Che cosa succede a chi smette di fumare?

Spesso a disincentivare i fumatori a smettere è la paura di ingrassare o di non riuscire a gestire lo stress senza l’aiuto della sigaretta. In effetti, è esperienza comune che chi smette tende ad accumulare qualche chilo. Il fenomeno può però essere facilmente evitato se si presta attenzione a non sostituire la sigaretta con snack ipercalorici, ma piuttosto si contrasta il desiderio di fumare con un po’ di attività fisica. In ogni caso, dal punto di vista della salute, le conseguenze negative di un piccolo aumento di peso non sono nemmeno paragonabili con quelle positive prodotte dalla rinuncia al fumo.

I vantaggi per il cuore e i polmoni sono i più immediati, ma dopo cinque anni anche il rischio di sviluppare un tumore della cavità orale, della gola, dell’esofago e della vescica si dimezzano e le probabilità di avere un tumore al collo dell’utero ritornano pari a quelle di chi non ha mai fumato. Dopo dieci anni diminuisce anche il rischio di avere un cancro al pancreas e alla laringe, e la mortalità per cancro al polmone si dimezza rispetto a quella di chi continua a fumare.

Meglio ancora non aspettare troppo a prendere questa sana decisione: chi smette prima dei 35 anni, secondo l’American Cancer Society, annulla al 90 per cento le conseguenze negative del fumo ed entro i 50 anni si può ancora dimezzare la mortalità nei 15 anni successivi rispetto a chi insiste. Anche chi smette a 60 anni od oltre, comunque, vive più a lungo più di chi continua.

Infine, dalla decisione di smettere derivano molti altri vantaggi forse meno importanti, ma più immediati: le attività quotidiane possono essere svolte con meno affanno, si tornano a gustare l’aroma e il gusto dei cibi, le dita e i denti smettono di ingiallirsi, si risparmia denaro che si potrà utilizzare in altro modo. Chi fuma in media un pacchetto al giorno spende infatti circa 120 euro al mese, che in un anno diventano più di 1.400 euro: una cifra con cui ci si può fare davvero un gran bel regalo.

http://www.airc.it/

UNA O DUE TAZZE AL GIORNO FAVORISCONO L’ELASTICITA’ VASCOLARE

CUORE: IL CAFFE’ AIUTA A MANTENERLO GIOVANE

CUORE: IL CAFFE' AIUTA A MANTENERLO GIOVANE

(AGI) – Stoccolma, 1 set. – Un consumo moderato di caffe’ aiuta il cuore a mantenersi giovane anche nei soggetti con l’ipertensione. Lo afferma uno studio presentato dall’Universita’ di Atene al meeting della Societa’ Europea di Cardiologia a Stoccolma ed effettuato su un gruppo di anziani tra i 65 e i 100 anni. I ricercatori hanno analizzato 485 residenti di una casa di riposo, scegliendo quelli che avevano una pressione piu’ alta, e testando i vasi sanguigni intorno al cuore con una risonanza. I pazienti con un consumo di caffe’ di una o due tazze al giorno hanno mostrato una maggiore elasticita’ vascolare intorno al cuore sia rispetto a quelli che non ne bevevano sia a quelli che ne bevevano piu’ di due tazze. La maggiore elasticita’ e’ associata a un minor rischio di problemi cardiaci successivi. ”Il beneficio non si ha se il consumo non e’ moderato – ha spiegato Christina Chrysohoou, uno degli autori della ricerca – perche’ l’eccesso di caffeina restringe i vasi sanguigni, annullando l’effetto positivo”.

Donare il cuore senza limiti d’età

Pubblicato da Gloria Soresi in CNRMedicina

Non escludere gli over 55 consentirebbe di ridurre le liste d’attesa per i trapianti. Questo l’obiettivo di un test di funzionalità cardiaca testato da Ifc-Cnr e Sant’Orsola.

Il trapianto d’organo è ancora l’unica soluzione per salvare la vita di molti pazienti con malattie cardiache gravi avanzate. Alternative come cuore artificiale, trapianto da animali geneticamente modificati o assistenza ventricolare meccanica prolungata oltre 3-4 mesi sono ancora in fase di studio.

Per tale ragione, si registra a livello sia italiano sia internazionale una costante carenza di donatori, resa ancor più pesante dall’età limite, fissata a 55 anni. Una ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), però, ora dischiude nuove e più ampie possibilità. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Heart and Lung Transplantation.

“Sono oltre 700 i pazienti che ogni anno in Italia avrebbero bisogno di un cuore nuovo, mentre le donazioni raggiungono a malapena la metà. I pazienti in lista d’attesa (media 2-3 anni) hanno una qualità di vita difficile e una mortalità di quasi il 9% annuo”, spiega Tonino Bombardini, ricercatore associato dell’Ifc-Cnr“Se ogni anno si utilizzasse anche solo un sesto dei 670 donatori di cuore ultra cinquantacinquenni, i trapianti in Italia aumenterebbero di 100 l’anno. Da questa constatazione, circa cinque anni fa, è partita un’indagine congiunta con il Centro trapianti cuore-polmone del Sant’Orsola di Bologna, volta a quantificare la bontà funzionale dei cuori dei cosiddetti donatori marginali”.

Il gruppo utilizza come test diagnostico un eco-stress farmacologico“Si infonde sotto controllo ecocardiografico continuo il dipiridamolo, un farmaco vasodilatatore già in uso da 25 anni per la diagnosi non invasiva di malattia coronarica”, spieganoBombardiniGiorgio Arpesella del Sant’Orsola. “Il cuore è infatti un organo erettile, la cui funzione aumenta con l’aumentare del flusso, ma questo solo se le coronarie sono sane e il miocardio è normale. Se il cuore sotto stress obbedisce a tale corrispondenza, allora è adatto per la donazione; altrimenti, se nonostante la vasodilatazione coronarica la funzione peggiora, viene scartato. Il test, che viene eseguito dopo la dichiarazione di morte cerebrale del donatore, dura 6 minuti e rispetta gli altri organi da trapiantare”.

Per uniformare e ottimizzare i risultati a livello nazionale, il Core Eco Lab dell’Ifc-Cnrdi Pisa certifica i cardiologi idonei ad effettuare l’indagine nei centri abilitati, mentre un portale web, consente di inserire le risposte eco-stress dei possibili donatori.

“Il progetto Donazione di cuore marginale ha visto il coinvolgimento dell’Associazione interregionale trapianti e l’Organizzazione Toscana trapianti”, conclude Eugenio Picano, direttore dell’Ifc-Cnr di Pisa. “Attualmente attivo in nove centri in Emilia-Romagna e Toscana – Cesena, Bologna, Baggiovara e Parma; Pisa, Firenze, Lucca, Empoli e Siena – è pronto per essere esteso a tutte le regioni italiane”.

Secondo dati Cnt-Centro nazionale trapianti, nel 2006 solo il 45% dei 1.234 donatori di cuore potenziali in Italia avevano un’età inferiore ai 55 anni. E inoltre 169 dei 345 trapianti venivano eseguiti in riceventi ultra-55enni. Anche negli Stati Uniti, dove ogni anno si effettuano più di 2.000 trapianti di cuore, solo il 7% dei donatori ha una età superiore ai 50 anni, nonostante la mortalità annua dei cardiopatici in lista d’attesa sia superiore al 10% (dati Optn-Organ Procurement and Transplantation Network – Srtr-Scientific Registry of Transplant Recipients, 2008).

2 Gennaio 1968 – Il Dottor Barnard esegue il secondo trapianto di cuore

Storia

I pionieri

La fase sperimentale del trapianto di cuore inizia nel 1905 con Carrel Guthrie, che operò un trapianto cardiaco eterotopico da cane a cane. Nel1960 Lower e Shumway descrivono il primo trapianto cardiaco ortotopico nell’animale. Il primo trapianto di cuore al mondo fu eseguito il 3 dicembre 1967 dal chirurgo sudafricano Christiaan Barnard all’ospedale Groote Schuur di Città del Capo, su Louis Washkansky, di 55 anni, che morì 18 giorni dopo. La donatrice fu una ragazza di 25 anni, Denise Darvall, morta in seguito a un incidente stradale. Il 2 gennaio 1968 lo stesso professor Barnard eseguì il secondo trapianto cardiaco, sul dentista Philip Bleiberg, che visse con il cuore nuovo per 19 mesi. Nel 1968 iniziò il programma clinico a Standford per la ricerca sui trapianti di cuore. Nel 1972 è l’introduzione della biopsia endocardica per la monitorizzazione del rigetto acuto. Il 1975 è l’anno del primo ritrapianto di cuore. Nel 1980 viene introdotta la ciclosporina come farmaco anti-rigetto.

I pionieri italiani

Il primo intervento di trapianto cardiaco in Italia fu eseguito il 14 novembre 1985 a Padova, dall’équipe del professor Vincenzo Gallucci, che lo eseguì con successo sul mestrino Ilario Lazzari (scomparso nel 1992). Il donatore fu un ragazzo di 18 anni. Quattro giorni dopo, il 18 novembre1985, il ventenne Gianmarco Taricco, di Dogliani, in provincia di Cuneo, ottenne un cuore nuovo al Policlinico San Matteo di Pavia. L’intervento fu eseguito dall’équipe del professor Mario Viganò. Il donatore era un ragazzo di 14 anni. Il terzo trapianto fu eseguito a Bergamo, il 23 novembre 1985, dal professor Lucio Parenzan, su Roberto Failoni, 48 anni, di Romano di Lombardia, in provincia di Bergamo, (scomparso nel 1998). La donatrice era una ragazza di 19 anni. Nello stesso giorno furono eseguiti in Italia altri due trapianti cardiaci: a Udine, dove l’équipe del professor Angelo Meriggi lo eseguì sul quarantottenne Valentino Rigo (scomparso il 7 febbraio 1986) e a Milano, dove il professor Alessandro Pellegrini lo eseguì sul quarantassettenne milanese Luigi Savaris. Nel 1987 è stato eseguito il primo trapianto eterotopico. Nello stesso anno è stato utilizzato per la prima volta un VAD (cuore artificiale) come ponte al trapianto (per una settimana). Nel 1991 sono stati eseguiti il primo trapianto da vivente (progetto Domino) ed il primo trapianto cuore-polmone in Italia. Nel 2001 è stato sperimentato per la prima volta un LVADpermanente in paziente con controindicazioni al trapianto.

I primi trapiantati italiani

La prima italiana con un cuore nuovo fu la romana Patrizia Barbieri. Il trapianto fu eseguito a Londra il 18 ottobre 1984, dall’équipe del chirurgo anglo-egiziano Magdi Jacoub. La prima bambina italiana sulla quale fu eseguito un trapianto di cuore fu, ancora a Londra, il 10 giugno 1985, l’undicenne palermitana Nicoletta Tortorici.