APPROFONDIMENTI Sanità, non solo «tagli» Stop ai viaggi della speranza

Così Otorino di Barletta riesce ad arginare
l’emigrazione dei pazienti in altre regioni

 

Michele BarbaraMichele Barbara

È inutile negarlo, il piano di Riordino ospedaliero è stato guidato dalla necessità di far quadrare i bilanci. Se l’obiettivo non fosse stato il raggiungimento del risparmio indicato dal Piano di rientro dal deficit, in Puglia non sarebbe stato necessario imporre la chiusura e la riconversione di 18 ospedali (poi saliti a 21 con Nardò, Conversano e Gioia del Colle) e tagliare 2.200 posti letto. Ma il bilancio non è stata l’unica bussola seguita perché, spulciando tra le carte del Piano di riordino, emerge che in un contesto di tagli è possibile trovare qualche reparto in cui i posti letto sono aumentati. E almeno in un caso, quello di Otorinolaringoiatria di Barletta, coincide con un reparto di qualità. Questo, almeno, emerge dai numeri, che ovviamente possono non essere esaustivi ma una indicazione la danno: nel biennio 2010-2011 il coefficiente di complessità della chirurgia oncologica testa-collo dell’ospedale di Barletta è risultato doppio rispetto a quello nazionale. Come dire che, per i casi più gravi, ci si rivolge al Dimiccoli di Barletta.

 

«Siamo l’unico reparto di Otorinolaringoiatria di Puglia — spiega il primario Michele Barbara, che è anche segretario del gruppo otorino pugliese oltre che membro del direttivo dell’Aooi (Associazione ospedaliera otorini italiani) — che con il Piano di riordino ospedaliero ha visto aumentare i posti letto, da 13 a 15». E in una Asl, come quella della Bat, in cui molte strutture da complesse sono diventate semplici, il reparto di otorinolaringoiatria è rimasto «complesso». Valorizzare i reparti che funzionano è un modo anche per far quadrare i bilanci, oltre che una garanzia di maggior tutela e garanzia dei pazienti: si possono infatti arginare i flussi extraregionali. «In Puglia — spiega Barbara — i carcinomi laringei sono circa 250 all’anno. E il 50% dei pazienti va fuori regione per curarsi. Il costo, per l’insieme dei reparti di Otorino pugliesi, è quantificabile in 6-8 milioni all’anno, di cui solo la metà è riconducibile a problemi oncologici. Si va fuori, quindi, anche per patologie a bassa complessità come le adenoidi, per esempio. Se si considerano tutte le specializzazioni e non solo l’Otorino, il costo sale a 180 milioni annui: un saldo troppo salato che viene sottratto ai cittadini pugliesi».

Ecco allora spiegato lo sforzo della Regione, ma anche dei singoli primari, volto ad arginare l’emigrazione sanitaria: «Ed è anche — aggiunge Barbara — lo sforzo in cui siamo impegnati noi a Barletta: nel nord della Puglia siamo gli unici a poter contare su una commissione interdisciplinare testa-collo, una sorta di equipe in cui radioterapia e oncologia sono strettamente collegate con l’otorino: a Bari e Foggia questa sinergia è di più difficile realizzazione». Il risultato principale da raggiungere, però, è la cura del paziente. E la sua soddisfazione. Per questo Barbara tiene a sottolineare il ruolo dell’Associazione pazienti operati, l’Apoc Puglia, un’associazione di volontariato che si è iscritta all’albo aziendale della Asl e del cui comitato consultivo misto Barbara è stato eletto presidente. «Dal 2008 al 2012 abbiamo operato circa 200 pazienti con interventi di chirurgia oncologica testa-collo e ovviamente il nostro impegno non si esaurisce all’intervento: mentre in gran parte delle altre regioni è sovente utilizzata la laringectomia totale, noi ci indirizziamo sulla laringectomia ricostruttiva che quindi comporta la conservazione della voce con impegnativi periodi di riabilitazione».

Michelangelo Borrillo

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Tumori di testa e collo: fondamentale la prevenzione

 

AL CONGRESSO

Tumori di testa e collo: 
fondamentale la prevenzione

Necessaria maggiore informazione per diagnosticare precocemente tumori poco noti, ma che sono in aumento

Tumore al collo, poco noto ma in aumento

STOCCOLMA – Di fronte a sintomi frequenti e «banali» come un naso cronicamente congestionato, frequenti abbassamenti di voce, cali d’udito, mal d’orecchie o problemi a deglutire non si pensa al peggio. Eppure possono essere la spia di un tumore della testa o del collo, patologie ancora poco conosciute (e per questo troppo spesso scoperte in ritardo) che colpiscono bocca, lingua, gengive, faringe, laringe, naso, seni paranasali e ghiandole salivari. Attenzione anche, ricordano gli specialisti, all’igiene orale, alle ulcere in bocca e ai traumi cronici, dovuti talvolta a protesi dentarie mal realizzate. Alcol e fumo, poi, aumentano notevolmente le possibilità di ammalarsi di queste forme di cancro i cui numeri sono in crescita anche in Italia. «L’intento non è certo quello di spaventare nessuno, ma solo di informare – dice Marco Merlano, direttore del Dipartimento di Medicina 2 dell’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo.  -. Se questi disturbi persistono per lunghi periodi è bene riferirli al medico e magari chiedere una visita con uno specialista. Come dimostrano i sondaggi, l’informazione sui tumori di testa e collo è ancora carente, così purtroppo nell’80 per cento dei casi si giunge alla diagnosi quando la malattia è in fase ormai avanzata».

LO STUDIO – La conferma arriva da un’indagine (About Face 2) che ha coinvolto 104 pazienti in tutta Europa ed è stata presentata all’ultimo Convegno europeo multidisciplinare di oncologia: quando è stato chiesto loro di raccontare la propria storia, da prima della diagnosi al post-trattamento passando per l’impatto emotivo e la qualità di vita, gli intervistati hanno messo in luce prima di tutto l’urgenza di una migliore educazione sui tumori di testa e collo, per facilitare una diagnosi precoce. A seguire sono emerse le necessità d’informazioni chiare sulla patologia e sulle opzioni di trattamento; il bisogno di assistenza per valutare la scelta del miglior trattamento possibile, sulla base della situazione di ciascun paziente, e un maggiore sostegno durante e dopo le cure, a livello psicologico e riabilitativo. «Se la malattia viene scoperta ai primi stadi l’intervento chirurgico può essere poco invasivo e le possibilità di guarigione maggiori» spiega Merlano. Nuovi studi presentati al convegno confermano poi i progressi ottenuti negli ultimi anni con chemio e radioterapia nei malati con una neoplasia avanzata: «I dati provenienti da diverse sperimentazioni hanno dimostrato che aggiungere l’anticorpo monoclonale cetuximab ai trattamenti chemio e radioterapici prolunga la sopravvivenza dei pazienti e migliora il controllo della malattia, con una tossicità accettabile, senza peggiorare la loro qualità di vita» conclude Lisa Licitra, responsabile dell’oncologia medica per i tumori di testa e collo all’Istituto tumori di Milano.

 

Vera Martinella (Fondazione Veronesi)
12 novembre 2011

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