misure della spending review dovrebbe chiudere i battenti. Il sindaco Roberto Peria non ci sta e annuncia le proprie dimissioni: la chiusura dell’ospedale lede “diritti costituzionalmente garantiti“. Le dimissioni diventeranno esecutive tra venti giorni. Il sindaco le revocherà solo se “vi saranno mutamenti sostanziali”.
Secondo il segretario nazionale dell’Anaao Assomed (Associazione medici dirigenti), Costantino Troise, il nuovo parametro di 3,7 per mille abitanti fissato per la determinazione dei posti letto, comprensivo non solo di quelli per acuti, ma anche di quelli nelle residenze socio sanitarie, “ci relegatra gli ultimi posti in Europa e suona una campana a morte per le liste di attesa e per il ruolo dei Pronto soccorso destinati a trasformarsi in reparti di ricovero inappropriati, insicuri e, non di rado, non dignitosi”. 

Troika alla Grecia: “Dovete lavorare 13 ore al giorno e anche al sabato”. Utile ricetta anti crisi? Meglio uscire dall’euro?

 

In Grecia è duro scontro tra la Troika (Fmi, Ue e Bce) ed il governo per riuscire a trovare un accordo sul pacchetto di nuove misure di austerità per il biennio 2013-2014 per un totale di 11,5 milioni di euro. Questo rappresenta la condizione indispensabile per dare via libera all’assegnazione di una nuova tranche da 31,5 miliardi, gran parte della quale andrà per la ricapitalizzazione delle banche elleniche.

 

Sulla stampa greca ha avuto molto risalto una delle ricette suggerite dalla Troika “Aumentare il numero massimo di giorni di lavoro a sei settimanali per tutti i settori” e ciò vuol dire che il sabato lavorativo diventerà fisso. Inoltre si sono materializzate anche le indiscrezioni secondo cui sarebbe stata avanzata la richiesta di allungare l’orario lavorativo giornaliero a 13 ore. Si arriverebbe ad avere una settimana lavorativa di 78 ore ossia il doppio della settimana standard in tutta Europa. 

 

Secondo la Troika per rilanciare l’economia ellenica ed il mondo del lavoro bisognerebbe “Aumentare la flessibilità degli orari di lavoro; fissare il tempo di riposo minimo a 11 ore; scollegare le ore di lavoro dei dipendenti dagli orari di apertura al pubblica; eliminare restrizioni sul tempo minimo/massimo tra i turni del mattino e del pomeriggio“.

 

Secondo altre fonti poi la Troika suggerisce che i datori di lavoro dovrebbero poter licenziare i dipendenti più facilmente e, a tale scopo,propone di ridurre della metà (da 4-6 mesi a 2-3 mesi) la durata del periodo previsto per inviare al lavoratore l’avviso di licenziamento. Sulla stessa linea propone inoltre che la liquidazione, ovvero la somma di denaro che i dipendenti ricevono alla fine del rapporto di lavoro, venga ridotta del 50% se essi ricevono una seconda pensione.

 

E’ la giusta ricetta per combattere la crisi? Esistono altre soluzioni? Non sarebbe meglio per la Grecia uscire dall’euro?

La “mucca pazza” è già stata dimenticata: l’UE riapre all’uso di farine animali

A 12 anni di distanza dalla pandemia di “encefalite spongiforme bovina” alias “mucca pazza“, con 190mila casi accertati nel mondo e 225 morti ufficiali, di cui 2 in Italia, per la variante della malattia che attacca l’uomo, l’Unione Europea permetterà nuovamente agli allevatori di nutrire i bovini con le cosiddette “farine animali“, ovveroscarti di macelleria.

Secondo loro la malattia fu provocata dall’utilizzo di carcasse infette, e non dal fatto che i bovini sono animali erbivori non biologicamente concepiti per mangiare derivati animali, ma anche nella “comunità scientifica” non mancano gli scettici. 

Con la definizione “comunità scientifica“, si comprende, purtroppo, anche scienziati e medici sul libro paga delle lobby che sostengono – alcuni degli esempi più eclatanti – che l’uranio impoverito non sia nocivo, oppure che non lo siano gli inceneritori, e via dicendo…

Perché vogliono utilizzare farine animali? Ovviamente la questione è puramente economica: le cosiddette “farine animali” non solo costano molto meno dei mangimi vegetali, trattandosi di scarti di macelleria: (praticamente tutto ciò che viene scartato dalla lavorazione delle carni, finisce nel tritacarnema fanno anche ingrassare velocemente gli animali, per la gioia degli allevamenti. Il fatto che i bovini non siano concepiti per digerire derivati animali, per loro non è importante. Le regole stabilite da Madre Natura sono sacrificabili, all’altare del profitto. Come la salute pubblica, del resto.



Mentre l’intestino dei carnivori è corto, e consente una rapida espulsione del cibo ingerito, quello dei bovini, erbivori, è lunghissimo, e mangiando carne, assorbono tutte le tossine rilasciate dalla decomposizione della stessa che avviene nell’intestino: una questione chesecondo molti scienziati riguarda anche gli esseri umani. Le differenze tra gli apparati digerenti di carnivori, erbivori ed onnivori sono ben evidenziati nell’articolo “Non siamo fatti per essere carnivori: l’evidenza fisiologico-strutturale del corpo umano“. Chi vuole approfondire la questione può leggere “I rischi per chi mangia carne e Cosa comporta mangiare la carne, scritto da un giornalista carnivoro

Ma torniamo ai bovini. Di seguito riporto il commento pubblicato da Fausto Carotenuto di coscienzeinrete.net:


Il bue si riempirebbe dunque di tutte le tossine possibili se improvvisamente diventasse carnivoro. In particolare si riempirebbe di acido urico e di urati. Ora gli urati hanno l’abitudine di avere un debole per il sistema nervoso e per il cervello. Se il bue mangiasse direttamente della carne, ne risulterebbe una secrezione di una quantità enorme di urati che si depositerebbero nel cervello e il bue diventerebbe folle.” Questo diceva Rudolf Steiner 90 anni fa. Era il risultato di una profonda ricerca scientifico spirituale. Poi rivelatasi accuratissima al momento dell’esplosione dello scandalo mucca pazza. Le mucche venivano allevate con farine animali… e una parte di loro impazziva! E chi mangiava la carne di quelle mucche in taluni casi contraeva un morbo mortale. La lezione non è bastata.. e il profitto ora ha piegato i falsi scienziati e gli organi di controllo europei a riaprire le porte alla nutrizione animale per le mucche!
Ma ormai sappiamo come stanno le cose. Chi ancora mangia carne (non è peccato, è una scelta di libertà, come quella vegetariana) sappia che deve prestare estrema attenzione all’origine dei bovini ed alla loro alimentazione.

Staff nocensura.com

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Di seguito l’articolo di Repubblica.it:

L’Unione europea permetterà di nutrire i capi da produzione con mangimi prodotti da scarti di macelleria, ma solo da suini, pollame e pesci. La comunità scientifica si è convinta che la colpa della pandemia fu nell’utilizzo di carcasse infette. Ma l’autorità per la sicurezza alimentare parla di “modelli non sicuri al 100%”


di Corrado Zunino per Repubblica


L’Unione europea riapre alle farine animali: dodici anni dopo la pandemia chiamata mucca pazza, saranno di nuovo pasto per il bestiame da allevamento. Il contagio della Bse, l’encefalite spongiforme bovina, fu devastante: 190mila casi accertati nel mondo e 225 morti ufficiali per la sua variante che attacca l’uomo. Due decessi furono registrati anche in Italia. 

Nel 2013, superando un divieto severo applicato in tutta l’Ue a partire dalla deflagrazione del morbo, i capi da produzione torneranno a essere nutriti con alcune farine animali, prodotte con scarti di macelleria. La Unione, infatti, limiterà le “animal proteins” a maiali, pollame e pesci d’acquacoltura. 

A settembre la commissione Salute e politiche dei consumatori porterà al Parlamento europeo la sua proposta ed è probabile che entro l’anno il divieto assoluto delle proteine animali venga cancellato. Dall’inizio del 2013, quindi, la distribuzione delle farine delle tre specie dovrebbe essere consentita negli allevamenti.

Il dibattito sul ritorno delle proteine Pat, la prima riunione sul tema fu del 7 luglio 2010, è tornato forte nelle ultime due stagioni. La commissione Salute e consumatori si è confrontata sul controverso dossier innanzitutto con una scettica Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa), sede a Parma. Quindi con consulenti medici, veterinari, nutrizionisti dei paesi membri. 

È diventata convinzione maggioritaria della comunità scientifica istituzionale che la pandemia, diagnosticata per la prima volta nel 1986 e che ha fatto registrare decessi anche nelle ultime stagioni, sia stata generata dall’utilizzo di carcasse infette per produrre farine, e non dal fatto in sé di forzare la natura di animali erbivori. Colpa di farine malate, e non di tutte le farine animali. 

L’Istituto superiore di sanità italiano ha confermato questa ricostruzione scientifica e il Consiglio nazionale dell’alimentazione francese ha espresso parere favorevole alla riapertura graduale segnalando come oggi le carni provenienti dal Sudamerica già contengano proteine animali. Ora la commissione guidata da John Dalli, fortemente contestata dagli animalisti per le sue scelte nel campo della clonazione animale e del trasporto dei capi destinati alla macellazione, ha deciso di aprire gradualmente alle “farine”.

Sarà comunque evitata ogni forma di cannibalismo: le farine di galli e galline saranno nutrimento solo per i suini e viceversa. Sul “divieto sui ruminanti” (dal marzo 2001 non possono diventare cibo per altri animali, né possono nutrirsi di farine animali di alcun tipo) la discussione tra l’eurocommissione e i tecnici esterni è stata conflittuale e la spinta lobbistica dell’industria delle carni, che ha trovato sponde negli uffici europei, è stata arginata dalla resistenza dell’Efsa. La proibizione è stata mantenuta e anche in futuro, in qualsiasi tipo di allevamento, non si potranno produrre e dare in pasto farine di bovini e ovini. 

Il veterinario Koen Van Dyck, direttore generale della commissione Salute e consumatori, spiega: “Abbiamo valutato che con queste precauzioni non ci siano rischi per la riproduzione della variante umana del morbo di Jacob Kreutzberg”. Si parla, appunto, della devastante infezione passata dalle mucche, malate di encefalite spongiforme, agli uomini. L’Efsa di Parma ha reso pubblico un documento, tuttavia, in cui parla di “modelli di difesa adottati dalla Ue soddisfacenti, ma non sicuri al cento per cento”. 

Per evitare ogni contaminazione incrociata le farine animali che torneranno sul mercato avranno una “stretta canalizzazione” nel loro viaggio verso magazzini e allevamenti e per evitare mescole pericolose fra proteine di bovini, ovini e caprini (esiste anche una Bse di ovini e caprini detta Scrapie) si organizzeranno “test simili a quelli che si fanno per individuare l’introduzione di prodotti geneticamente modificati”. Dice ancora il direttore generale Van Dyck: “Non esiste il bisogno di dare proteine animali agli erbivori”. Per ora saranno esclusi dall’alimentazione integrata con le farine anche cavalli e conigli.

UE: App smartphone per assistenza sanitaria all’estero

Il 7 giugno 2012 la Commissione Europea ha lanciato un’applicazione per smartphone che permette di  servirsi della tessera sanitaria (TEAM) durante la permanenza nei Paesi Europei. Sarà possibile, quindi, usufruire del servizio sanitario pubblico nello Stato Europeo in cui ci si trova. Le cure che si possono richiedere non riguardano solo interventi urgenti e salvavita, ma anche necessità comunemente identificate con i codici verdi e gialli.

La nuova applicazione, disponibile in 24 lingue, sarà permetterà di poter usufruire delle cure mediche pubbliche in 31 Stati europei (i 27 membri dell’Ue piu’ Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). L’applicazione informa anche sugli eventuali costi a carico del paziente e sulle procedure per chiedere il rimborso delle spese sostenute. In aggiunta a questi servizi, è possibile scorrere i numeri per le chiamate d’emergenza, l’elenco delle cure coperte da assicurazione, i numeri utili da contattare in caso di smarrimento della TEAM. In linea generale i titolari della Team hanno diritto, in caso di malattia o infortunio, di accedere all’assistenza sanitaria pubblica al pari dei cittadini del Paese in cui ci si trova.

Per maggiori informazioni vi consigliamo di consultare il sito del Ministero della Sanità www.salute.gov.it