CONTROCORRENTERichard Smith: “Il cancro è il miglior modo per morire”

Richard Smith: "Il cancro è il miglior modo per morire"

Non ha dubbi il dottor Richard Smith, ex direttore del British medical Journal: “Il cancro è la migliore morte possibile, basta spendere soldi per curarlo”. Una frase forte che ha scatenato molte polemiche e che il dottore argomenta spiegando che la malattia permette a chi la contrae di salutare i propri cari. Nel suo blog, il dottor Smith confronta la morte per tumore con quella improvvisa o  la morte per demenza: “Si può dire addio, riflettere sulla propria vita, lasciare un ultimo messaggio, visitare luoghi speciali per l’ultima volta, ascoltare le canzoni preferite, leggere le poesie più amate e prepararsi a godere l’eterno oblio”. Secondo il medico la morte improvvisa lascia “in sospeso” molte cose: chiarimenti non fatti, parole non dette, etc. Per questo il dottore, che si fa portatore di una tesi così forte,  consiglia tutti di stare lontano dagli oncologi “troppo ambiziosi” e di smetterla “di sprecare miliardi cercando di curare il cancro, per poi lasciarci morire di una morte potenzialmente molto più orribile”.

La critica– Il professor Jonathan Waxman, un oncologo leader presso l’Imperial College di Londra specializzata nel cancro alla prostata, è durissimo  contro Smith: “Non posso essere d’accordo sullo spreco di soldi per la ricerca sul cancro”, dice Waxman. “Significherebbe dire che non valeva la pena di fare un investimento che ha portato ad un massiccio miglioramento dei tassi di sopravvivenza. Le morti per cancro al seno sono scesi da 17.500 a 11.700 in 25 anni – questo è un risultato favoloso”.

fonte

Le lobby farmaceutiche investono più in marketing che in nuove terapie

farmaci soldi

di Roberta Ragni

Le aziende farmaceutiche mettono il loro profitto davanti a tutto, utilizzando i finanziamenti solo a favore del marketing e non della ricerca di nuove molecole o terapie. È così che hanno scoraggiato l’innovazione negli ultimi cinque decenni. A dirlo sono i dottori Donald Luce, dell’University of Medicine of New Jersey, e Joel Lexchin, della York University di Toronto, che hanno denunciato la situazione di stallo dell’innovazione farmaceutica direttamente dalle pagine del British Medical Journal.

 

Secondo i ricercatori, la maggior parte dei fondi di ricerca non viene indirizzata verso la ricerca di farmaci innovativi, ma nella pesante e costante promozione dei farmaci già esistenti, fino ad arrivare a spendere ben l’80% della spesa farmaceutica di una nazione solo per questo. Luce e Lexchin spiegano: “lasituazione dello sviluppo di nuove molecole è rimasta ferma a 50 anni fa. Gli incentivi per lo sviluppo di farmaci sono sbagliati e hanno distorto i comportamenti all’interno del settore”.

 

Le lobby faramaceutiche, infatti, spendono in marketing il 25% dei ricavi, rispetto all’ 1,3% investito nella scoperta di nuove molecole. “Se i costi dello sviluppo hanno avuto un sostanziale aumento tra il 1995 e il 2010, pari a 34.2 bilioni di dollari, i ricavi per le società sono aumentati di 6 volte più velocemente. E le aziende evitano di menzionare questo straordinario ritorno economico”, accusano i due esperti. Ecco perché la valutazione dei nuovi farmaci dovrebbe essere pubblica  e indipendente dalle stesse industrie farmaceutiche e dovrebbe premiare l’innovazione.

“Questo approccio permetterebbe di risparmiare miliardi di dollari in costi sanitari e  produrrebbe vantaggi reali per la salute delle persone”, dicono i ricercatori, che chiedono alle autorità di controllo dei farmaci in tutto il mondo “di fermare l’approvazione di nuovi farmaci di scarso valore terapeutico”, dando, invece, “premi in denaro in sostituzione della copertura brevettuale solo per molecole veramente nuove”.

La vera crisi dell’innovazione, insomma, consiste nel fatto che la ricerca e lo sviluppo dei farmaci si sono ridotti ad essere, in realtà, solo piccole variazioni dei prodotti già esistenti, che non sono nememno superiori ai vecchi. “E io pago”.

Speriamo che in Italia qualcosa cambi dopo l’introduzione in questi giorni dell’indicazione del principio attivo nelle ricette e non più del farmaco, inverta la tendenza.

 

 

 

fonte: greenme.it