Caso di buona sanità all’Umberto I-Nocera Inferiore

Umberto-I

 

 

 

 

Nocera Inferiore. Un intervento complesso e mai segnalato dalla letteratura scientifica degli ultimi anni è stato effettuato nell’Ospedale Umberto I di Nocera Inferiore dalle equipe di chirurgia vascolare e di otorinolaringoiatria. Il paziente L.S. da. Napoli, è stato operato contemporaneamente di laringectomia totale per tumore della laringe e di tromboendoarteriectomia carotidea destra.
Il paziente aveva un grave tumore della laringe per il quale era necessario un urgente intervento di asportazione della laringe e dei linfonodi del collo ma aveva anche una stenosi grave della biforcazione carotidea destra a rischio di ictus. Vista l’urgenza delle due procedure chirurgiche, le equipe mediche hanno deciso di intervenire contemporaneamente, dopo aver discusso con il paziente ed i familiari delle modalità della operazione.
L’intervento è stato effettuato giovedi scorso dalla equipe ORL diretta da Dottor Remo Palladino e dalla equipe di Chirurgia Vascolare diretta dal Dottor Gennaro Vigliotti insieme alla equipe anestesiologica composta dai dottori Giuseppe Lubrano e Massimo Petrosino. L’intervento, durato circa 5 ore, è perfettamente riuscito sia dal punto di vista oncologico che vascolare ed il paziente è in netta ripresa clinica.
Il Direttore Sanitario Maurizio D’Ambrosio, si è congratulato con i medici e il personale della sala operatoria, ricordando che, grazie alle indicazioni programmatiche della Direzione Generale, il DEA di III livello di Nocera-Pagani è ormai una realtà regionale, in grado di poter effettuare prestazioni mediche complesse e sempre più proiettato nel divenire un centro di riferimento sia per le emergenze che per le patologie di elezione.

La Laringe

La Laringe

 

a cura del Dr. Alberto Rocco

Specialista in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico Facciale
Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini – Roma –

 

numero unico di prenotazioni: 06/60 50 73 10

da lunedi a venerdi ore 9-20

 

 

 

 

 

La Laringe è un organo posto nella regione centrale ed anteriore del collo in continuità con la faringe, in alto, e con la trachea, in basso. Essa determina, con la sua prominenza, il cosiddetto “pomo d’Adamo”, presente in entrambi i sessi ma più evidente nell’uomo.

 

Schematicamente si suddivide in tre porzioni:

  • porzione sopraglottica corrispondente al tratto iniziale (superiore) in diretto rapporto con la faringe; comprende l’epiglottide, una piccola cartilagine che ha la funzione di coprire il tratto respiratorio dalla inalazione di cibo durante l’alimentazione;

  • porzione glottica corrispondente alle corde vocali è la parte da cui ha origine la voce;

  • porzione sottoglottica corrispondente alla parte che si continua con la trachea.

 

La laringe svolge le seguenti funzioni:

  • funzione protettiva: consiste nell’impedire l’ingresso degli alimenti nella trachea e viene svolta dall’epiglottide che funge da coperchio della laringe nel momento della deglutizione;

  • funzione fonatoria: consiste nella produzione della voce attraverso le vibrazioni delle corde vocali messe in movimento dall’aria in uscita dai polmoni;

  • funzione respiratoria assicura il passaggio dell’aria proveniente dal naso e diretta ai polmoni.

 

I TUMORI DELLA LARINGE

 

I tumori maligni della laringe sono i tumori più frequenti del distretto otorinolaringoiatrico.

La guarigione dei pazienti che si ammalano di un tumore della laringe varia in funzione dell’estensione e della sede iniziale della neoplasia e nei casi più favorevoli può arrivare al 95%.

L’età maggiormente colpita è compresa tra 50 e 70 anni.

 

fattori di rischio principali per l’insorgenza dei tumori della laringe sono il fumo di tabacco e l’alcool.

 

sintomi di esordio di un tumore laringeo variano in funzione della sede di insorgenza.

Per i tumori della regione sopraglottica, che prende parte soprattutto al meccanismo della deglutizione, il sintomo più frequente è la disfagia (fastidio ad inghiottire). Può comparire anche dolore che spesso si irradia verso l’orecchio; talvolta il sintomo di esordio può essere l’aumento di volume di uno o più linfonodi del collo per la ricca presenza di vasi linfatici di questa regione;

 

per i tumori della regione glottica, che prende parte al meccanismo dell’emissione della voce, il sintomo più frequente è la disfonia (voce rauca) ingravescente, cioè con tendenza a peggiorare nel tempo e resistente alla terapia medica;

 

per i tumori della regione sottoglottica, che sono molto rari, i sintomi tendono a comparire quando la crescita della neoplasia riduce considerevolmente lo spazio respiratorio, determinando dispnea o quando vengono interessate le corde vocali.

 

 

 

 

 

DIAGNOSI

 

La diagnosi precoce cioè negli stadi iniziali della crescita neoplastica, permette maggiori possibilità di guarigione e anche scelte terapeutiche che rendono possibile, a volte, la conservazione della laringe e quindi delle sue funzioni.

Per formulare una corretta diagnosi risultano di fondamentale importanza alcune indagini strumentali, tra le quali:

  • laringoscopia indiretta: consiste nella visualizzazione della laringe tramite uno specchietto; è l’esame che si esegue per primo in caso di necessità ed è pratico, rapido ed indolore. Se effettuato da mani esperte permette nella maggior parte dei casi di formulare una corretta diagnosi dell’eventuale patologia laringea e di escludere o confermare la presenza di un tumore della laringe;

 

 

 

 

  • laringoscopia con fibre ottiche: consiste nella visualizzazione della laringe attraverso una piccola telecamera situata all’interno di un fibroscopio, uno strumento sottile e flessibile che viene introdotto attraverso il naso per arrivare in stretta prossimità della laringe stessa;

 

 

 

  • laringoscopia in sospensione: è l’esame più valido per la diagnosi definitiva; permette di effettuare la biopsia  della lesione sospetta (prelievo di tessuto per l’analisi microscopica) e a volte consente di eseguire interventi chirurgici  risolutivi in presenza di lesioni iniziali che interessano una piccola porzione delle corde vocali o di altri distretti laringei. Ha il limite di richiedere l’anestesia generale e pertanto il ricovero del paziente.

 

 

 

 

Il precorso diagnostico delle neoplasie laringee prevede anche l’esecuzione di indagini quali la risonanza magnetica (RM) o la tomografia computerizzata (TAC) per valutare l’eventuale estensione della malattia nei tessuti profondi che non sono visibili alla laringoscopia in sospensione.

 

 

 

TERAPIA

 

Il trattamento varia in funzione delle dimensioni e della localizzazione del tumore e prevede l’impiego della Chirurgia, della Radioterapia o della Chemioterapia, sia singolarmente sia in combinazione tra loro.

 

Chirurgia

Schematicamente l’intervento chirurgico può essere di:

  • cordectomia: si suddivide in 5 tipi dalla più superficiale che interessa solo la mucosa di rivestimento della corda vocale (decorticazione) alla più profonda che consiste nella rimozione completa della corda vocale;

 

 

 

 

 

  • laringectomia parziale: si esegue nelle fasi avanzate del tumore ma vengono conservate alcune porzioni della laringe e conseguentemente vengono risparmiate le sue funzioni fondamentali. La tracheotomia viene richiusa definitivamente dopo un adeguato periodo di rieducazione finalizzato al recupero della respirazione per le vie naturali, della fonazione e della deglutizione;

 

 

 

  • laringectomia totale: si esegue nelle fasi più avanzate del tumore nel caso non fosse possibile conservare l’unità funzionale minima della laringe, non necessariamente per l’estensione del tumore ma anche nei casi in cui vi fosse interessamento di alcuni punti critici della laringe, anche in presenza di una neoplasia non troppo estesa. In questi casi il tracheostoma è definitivo come pure la perdita della voce naturale ma paradossalmente il periodo post-operatorio è molto meno impegnativo per il paziente visto che non è necessario il periodo di rieducazione per la ripresa delle funzioni della laringe.

 

 

 

Radioterapia

La Radioterapia ha lo scopo di distruggere le cellule tumorali utilizzando radiazioni generate da apparecchiature appositamente progettate. Con le tecniche moderne è possibile concentrare le radiazioni solo nella zona tumorale risparmiando al massimo i tessuti sani. In funzione della estensione della neoplasia il volume irradiato sarà limitato alla laringe o potrà comprendere anche i linfonodi del collo.

Il trattamento standard prevede l’erogazione di 66-70 Gy (Gy=Gray, unità di misura della dose assorbita) frazionati in sedute giornaliere che si effettuano cinque giorni alla settimana in genere sette settimane di seguito, per un totale di 35 sedute.

Quando la Radioterapia segue alla Chirurgia, la dose necessaria sarà più bassa rispetto al trattamento di Radioterapia esclusiva e la durata del trattamento conseguentemente più breve.

Gli effetti collaterali si concentrano sulle mucose comprese nel volume bersaglio e sulla cute sovrastante la zona trattata e consistono in mucosite o dermatite (infiammazione) della zona colpita in misura variabile da persona a persona ma in genere ben tollerati e di durata limitata nel tempo.

 

Chemioterapia

La Chemioterapia è un trattamento effettuato con farmaci che hanno lo scopo di interferire con i processi di crescita delle cellule tumorali limitandola o determinando la morte della cellula stessa.

Può essere effettuata in associazione alla Radioterapia dopo la Chirurgia (radio chemio concomitante) oppure sempre in associazione alla Radioterapia senza essere preceduta dalla Chirurgia (radio chemio esclusiva). Raramente viene eseguita come prima terapia, allo scopo di ridurre o di sensibilizzare la massa tumorale per i trattamenti successivi (chemio neo-adiuvante o induttiva).

I farmaci più utilizzati sono ancora oggi i derivati del platino (cisplatino e carboplatino) e il 5-fluorouracile. Gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati dalla nausea e dall’infiammazione delle mucose, che in genere è possibile attenuare con alcuni trattamenti sintomatici.

E’ in fase avanzata di studio l’utilizzo di alcuni farmaci che interferiscono con la formazione dei vasi sanguigni all’interno della massa tumorale (cetuximab) e in casi selezionati vengono già introdotti nei protocolli di trattamento.

 

 

 

DOPO L’INTERVENTO CHIRURGICO

 

Nei casi in cui si sia deciso per la Chirurgia, il risveglio dopo l’intervento rappresenta ovviamente la fase più difficile da superare ma in realtà per motivi più psicologici che reali. Le prime ore sono quelle in cui la sensazione di non potersi muovere è maggiore per l’impedimento determinato dalla medicazione e dalla presenza dei vari sondini, drenaggi, ecc.

 

Nella Laringectomia totale la respirazione avviene attraverso la cannula tracheale ma questo non rappresenta assolutamente un problema per il paziente perché è l’aria ambiente che si introduce automaticamente nella cannula durante la respirazione, esattamente come avviene nel passaggio dell’aria attraverso le narici senza che la persona ne abbia consapevolezza. Quindi la respirazione avviene in maniera diversa ma senza nessuna fatica o controllo da parte del paziente.

La cannula verrà rimossa in genere tra il primo ed il terzo mese dopo l’intervento ma il tracheostoma sarà permanente e rappresenterà la nuova e definitiva via di respirazione per il paziente.

 

L’alimentazione, nei primi giorni dopo l’intervento, avviene tramite un sottile tubicino trasparente introdotto dentro il naso, il sondino naso-gastrico.

L’alimentazione per le vie naturali riprenderà senza nessun cambiamento dopo circa 10-12 giorni dall’intervento chirurgico.

 

La fonazione, dopo un periodo variabile di rieducazione con il logopedista, potrà riprendere in maniera diversa imparando ad utilizzare la cosiddetta voce esofagea che in casi frequenti permette al malato di farsi capire perfettamente in tutte le situazioni, anche al telefono, senza l’utilizzo di nessuna apparecchiatura. In effetti la voce così emessa non presenta sonorità e questa nuova capacità di parlare è variabile da persona a persona ed è questo in definitiva il vero cambiamento con il quale è necessario convivere comprendendo e superando senza traumi i limiti da questo imposti.

 

Nella Laringectomia parziale il decorso clinico delle prime 2-3 settimane è del tutto sovrapponibile a quello della laringectomia totale ma successivamente, con l’aiuto del logopedista,  la ripresa graduale della deglutizionepermetterà la rimozione della cannula tracheale, la chiusura del tracheostoma e una ripresa della respirazione e della fonazione per le vie naturali.

Il periodo di rieducazione per la ripresa completa della deglutizione in tutte le situazioni può essere anche molto lungo (1-2-3 mesi…e oltre in casi limite) e varia in funzione del tipo di intervento ed in funzione della collaborazione/capacità del paziente a percepire il cambiamento strutturale della propria laringe.

 

 

 

IL TRACHEOSTOMA E LA GESTIONE DELLA CANNULA

 

Il tracheostoma rappresenta la nuova via di passaggio dell’aria durante la respirazione. Non è necessario alcun controllo da parte del paziente che dovrà semplicemente respirare come prima dell’intervento chirurgico.

 

In caso di Laringectomia Totale esso rappresenta la via definitiva di respirazione mentre nel caso di Laringectomia Parziale il trachestoma è temporaneo e verrà richiuso quando si sarà riguadagnata la piena autonomia alimentare.

 

Il tracheostoma deve essere sempre mantenuto protetto utilizzando dei bavaglini di garza o cotone. Nel periodo invernale a questo scopo è possibile indossare maglie a collo alto mentre nel periodo estivo si possono utilizzare semplici foulard. In tutti i casi è preferibile posizionare un piccolo cerotto-filtro davanti al tracheostoma per prevenire l’infiltrazione di polvere e microparticelle nella trachea e nei polmoni.

 

E’ sempre bene evitare:

– gli ambienti polverosi e fumosi;

– l’esposizione a corrente d’aria diretta;

– le temperatura estreme troppo caldo o troppo freddo.

 

E’ inoltre necessario:

– tenere pulito il tracheostoma detergendolo con una spugnetta umida;

– durante la doccia o il bagno riparare il tracheostoma con apposite garze e non immergersi oltre l’altezza del torace per evitare l’inalazione di acqua;

– cercare di umidificare adeguatamente l’aria di casa soprattutto nel periodo invernale quando il riscaldamento è acceso.

 

 

 

La cannula tracheale ha lo scopo di mantenere aperto il tracheostoma durante la fase di cicatrizzazione dei tessuti per impedirne la chiusura. In entrambi i casi, di Laringectomia Totale o Parziale, verrà rimosso dopo un periodo variabile, da 1 a 3 mesi ma a volte anche molto di più, in accordo con le direttive dello Specialista Otorinolaringoiatra. Nel primo caso perché i tessuti ormai stabilizzati non avranno più la tendenza a richiudersi, nel secondo caso perché una volta terminato il periodo di rieducazione, il tracheostoma non avrà più ragione di esistere.

 

La cannula è costituita da tre parti fondamentali:

– la cannula vera e propria, costituita da un tubo di plastica rigida e ricurva che viene introdotto direttamente nel tracheostoma;

– la controcannula, che consiste in un tubo di forma identica alla cannula ma leggermente più stretto che viene inserito all’interno della cannula. La sua estrazione, pulizia e reinserimento sono manovre facili che il paziente può tranquillamente autogestire;

– il mandrino che viene utilizzato esclusivamente per facilitare l’introduzione della cannula nel tracheostoma. Quest’ultima manovra nel primo periodo viene eseguita direttamente dal medico, successivamente sarà possibile l’autogestione completa da parte del paziente in funzione del suo grado di collaborazione.

 

La cannula può essere cuffiata o non cuffiata per la presenza o meno di un palloncino che ha lo scopo di proteggere le vie aeree dall’inalazione di cibo durante la rieducazione alimentare nelle laringectomie parziali.

 

La cannula deve essere tenuta con cura e soprattutto pulita. In alcuni casi a seguito di particolari movimenti o colpi di tosse, si potrebbe notare qualche piccola striatura di sangue nel muco espulso, questo è un fenomeno che non deve preoccupare perché è dovuto alla rottura di piccoli capillari.

Per pulire la controcannula, sbloccare innanzitutto l’anello che la tiene bloccata alla cannula e quindi estrarla con delicatezza; porla sotto un getto d’acqua e rimuovere ogni residuo interno aiutandosi con l’apposito spazzolino; asciugarla con cura al suo interno con l’aiuto di garze e reintrodurla nella cannula.

Per pulire la cannula valgono le stesse indicazioni con l’unica differenza di tecnica di estrazione e reintroduzione in trachea mediante l’utilizzo del mandrino, che vi verrà spiegata dal medico specialista.

 

 

 

LA COMUNICAZIONE

 

In caso di Laringectomia Totale trascorso un primo periodo in cui è necessario portare la cannula si può iniziare la fase di riabilitazione vocale. Questa è effettuata sotto la guida dei logopedisti che insegnano ai laringectomizzati come riprendere a comunicare utilizzando diverse tecniche in funzione delle caratteristiche fisiologiche individuali. I risultati sono ottimi e la gran parte dei pazienti riacquista in poche sedute la capacità di comunicare con una voce priva di sonorità ma perfettamente udibile dagli interlocutori, persino al telefono.

Negli altri casi in cui non sia possibile imparare la voce esofagea esistono alternative alla comunicazione mediante protesi fonatorie interne ed esterne (laringofono), che il chirurgo consiglierà di volta in volta al paziente in funzione delle diverse situazioni cliniche e socio-familiari.

 

 

CONCLUSIONI

 

Il tumore della laringe soprattutto se diagnosticato nelle fasi iniziali, ha una buona percentuale di guarigione anche per la scarsa tendenza a dare metastasi a distanza.

 

E’ necessario che il paziente e i familiari comprendano e accettino tutte le diverse fasi del percorso diagnostico-terapeutico proposto dal chirurgo per facilitare la realizzazione della miglior soluzione terapeutica possibile per il paziente.

 

Allo stesso modo, nel periodo post-operatorio, è estremamente importante che il paziente si sottoponga ai regolari controlli (follow-up) che il chirurgo prescriverà al paziente, corredati da tutti gli esami clinico-strumentali, previsti nei vari periodi.

Il periodo dei controlli dura di norma 5 anni che rappresentano il periodo di rischio per il paziente, trascorso il quale la possibilità di riammalarsi di un secondo tumore diminuisce in maniera significativa.

 

E’ importante comunque che il paziente sia il primo medico di se stesso sorvegliando attivamente il proprio stato di salute ed è naturalmente necessario smettere di fumare.

http://www.orecchio-naso-gola.it/laringe.htm

 

 

APPROFONDIMENTI Sanità, non solo «tagli» Stop ai viaggi della speranza

Così Otorino di Barletta riesce ad arginare
l’emigrazione dei pazienti in altre regioni

 

Michele BarbaraMichele Barbara

È inutile negarlo, il piano di Riordino ospedaliero è stato guidato dalla necessità di far quadrare i bilanci. Se l’obiettivo non fosse stato il raggiungimento del risparmio indicato dal Piano di rientro dal deficit, in Puglia non sarebbe stato necessario imporre la chiusura e la riconversione di 18 ospedali (poi saliti a 21 con Nardò, Conversano e Gioia del Colle) e tagliare 2.200 posti letto. Ma il bilancio non è stata l’unica bussola seguita perché, spulciando tra le carte del Piano di riordino, emerge che in un contesto di tagli è possibile trovare qualche reparto in cui i posti letto sono aumentati. E almeno in un caso, quello di Otorinolaringoiatria di Barletta, coincide con un reparto di qualità. Questo, almeno, emerge dai numeri, che ovviamente possono non essere esaustivi ma una indicazione la danno: nel biennio 2010-2011 il coefficiente di complessità della chirurgia oncologica testa-collo dell’ospedale di Barletta è risultato doppio rispetto a quello nazionale. Come dire che, per i casi più gravi, ci si rivolge al Dimiccoli di Barletta.

 

«Siamo l’unico reparto di Otorinolaringoiatria di Puglia — spiega il primario Michele Barbara, che è anche segretario del gruppo otorino pugliese oltre che membro del direttivo dell’Aooi (Associazione ospedaliera otorini italiani) — che con il Piano di riordino ospedaliero ha visto aumentare i posti letto, da 13 a 15». E in una Asl, come quella della Bat, in cui molte strutture da complesse sono diventate semplici, il reparto di otorinolaringoiatria è rimasto «complesso». Valorizzare i reparti che funzionano è un modo anche per far quadrare i bilanci, oltre che una garanzia di maggior tutela e garanzia dei pazienti: si possono infatti arginare i flussi extraregionali. «In Puglia — spiega Barbara — i carcinomi laringei sono circa 250 all’anno. E il 50% dei pazienti va fuori regione per curarsi. Il costo, per l’insieme dei reparti di Otorino pugliesi, è quantificabile in 6-8 milioni all’anno, di cui solo la metà è riconducibile a problemi oncologici. Si va fuori, quindi, anche per patologie a bassa complessità come le adenoidi, per esempio. Se si considerano tutte le specializzazioni e non solo l’Otorino, il costo sale a 180 milioni annui: un saldo troppo salato che viene sottratto ai cittadini pugliesi».

Ecco allora spiegato lo sforzo della Regione, ma anche dei singoli primari, volto ad arginare l’emigrazione sanitaria: «Ed è anche — aggiunge Barbara — lo sforzo in cui siamo impegnati noi a Barletta: nel nord della Puglia siamo gli unici a poter contare su una commissione interdisciplinare testa-collo, una sorta di equipe in cui radioterapia e oncologia sono strettamente collegate con l’otorino: a Bari e Foggia questa sinergia è di più difficile realizzazione». Il risultato principale da raggiungere, però, è la cura del paziente. E la sua soddisfazione. Per questo Barbara tiene a sottolineare il ruolo dell’Associazione pazienti operati, l’Apoc Puglia, un’associazione di volontariato che si è iscritta all’albo aziendale della Asl e del cui comitato consultivo misto Barbara è stato eletto presidente. «Dal 2008 al 2012 abbiamo operato circa 200 pazienti con interventi di chirurgia oncologica testa-collo e ovviamente il nostro impegno non si esaurisce all’intervento: mentre in gran parte delle altre regioni è sovente utilizzata la laringectomia totale, noi ci indirizziamo sulla laringectomia ricostruttiva che quindi comporta la conservazione della voce con impegnativi periodi di riabilitazione».

Michelangelo Borrillo

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/

Italia-Montenegro: in vista accordo di cooperazione sul tumore del collo con il San Camillo

L’annuncio è stato dato durante la 2ª giornata dell’Otorinolaringoiatria Italiana in Montenegro. L’intesa dovrà instaurare una stretta collaborazione attraverso il Gruppo Novarais tra le realtà balcaniche e il gruppo oncologico Interdisciplinare Testa-collo del San Camillo.
 

19 OTT – Il 14 e 15 ottobre 2011 si è tenuta, nella città di Bar, la 2° Giornata dell’Otorinolaringoiatria Italiana in Montenegro ed il  3° Simposio degli Otorinolaringoiatri del Montenegro con il Patrocinio dell’Ambasciata d’Italia in Montenegro, della Regione Lazio, di Sviluppo Lazio, del Ministero della Salute del Montenegro, del Fondo Sanitario Nazionale e della Facoltà di Medicina dell’Università del Montenegro. L’incontro scientifico è stato anche quest’anno organizzato dalla divisione per la Formazione Sanitaria del Gruppo Novarais di Roma assieme all’Associazione degli Otorinolaringoiatri del Montenegro e al Centro Clinico del Montenegro ed ha rinnovato la positiva esperienza dello scorso anno.  Al Convegno hanno portato il loro contributo scientifico tre specialisti dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma con interventi incentrati sul trattamento dei tumori testa-collo, con particolare attenzione ai tumori maligni dell’ipofaringe e della laringe. L’interesse suscitato dal contenuto delle relazioni italiane e l’apprezzamento per le iniziative sviluppate da Novarais, hanno fatto si che fosse richiesta la partecipazione del Gruppo Italiano ai prossimi appuntamenti congressuali di otorinolaringoiatria nella Regione Balcanica. Nel primo di questi sarà sancito un accordo tra le associazioni degli otorinolaringoiatri della Serbia e del Montenegro ed a tale accordo è stata invitata ad aderire Novarais, in qualità di unico rappresentante europeo. L’accordo è finalizzato ad instaurare una stretta collaborazione scientifica e didattica e ad operare da tramite tra le realtà balcaniche ed il Gruppo Oncologico Interdisciplinare Testa-collo dell’Azienda Forlanini-San Camillo di Roma.
Giovanni Mammarella, Responsabile delle Attività Scientifiche del Gruppo Novarais ha rivolto ai rappresentanti delle Istituzioni sanitarie del Montenegro un invito per un tavolo di lavoro incentrato sulla gestione delle urgenze ed emergenze in ambito territoriale e la conseguente formazione del personale specializzato. L’invito ha trovato un immediato consenso ed a breve sarà organizzata una missione per sviluppare cooperazioni in tema di gestione delle emergenze e delle urgenze, insieme alla Società SEA, che gestisce nel Lazio tali servizi in concomitanza con il 118.
I Relatori Italiani: Prof. Gianluca Bellocchi, Direttore dell’Unità Operativa di Orl e tumor board del gruppo Interdisciplinare di Oncologia Cervico-facciale; Dott. Alberto Rocco, Dirigente Medico e Coordinatore del Gruppo Oncologico Interdisciplinare; Dott. Giovanni Montemari, Direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, hanno presentato le più moderne tecniche quali la Chirurgia robotica e le più attuali tecniche di chirurgia ricostruttiva basate sull’approccio multidisciplinare del malato oncologico che ad oggi rappresenta la via più efficace nella lotta al cancro. I Relatori Italiani si sono alternati ai colleghi della Regione Balcanica, tra cui:  Prof. Anton Mikic, del Centro Clinico di Belgrado (Serbia);  Prof. Milan Stankovic, della Clinica Orl di Nis (Serbia);  Prof. Nikola Nikolovski, della Clinica Orl di Skopje (Macedonia); Prof.ssa Mirjana Bogic, del Centro Clinico di Belgrado (Serbia) 

http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=5714

Colonizzazione batterica e micotica delle protesi fonatorie

– Alterazioni e malfunzionamento della protesi

AA.VV.

Uno dei problemi fonte di maggior preoccupazione per l’Otorinolaringoiatra che si occupa di ripristino vocale con protesi fonatorie a dimora è quello delle colonizzazioni della protesi stessa da parte di miceti e/o batteri. La protesi colonizzata, oltre a divenire una possibile fonte di infezioni, tende a ridurre notevolmente la propria vita sia per le alterazioni prodotte dai microrganismi sul materiale di cui è composta, sia perché le colonie batteriche e micotiche tendono ad interagire con la funzionalità dello sportellino situato sul versante laringeo della valvola, provocando quindi il suo malfunzionamento e, di conseguenza, inalazione di liquidi e solidi nelle vie aeree.
La riduzione della vita media della protesi valvolare rende più frequente la necessità di sostituzione della stessa, con aggravio di disagi per il paziente e costi per il Sistema Sanitario.
Nel 1998 su Acta Otorhinolaryngologica Italica, organo ufficiale della Società Italiana di Otorinolaringoiatria (SIO), è stato pubblicato un lavoro a firma Nazionale, Robbiano, Gaido, Bussi et al., che hanno esaminato i risultati colturali delle protesi fonatorie di 15 pazienti laringectomizzati.
Successivamente gli Autori hanno saggiato la sensibilità dei microrganismi isolati nei confronti dei più comuni antibiotici ed antimicotici, in modo da formulare un protocollo terapeutico ed uno preventivo con cui hanno trattato tutti i soggetti cui veniva impiantata una valvola fonatoria.
In tal modo Nazionale e coll. hanno ottenuto un aumento della vita media delle valvole fonatorie, che è passato da 6 a 9 mesi, dimostrando ancora una volta come durata e funzionalità di una valvola fonatoria siano largamente influenzate dalla velocità della sua colonizzazione micotica e batterica.

Tumori: alla laringe colpisce piu’ lui, fumo decuplica rischi

I tumori della testa e del collo rappresentano il 20% delle neoplasie che colpiscono l’uomo, e un quarto di questi nasce nella laringe. Nel nostro Paese l’incidenza è più alta: in Italia, soprattutto nel Nord-Est, i casi sono più frequenti rispetto alla media mondiale. I più colpiti dal cancro alla laringe sono i maschi, ma nell’ultimo decennio anche tra le donne si è registrato un leggero aumento. E’ questo uno dei temi affrontati al 97esimo Congresso nazionale della Società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale (Sioechcf), in corso a Riccione fino a domani.
“Il fattore principale tra quelli che determinano l’insorgenza dei tumori alla laringe – spiega Giuseppe Spriano, direttore di Otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-facciale dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma e presidente nazionale dell’Associazione otorinolaringologi ospedalieri italiani (Aooi) – come per tutte le neoplasie della via respiratoria, è il fumo di sigaretta, che determina un rischio di ammalarsi 10 volte superiore. Anche l’alcool è un importante fattore di rischio e, se associato al fumo, ne potenzia la pericolosità”
Il tumore alla laringe riguarda la popolazione che va dai 60 ai 70 anni, ma qualche caso si registra anche tra i cinquantenni. Tra i principali sintomi con cui si manifesta sicuramente la disfonia, cioè l’abbassamento della voce che diventa rauca, è tra quelli più evidenti. “Difficoltà o dolore alla deglutizione, la tosse, e a volte la comparsa di tumefazioni al collo – aggiunge Spriano – rappresentano altre manifestazioni sintomatiche del problema”.
La diagnosi di sospetto tumore della laringe viene fatta dallo specialista otorinolaringoiatra con una visita accompagnata da una fibrolaringoscopia. “Si utilizza cioè uno strumento a fibre ottiche, sottile – illustra l’esperto – che, introdotto attraverso il naso nella gola del paziente, permette di vedere le corde vocali e le altre strutture della laringe. In caso di sospetto clinico, si effettuerà una biopsia”.
Ma dal cancro alla laringe si guarisce? “Come per molti tumori, questo dipende dallo stadio di malattia – avverte Spriano – e in uno stadio iniziale la guarigione si ottiene nel 90% dei casi. Ovviamente questa possibilità diminuisce al crescere dell’estensione del tumore. Oggi globalmente siamo in grado di guarire circa il 60 % dei tumori della laringe”. Per ciò che riguarda le cure, l’evoluzione terapeutica degli ultimi anni ha eliminato quasi totalmente l’intervento chirurgico. “Oltre all’impiego di radio e chemioterapia – spiega il presidente dell’Aooi – è stata la chirurgia endoscopica la vera svolta, cioè la possibilità, nei tumori poco estesi, dell’asportazione attraverso la bocca utilizzando il laser, e nei tumori di media grandezza la possibilità di effettuare delle laringectomie parziali, cioè di asportare solo una parte della laringe (metà o anche più) preservandone una parte al fine di ricostruire una ‘piccola’ laringe che permetta al paziente di parlare, respirare e deglutire normalmente”.
Nonostante gli sviluppi della medicina, l’otorinolaringologo lancia però un messaggio forte a favore della prevenzione. “L’evoluzione di chirurgia, radioterapia e chemioterapia – riconosce Spriano – è stata importante e ha portato a miglioramenti terapeutici, ma questo è niente al confronto di quello che si potrebbe ottenere con la prevenzione primaria, cioè eliminando i fattori di rischio. Un esempio per tutto questo: se nessuno fumasse, invece di 100 tumori ve ne sarebbero solo 10″.

LASER A DIODI IN OTORINOLARINGOIATRIA.

a cura del dott. Emanuele Ferri
La parola LASER, acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, in
Italiano, significa approssimativamente “amplificazione di luce per mezzo di emissione
stimolata di radiazioni”. Fu Einstein nel 1917 a scoprire il principio teorico del LASER, cioè
la possibilità di emettere raggi luminosi in seguito a stimolazione, ma soltanto intorno agli
anni ’50 fu possibile mettere in pratica i principi teorici.
Attraverso un sistema fisico ed ottico sofisticato, un materiale attivo (CO2, Argon, Rubinio,
Diodi, Olmio, ecc), eccitato da un’opportuna fonte di energia, emette una radiazione
elettromagnetica (luce) monocromatica ad una lunghezza d’onda specifica, coerente in
fase e non divergente. Affinché l’energia luminosa emessa in questo modo causi effetti
biologici, é necessario che sia assorbita dal bersaglio e trasformata in altre forme di
energia: termica, chimica, meccanica.
Il Laser è dunque un raggio di luce molto concentrata e la sua azione è dovuta ad un
trasferimento di energia al tessuto recettore. L’energia fotonica è trasformata in calore e
determina fenomeni di foto-coagulazione (quando la temperatura del tessuto raggiunge i
50-60°) o fenomeni di vaporizzazione (quando la temperatura raggiunge i 100°); se la
temperatura aumenta ancora si verifica una carbonizzazione dei tessuti. Questi differenti
comportamenti variano con il diverso grado di assorbimento del raggio laser da parte dei
tessuti oltre che con il tipo di laser utilizzato (I laser differiscono tra loro per la lunghezza
d’onda del raggio emesso dipendente dal “mezzo attivo” stimolato:.)
Il LASER è utilizzato in medicina da oltre 20 anni ed è soprattutto in oftalmologia che
presenta le applicazioni più interessanti. La grande rivoluzione del laser è stata quella di
ottenere effetti di dissezione precisi quanto il bisturi a lama fredda, con scarso
sanguinamento, modesta infiammazione e rapida cicatrizzazione.
In otorinolaringoiatria, oggi si utilizzano sostanzialmente gli effetti fototermici dei LASER;
essi consentono, a seconda delle loro diverse caratteristiche fisiche, di tagliare, di
vaporizzare o di fotocoagulare un bersaglio. Le caratteristiche fisiche che differenziano i
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vari tipi di laser dipendono essenzialmente dalla lunghezza d’onda espressa in nanometri
e dalla durata dell’impulso luminoso. In particolare, il laser a diodi, che agisce su una
lunghezza d‘onda di 810 nanometri, risulta indicato per le seguenti applicazioni
chirurgiche:
– devitalizzazione dei turbinati inferiori (rinopatia vasomotoria, rinite allergica
intrattabile)
– tonsillectomia
– uvulopalatoplastica (per il trattamento chirurgico del russamento)
– microlaringoscopia (exeresi di neoformazioni benigne della laringe)
– chirurgia oncologica conservativa (laringectomie parziali, cordectomie)
– microchirurgia dell‘orecchio
Alcuni di questi interventi, quali la devitalizzazione dei turbinati inferiori, possono essere
svolti in regime ambulatoriale di Day Hospital e in anestesia locale, evitando al paziente i
disagi di un ricovero, della narcosi (anestesia generale) e del tamponamento nasale. Lo
sviluppo tecnologico attuale favorisce una medicina più semplice, degenze più brevi, più
interventi ambulatoriali; si afferma il “day-Hospital” che consente al malato di ottenere
accertamenti diagnostici e interventi terapeutici senza interrompere le proprie abituali
attività quotidiane.

Problemi nutrizionali in Otorinolaringoiatria

Elaborato da IP Mauro NOVACCHI Unita’ Operativa di Otorinolaringoiatria – ASS 2 ‘Isontina’ – Monfalcone

ESPERIENZE DI NUTRIZIONE ENTERALE ARTIFICIALE

Il problema nutrizionale e metabolico nei pazienti sottoposti ad interventi sia sul collo (laringectomie totali, laringectomie parziali, laringectomie ricostruttive, ecc.) che del cavo orale, è molto delicato e importante in quanto influenza i tempi e le qualità del recupero post operatorio.
Vi sono ancora altre condizioni particolari che si verificano specie in pazienti affetti da neoplasie non operabili in cui sia il tipo di paziente che la necessità di un trattamento prolungato creano particolari difficoltà nella impostazione di una corretta alimentazione.

Il programma nutrizionale del soggetto che deve essere sottoposto ad intervento chirurgico importante prevede un approccio complesso, poiché nella maggioranza dei casi ci troviamo a fronteggiare una ipo e/o una malnutrizione. L’esame generale inclusi i dati antropometrici, il controllo di alcuni valori ematici significativi e una accurata anamnesi, con particolare riferimento alle abitudini alimentari e voluttuarie del paziente ed all’esistenza di affezioni metaboliche, endocrine, gastroenteriche e renali, permettono di ottenere un indice nutrizionale in modo da poter impostare, se necessaria, una dieta ipercalorica; questo sia per aumentare le difese dell’organismo che per limitare i problemi di stress derivanti dall’intervento.

Nei pazienti trattati chirurgicamente, l’alimentazione inizia nella prima giornata postoperatoria con preparati scelti tra quelli che meglio si adattano alle loro condizioni generali, fornendo comunque un surplus calorico che in molti casi raggiunge il 60% del fabbisogno basale.

L’estrema cura usata nella somministrazione con particolare riguardo alla velocità, sterilità delle manovre e corretta manutenzione del sondino naso-gastrico, hanno permesso di portare alla quasi totale assenza di problemi gastroenterici (vomito, diarrea, tensione addominale) dovute all’inquinamento dei prodotti alimentari.
Il dato più importante e che comunque maggiormente ci interessa, riguarda la limitazione, entro valori più che accettabili, della perdita di peso postoperatoria equivalente a circa il 4-5% del peso corporeo, valori che sono in linea con quelli generalmente proposti dalla letteratura.

Il nostro impegno in campo nutrizionale non si limita al trattare solo questa tipologia di pazienti, infatti con la consulenza essenziale del dietista, siamo in grado di confezionare diete speciali con l’impiego, ove richiesto, di integratori sia calorici che proteici a persone affette da altre patologie del cavo oro-faringeo (es. traumi facciali, stomatiti, ascessi peritonsillari, ecc.); sempre con questi prodotti possiamo garantire, salvo particolari controindicazioni, l’alimentazione nella stessa giornata dell’intervento a tonsillectomizzati, operati ai seni paranasali, ecc., limitando più in generale ai soli casi di necessità il digiuno prolungato.

MATERIALI E MISCELE NUTRIZIONALI

La realizzazione della nutrizione enterale prevede l’impiego di materiali specifici che comprendono:

SONDE NUTRIZIONALI

Questo tipo di materiale può essere considerato ideale quando permette un trattamento nutrizionale con il massimo comfort del paziente senza effetti collaterali e quando può rimanere in sede anche per lungo tempo.

La sonda ideale dovrebbe essere:

biologicamente inerte: non provocare cessione di agenti tossici

resistere all’azione dei succhi gastroenterici

idrorepellente: la miscela nutritiva non deve aderire alle pareti interne

resistere alla trazione longitudinale ed alla pressione endoluminale

morbida e flessibile

di piccole dimensioni

con un rapporto esterno/interno il più elevato possibile

Nel corso degli ultimi anni i progressi tecnologici, hanno permesso di ottenere materiali con caratteristiche molto vicine a quelle richieste per realizzare una sonda ideale. Sono stati abbandonati i materiali quali la gomma e polivinilclorulo (PVC) responsabili di numerose complicanze legate al loro contatto con l’apparato digerente. Attualmente i materiali più comuni sono silicone e poliuretano, ognuno dei quali con peculiarità proprie, che permettono la realizzazione di sonde che hanno all’incirca la stessa efficacia clinica.

Queste ultime vengono realizzate con caratteristiche diverse fra loro, in funzione della via d’accesso (nasogastrica, nasodigiunale, faringostomica, gastrostomica, digiunostomica) al tratto gastroenterico:

dimensioni: espresse in FRENCH (1 French = 0,33 mm)

radiopacità, lunghezza, fori d’uscita

tipo di collegamento con il resto del sistema infusionale (luer-lock o universale)

tacche di riferimento per la lunghezza

presenza di un peso alla punta

presenza di un lubrificante già incorporato

Ai nostri pazienti vengono posizionali, in linea di massima, sondini in poliuretano e più raramente sondini in silicone.

CONTENITORI E DEFLUSSORI

La somministrazione delle miscele nutrizionali può avvenire:

tramite siringhe: in pochi minuti può essere somministrato un “bolo” di 200-400 ml di miscela nutrizionale. La somministrazione viene ripetuta ad intervalli di 4-6 ore durante la giornata. Anche se apparentemente questa tecnica si avvicina ai ritmi fisiologici della normale alimentazione, non è sicura da rischio di effetti collaterali (tensione addominale, nausea, diarrea), specie se la somministrazione avviene nelle anse digiunali. Inoltre, causa il maggior numero di manipolazioni necessarie, aumenta il rischio di contaminazione batterica.

direttamente dai contenitori di miscela (flaconi di vetro o barattoli) con l’utilizzazione di deflussori ad essi adattabili. La disponibilità di questo sistema ha il vantaggio di evitare i costi aggiuntivi legati all’impiego della sacca nutrizionale. D’altro canto il volume di miscela in ogni contenitore originale è di per se insufficiente a soddisfare tutte le richieste nutrizionali e pertanto questo sistema di somministrazione richiede più sostituzioni nell’arco della giornata e quindi più lavoro e controllo. Inoltre le ripetute manipolazioni sulla linea infusionale possono aumentare l’incidenza di contaminazione microbica.

con l’uso di “sacche nutrizionali” che permettono di ridurre al minimo il numero di manipolazioni lungo la linea infusionale. Le sacche devono essere di materiale che non determini la cessione di agenti tossici (es. EVA) e devono essere realizzate con criteri che rendano il loro riempimento il più semplice e sicuro possibile.
Le capacità di collabire delle pareti delle sacche, man mano che la miscela scende, impedisce il contatto continuo con l’aria (come si ha invece con i contenitori di vetro) creando un sistema chiuso e garantendo quindi una minore incidenza di contaminazioni microbiche.

E’ importante a questo punto sottolineare come qualsiasi manipolazione della linea infusionale e le procedure di riempimento delle sacche debbano essere eseguite, se non in tecnica asettica come per la parenterale, certamente dopo idoneo addestramento e con tecniche che prevedano la più rigorosa pulizia delle zone di lavoro e dell’operatore.

POMPE INFUSIONALI O NUTRIPOMPE

Lo scopo di una nutripompa è quello di garantire la costanza del flusso della miscela durante il periodo di infusione.
In questo modo vengono evitati quegli inconvenienti legati alla somministrazione per gravità, quali:

per eccessiva velocità: distensione addominale, crampi, diarrea, nausea
per rallentata velocità: ridotta introduzione di nutrienti, rischio di ostruzione della sonda.

L’uso di nutripompe riduce i tempi di assistenza, migliora il comfort del paziente e l’efficacia terapeutica.

Le pompe hanno di solito alcune caratteristiche fondamentali:

alimentazione in rete e a batterie ricaricabili
leggerezza, trasportabilità, silenziosità
sistemi di allarme
appositi set infusionali collegabili o già collegati ai contenitori delle miscele nutrizionali
semplicità d’uso

PULIZIA E MANUTENZIONE DELLE POMPE ENTERALI

Le pompe per la nutrizione enterale di cui disponiamo in reparto sono del tipo Flexiflo II della ditta Abbot, questo tipo di pompe da quanto abbiamo avuto modo di constatare necessita di poca manutenzione.
Il sistema resiste alla fuoriuscita di liquido dalla linea, anche se per un buon funzionamento è consigliabile controllare giornalmente la pompa e rimuovere eventuali perdite di soluzione, sicuri che una adeguata pulizia assicurerà il costante e corretto funzionamento

Per il lavaggio si può utilizzare dell’acqua tiepida saponata; la parte superiore della pompa può essere staccata ed immersa in acqua (supporto del flexitainer), la parte inferiore non può essere immersa e pertanto va lavata con una spugnetta. Controllare con attenzione l’area di inserzione della capsula volumetrica e, se necessario, rimuovere le tracce di soluzione con uno spazzolino.

MISCELE NUTRIZIONALI
La loro scelta appropriata permette di soddisfare i fabbisogni qualitativi e quantitativi dei singoli pazienti.
Possiamo distinguere:

Diete naturali artigianali.

Preparati con alimenti naturali trasformati in forma liquida o semiliquida.Accanto al vantaggio di essere “naturali e poco costose”, annoverano numerosi inconvenienti:

scarsa omogeneità e fluidità, che obbligano all’impiego di sonde nutritive di ampio calibro

osmolarità spesso elevata

composizione bromatologica non precisabile, spesso incompleta come vitamine, oligoelementi, minerali

maggior rischio di contaminazione durante la preparazione

presenza di grosse quantità di aria.

Queste diete richiedono l’integrità di tutti i processi digestive e di assorbimento ed il loro uso è consigliabile solo in situazioni organizzative peculiari che permettano il loro controllo bromatologico e batteriologico.

Diete naturali “Industriali”.

Esistono diete a base di alimenti naturali, ma a preparazione industriale (es. NUTRODRIP) ottenute mediante processi di omogeneizzazione controllati. Vengono in questo modo superati la maggior parte dei problemi delle diete naturali artigianali, perché queste diete:

Possono essere somministrate con sondini di piccolo calibro

sono isoosmolari

Hanno una composizione nota ed equilibrata

Sono in confezioni sterili e pronte per l’uso

Sono praticamente prive di lattosio, a basso contenuto di sodio e di colesterolo

Contengono fibre indigeribili

Diete chimicamente definite.

polimeriche: contengono proteine intere come fonte azotata (albume d’uovo o proteine del latte), maltodestrine e oli vegetali e trigliceridi a media catena (MCT) come fonte energetica. Sono prodotti in forma liquida pronti all’uso, sterili e, più raramente, in polvere (da ricostruire). I nutrienti presenti sono in rapporti equilibrati e noti, inoltre necessitano di solo una parte dei processi digestivi. Queste diete sono quindi indicate per tutti i pazienti con funzionalità gastroenterica integra o parzialmente compromessa. La maggior parte di queste diete ha una densità calorica di 1 cal/ml alcune, pur mantenendo le stesse caratteristiche, sono formulate per fornire 1,5 Cal/ml.

Monomeriche o elementari/semielementari: costituite da nutrienti allo stato semplice, in pratica pronti per l’assorbimento, essenzialmente per quanto riguarda la fonte azotata. Possono essere presente aminoacidi liberi (monomeriche o elementari) per il cui assorbimento non è richiesta l’idrilisis enzimatica o miscele di aminoacidi e peptidi a piccola catena (semielementari), la cui presenza ha il vantaggio di ridurre l’elevata osmolarità delle monomeriche e di non impegnare comunque l’apparato digerente.
Queste diete hanno indicazioni in casi molto selezionati di pazienti con gravi deficit digestivi. La componente energetica è la stessa delle diete polimeriche.

Diete modulari o integratori dietetici: nonostante la grande varietà di diete enterali disponibili, in alcuni pazienti può esserci la necessità di variare l’apporto di uno o più nutrienti rispetto alla formulazione abituale o, in caso di nutrizione per os, rispetto all’alimentazione naturale residua.

Per questi pazienti sono disponibili prodotti dietetici contenenti nutrienti singoli o comunque in proporzioni non equilibrate.
Essi possono essere somministrati separatamente, ad integrazione di una normale alimentazione comunque insufficiente a coprire tutte le necessità. Oppure direttamente miscelati nella sacca nutrizionale in caso di NE.
Ovviamente la quantità e la qualità di una dieta modulare o di un integratore deve essere stabilita per singolo paziente.

POSIZIONAMENTO DEL SONDINO NASO GASTRICO

La procedura di posizionamento del sondino è una manovra relativamente semplice, la semplicità è comunque legata al tipo di materiale utilizzato e dal grado di cooperazione del paziente.
Se il paziente è cosciente risulta fondamentale cercare di tranquillizzarlo e guadagnarsi la sua collaborazione spiegando la procedura di posizionamento e le azioni che gli verranno richieste per rendere più agevole e rapida l’operazione.

Per il posizionamento dei sondini si procede nel seguente modo:

Il paziente viene posto in posizione seduta (90°) o semiseduta (30°), la posizione su un fianco è la meno indicata.

Esaminare le fosse nasali per verificare l’esistenza di ostruzioni meccaniche; far inspirare il paziente con il naso e chiudendo alternativamente una narice, scegliere per l’introduzione quella più ampia.

Determinare la porzione del sondino da inserire (1 tacca=50 cm)

Lubrificare il sondino (i sondini da noi utilizzati non abbisognano di essere lubrificati, basta bagnare con acqua la porzione di sondino che verrà introdotta)

Introdurre delicatamente la punta del sondino nelle narice prescelta facendola scivolare sul pavimento della fossa nasale. Dopo l’introduzione di 7-10 cm l’estremo viene a trovarsi in rinofaringe, a questo punto ruotare il sondino di 180° e chiedere al paziente di iniziare a sorseggiare acqua e deglutire.

Continuare a far scorrere il sondino fino alla lunghezza calcolata senza cercare di forzare l’inserimento qualora si incontrasse resistenza, ritirare il sondino e ritentare delicatamente il passaggio. Un accidentale posizionamento in trachea normalmente induce tosse o soffocamento. Se il sondino si trova in laringe, il paziente sarà impossibilitato a parlare per cui sarà opportuno accordarsi in anticipo su un segnale con le mani che indichi, qualora si presenti senso di disagio o difficoltà respiratoria, di fermare l’operazione.
N.B. quando si usano sondini molto sottili tali sintomi possono non essere immediatamente osservabili.

Con il sondino posizionato per tutta la lunghezza desiderata, bisogna verificare il corretto posizionamento nel seguente modo:

aspirare il contenuto gastrico con una siringa e verificare la natura osservandone le caratteristiche (conferma del pH acido con cartina al tornasole)
con un siringone da 60 cc iniettare attraverso la sonda 20-25 cc di aria, auscultando contemporaneamente con un fonendoscopio sul quadrante addominale superiore sinistro; l’entrata dell’aria nello stoma produce un tipico brontolio;
con sondino radiopaco come quelli da noi utilizzati, in caso di dubbio sul posizionamento si può ricorrere al controllo radiografico.

Il sondino deve essere fissato al viso del paziente con cerotto possibilmente anallergico assicurandosi di non determinare pressioni o distorsioni delle narici. Nel nostro reparto il sondino viene fissato al naso. Il cerotto deve essere sostituito ogni qualvolta si allenti, è comunque buona regola cercare di far ruotare il punto di applicazione per prevenire irritazioni della pelle.

Dopo aver terminato la procedura di posizionamento, il paziente deve essere tenuto in osservazione per eventuali difficoltà respiratorie o dolori addominali per almeno 30-60 min. prima di iniziare l’alimentazione.

Il sondino deve essere lavato con acqua (25-100 ml) al termine di ogni somministrazione in caso di nutrizione intermittente (bolo), oppure ogni 3-6 ore in caso di nutrizione continua. Questa manovra permette di prevenire l’intasamento e di fornire supplementi di acqua. Durante le pause dell’alimentazione chiudere il connettore per evitare l’inquinamento del sondino e l’inversione di flusso dei succhi gastrici.

Prima delle somministrazioni dei nutrienti controllare il corretto posizionamento della sonda.

SONDA NASO GASTRICA: complicanze meccaniche.

COMPLICANZE: Riniti-faringiti erosione mucosa esofagea
POSSIBILI CAUSE: Uso di sonde di grosso calibro in materiale non biocompatibile
ACCORGIMENTI PREVENTIVI E TERAPEUTICI: Sonde di piccolo calibro in poliuretano, Sylastic e C-flex

COMPLICANZE: Ostruzione della sonda
POSSIBILI CAUSE: Miscela nutritiva densa poco omogenea, farmaci somministrati ACCORGIMENTI PREVENTIVI E TERAPEUTICI: attraverso la sonda Accurata preparazione della miscela nutritiva, frequenti lavaggi con acqua uso di pompa peristaltica

COMPLICANZE: Reflusso gastro-esofageo, aspirazione tracheo-bonchiale
POSSIBILI CAUSE: Deficit di svuotamento, infusione troppo rapida posizione del ACCORGIMENTI PREVENTIVI E TERAPEUTICI: paziente Posizionamento del paziente seduto o semiseduto; somministrazione oltre al piloro

COMPLICANZE: Dislocazione della sonda
POSSIBILI CAUSE: Vomito, tosse
ACCORGIMENTI PREVENTIVI E TERAPEUTICI: Accurato fissaggio della sonda al naso, riposizionamento della sonda, controllo radiografico

PROTOCOLLO PER L’ALIMENTAZIONE ENTERALE POST OPERATORIA

Prima di aprire o travasare i prodotti, lavarsi accuratamente le mani, è opportuno l’uso dei guanti monouso e copricapi in maniera di ridurre il rischio di contaminazione

Preparare la dieta in ambiente isolato dal reparto di degenza e refrigerarla sino al momento dell’uso

I prodotti possono essere diluiti con acqua a meno che non siano previsti prodotti sterili

se si usano bottiglie da 300 ml: infilarla nel supporto, togliere il tappo e sostituirlo con il set di somministrazione;
se si usa una sacca di 1000 ml: aprire le bottiglie o le lattine (dopo averle sciacquate con acqua ed asciugate) e versare il contenuto nel contenitore, richiudere il contenitore con l’apposito tappo o connettervi l’apposito set di somministrazione; contrassegnare i prodotti aperti con data e ora di apertura, coprirli e conservarli in frigorifero per non più di 24 ore; attaccare alle sacche un’etichetta autoadesiva con il nome del paziente, il tipo, la quantità e velocità della dieta prescritta.
N.B. i prodotti diluiti con acqua non sono sterili e devono essere utilizzati entro breve tempo.

L’aggiunta alla dieta di altri elementi specie se in polvere, deve essere fatta subito prima dell’uso

Prima di ogni somministrazione controllare il posizionamento del sondino

Controllare il volume dei residui gastrici, se superiori ai 150 ml indagare sulle cause del ritardato svuotamento gastrico ed eventualmente variare lo schema di somministrazione

Durante l’alimentazione e per almeno 30’ dopo il termine del pasto il paziente deve stare in posizione seduta o semiseduta (30°)

L’alimentazione va iniziata nelle prime giornate lentamente; evitare di aumentare contemporaneamente flusso e concentrazione della miscela e qualora si presentino segni di intolleranza quali diarrea, nausea e glicosuria ritornare a concentrazioni e flussi precedentemente tollerati

Al termine della somministrazione della dieta eseguire la pulizia della sonda con 25-10 ml di acqua

Sostituire ogni 24 ore il contenitore ed il set di somministrazione

Non aggiungere altri elementi a quello già presente nel sistema di alimentazione

Ridurre al minimo le aperture del sistema in corsia

Annotare la durata del pasto, la quantità di miscela somministrata, il volume di supplementi d’acqua ed ogni reazione del paziente

Prendere tutte le misure necessarie a prevenire l’inalazione degli alimenti

Rilevare i parametri di valutazione della risposta del paziente alla N.E.T.

peso corporeo (prima dell’inizio del trattamento e quindi ogni giorno sino al suo termine

aspetto della pelle, degli occhi, della lingua e mucose (giornalmente)

controllo elettroliti serici ed ematocrito (giornalmente per i primi quattro giorni dopo l’intervallo e quindi a giorni alterni)

controllo reticolociti, sideremia e TIBC in prima giornata e successivamente ogni sette giorni

controllo elettroforesi in decima giornata

urine (giornalmente per i primi quattro giorni dopo l’intervallo e successivamente a giorni alterni)

risposta gastro intestinale (in caso di stitichezza dovuta a deficit d’azione del torchio addominale, somministrare blandi lassativi come il levulosio, in caso di insuccesso, previa prescrizione medica, clistere evacuativo max 1000 cc.)

BIBLIOGRAFIA

G. Negri, P. Zannini “Le vie di somministrazione enterale”
2° Corso Nazionale “Il nursing in ORL” , Bologna
G. Perfumo, M. Toscano, S. Righi “L’alimentazione nel decorso post operatorio”
M. Piemonte – XIII Convegno Nazionale “La riabilitazione dopo grande chirurgia del collo”
IP-AFD Giorgio Cantarut, IP Mauro Novacchi “Aggiornamento in ORL” Atti ASS 2 Isontina