Intervento pionieristico in Polonia, malato di tumore sopravvive al trapianto di gola

Dopo un intervento durato 17 ore l’equipe medica gli ha trapiantato laringe, trachea, esofago, tiroide e tutti i muscoli

Il dottor Adam Maciejewski con il paziente Michael
Il dottor Adam Maciejewski con il paziente Michael
Redazione Tiscali
Un polacco 37enne, malato di tumore alle corde vocali, è sopravvissuto ad un delicato e lunghissimo intervento chirurgico che gli ha permesso di avere una intera gola nuova. L’uomo, rispondente al nome Michael, dal 2009 era affetto da un tumore particolarmente aggressivo, che gli impediva di deglutire, parlare e persino di respirare. Grazie al dottor,Adam Maciejewski,medico chirurgo presso l’ospedale di Gliwice, e ad un intervento durato 17 ore, l’equipe medica gli ha trapiantato laringe, trachea, esofago, tiroide e tutti i muscoli.
Michael ha avuto un recupero inaspettato – A circa un mese di distanza da quell’intervento, avvenuto lo scorso 11 aprile, il 37enne è tornato a fare una vita assolutamente normale. L’uomo oggi è in grado di parlare, respirare e persino mangiare. “Grazie a tutti per il supporto”, ha detto commosso nel corso di una conferenza stampa. I medici, felici per Michael e soddisfatti per l’importante risultato ottenuto, non si aspettavano un recupero così repentino, tanto da aver imposto al paziente un recupero più cauto. Il team protagonista di questo pionieristico intervento è lo stesso che nel 2013 effettuò il primo trapianto di faccia al mondo.

Muore Eleonora, la ragazza ‘con la chemio nella borsetta’: sconfitta a 33 anni da un tumore

Eleonora Letizia Futura Marsala

PALERMO – Tutti la conoscevano come la ragazza ‘con la chemio nella borsetta’, si chiamava Eleonora e purtroppo è stata sconfitta dal male che l’aveva colpita. È morta per un tumore che l’ha portata via all’alba di oggi dopo una lunga lotta che Eleonora Letizia Futura Marsala, 33 anni, ha combattuto con tutta se stessa. La giovane un anno fa aveva aperto un blog, chiamato proprio, ‘La ragazza con la chemio nella borsetta’ in cui raccontava la sua esperienza, la sua lotta contro il tumore che l’aveva colpita qualche anno fa.

LA NOTIZIA
A dare l’annuncio, su Facebook, è la sorella di Letizia, Valentina Marsala. Che scrive: «Con un dolore enorme scrivo questo post. Sono Valentina la sorella di Ele. Purtroppo non è riuscita a vincere la sua guerra. Ma di sicuro ha vinto in molto altro.Ringrazio tutte le persone che l’hanno sostenuta, anche chi non la conosceva. Non sapete quale miracolo compivate ogni giorno anche con un semplice commento nella sua pagina o nel suo blog. Ciao, amore mio Eleonora».

L’ultima volta che Eleonora aveva scritto sul blog era il 31 dicembre scorso, per la fine dell’anno. «Oggi è giorno più triste e al tempo stesso speranzoso di tutto l’anno – scriveva -È arrivato il momento dei bilanci, del guardarsi indietro e soprattutto proiettarsi nel futuro. C’è chi dice che ha avuto un anno meraviglioso, chi dice che ha avuto un anno di merd…. Chi non vuole fare bilanci e chi vuole solo cancellare il passato. Per me quest’anno è stato un anno importante, un anno in più. Chi è malato oncologico sa a cosa mi riferisco».

«Allo scoccare della mezzanotte ti guardi indietro tra amarezza e contentezza di essere ancora li, di aver vissuto e concluso, nel bene e nel male, il 2014 – scriveva – Poi ti giri e ti tuffi nel 2015 carica di speranze, di desideri, di progetti, di sogni, di buoni propositi ed ovviamente anche di paure. Io ne ho molti, chissà quanti si avvereranno, sicuramente il primo è quello di stare in buona, o quantomeno discreta, salute, e per questo posso impegnarmi in prima persona con tutte le mie forze come ho sempre fatto.

Anche gli altri progetti e desideri sono molto importanti per me e spero di poterli realizzare, ma per alcuni posso solo aspettare perché non dipendono da me… Per le paure… beh, ho poco da fare… posso solo contrastarle con le mie strategie e sperare che rimangano solo paure». E ha ricordato: «Durante quest’anno ho perso molto, Ho perso un po’ di chili (che non guasta mai :D); Ho perso parti del mio corpo per me molto importanti; Ho perso alcuni sogni, che fino a qualche mese fa potevo permettermi di fare, ma adesso ho perso anche questo; Ho perso un po di forza e di energia». Sui social la morte di Eleonora ‘la ragazza con la chemio nella borsetta’ è stata salutata con centinaia di messaggi di lutto.

fonte

Sfogo di un laringectomizzato

Io laringectomizzato totale per 5 anni ho passato una visita annuale da ASL,INPS e datore di lavoro.L’Inps perché mi davano una contributo mensile che era più quello che si riprendevano di tasse con il 730.

 

Dopo 5 anni me l’hanno tolto perché mi hanno detto che ero guarito forse?

 

Si può guarire da una laringectomia totale?

 

Mi è venuta la tentazione di farmi una visita perché magari mi è ricresciuta la laringe,la tiroide e le corde vocali e non me ne ero accorto e se fosse successo potevo chiudere lo stoma perenne sul collo da cui ancora oggi respiro?

 

E nel frattempo si vendono televisioni per i finti ciechi,radio per i finti sordi…

 

News Stampa Email Il Messaggero su ‘Braccialetti Rossi’, premiata da FAVO con il cedro d’oro 2014

trasferimento (7)

La Fiction che cambia la vita

Da “Il Messaggero” di mercoledì 7 gennaio 2015
di Carla Massi

L’effetto “Braccialetti rossi” si vede nelle corsie degli ospedali, negli ambulatori, nelle scuole, nelle case dei bambini e dei ragazzi malati. La fiction che RaiUno sta mandando in replica la domenica sera (già pronta una seconda serie) non ha terremotato solo l’auditel. È riuscita ad abbattere un tabù: quello che avvolge il tumore nei più piccoli. Fino a portare le immagini degli adolescenti sulla sedia a rotelle e senza capelli in prima serata nelle domeniche in famiglia.
Potevano essere un azzardo le storie dolorose di Leo (senza una gamba amputata per un cancro), Vale (stessa malattia di Leo), Cris (anoressica), Davide (cardiopatico), Tony (vittima di un incidente) e Rocco (in coma) e invece si sono trasformate, nella realtà, in un’autentica rivoluzione. La regia di Giacomo Campiotti, dunque, sovrapposta a quello che ogni giorno accade nei nostri ospedali pediatrici dove a un bambino o a un adolescente viene fatta la diagnosi di tumore o scoperto un danno al cuore.

LA NORMALITÀ
«La rivoluzione – spiega Annalisa Serra oncoematologa responsabile del Day hospital del Bambino Gesù a Roma – sta nel fatto che i piccoli pazienti si vergognano di meno ad andare a scuola senza capelli. Sta nell’aver fatto entrare questo argomento nella normalità. Sta nel far sentire i più piccoli dei supereroi che si riconoscono nella fiction. Alcuni mi hanno chiesto: “Perché nella televisione i ragazzi hanno le sopracciglia dopo la cura e noi no?”. Il riconoscimento dei bambini nella fiction dà carica ed è un grande aiuto sia per noi e che per le famiglie».

DALLA SPAGNA
Si parla di rispecchiamento nelle immagini e nelle situazioni, nelle paure e nei sorrisi. Così appassionatamente descritti nel testo all’origine di tutto: l’autobiografia di Albert Espinosa, nato a Barcellona nel 1973 e diventato uno dei più noti scrittori, registi, autori di teatro e tv spagnoli, che narra la sua esperienza di malattia. Nessun vittimismo. Solo quei dieci anni, dai 14 ai 24, durante i quali Espinosa ha lottato contro un tumore, l’osteosarcoma alla gamba. Dal quel libro, la fiction italiana (oltre 5 milioni di spettatori) e i diritti per gli Stati uniti acquistati da Steven Spielberg.
Camilla, romana, oggi ha 17 anni. Quando ne aveva 12 le è piovuta addosso una diagnosi di leucemia mieloide acuta. «In otto mesi di terapie al Bambino Gesù ce l’ho fatta – racconta – e ora vado ad aiutare gli altri ricoverati. Piccoli e adolescenti. Vedere quelle scene alla televisione, anche se romanzate, è stata una grande cosa. Ci siamo sentiti finalmente meno soli. Le cose vanno detto come sono. Che si perdono i capelli, che si sente dolore ma anche che tutto può passare e che il gruppo ti aiuta».
Tanto che nell’ospedale pediatrico romano è nato il team dei “Braccialetti bianchi”. «Quelle puntate, seppur un po’ edulcorate – aggiunge Federica, madre di Camilla, oggi attivista di Abe, Associazione bambini emato-oncologici (www.abeonlus.org) – dimostrano che l’unione è forza e che non è più tempo di vergogna».

IL MODELLO
La Favo, la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia,ha dato un premio a “Braccialetti Rossi”: «Coraggiosa, commovente e rivoluzionaria fiction che racconta il cancro come esperienza di vita», spiega Elisabetta Iannelli vicepresidente dell’associazione. «Molti ragazzi quando entrano in corsia non hanno nessuna voglia di parlare poi, piano piano, si rendono conto e imparano a capirsi ed aiutarsi. Le storie sono dei modelli che, per molti aspetti, hanno trasformato la vita del bambino e del giovane malato»
Ora il film si è fatto modello. Con il ragazzo antipatico “forgiato” dall’amicizia, il piccolo morto di cuore e la giovane Cris anoressica e senza sorriso. Ma anche con l’immagine di tutti sulla sedia a rotelle a guardare lontano.
«I pazienti tra i 15 e i 19 anni – fa sapere Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Istituto tumori di Milano e promotore del “Progetto giovani” nell’ospedale – pur soffrendo degli stessi tumori tipici dell’infanzia, si trovano in una sorta di “terra di nessuno” venendo spesso curati nei reparti per adulti. Una situazione che aumenta il loro disagio e li spinge a restare a letto depressi. Anche con i bambini molto piccoli hanno difficoltà a convivere. Per questo abbiamo creato degli ambienti dove i ragazzi possono incontrarsi. Fare palestra, studiare, cantare».

fonte

 

L’alimentazione e i tumori: le domande più frequenti

Dieci storie di pazienti e di coloro che li assistono nel difficile cammino della malattia, tratte dalle oltre 4.000 testimonianze della Campagna “Viverla Tutta”, prendono vita grazie a dieci grandi fumettisti italiani e internazionali in un volume che incarna il cuore pulsante della medicina narrativa

Dieci voci di persone che hanno visto la loro vita o quella di coloro che amano travolta da una grave malattia. Dieci storie di vita vissuta che narrano in modo diverso del dolore, della sofferenza, della paura. Ma che, inaspettatamente, si fanno anche portatrici di un messaggio di riscatto, di coraggio, di voglia di dimostrare a se stessi e agli altri di potercela fare. Grazie al talento artistico di alcuni tra i più grandi autori italiani e internazionali del fumetto, da una selezione delle oltre 4.000 testimonianze raccolte online dalla Campagna Viverla Tutta è nato “La vita inattesa” (nelle librerie dal 3 settembre), un graphic novel che attraverso le immagini e i colori – a volte vividi, a volte delicati, a volte cupi – dà anima e corpo al vissuto e alle emozioni dei singoli, rendendoli patrimonio comune. Dieci affermati disegnatori (Silvia Ziche, Paolo Bacilieri, Nate Powell, Thomas Campi, Massimo Carnevale, Laura Scarpa, Tuono Pettinato, Marco Corona, Vincenzo Filosa e Giuseppe Palumbo), sulle sceneggiature di Micol Beltramini, Tito Faraci e Alessandro Q. Ferrari, hanno prestato le loro matite e i loro pennelli per affrontare temi delicati e complessi come quelli della malattia, della medicina, del rapporto medico-paziente, con un linguaggio del tutto inusuale.

Un libro che vuole anche essere un ringraziamento speciale a tutte quelle persone che hanno donato le loro storie, mettendo a nudo gli aspetti più intimi e dolorosi di una fase drammatica della loro vita per trasformarla in una “lezione di vita”, preziosa per sé e per gli altri. Denominatori comuni di tutte le esperienze condivise sono infatti la forte determinazione ad affrontare la malattia a testa alta, così come la capacità di trasformare la rabbia in energia e di accettare la vita per quello che ti offre, giorno per giorno, convivendo con la malattia e continuando a lottare senza mai perdere la speranza.

 

Le pagine de “La vita inattesa” esemplificano straordinariamente il cuore pulsante dellamedicina narrativa: la malattia non è un mero insieme di sintomi, cause e rimedi, come la società di oggi è spesso abituata a considerarla, e alla base del percorso di guarigione non ci sono solo farmaci. L’utilizzo di competenze narrative consente piuttosto di porre al centro dell’analisi il singolo individuo e di interpretare la sua particolare storia di malattia, la sua cornice esistenziale, la sua maggiore o minore capacità di reagire alla sofferenza, la delicata ragnatela di interazioni sociali che lo circonda. L’ascolto diventa così il punto di partenza per costruire, insieme ai pazienti, un percorso di diagnosi e cura.

“I malati sono libri. Che chiedono di essere letti con passione, perché animati dalla voglia di confidare al mondo oscurità e speranze di una vita inattesa. In attesa di essere ascoltata”.

dalla prefazione di Edoardo Rosati

 fonte

Io spia del mio assenteismo

Cari amici mi autodenuncio sono uno dei “fannulloni” che passa parecchi giorni all’anno a casa in malattia,sono io il male assoluto della nostra Italia che si alza presto per andare a lavoro per pagare gli interessi del debito pubblico,specifico interessi perché il capitale prestatoci non si riesce a farlo diminuire,
Solamente colpa mia e di altri come me che dovrebbero licenziarsi e magari una punturina per finire di soffrire per non pesare oggi sulla cassa malattia e sul mondo produttivo e un domani sulle casse delle pensioni,sempre che quest’ultima non siano già vuote quando dovrò andare in pensione.
Il 29 gennaio ricorre il settimo anniversario dalla mia asportazione di tre tumori,laringe,corde vocali e tiroide,organi “regalati” all’ospedale di Desio avendo in cambio uno stoma alla base del collo .
Questo cambiamento anatomico mi ha reso più vulnerabile al freddo e al caldo afoso senza contare la forza fisica che è notevolmente diminuita ma questo è niente anche perché grazie alla pazienza dei maestri riabilitatori Ailar son tornato a parlare ed oggi come oggi sono io un maestro riabilitatore cercando di aiutare a tornare a parlare le persone che hanno subito la mia stessa operazione.
Questo mio cambiamento anatomico mi porta ad essere un “assenteista” per più giorni e volte durante il periodo dell’anno.
In questi giorni ho letto anche di un certo luminario dottor Richard Smith, ex direttore del British medical Journal che ha scritto che : “Il cancro è la migliore morte possibile, basta spendere soldi per curarlo”.
Aggiungeteci la burocrazia Italiana dove per 5 anni passavo 3 visite all’anno ,uno da parte dell’Asl,una da parte dell’Inps e uno dalla parte di un medico del lavoro presso la filiale della ditta dove lavoro per vedere se gli organi sopracitati mi erano ricresciuti come succede per le unghie delle mani e dei piedi o per i capelli…
Invece di scrivere sui giornali e parlare alla TV mandate a tutti i controlli prima di dare delle patente di scansafatiche a tutti colpendo anche chi come me ringrazia il cielo di essere ancora in vita ma non ringrazia chi lo accusa di fingere mettendolo nel mazzo di chi fannullone e assenteista lo è anche senza malattia o certificato medico…

image

CONTROCORRENTERichard Smith: “Il cancro è il miglior modo per morire”

Richard Smith: "Il cancro è il miglior modo per morire"

Non ha dubbi il dottor Richard Smith, ex direttore del British medical Journal: “Il cancro è la migliore morte possibile, basta spendere soldi per curarlo”. Una frase forte che ha scatenato molte polemiche e che il dottore argomenta spiegando che la malattia permette a chi la contrae di salutare i propri cari. Nel suo blog, il dottor Smith confronta la morte per tumore con quella improvvisa o  la morte per demenza: “Si può dire addio, riflettere sulla propria vita, lasciare un ultimo messaggio, visitare luoghi speciali per l’ultima volta, ascoltare le canzoni preferite, leggere le poesie più amate e prepararsi a godere l’eterno oblio”. Secondo il medico la morte improvvisa lascia “in sospeso” molte cose: chiarimenti non fatti, parole non dette, etc. Per questo il dottore, che si fa portatore di una tesi così forte,  consiglia tutti di stare lontano dagli oncologi “troppo ambiziosi” e di smetterla “di sprecare miliardi cercando di curare il cancro, per poi lasciarci morire di una morte potenzialmente molto più orribile”.

La critica– Il professor Jonathan Waxman, un oncologo leader presso l’Imperial College di Londra specializzata nel cancro alla prostata, è durissimo  contro Smith: “Non posso essere d’accordo sullo spreco di soldi per la ricerca sul cancro”, dice Waxman. “Significherebbe dire che non valeva la pena di fare un investimento che ha portato ad un massiccio miglioramento dei tassi di sopravvivenza. Le morti per cancro al seno sono scesi da 17.500 a 11.700 in 25 anni – questo è un risultato favoloso”.

fonte