Il giro dell’oca del debito pubblico


Debito Pubblico Gioco dell'Oca

 di Giovanni Zibordi

 I cosiddetti “Mercati”, la nuova divinità iraconda e punitiva alla quale i governi si inchinano, sacrificando democrazie e popoli, hanno i loro simbolismi magici. Per esempio lo spread, che sorge inquietante sui cieli dei media come il pipistrello di Gotham City. E come ogni divinità che si rispetti, essi non amano la trasparenza né ammettono di venire studiati da altri che non siano i loro invasati sacerdoti. Tuttavia, basta andare oltre alle verità rivelate sulle sacre scritture contabili, oltre all’omelia quotidiana dei partiti a caccia di voti, spingendosi al di là della propaganda, per svelare la natura umana, troppo umana di una liturgia che poco ha di sacro e molto di profano.

 
 Gli strali dei mercati, ad esempio, si sono recentemente attenuati grazie al riacquisto da parte del governo greco, con i soldi del finanziamento UE da 10 miliardi, di suoi propri bonds, drenati dalle banche greche. Le banche greche, a loro volta, sono state obbligate a venderli, contro la loro stessa volontà, anche se quotando intorno ai 25 centesimi avranno a loro volta una perdita di 4 miliardi di euro che le costringerà presto a chiedere un nuovo salvataggio UE, in una spirale di assurdità senza fine. Ma il governo greco, viceversa, riaqcquistando i propri bond avrà un guadagno secco di 75 centesimi l’uno, perchè evidentemente li terrà fino alla loro scadenza naturale, quando cioè torneranno al loro valore nominale 100 (e visto che li terrà senza venderli, non scenderanno di prezzo). 

 Ricapitoliamo perché potreste pensare di non avere capito bene. Atene, per finanziare il suo deficit, vende inizialmente 10 miliardi di bonds, i quali principalmente vengono comprati da banche francesi e tedesche, che poi nel 2011 decidono di liberarsene. Come fare? Interviene la UE che spinge le banche greche ad acquistarli (allo stesso identico modo in cui le banche spagnole o italiane si sono riempite di titoli di stato del loro Paese). E oggi il Governo greco ricompra i suoi stessi titoli di stato, che aveva precedentemente venduto per finanziarsi. E con che soldi, dunque? Con quelli accreditati dalla UE e dalla BCE. Fantastico! Un giro dell’oca nel quale si ritorna sempre al punto di partenza (per chi pensa che esageri ho parafrasato qui la sintesi che ne fa il financial times.

  Esisterebbe un termine tecnico per questo genere di operazioni che, nel gergo psichiatrico, ricadono sotto il cappello della “demenza”. La famosa demenza mercantile. In realtà non si tratta di vera e propria follia, perchè la ragione di tutti questi giri è confondere l’opinione pubblica con complicati passaggi contabiliin modo che non capisca da dove provengono, dove sono finiti e chi ce li ha messi, questi miliardi che vanno avanti e indietro dai debiti pubblici. 

  A voler essere pignoli, oltre a questi 10 miliardi di cui sopra, il governo greco sta ricomprando altri 20 miliardi e rotti, che sono nelle mani di alcuni hedge funds. Tuttavia, in questo caso li pagherà molto di più: sui 35 centesimi l’uno, facendo guadagnare ai loro attuali detentori qualche miliardo, visto che i bonds erano stati astutamente acquistati a inizio 2012, dopo la ristrutturazione del debito greco, alla media di circa 15 centesimi l’uno..

 Tirate le somme, alla fine la UE avrà finanziato il governo greco per circa 30 miliardi, con i quali questi ricompra i suoi stessi titoli, in modo che il debito pubblico greco sembri minore per la stessa somma. Una magia, un complicato schema di simbolismi divinatori, esattamente pari a quelli che i sacerdoti Maya utilizzavano per placare l’ira degli dei (e mantenere la popolazione sottomessa). In questo caso,viene usata una “moneta magica”, creata dal nulla e che nel nulla sparisce, in maniera incomprensibile ai più. 

  Questo schema, caratteristico degli ultimi tempi, si è visto nei rapporti tra Grecia, UE e BCE, così come nella logica sottostante ai vari fondi salva-stati, e non è sostanzialmente diverso da quello in atto in America, in Giappone e in Inghilterra e anche, in parte, nei vari programmi di Draghi. Di seguito una sintesi a fumetti che spiega come funziona il meccanismo in Inghilterra, dove in ossequio alla semplicità della mentalità inglese, il giro dell’oca sul tabellone è molto meno contorto.
  
  – sequenza 1;  – sequenza 2;  – sequenza 3;

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Ospedali, le regioni affilano i bisturi: la spending review vuole tagli per 30mila posti letto

Entro il 31 dicembre le regioni devono mettere a punto il piano deciso dal Ministero: si passerà dai 4,2 letti ogni mille abitanti al rapporto di 3,7. Ampiamente sotto la media europea

spending review ospedali

 

Fonte: Dreamstime

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Allo studio nuove misure per abbattere la montagna del debito pubblico. Tra queste la vendita di immobili pubblici e la tassazione al 25% dei capitali in Svizzera

Negli ospedali italiani ci saranno 30mila posti letto in meno. Si sta delineando la portata dei tagli, effetto della spending review messa a punto dal Governo la scorsa estate. Entro il 31 dicembre le Regioni, loro malgrado, dovranno indicare dove e come effettueranno la riduzione. In pratica, si dovrà passare nel prossimo triennio 2013-2015 dalla media nazionale attuale che prevede 4,2 letti ogni mille abitanti (di cui 3,6 per mille dei letti per acuti e 0,6 per mille per le lungodegenze), al rapporto di 3,7.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che i recenti tagli si sommano alle “diete” già inflitte al comparto Sanità dell’ultimo decennio: in tutto quasi 45 mila posti letto tagliati dal 2000 al 2009, partendo dal rapporto posti letto/abitanti pari al 5,1 ogni mille abitanti di 12 anni fa.

E qual è l’offerta ospedaliera presente nel nostro Paese in termini di posti letto, in rapporto al livello europeo? La riduzione è stata attuata anche negli altri Paesi dell’UE, ma non in misura così pesante come in Italia, che rimane costantemente sotto la media dell’Europa a 27.
Nel 2000 la media italiana per posti per acuti(escluse dunque le lungodegenze) era infatti pari a4,70 posti per 1000 abitanti, mentre la media UE era di 6,39. E, dieci anni, dopo nel 2009, si registrano le stesse proporzioni con l’Italia su una media di 3,6 letti per mille e l’Europa a quota 5,5 per mille.
Poco più della metà dei letti a disposizione inFrancia, che nel 2009 segnano una media di 6,60e meno della metà rispetto alla Germania, con8,22 posti letto per acuti ogni 1000 abitanti (dati Eurostat).

Alcune regioni, come Emilia RomagnaVeneto,Toscana Lombardia, si sono portate avanti e avendo già avviato una ristrutturazione della Sanità locale; mentre per altre si parte da zero. E sono quelle che già lamentano alti deficit di bilancio a dover fare i conti con gli interventi più drastici: i governatori di Lazio (-19,9%), Trentino (-20,9%) eMolise (-33,2%) dovranno affilare il bisturi.

In realtà, il documento redatto dal ministero della Salute parla soprattutto di “riconversione”, nell’intenzione di alleggerire le spese elevate dei posti letto, trasferendo ove possibile le prestazioni ai servizi territoriali.  Lo 0,7% dei posti disponibili serviranno per le terapie di lungodegenza e per i servizi di assistenza agli anziani.  
I tagli non vogliono essere indiscriminati, nel progetto di riduzione della spesa sanitaria si parla anche diabolire primariati-doppione, di tutelare le strutture con più esperienza, di occupare al meglio i letti di un reparto, arrivando almeno a un tasso di riempimento del 90%

Ma gli effetti dei tagli sulle piccole strutture, ancorché di primaria importanza per i cittadini, non saranno indolori. Le proteste non mancano. E’ il caso, ad esempio, dell’ospedale di Portoferraio, sull’Isola d’Elba, che in base alle misure della spending review dovrebbe chiudere i battenti. Il sindaco Roberto Peria non ci sta e annuncia le proprie dimissioni: la chiusura dell’ospedale lede “diritti costituzionalmente garantiti“. Le dimissioni diventeranno esecutive tra venti giorni. Il sindaco le revocherà solo se “vi saranno mutamenti sostanziali”.
Secondo il segretario nazionale dell’Anaao Assomed (Associazione medici dirigenti), Costantino Troise, il nuovo parametro di 3,7 per mille abitanti fissato per la determinazione dei posti letto, comprensivo non solo di quelli per acuti, ma anche di quelli nelle residenze socio sanitarie, “ci relegatra gli ultimi posti in Europa e suona una campana a morte per le liste di attesa e per il ruolo dei Pronto soccorso destinati a trasformarsi in reparti di ricovero inappropriati, insicuri e, non di rado, non dignitosi”.