INDAGINE FONDAZIONE BANCO FARMACEUTICO – CARITAS Sempre più difficile comprare i farmaci Raddoppia la «povertà sanitaria» in Italia

MILANO -In sette anni la povertà sanitaria degli italiani è quasi raddoppiata (+97%). A dirlo è un’indagine realizzata dalla Fondazione Banco Farmaceutico onlus, presentata insieme alla Caritas al Meeting di Rimini. Dal 2006 al 2013 sono aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali, anche con la ricetta del medico. La crisi costringe molte famiglie a fare a meno di alimenti, vestiario e generi di consumo: ora emerge con chiarezza anche la difficoltà di procurarsi le medicine.

 

DISAGIO SOCIALE – I dati sono frutto del lavoro svolto dallaFondazione Banco Farmaceutico, che raccoglie e distribuisce medicinali a numerosi enti, tra cui le Caritas diocesane e la Comunità di Sant’Egidio, tutte realtà che intercettano il disagio sociale in diretta. Le categorie sociali che fanno richiesta di medicinali sono ampie: dalle famiglie numerose, agli anziani con pensione minima, fino agli immigrati, anche irregolari. I risultati dell’indagine sono stati incrociati con i dati della Caritas provenienti da un campione di 336 centri di ascolto in 45 diocesi. In termini percentuali l’aumento delle richieste di farmaci è stato pari al 57,1% in tre anni, anche se in termini assoluti non è tra le richieste prioritarie. Tre sole voci – richiesta generica beni primari, richiesta generica sussidi economici eassistenza sanitaria – coprono il 70,4 % delle richieste complessive.

EMERGENZA – «Assistiamo a un crescente bisogno di farmaci – commenta Paolo Gradnik, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico – da parte delle più importanti strutture di assistenza caritative. In alcuni casi si tratta di vera emergenza a causa dell’aumento della crisi economica che colpisce soprattutto le famiglie. È quanto mai urgente che la Commissione Sanità del Senato approvi in via definitiva la proposta di legge che consentirebbe la donazione di farmaci da parte delle aziende farmaceutiche. È ora che la politica dia segnali concreti sul fronte della povertà sanitaria». «Sono dati drammatici, ma purtroppo in linea con quelli della povertà nel suo complesso – aggiunge don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana -. Per invertire la rotta serve un lavoro comune fatto di alleanze e appare sempre più necessario uno sforzo congiunto, che sappia incrementare la capacità di intercettare le varie situazioni di povertà del territorio».

NORD, CENTRO E SUD – Ecco i numeri nel dettaglio. Nel nord Italia dal 2006 al 2013 la povertà sanitaria è cresciuta del 71,91%, passando da una richiesta dagli enti assistenziali di 255.783 confezioni di medicinali agli attuali 439.719. Ma è cresciuto anche il numero dei farmaci donati, passando dalle 192.490 confezioni del 2006 alle 255.338 del 2013. Nell’Italia centrale la richiesta di farmaci è cresciuta in maniera esponenziale passando dalle 32.718 confezioni del 2006 alle 188.560 del 2013. Un incremento percentuale del 476,32%. Nel sud Italia e isole il fabbisogno farmaceutico è cresciuto invece in maniera contenuta, attestandosi attorno al 33,42%.

http://www.corriere.it/salute/13_agosto_22/caritas-poverta-sanitaria_0f9af7e2-0b22-11e3-ab6e-417ba0dfe8a6.shtml

VERGOGNA! Due farmaci anti-cancro diventano a pagamento: almeno 5.000€ al mese. Ma come si fa?

Per la prima volta in Italia due farmaci oncologici sono in vendita solo a pagamento: chi vuole curarsi deve pagare più di mille euro a settimana. E’ una violazione della Costituzione, ma il governo fa finta di niente(01 luglio 2013)Non se ne è accorto nessuno. Ma presto se ne accorgeranno i malati di cancro. Perché, in barba alla Costituzione, per la prima volta nel nostro Paese, le autorità sanitarie hanno deciso che ci sono malati di tumore ricchi che avranno accesso a due farmaci oncologici, e quelli poveri che dovranno fare senza.

E’ accaduto infatti che il pertuzumab (Roche) e l’afibercept (Sanofi-Aventis) siano stati autorizzati dall’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e quindi ammessi in farmacia, ma a totale carico del malato.

Che, se vuole curarsi, dovrà quindi pagare per il farmaco Roche 6.000 euro per le prime due somministrazioni e poi tremila euro ogni 21 giorni; e per quello Sanofi Aventis 4.000 euro ogni tre settimane.

Perché le medicine sono sì registrate e ammesse alla vendita, ma non rimborsate dal Servizio sanitario nazionale. Non era mai successo per gli anticancro, salvavita. Perché se è vero che molti farmaci innovativi sono oggi disponibili in farmacia a pagamento (è la cosiddetta Fascia C), è anche vero che si è sempre trattato di prodotti non salvavita, per i quali, il più delle volte, esiste un’alternativa, ancorché meno potente o meno avanzata.

Il cancro, poi, è di una tale drammaticità che nessuno aveva mai osato nemmeno immaginare che si potessero registrare delle medicine e non metterle a disposizione di tutti i malati.

Non c’è dubbio che l’Aifa ha agito secondo le norme. Anzi, la norma. Sciagurata e passata finora sotto silenzio: quella con la quale l’ex ministro Renato Balduzzi, oggi deputato montiano, ha deciso, nel novembre del 2012, che i farmaci non ancora ammessi al rimborso del Ssn ma verificati come efficaci dalle autorità sanitarie potessero essere venduti in farmacia a chi ha i soldi per comprarseli. “Nelle more”, si dice in gergo.

Ma queste more sono lunghissime: come “l’espresso” ha denunciato più volte, i farmaci innovativi arrivano nel nostro paese con grande ritardo: fino a due anni dall’approvazione europea. Diversi mesi trascorrono mentre l’Aifa rivede i dossier già esaminati e approvati dalle autorità europee e autorizza il farmaco anche nel nostro paese, ma altri mesi passano a definire prezzo e modalità di accesso al mercato. I tempi di questi iter si fanno sempre più lunghi anche perché si allungano i negoziati, con l’Aifa che offre prezzi che le aziende ritengono bassi.

Ed è chiaro a tutti che non ci sono soldi per la sanità, e che, quindi, i negoziati non sono destinati ad accorciarsi. Anzi. Nelle “more”: chi ha i soldi si comprerà il farmaco con gli evidenti benefici terapeutici, chi non li ha lascerà questa vita. E non serve raccontare come, negli Usa e nei paesi senza servizio sanitario universale, le persone si indebitino, vendano la casa, chiedano prestiti per potersi pagare anche solo qualche mese di vita.

E a guadagnarci sono le aziende che inizieranno a vendere il farmaco mesi e mesi prima del suo accesso agli ospedali pubblici. Ma resta l’interrogativo: Balduzzi si è reso conto della drammaticità di quella firma? E non ci vengano dire che è solo “nelle more”, perché una volta infranto il muro della decenza, non si torna più indietro.

Farmaci, un triangolo nero per quelli a rischio. Consumatori protetti o cavie? Da ottobre i medicinali più recenti su cui si hanno meno dati clinici potranno essere venduti ugualmente ma con un bollino nero. Vantaggio o rischio?

farmaci triangolo neroFarmaci con triangolo nero: ELENCO
VIDEO 

ieneQuando il medico ci guadagna…

Un’inchiesta delle Iene

L’ELENCO DELL UE 

Un’iniziativa a tutela della salute dei consumatorio un gigantesco test di laboratorio? La novità che presto troveremo nelle scatole di alcuni farmacilascia aperta questa domanda. Sui foglietti illustrativi dei medicinali “sottoposti a monitoraggio addizionale” apparirà un triangolo nero rovesciato: significa che è un farmaconuovo ancora in fase di studio.

Nelle intenzioni dell’Unione europea, che ha introdotto la normativa per tutti i paesi membri con decorrenza da ottobre 2013, la nuova segnalazione servirà a informare il consumatore-paziente del fatto che su quel farmaco si hannomeno dati clinici (e quindi c’è un rischio più alto, ad esempio per possibili effetti collaterali non ancora noti). L’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) ha pubblicato un primo elenco di farmaci “bollati” (attualmente sono 105 ma la lista è soggetta a revisione mensile).

Ma sono in molti a pensare che si tratti di un regalo alle case farmaceutiche che così potrannoimmettere sul mercato i nuovi farmaci più in fretta e “completare” la sperimentazione (chiaramente solo la sua fase finale) raccogliendo dati su un campione enorme rappresentato da tutti i clienti del farmaco stesso.

L’Europa rassicura: è solo una cautela aggiuntiva

L’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) vuole rassicurare i consumatori. Dopo la loro immissione sul mercato – ricorda – tutti i medicinali sono sottoposti a monitoraggio. Quelli contrassegnati daltriangolo nero hanno un monitoraggio più attento rispetto agli altri medicinali proprio perché le informazioni disponibili sono più scarse (perché è stato commercializzato di recente e i dati sul suo impiego nel lungo termine sono ancora limitati). Ciò non significa che il medicinale non sia sicuro, ribadisce l’Ema.

Avranno il triangolo nero i farmaci che:

• contengono un nuovo principio attivo autorizzato nella Ue dopo il 1° gennaio 2011; 
• sono medicinali biologici (come un vaccino o un medicinale derivato dal sangue) per i quale si ha un’esperienza limitata dopo l’immissione in commercio; 
• hanno avuto un’autorizzazione “subordinata a condizioni” o sono stati autorizzati in circostanze eccezionali; 
• sono sottoposti a ulteriori studi clinici, per esempio per fornire nuove informazioni su un effetto indesiderato raro già osservato. 
 
Una “scommessa” sui rischi e i benefici

Saranno autorizzati alla vendita col bollino nero solo quei farmaci che hanno dimostrato di averebenefici superiori ai rischi. i pazienti cioè non saranno esposti a effetti indesiderati inaccettabili ma contribuiranno a loro volta ad “affinare” la ricerca. Per questo dovranno comunicare al loro medico (o direttamente alle Asl) ogni effetto collaterale sospetto legato all’assunzione del farmaco. Un processo di “farmaco-vigilanza” che andrà a vantaggio di tutti. Si spera non “a spese” di pochi.(A.D.M.)

Cancro: per i nuovi farmaci basta l’ok europeo ed italiano

 

COMUNICATO STAMPA

CANCRO: “PER I NUOVI FARMACI BASTA L’OK EUROPEO E ITALIANO”

LA COMMISSIONE SANITÀ DEL SENATO APPROVA LA MOZIONE ANTI-RITARDI
Non serve un terzo livello, regionale, di valutazione. Il prof. Francesco De Lorenzo (presidente FAVO) e il prof. Stefano Cascinu (presidente AIOM): “Apprezziamo l’attenzione delle Istituzioni”

Roma, 9 luglio 2012 – La Commissione Igiene e Sanità del Senato impegna il Governo “ad intervenire, nell’ambito delle proprie competenze, affinché l’effettiva disponibilità dei nuovi farmaci antitumorali sia garantita in tutte le Regioni immediatamente dopo la loro registrazione da parte dell’AIFA – a garanzia dell’uniformità assistenziale sancita dalla Carta costituzionale – dato che si tratta di presidi farmaceutici che hanno già ricevuto una valutazione positiva, a livello sia europeo sia nazionale”. La Commissione, presieduta dal sen. Antonio Tomassini, accoglie il grido d’allarme sulle gravi diversità di accesso ai “nuovi” farmaci antitumorali tra le Regioni lanciato dalla FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) nella VII Giornata nazionale del malato oncologico. Una situazione dovuta a differenti meccanismi di valutazione per l’inserimento dei nuovi medicinali nei Prontuari Terapeutici Regionali (PTR). In una lettera inviata al Ministero della Salute, prof. Renato Balduzzi, la FAVO, insieme all’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e alla Società Italiana di Ematologia (SIE), ha denunciato questa situazione preoccupante. “Apprezziamo la capacità delle Istituzioni – affermano il prof. Francesco De Lorenzo, presidente FAVO, e il prof. Stefano Cascinu, presidente AIOM – di ascoltare la voce dei pazienti, che non possono essere lasciati soli”. Oggi solo in poche Regioni e nella Provincia autonoma di Bolzano i farmaci innovativi oncologici sono messi a disposizione dei malati di cancro immediatamente dopo l’approvazione dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), mentre nelle altre Regioni ciò avviene con ritardi anche fino a 50 mesi. “Tali difformità”, si legge nella mozione approvata dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato, “dipendono dall’inessenziale ripetizione costituita da un terzo livello di valutazione nelle Regioni dotate di un proprio prontuario terapeutico farmaceutico, ad opera di commissioni localmente costituite, la cui competenza scientifica e completezza di documentazione non possono certo essere superiori a quelle della Commissione europea EMA e dell’Agenzia nazionale AIFA (dove pure le Regioni sono presenti con propri esponenti scientifici e istituzionali)”. “Tale inessenziale valutazione di terzo livello determina, nelle Regioni dove è vigente, ritardi pregiudizievoli per la salute dei malati di tumore ed è in palese contrasto con l’atto d’intesa, con il quale le Regioni si sono impegnate a ridurre le diseguaglianze” è evidenziato nella mozione. “La difformità di trattamento – conclude il prof. De Lorenzo – rappresenta una violazione del principio contenuto nell’articolo 32, della Costituzione, che garantisce la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, in forza del quale i malati di tumore hanno diritto, data la gravità della patologia, a ricevere sempre, ed ovunque residenti, la migliore assistenza possibile, in condizioni di uniformità nazionale”.

Leggi il testo della mozione

http://favo.it/comunicazioni/49-focus/970-per-i-nuovi-farmaci-basta-ok-europeo-italiano.html

TAGLIANO I FARMACI, NON LE PENSIONI D’ORO

Aspettavamo con ansia la spending review. Ma in realtà la spending review rischia di trasformarsi in un’altra beffa: l’unica cosa che per il momento sembrano in grado di tagliare, infatti, è la spesa per farmaci. Ergo: un’altra tassa occulta a caricio dei cittadini. In compenso le pensioni d’oro rimangono intonse: c’era un emendamento per tagliare tutte quelle superiori ai 6mila euro, e inevitabilmente è stato bocciato. Così le sanguisughe continueranno a prendere le loro pensioni d’oro (ricordate? C’è anche quello che prende dall’Inps 90mila euro al mese…), e i cittadini pagheranno la tassa occulta sui farmaci. Alla faccia della spending review.

Sanguisughe, di Mario Giordano

Elenco Farmaci Dannosi

Elenco Farmaci Dannosi

Cercando qua e là sono riuscita ad individuare una serie di nomi di farmaci molto pericolosi.
Quello che mi ha insegnato questa difficoltosa ricerca è che:

E’ FONDAMENTALE LEGGERE IL FOGLIETTO ILLUSTRATIVO PRIMA DI ASSUMERE QUALSIASI MEDICINA, CONTROLLARE GLI EFFETTI COLLATERALI, LE CONTROINDICAZIONI, CONTROLLARE GLI EFFETTI CHE HANNO QUANDO SI USANO ALTRI MEDICINALI, CIBI, BEVANDE, ERBE O TISANE.

Purtroppo in alcune confezioni di farmaci non vengono riportati dati importanti, o vengono omessi, spesso per ragioni di lucro…le aziende farmaceutiche non si fanno molti scrupoli…

Dalle varie informazioni che ho preso cercherò di elencare una lista dei più pericolosi, di quelli che potrebbero diventarlo assumendoli insieme ad altri farmaci, o cibi, o bevande e quelli che sono inutili da prendere, cioè che fanno male al portafoglio e non danno alcun effetto curativo sulla persona. Devo ricordare che ogni giorno nascono nuovi farmaci e nuovi effetti collaterali, quindi farò il possibile per tenermi aggiornata.

Vioxx, Arofexx, Coxxil, Dolcoxx, Dolostop e Miraxx
specialità medicinali contenenti rofecoxib (di Merck Sharp and Dohme)
Il rofecoxib è un antinfiammatorio non steroideo inibitore della ciclo ossigenasi 2.
E’ indicato per il trattamento sintomatico dell’artrosi o dell’artrite reumatoide nell’adulto.
Ritirato nel settembre 2004, si stima che dal 1999 al 2004 abbia causato 160.000 decessi per ictus e infarti. Nella recente trasmissione
“Mi Manda Rai 3” (23/9/05) una persona riferiva sotto gli occhi strabiliati di un rappresentante del Ministero della Sanità, che prendeva
ancora il Vioxx sotto consiglio-prescrizione medica e che lo reperiva facilmente.

Celebrex
principio attivo Celecoxib (della Pfizer), è un anti-infiammatorio ad azione inibitoria sull’enzima ciclo-ossigenasi-2 ( COX-2 ), approvato
nel trattamento dell’osteoartrosi e dell’artrite reumatoide.
Il farmaco trova anche impiego nel trattamento della poliposi adenomatosa familiare. Già uno studio di gennaio 2005 mostrava un quasi raddoppio di decessi per infarti ed ictus.

Tutti gli COX-2 INIBITORI
(Celecoxib, Parecoxib, Valdecoxib, Etoricoxib, Bextra, Prexige, lumiracoxib)
Questi farmaci sono ancora in circolazione, gli ultimi tre sono nuovi.

Reminyl
galantamina bromidrato inibitore dell’acetilcolinesterasi.
Indicato per il trattamento sintomatico della demenza di tipo Alzheimer da lieve a moderatamente grave si è dimostrato inefficace ed
il rischio di mortalità è significativamente alto.

Diclofenac, Etodolac, Ibuprofene, Indometacina, Ketoprofene, Meloxicam, Nabumetone, Naprossene, Nimesulide, Piroxicam
sono inibitori FANS non selettivi (farmaci antinfiammatori non steroidei)
CONTROINDICAZIONI: Possono verificarsi ulcere peptiche, perforazione o emorragia gastrointestinale, a volte fatale, in particolare negli anziani. Nausea, vomito, diarrea, flatulenza, costipazione, dispepsia, dolore addominale, melena, ematemesi, stomatiti ulcerative, esacerbazione di colite, morbo di Crohn, gastrite. Grave insufficienza cardiaca. Gravi reazioni cutanee alcune delle quali fatali, includenti dermatite esfoliativa, sindrome di Stevens–Johnson e necrolisi tossica epidermica.

Advate, Kogenate Bayer/Helixate NexGen, Kogenate/Helixate, Recombinate, ReFacto
Una delle maggiori complicazioni del trattamento è lo scarso controllo delle emorragie legato allo sviluppo di anticorpi contro il Fattore VIII (detti anche ‘inibitori’). Il rischio dello sviluppo di inibitori è più elevato nei pazienti con emofilia A di grado severo che nei pazienti con
malattia lieve o moderata
.

Tenofovir in combinazione con Lamivudina e Abacavir
Elevata frequenza di mancata risposta virologica in seguito all’uso combinato di tenofovir (Viread™, TDF, Gilead Sciences) lamivudina (Epivir®, 3TC, GlaxoSmithKline) e abacavir (Ziagen®, ABC, GlaxoSmithKline) come terapia antiretrovirale tripla.
Mancata risposta virologica osservata precocemente nei pazienti con infezione da HIV trattati con lamivudina, abacavir e tenofovir.

Sulla base di tali risultati:

  • abacavir e lamivudina in combinazione con tenofovir non devono essere impiegati come tripla terapia antiretrovirale qualora si consideri un nuovo regime di trattamento per i pazienti naive o pre-trattati e in particolar modo in un regime di trattamento una volta al giorno.
  • qualsiasi paziente attualmente in terapia con tale combinazione deve essere attentamente monitorato per i segni di fallimento del trattamento e deve essere valutata una modifica terapeutica al primo segno di aumento della carica virale.

Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS)
si rischiano patologie cardiovascolari. Non deve più essere considerata quale terapia di prima scelta nella prevenzione dell’osteoporosi. Vengono altresì sottolineati i seguenti punti:

  • Nel trattamento della sintomatologia menopausale, la TOS reca beneficio se usata per brevi periodi di tempo. Deve comunque essere utilizzata la minima dose efficace e per un periodo di trattamento il più breve possibile.
  • Il beneficio/rischio della TOS nell’uso a lungo termine per la prevenzione dell’osteoporosi, suggerisce che non deve essere la
    terapia di prima scelta
  • La TOS non è di alcun beneficio nelle donne sane che non presentano i sintomi della menopausa.

Specialità medicinali interessate dalla revisione delle indicazioni terapeutiche:
Solo Estrogeni – Cerotti transdermici:
Armonil 50,100; Dermestril 50,100; Epiestrol 50, 100; Estraderm TTS; Estraderm MX; Estradiolo; Angelini; Estroclim; Estroclim MX; Femseven; Menorest; Premarin; Systen
Altro
Livial cpr
HRT in associazioneCompresse orali
Activelle; Femoston 1/5; 2/10; L1/10; Kliogest cpr; Nuvelle; Premelle C; Premelle S; Premelle; Sequenziale; Prempak; Totelle; Trisequens
Cerotti transdermici
Estalis Sequi; Estracomb TTS

Seroxat (paroxetina)
nel trattamento della malattia depressiva nei bambini e adolescenti al di sotto di 18 anni, affetti da disturbi depressivi. I risultati di clinical
trial condotti su bambini e adolescenti per ottenere l’estensione delle indicazioni terapeutiche al trattamento della depressione in queste fasce di età non hanno dimostrato l’efficacia della paroxetina e hanno altresì evidenziato un maggior rischio di comportamenti autolesivi
e suicidari.
Le indicazioni attualmente autorizzate non prevedono l’uso del farmaco in età pediatrica.

Novonorm (repaglinide) – Prandin e gemfibrozil
sono stati evidenziati episodi di ipoglicemia grave in seguito all’uso combinato di repaglinide e gemfibrozil

Ketek (telitromicina)
somministrata a pazienti affetti da miastenia grave possibile aggravamento della Miastenia Grave a seguito di trattamento con Ketek (telitromicina) di pazienti affetti da tale patologia. Recentemente sono stati segnalati casi di riacutizzazione di miastenia grave, incluso un caso di decesso, in pazienti con miastenia grave accertata che avevano preso Telitromicina per il trattamento delle infezioni del tratto respiratorio. La riacutizzazione della debolezza muscolare, dispnea o grave insufficienza respiratoria acuta si sono manifestate entro
poche ore dalla prima somministrazione del farmaco. Il meccanismo di tal riacutizzazioni non è noto.
L’insufficienza respiratoria acuta in pazienti con miastenia grave può metterne in pericolo la vita.

LASSATIVI CONTENENTI ALOE E CASCARA
l’uso prolungato di prodotti medicinali a base di lassativi antrachinonici, aloe e cascara è a rischio di cancro.
In generale i lassativi, a causa della patologia per la quale sono indicati e per il fatto di essere farmaci senza obbligo di prescrizione, si possono prestare ad eccessi di autoprescrizione con fenomeni di abuso da parte dei pazienti Il ricorso indiscriminato ed eccessivo a
questi farmaci può comportare assuefazione con conseguente necessità di aumentare la dose assunta per avere l’effetto terapeutico, esponendo a un maggiore rischio di insorgenza di effetti indesiderati.
A tale proposito si ricorda che la somministrazione dei lassativi è giustificata solo nei casi in cui, nonostante un corretto stile di vita, come
per esempio una dieta varia e ricca di fibre e acqua e un’adeguata attività motoria, non si riesca a risolvere il problema della stipsi.

Rapamune (Sirolimus)
Rapamune e casi di deiscenza anastomotica bronchiale, alcuni dei quali fatali, in pazienti de novo sottoposti a trapianto di polmone.
Attraverso il sistema delle segnalazioni post-marketing, sono stati riportati casi di deiscenza anastomotica bronchiale, alcuni dei quali
fatali, in pazienti trattati con Rapamune® in combinazione con tacrolimus e corticosteroidi. Due centri hanno riferito questo grave evento avverso in pazienti sottoposti a trapianto di polmoni nei quali questo regime immunosoppressivo era stato iniziato al tempo del trapianto.
In un centro, 4 pazienti su 15 hanno sviluppato deiscenza anastomotica bronchiale; in tre di questi quattro pazienti l’esito è stato fatale1.

Si desidera richiamare l’attenzione su quanto segue:

  • Sono stati riportati casi di deiscenza anastomotica bronchiale, alcuni dei quali fatali, in pazienti de novo sottoposti a trapianto di polmone, quando Sirolimus è stato usato come parte di un regime immunosoppressivo.
  • La sicurezza e l’efficacia di Rapamune come terapia immunosoppressiva in pazienti che hanno subito un trapianto di polmone non
    è stata stabilita, e pertanto tale uso non è raccomandato.

Un’aumentata suscettibilità alle infezioni ed il possibile sviluppo di linfomi o altre neoplasie maligne, in particolare della pelle, possono essere una conseguenza dell’immunosoppressione.
Rapamune deve essere usato solo da medici esperti nell’uso della terapia immunosoppressiva e nel trattamento di pazienti trapiantati.
I pazienti a cui viene somministrato il farmaco devono essere trattati in strutture provviste di adeguate risorse di laboratorio e di supporto medico. Il medico responsabile della terapia di mantenimento deve avere tutte le informazioni necessarie al follow-up del paziente.

Enbrel (Etanercept) e Kineret (anakinra)
aumentato rischio di infezioni gravi e di neutropenia in seguito a somministrazione concomitante con Kineret (anakinra).
Pazienti con artrite reumatoide trattati contemporaneamente con kineret ed Enbrel, hanno mostrato una maggiore incidenza di infezioni
gravi e di neutropenia rispetto a pazienti trattati con Enbrel da solo e maggiore di quella osservata in precedenza con kineret da solo.

Ethyol (Amifostina)
possibile comparsa di reazioni cutanee gravi e alla loro gestione clinica.
Questo farmaco viene indicato per: ridurre la neutropenia dovuta alla combinazione di regimi contenenti ciclofosfamide e cisplatino nei pazienti con carcinoma ovarico avanzato; la protezione contro la nefrotossicità correlata a cisplatino in pazienti con tumori solidi in stadio avanzato, derivati da cellule non germinali; la protezione contro la xerostomia acuta e tardiva in pazienti affetti da tumore testa-collo, in trattamento con radioterapia frazionata.

Cefotetan (Apatef)
casi di anemia emolitica in pazienti trattati con cefotetan disodico. Alcuni dati sembrano indicare che vi sia un aumento del rischio di sviluppare anemia emolitica con Apatef di almeno tre volte rispetto ad altre cefalosporine.

Epoetina alfa
Controindicata la via di somministrazione sottocutanea nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica.
Rari casi di PRCA anticorpo-mediata sono stati riportati dall’ esperienza post-marketing in pazienti con Insufficienza Renale Cronica (IRC).
Al 30 Settembre 2002, l’Azienda è a conoscenza di 112 segnalazioni post-marketing di casi di PRCA anticorpo-mediata in pazienti trattati
con EPREX, EPOXITIN, GLOBUREN.
Tutti i casi sono stati segnalati in pazienti con Insufficienza Renale Cronica (IRC) trattati per via sottocutanea (nei casi in cui la via di somministrazione era riportata). Un caso è stato inoltre segnalato in un paziente anemico trattato con Eprex per via sottocutanea in una indicazione non autorizzata (anemia refrattaria).

Reductil (Sibutramina)
Sono pillole dimagranti di non provata efficacia. In alcuni paesi Reductil è conosciuto come: Cloridrato di Sibutramina Monoidrato,
Ectiva, Reduxade. Negli Stati Uniti con il nome di Meridia
.
Public Citizen aveva motivato il ritiro dal mercato della Sibutramina con la pericolosità del farmaco, che avrebbe causato alcune morti per problemi cardiaci in giovani soggetti. Dal 1997 al 2003 l’FDA ha ricevuto 30 segnalazioni di persone decedute per cause cardiovascolari mentre stavano assumendo la Sibutramina e 224 rapporti di ictus non-fatali, infarto miocardico ed altri problemi cardiovascolari.
La Commissione Unica del Farmaco ha riammesso alla commercializzazione le specialità medicinali a base di sibutramina.

La lista è lunga…in commercio ci sono più di 300 farmaci definiti pericolosi per la salute.

Farmaci molto specifici come quelli a base di tamoxifene, antitumorali che aiutano a combattere il cancro alla mammella, ma provocano quello all’utero. Oppure farmaci di uso molto comune, come gli antinfiammatori non steroidei (cioè non cortisonici), che presentano come controindicazioni ulcera e altri problemi gastrointestinali.
Per finire al farmaco forse più conosciuto, l’Aspirina.
Il suo principio attivo, l’acido acetilsalicilico, è presente infatti nella lista: gli effetti collaterali possono comparire quando è
somministrato in età pediatrica, tanto è vero che è sconsigliato come antifebbrile per i bambini
. L’allarme è stato lanciato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, secondo la quale sarebbero oltre 50 le malattie respiratorie e polmonari collegate all’utilizzo
di farmaci
.
Il caso del Lipobay, anticolesterolo della Bayer ritirato perché ha provocato 52 morti, potrebbe dunque non essere isolato.
“Ogni farmaco potenzialmente è dannoso, e più il suo principio è attivo, più si corrono dei rischi
– spiega il farmacologo Silvio Garattini -. Occorre fare il calcolo dei rischi e dei benefici: possiamo accettare che un antitumorale sia cancerogeno, se ci aiuta a guarire prospettandoci lontano nel tempo l’eventualità dell’insorgenza di un nuovo tumore. Ma certamente non possiamo accettare che una simile controindicazione sia contenuta in un farmaco per il mal di testa. E non dimentichiamo mai che gli effetti tossici dei farmaci
sono sempre sottostimati
: alle industrie piace enfatizzare i pregi dei loro prodotti, non i difetti”.

Nella lista non mancano psicofarmaci, come il criticatissimo Ritalin, a base di metilfenidato, una sostanza classificata tra le
anfetamine, che agisce sul sistema nervoso.
Negli Stati Uniti è uno dei più usati per curare la “Ad/Hd”, disturbo da deficit d’attenzione
e iperattività nei bambini.
In Italia è stato ritirato nel 1989, ma poi è stato reintrodotto e ora è in commercio: ad alte dosi, può
modificare la personalità, con il rischio di assuefazione, come una droga.

Altro esempio di farmaco pericoloso: l’assunzione di leflunomide, sostanza utilizzata per la cura dei dolori artritici, avrebbe causato
gravi insufficienze epatiche, che in alcuni casi hanno portato alla morte.
L’Agenzia europea per la farmacovigilanza ha denunciato
129 casi gravi, con 9 decessi. “Per gli antinfiammatori il consiglio è affidarsi al medico: a parità di effetto, sappiamo che alcuni hanno
minori controindicazioni rispetto ad altri – conclude Garattini -. Per gli antitumorali, invece, si stanno facendo passi avanti: le conoscenze
che derivano dall’analisi del genoma potrebbero portare in un futuro vicino ad una nuova generazione con minori effetti collaterali”.

FARMACI SCONSIGLIATI DA WORSTPILLS.ORG E PUBLIC CITIZEN

Pioglitazone (Actos) e Rosiglitazone (Avandia) [GLITAZONI] Impiegati nei pazienti con diabete di tipo 2. Provocano seri danni al fegato, aumento di peso, anemia e infarto.
Donepezil (ARICEPT) e Tacrine (COGNEX) Per pazienti con malattia di Alzheimer, forma lieve–moderata.
Non è stato osservato alcun beneficio nell’istituzionalizzazione e nella progressione della disabilità.
Non sono farmaci costo-efficaci ed i loro benefici nella malattia di Alzheimer sono scarsi
.
Rosuvastatin (CRESTOR) Atorvastatin (LIPITOR); Fluvastatin (LESCOL, LESCOL XL) Lovastatin (MEVACOR);
Lovastatin extended release (ALTOCOR); Pravastatin (PRAVACHOL); Pimvastatin (ZOCOR)

Provocano danni ai reni, muscoli e fegato.
Propoxyphene (DARVON, DARVON-N); Propoxyphene and Acetaminophen (DARVOCET-N, PROPOXACET-N, WYGESIC); Propoxyphene, aspirin and caffeine (DARVON COMPOUND, DARVON COMPOUND-65)
Efficacia dell’Aspirina, crea dipendenza.
Glucosamine and Chondroitin (DONA, MAJESTIC EARTH) Non è stata dimostrata la sua efficacia.
Salmeterol (SEREVENT) Con il suo uso la percentuale di morte aumenta e sono disponibili farmaci alternativi più sicuri.
Nefazodone (SERZONE) Provoca danni al fegato
.
Montelukast (SINGULAIR); Zafirlukast (ACCOLATE) Sono meno validi degli altri farmaci e possono provocare infiammazione dei vasi sanguigni, malattie del fegato, lupus ed episodi di colite ulcerosa.
Fenofibrate (TRICOR) e Ezetimibe (ZETIA) Studi su altri farmaci della stessa classe mostrano che conducono a pancreatiti, calcoli biliari, cancro ed aumentano il rischio di morte.
Hydrocodone and Chlorpheniramine (TUSSIONEX); Promethazine and Codeine (PHENERGAN WITH CODEINE); Promethazine and Dextromethorphan (PHENERGAN DM) Contengono una combinazione irrazionale di ingredienti.

Tramadol (ULTRAM); Tramadol and Acetaminophen (ULTRACET); Carisoprodol (SOMA); Carisoprodol with aspirin (SOMA COMPOUND); Carisoprodol, aspirin and codeine (SOMA COMPOUND WITH CODEINE)
Nessuno di questi è più valido dell’aspirina e dei farmaci simili, potenzialmente pericolosi con l’abuso. Tramadol crea dipendenza.

Drospirenone and Ethinyl estradiol (YASMIN)
Può alterare i livelli di potassio nel sangue e la sua efficacia è la stessa degli altri contraccettivi orali.

http://www.cristianadistefano.it/farmaci_pericolosi.html

I farmaci antiblastici vengono usati per curare alcuni tipi di tumore

I farmaci antiblastici che bloccano o ritardano la replicazione delle cellule. Vengono utilizzati nella cura di alcuni tipi di tumore. Sono sostanze particolarmente tossiche, gravate da pesanti effetti collaterali a carico dell’intero organismo (ad esempio caduta dei capelli, vomito, compromissione del fegato, del rene e così via).

medicinale innovatore ed equivalente: stesso principio attivo… stesso prodotto?

tratto da http://www.galenotech.org

Due medicinali, per essere perfettamente uguali (nei limiti imposti dalle norme di buona preparazione) devono essere licenziati dallo stesso impianto di produzione, avere un’identica composizione in princìpi attivi (i quali devono avere la stessa granulometria e non devono presentare significative differenze percentuali in termini di eventuali polimorfi) ed in eccipienti; infine devono essere state sottoposte alla stessa lavorazione tecnologica.
Questo, come vedremo, significa che il medicinale definito equivalente (ex generico) non è mai perfettamente uguale al prodotto imitato, ma “essenzialmente simile”. Tuttavia, le differenze non sono tali da comportare risultati terapeutici significativamente differenti nella popolazione. In altri termini, il medicinale equivalente è, per definizione, terapeuticamente equivalente al prodotto imitato.

 

equivalenza fra medicinale equivalente e brand

L’equivalenza terapeutica tra due prodotti può essere dimostrata mediante ricerche cliniche comparative, effettuate su gruppi di pazienti con precisi disegni sperimentali. Nel caso di prodotti generici, la loro equivalenza terapeutica con i prodotti brand imitati può essere dimostrata in modo indiretto (senza una nuova sperimentazione clinica) mediante studi di bioequivalenza.

osservazione
Due prodotti farmaceutici sono considerati bioequivalenti quando i loro profili concentrazione-tempo, ottenuti con la stessa dose somministrata, sono così simili che è improbabile producano differenze rilevanti negli effetti terapeutici e/o avversi.



Gli studi di bioequivalenza non utilizzano parametri clinici di efficacia, bensì si limitano a confrontare la biodisponibilità sistemica di due prodotti. I test di bioequivalenza sono basati sul confronto statistico di parametri farmacocinetici che caratterizzano la biodisponibilità dei due prodotti: generalmente vengono usati i parametri AUCCmaxtmax; però, quando ciò non è possibile, si può ricorrere a parametri relativi all’escrezione urinaria o a parametri farmacodinamici direttamente correlabili con l’esposizione al farmaco.

simile = identico?
(R. Magritte – Reproduction Interdite, 1937) quando scade il brevetto la riproduzione è permessa!

Una formulazione da testare ed una formulazione standard di riferimento sono definite bioequivalenti se si può determinare, con un buon livello di confidenza, che la differenza tra le loro biodisponibilità rientri in un intervallo predefinito come “intervallo accettabile” di bioequivalenza, convenzionalmente ritenuto compatibile con l’equivalenza terapeutica.

In pratica, i test di bioequivalenza consistono nel dimostrare che le differenze di biodisponibilità, che inevitabilmente esistono tra due prodotti essenzialmente simili, non superino un certo intervallo di variazione.

 

  • bioequivalenza: equivalenza media di due farmaci aventi profilo di biodisponibilità accettabilmente simile (compreso circa nel 20% in più o meno dell’area sotto la curva);
  • equivalenza terapeutica: parametro presunto in base ad una bioequivalenza media compresa nei parametri di accettabilità.

Con un sostanziale accordo internazionale, si è individuato l’intervallo accettabile di bioequivalenza adeguato a confrontare la biodisponibilità del prodotto test con quella del prodotto standard. Tale intervallo è fissato nel range 0,80-1,25, quando si considera la media dei rapporti individuali tra la AUC della formulazione assoggettata a test e quella della formulazione di riferimento; oppure è fissato entro il range ± 0,20 quando si utilizza la differenza tra parametri normalizzata per il parametro della formulazione standard; il livello di confidenza è generalmente fissato al 90%.

osservazione
Il valore ± 20% è stato scelto perché i fenomeni biologici sono variabili, infatti due unità posologiche dello stesso farmaco, somministrate a due differenti soggetti o in diversi momenti, danno curve di biodisponibilità differenti entro un range del ± 20%.

L’intervallo di bioequivalenza è uno standard stabilito convenzionalmente attribuendo maggior rilievo alla variabilità del comportamento in vivo della formulazione piuttosto che la variabilità della risposta terapeutica nella popolazione dei pazienti. Un intervallo di bioequivalenza così ampio e, soprattutto, non differenziato per categoria terapeutica e per classe farmacologica, tende a trascurare le altre variabili farmacologiche e cliniche che possono incidere significativamente sull’equivalenza terapeutica di due prodotti e potrebbe essere talvolta inadeguato a garantire con sufficiente affidabilità che due prodotti giudicati bioequivalenti siano anche terapeuticamente equivalenti quando usati in una popolazione reale di pazienti. Al contrario, in alcuni casi l’intervallo di bioequivalenza potrebbe rivelarsi troppo stretto tanto da indurre in errore e portare ad escludere, sulla base del test di bioequivalenza, che due prodotti siano terapeuticamente equivalenti, mentre in realtà lo sono quando applicati ad una popolazione reale di pazienti.

Nonostante queste difficoltà, gli studi di bioequivalenza sono ritenuti sufficientemente adeguati per stimare in modo surrogato l’equivalenza terapeutica tra due formulazioni, essenzialmente simili, contenenti lo stesso principio attivo.

 

interscambiabilità generico – brand

In linea generale si può ragionevolmente accettare che i controlli preposti all’AIC (Autorizzazione Immissione in Commercio) dei medicinali equivalenti forniscano una sufficiente garanzia ad assicurare la loro interscambiabilità con il farmaco brand. Tuttavia, non si possono nascondere alcuni problemi che sono stati sottostimati o del tutto trascurati. I test di bioequivalenza, come vengono attualmente effettuati, consentono di stimare una “bioequivalenza media di popolazione”, e non una “bioequivalenza individuale”.

osservazione
In termini esplicitamente critici, si sostiene che la stima della bioequivalenza media non valuta l’equivalenza della risposta alle due formuazioni (generico e brand) nei singoli soggetti. D’altra parte, facendo la parte dell’avvocato del diavolo, anche l’efficacia di un brand è valutata sulla popolazione e non sul singolo individuo.



Due formulazioni possono essere considerate “bioequivalenti per una popolazione” se, oltre al valore medio dei parametri di biodisponibilità, anche le loro distribuzioni attorno alle medie sono sufficientemente simili. Le AUC o le Cmax di due formulazioni possono avere un valore medio sufficientemente simile, ma una varianza significativamente differente. 
In tal caso le due formulazioni non sono equivalenti per la popolazione perché le distribuzioni delle loro biodisponibilità sono significativamente differenti. Dimostrare la bioequivalenza di popolazione assume una significativa importanza per assicurare il medico che può attendersi un risultato terapeutico mediamente equivalente nella popolazione dei suoi pazienti, se inizia un nuovo trattamento con un farmaco generico piuttosto che con il prodotto brand.

La bioequivalenza di popolazione, tuttavia, non fornisce alcuna informazione circa la probabilità che la risposta del singolo paziente a due formulazioni sia equivalente. Per poter fare questa previsione occorre stimare la bioequivalenza individuale, ossia la bioequivalenza entro soggetto, e valutare in quale percentuale i singoli soggetti rispondono in modo equivalente al prodotto generico ed al prodotto innovatore. La biodisponibilità individuale si configura, dunque, come il criterio fondamentale per poter applicare la norma della sostituibilità tra formulazioni nel corso di un trattamento in atto, senza pregiudicare il profilo terapeutico e di sicurezza ottenuti con la prima formulazione.

Un secondo problema consiste nel fatto che i test di bioequivalenza sono fatti tra il singolo prodotto generico ed il prodotto brand. Questa situazione non garantisce che due o più generici dello stessobrand siano tra loro bioequivalenti. Per esempio, supponendo che un generico abbia una biodisponibilità (AUC)+15% ed un secondo generico una biodisponibilità –15%; entrambi sono bioequivalenti rispetto allo standard che imitano, ma non sono tra loro bioequivalenti.

persone di altezza diversa...
Paul è poco più basso di Tony e poco più alto di John, ma Tony è molto più alto di John!

Questo problema non è stato ancora affrontato in Italia, a differenza degli Stati Uniti, dove un Red Book periodicamente aggiornato, riporta tutte le bioequivalenze studiate, indicando per ogni generico quali altri prodotti possa sostituire.

La spiegazione di questa diversità fra i generici è legata alla qualità merceologica: i generici devono corrispondere a requisiti di legge per quanto riguarda le specifiche delle materie prime ed i processi di produzione (GMP). Tuttavia, la spinta eccessiva alla riduzione dei prezzi, può comportare un utilizzo di materie prime meno pregiate e meno purificate (sebbene questa possibilità sia ridotta dalle tolleranze limite ammesse) e l’utilizzo di tecnologie meno affidabili e meno sofisticate, particolarmente per quanto riguarda il controllo di qualità.

La somiglianza prescritta per il medicinale equivalente si verifica allorché, rispetto al farmaco di riferimento, l’equivalente abbia una stessa composizione quali-quantitativa in principio attivo e la stessa forma farmaceutica (“equivalenza farmaceutica”), e presenti “bioequivalenza” rispetto al farmaco di riferimento. Se un generico presenta una equivalenza farmaceutica e una bioequivalenza rispetto al farmaco di riferimento, può essere considerato “essenzialmente simile” a questo.
Da tale similitudine viene presunta una equivalenza terapeutica che può verificarsi sia utilizzando farmaci chimicamente e farmacologicamente perfettamente uguali all’originale (generalmente farmaci inco-marketing), sia “alternative farmaceutiche” che differiscono dall’originale per gli eccipienti o per la tecnologia farmaceutica impiegata (ad es., capsule invece di compresse).

 

bioequivalenza, biodisponibilità, equivalenza terapeutica

Il concetto di bioequivalenza, è uno di motivi di perplessità per i medici prescrittori. Le leggi di riferimento sono il D.leg. 323/1996 convertito in Legge 425/1996.
La “bioequivalenza” tra farmaco di riferimento e generico viene valutata essenzialmente mediante lo studio della biodisponibilità, che ne costituisce requisito indispensabile. La bioequivalenza, a sua volta, costituisce presupposto per una probabile “equivalenza terapeutica”.

La valutazione di biodisponibilità di un prodotto generico rispetto all’originale viene valutata in base ad una serie di parametri chimici e fisiologici, con procedure semplificate rispetto alla registrazione del farmaco originale. In particolare la biodisponibilità di un prodotto farmaceutico viene valutata dal profilo medio delle curve concentrazione-tempo del principio attivo misurato su un campione di soggetti, generalmente volontari sani, e utilizzando il parametro “area sotto la curva” come indicatore della quantità di farmaco reso biodisponibile; vengono considerati anche altri parametri: la “concentrazione di picco massimo” e il “tempo di picco massimo” come indicatore di velocità in cui il principio attivo è reso disponibile.

Viene presunto che due prodotti con profili di biodisponibilità sufficientemente simili (e quindi “bioequivalenti”) siano anche “equivalenti dal punto di vista terapeutico”.
In altre parole l’equivalenza terapeutica viene presunta in base ad una bioequivalenza tra i due farmaci confrontati (per definizione infatti il farmaco generico deve essere bioequivalente rispetto al prodotto di riferimento).

Occorre sottolineare che gli studi tendenti a misurare la bioequivalenza dei prodotti non utilizzano parametri clinici di efficacia ma si limitano a confrontare la biodisponibilità sistemica di due prodotti, che può essere simile ma non uguale, in quanto ci si basa sul concetto che due prodotti farmaceutici, pur avendo un profilo di disponibilità anche diverso (purché compreso in un certo range), possano essere equivalenti anche sul piano terapeutico. Le norme internazionali, infatti, stabiliscono un range di variabilità convenzionalmente riconosciuto come “intervallo accettabile” di bioequivalenza.

osservazione
L’accettabilità questa variazione è stata stabilita in base al concetto che la variabilità individuale della risposta terapeutica è generalmente maggiore del range di variabilità fissato per il test di bioequivalenza.

Allen Roses, vicepresidente della linea genetica della GlaxoSmithKline, una delle maggiori case farmaceutiche mondiali, nel 2003 ha dichiarato1 che “La maggior parte dei farmaci che produciamo, più del 90%, funziona solo tra il 30% e il 50% delle persone“.
In effetti, questa dichiarazione non dovrebbe sorprendere in quanto si potrebbe dire che è implicita nei concetti concetti di DL50 e DE50.

Diversi studiosi, tuttavia, hanno sottolineato il fatto che, almeno per alcuni farmaci aventi un indice terapeutico modesto, l’intervallo convenzionale di bioequivalenza potrebbe essere troppo ampio e quindi inadeguato a garantire con sufficiente affidabilità che due prodotti bioequivalenti siano anche terapeuticamente equivalenti.

E’ possibile quindi affermare che la metodologia utilizzata attualmente negli studi di bioequivalenza, consente di stimare la “bioequivalenza media” e la “bioequivalenza di popolazione” ma non consente di valutare la “bioequivalenza individuale”.

In base a questa considerazione il medico e il paziente che utilizzino un farmaco “bioequivalente” possono aspettarsi un risultato terapeutico “mediamente equivalente” nella popolazione complessiva degli utilizzatori, ma non è possibile fornire informazioni circa la probabilità che la risposta del singolo paziente alle due formulazioni diverse (farmaco di riferimento e generico bioequivalente) sia la stessa. Il problema è particolarmente rilevante per i farmaci destinati ad uso continuativo e caratterizzati da un modesto indice terapeutico.
Pur rimanendo quindi valido genericamente il concetto di sostituibilità tra il farmaco di riferimento e un farmaco generico bioequivalente è evidente come possa essere importante per il medico conoscere, per i singoli prodotti alternativi, il range di scostamento dei parametri di confronto onde poter eventualmente scegliere il prodotto che più si avvicina a quello di riferimento.

Da quanto discusso, è chiaro che il concetto di bioequivalenza non gode della proprietà transitiva: non è possibile concludere, senza una verifica diretta, che due prodotti, ciascuno bioequivalente con lo stesso standard di riferimento, siano bioequivalenti tra di loro. Purtroppo, il confronto diretto non è possibile in quanto i medicinali equivalenti sono confrontati unicamente con il medicinaleoriginator, e così l’interscambiabilità fra equivalenti è solo supposta.

1Connor Steve, “Glaxo chief: Our drugs do not work on most patients”, in The Independent, 8 dicembre 2003.

 

il problema degli eccipienti

La normativa vigente, basata sul DL 323 del 1996 stabilisce che i generici debbano avere “la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche.”. La normativa non prevede la composizione degli eccipienti.

Il problema non è irrilevante, soprattutto per quanto riguarda forme farmaceutiche quali i granulati, le soluzioni orali, le compresse, le capsule, le preparazioni dermatologiche. E non si tratta solo di problematiche legate al rilascio del principio attivo, ma anche di problemi di allergia o di generica intolleranza ai diversi tipi di sostanza. 
L’aumentata diffusione di patologie che impongono restrizioni alimentari o di evitare determinate sostanze, ha fatto sì che si presti sempre più attenzione a questo problema.

La Ratiopharm è la più grande azienda farmaceutica tedesca, e la più importante realtà europea per lo sviluppo e la produzione dei medicinali equivalenti. Dai depliants informativi l’azienda afferma che più del 10% delle risorse umane è impegnato nel controllo qualità, con l’intento che i generici Ratiopharm possano vantare l’assoluta bioequivalenza rispetto ai corrispondenti farmaci di “marca”. La ditta in uno studio sulla bioequivalenza dei suoi farmaci ha dimostrato che i valori medi delle concentrazioni plasmatiche sono perfettamente sovrapponibili ai farmaci di “marca”. Gli studi presentati riguardano i medicinali riportati nella tabella seguente.

In base alla vigente normativa attuale è certamente possibile che due farmaci, pur essendo tra loro bioequivalenti dal punto di vista del principio attivo, possano presentare invece differenze e problemi notevoli per quanto riguarda la composizione dei loro eccipienti.
E’ possibile, ad esempio, che un medico prescriva un farmaco granulato ad un diabetico in quanto si è eccertato che il brand non contiene zucchero o altre sostanze nocive a quel particolare paziente; una sostituzione del medicinale fatta dal farmacista non al corrente della patologia del paziente, potrebbe invece sostituire quel prodotto con uno bioequivalente ma dolcificato con zucchero, con conseguente alterazione dell’equilibrio glicemico.

equivalente Ratiopharm

medicinale innovatore

Verapamil 80 mg Ratiopharm

Isoptin 80

Propafenone 150 mg Ratiophatm

Rytmonorm 150

Diltiazem 60 mg Ratiopharma

Tildiem 60

Atenololo 100 mg Ratiopharm

Tenormin

Atenololo-Clortalidone Rathioparm

Tenoretic

Fluoxetina Rathiopharm

Prozac

Alprazolan Ratiopharm

Xanax

Ranitidine 150 mg Ratiopharm

Ranidil 150

Riclopidina Ratiopharm

Tiklid

Sono parecchie altre le sostanze che impongono particolare attenzione: i pazienti affetti da morbo celiaco, ad esempio, devono evitare l’amido di grano (spesso utilizzato come eccipiente di compresse e capsule).
Anche altri dolcificanti (oltre allo zucchero) presentano controindicazioni per alcune categorie di pazienti: è noto ad esempio che la saccarina può indurre allergia crociata con i sulfamidici, e che l’aspartame è controindicato nei soggetti affetti da fenilchetunuria.

In mancanza di una regolamentazione che eviti le problematiche descritte, è quindi comprensibile e giustificabile la diffidenza che molti medici hanno verso i farmaci generici e verso la possibilità di sostituzione indifferenziata dei farmaci stessi tra di loro.

 

equivalenti terapeutici

Abbiamo accennato al fatto che gli equivalenti farmaceutici debbeno dimostrare la loro equivalenta terapeutica. In In realtà, sarebbe senz’altro possibile produrre perfetti equivalenti farmaceutici di un medicinale originator la cui protezione brevettuale è scaduta. In pratica si tratterebbe di mantenere la stessa composizione quali-quantitativa anche per gli eccipienti. Sebbene questo possa sembrare illecito perché sembrerebbe un’operazione equipollente alla commercializzazione di un prodotto identico ad un “originale”, e la legge vieta la copia servile (v. riquadro), queste riproduzioni “perfette” potrebbero essere allestite.

Art. 2598 c.c. (Atti di concorrenza sleale). Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o omita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo con conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda.

Tuttavia, secondo una pronuncia di Cassazione civile (sezione I, 27.2.2004, n. 3967) “[…] l’imitazione rilevante ai fini della concorrenza sleale per confondibilità non si identifica con la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo con quella che cade sulle caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante e cioè idonee, proprio in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa

Questo importa che essendo la confezione del medicinale equivalente del tutto differente da qualla dell’originator, non si pone il problema della copia servile o, più comunemente del falso.

D’altra parte, sebbene sia possibile produrre un equivalente farmaceutico, questo per essere tale deve avere la stessa qualità (o quantomeno la qualità deve essere sovrapponibile) dell’originale. Stessa granulometria, stessa percentuale di impurezze, stessa forma cristallina, ecc. Poiché il prodotto risultante, aspirante “perfetto equivalente farmaceutico” deve comunque superare le prove di bioequivalenza, tanto vale considerare anche formulazioni alternative che, nell’economia aziendale (necessità di un approvvigionamento sicuro, costi di trasporto, qualità, stoccaggio, ecc.), possono riuscire più convenienti.

 

differenze tecnologiche fra equivalente e originator

Un’associazione di consumatori statunitense, consumerlab.com, ha sottoposto alle sue analisi 2000 prodotti in commercio, e fra questi, nella primavera 2007, figura il bupropione a lento rilascio. L’originator è un farmaco della GSK, il Wellbutrin XL 300, al quale Teva aveva contrapposto il Budeprion XL 300.

logo consumerlab

Il fatto contestato dalla ConsumerLab è che nei loro test di dissoluzione, il tasso di rilascio del principio attivo era risultato più rapido: Budeprion rilasciava il 35% del bupropione nelle prime due ore, mentre il Wellbutrin ne rilasciava al massimo l’8%. Sulla questione è intervenuta anche la US Pharmacopeia (l’ente ufficiale cui spettano le standardizzazioni in questo settore), che ha riscontrato, sempre entro le prime due ore, un rilascio dal 25 al 50% del principio attivo nel generico e del 20% al massimo nella specialità medicinale.
Queste differenze furono prese a spiegazione di una possibile (non dimostrata) maggiore frequenza di effetti indesiderati nel prodotto generico, principalmente nausea e cefalea ma anche attacchi di panico e grave depressione.

Secondo la US Pharmacoeia, differenze di questo tipo tra farmaci a rilascio modificato sono comuni, in quanto dipendono dal sistema di rilascio stesso e, nel caso in specie, mentre il bupropione aveva perso la copertura brevettuale, il sistema di rilascio a membrana del Welbutrin era ancora sotto brevetto, ragion per cui Teva si era dovuta avvalere di un altro sistema, ovviamente con caratteristiche differenti [il problema non si può porre per l’Italia in quanto il nostro SSN prevede la copertura assistenziale solo per i farmaci protetti da brevetto di prodotto – v. DL 138/2002].

La Theva, ovviamente non ha contestato le differenze riscontrate ai test di dissoluzione; però, ha sottolineato come nei 12 mesi di commercializzazione del suo farmaco (con oltre 4,5 mln di confezioni eistate), il tasso delle segnalazioni era assolutamente sovrapponibile a quello di qualsiasi altro farmaco: 0,002%. Inoltre, si deve considerare che l’FDA non si basa su questo tipo di metodiche (tempi di rilascio in vitro) al momento di stabilire la bioequivalenza, bensì sui test di farmacocinetica e quindi sui livelli ematici del principio attivo, e la differenza in questa sede tra i due farmaci era stata ritenuta all’interno dei margini.