News Stampa Email Il Messaggero su ‘Braccialetti Rossi’, premiata da FAVO con il cedro d’oro 2014

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La Fiction che cambia la vita

Da “Il Messaggero” di mercoledì 7 gennaio 2015
di Carla Massi

L’effetto “Braccialetti rossi” si vede nelle corsie degli ospedali, negli ambulatori, nelle scuole, nelle case dei bambini e dei ragazzi malati. La fiction che RaiUno sta mandando in replica la domenica sera (già pronta una seconda serie) non ha terremotato solo l’auditel. È riuscita ad abbattere un tabù: quello che avvolge il tumore nei più piccoli. Fino a portare le immagini degli adolescenti sulla sedia a rotelle e senza capelli in prima serata nelle domeniche in famiglia.
Potevano essere un azzardo le storie dolorose di Leo (senza una gamba amputata per un cancro), Vale (stessa malattia di Leo), Cris (anoressica), Davide (cardiopatico), Tony (vittima di un incidente) e Rocco (in coma) e invece si sono trasformate, nella realtà, in un’autentica rivoluzione. La regia di Giacomo Campiotti, dunque, sovrapposta a quello che ogni giorno accade nei nostri ospedali pediatrici dove a un bambino o a un adolescente viene fatta la diagnosi di tumore o scoperto un danno al cuore.

LA NORMALITÀ
«La rivoluzione – spiega Annalisa Serra oncoematologa responsabile del Day hospital del Bambino Gesù a Roma – sta nel fatto che i piccoli pazienti si vergognano di meno ad andare a scuola senza capelli. Sta nell’aver fatto entrare questo argomento nella normalità. Sta nel far sentire i più piccoli dei supereroi che si riconoscono nella fiction. Alcuni mi hanno chiesto: “Perché nella televisione i ragazzi hanno le sopracciglia dopo la cura e noi no?”. Il riconoscimento dei bambini nella fiction dà carica ed è un grande aiuto sia per noi e che per le famiglie».

DALLA SPAGNA
Si parla di rispecchiamento nelle immagini e nelle situazioni, nelle paure e nei sorrisi. Così appassionatamente descritti nel testo all’origine di tutto: l’autobiografia di Albert Espinosa, nato a Barcellona nel 1973 e diventato uno dei più noti scrittori, registi, autori di teatro e tv spagnoli, che narra la sua esperienza di malattia. Nessun vittimismo. Solo quei dieci anni, dai 14 ai 24, durante i quali Espinosa ha lottato contro un tumore, l’osteosarcoma alla gamba. Dal quel libro, la fiction italiana (oltre 5 milioni di spettatori) e i diritti per gli Stati uniti acquistati da Steven Spielberg.
Camilla, romana, oggi ha 17 anni. Quando ne aveva 12 le è piovuta addosso una diagnosi di leucemia mieloide acuta. «In otto mesi di terapie al Bambino Gesù ce l’ho fatta – racconta – e ora vado ad aiutare gli altri ricoverati. Piccoli e adolescenti. Vedere quelle scene alla televisione, anche se romanzate, è stata una grande cosa. Ci siamo sentiti finalmente meno soli. Le cose vanno detto come sono. Che si perdono i capelli, che si sente dolore ma anche che tutto può passare e che il gruppo ti aiuta».
Tanto che nell’ospedale pediatrico romano è nato il team dei “Braccialetti bianchi”. «Quelle puntate, seppur un po’ edulcorate – aggiunge Federica, madre di Camilla, oggi attivista di Abe, Associazione bambini emato-oncologici (www.abeonlus.org) – dimostrano che l’unione è forza e che non è più tempo di vergogna».

IL MODELLO
La Favo, la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia,ha dato un premio a “Braccialetti Rossi”: «Coraggiosa, commovente e rivoluzionaria fiction che racconta il cancro come esperienza di vita», spiega Elisabetta Iannelli vicepresidente dell’associazione. «Molti ragazzi quando entrano in corsia non hanno nessuna voglia di parlare poi, piano piano, si rendono conto e imparano a capirsi ed aiutarsi. Le storie sono dei modelli che, per molti aspetti, hanno trasformato la vita del bambino e del giovane malato»
Ora il film si è fatto modello. Con il ragazzo antipatico “forgiato” dall’amicizia, il piccolo morto di cuore e la giovane Cris anoressica e senza sorriso. Ma anche con l’immagine di tutti sulla sedia a rotelle a guardare lontano.
«I pazienti tra i 15 e i 19 anni – fa sapere Andrea Ferrari, oncologo pediatra dell’Istituto tumori di Milano e promotore del “Progetto giovani” nell’ospedale – pur soffrendo degli stessi tumori tipici dell’infanzia, si trovano in una sorta di “terra di nessuno” venendo spesso curati nei reparti per adulti. Una situazione che aumenta il loro disagio e li spinge a restare a letto depressi. Anche con i bambini molto piccoli hanno difficoltà a convivere. Per questo abbiamo creato degli ambienti dove i ragazzi possono incontrarsi. Fare palestra, studiare, cantare».

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Braccialetti rossi di Albert Espinosa

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Parecchie persone hanno cercato o forse anche prenotandolo il libro nelle varie librerie dopo aver visto “Braccialetti rossi” su rai 1
Un serie temevisiva che ha avuto nell’alto indice di ascolto la sua consacrazione tanto che presto in tv ci sarà una nuova stagione,la seconda con tanto di anticipazioni.
Lo ammetto anche io dopo aver visto la prima stagione in tv di “Braccialetti Rossi” dopo la seconda puntata ero andato a cercare il libro di Albert Espinosa da cui in televisione dicevano nei titoli di coda veniva tratta la serie.
Forse memore di altri libri che la versione cinematografica o televisiva avevano poca o niente attinenza con la trama del libro non l’ho letto subito ma questa settimana di un luglio piovoso dopo averlo preso sotto forma di e book.
Nel libro non c’è la presenza di nessun braccialetto rosso o di un altro colore,come non si trova nessuno dei personaggi presenti nella serie televisiva e che alla fine non c’è nessuna scena da ridere ma un libro che serve a riflettere su come possa cambiare la vita di chi in un qualsiasi giorno della propria vita si trova una persona davanti con un camice bianco che ti informa che nel tuo corpo c’è ne un pezzo che sta lottando contro il resto.
Il libro e l’autore infondono coraggio a chi ha qualche malattia oncologica o no che si deve continuare a lottare fino alla fine anche se si va verso una guerra persa dall’inizio ma affrontare la fine con le armi della felicità e della voglia di vivere.
Solo due situazioni sono uguali ed ė la storia del protagonista che poi ė l’autore del libro e il fatto che ha che fare con la brutta bestia come ama chiamare il tumore un mio amico di Crema laringectomizzato totale come me e che purtroppo non ė come la rosolia che fatta una volta non ritorna più e non esiste nessun vaccino per evitarlo come si fa con l’anti influenzale.
Altro punto in comune e che ognuno porta dentro un pezzo di vita di persone che abbiamo incontrato nel nostro percorso di malato di cancro ammalati come noi anche se in organi diversi dal nostro.
Io per esempio mi porterò sembrerebbe nel mio bagaglio dei ricordi di un ragazzo trentenne che per colpa di un tumore maligno ai polmoni non c’ė l’ha fatta e che il giorno che sono stato dimesso,il 14 febbraio 2008,era stato messo in una stanza da solo con la madre che lo assisteva giorno e notte.Mi ricordo lo sfogo della madre con infermieri e dottori che gli avevano detto che ormai si trattava di giorni e lei rispose che come lo aveva portato al mondo voleva essere li per accompagnarlo verso il suo ultimo viaggio.
Comunque questo conferma che ė sempre meglio la versione del libro che quello che fanno in seguito in tv o al cinema e che bisogna leggere il libro per capire il vero messaggio che vuole mandare l’autore.
GiElle

Albert Espinosa, lo scrittore di Braccialetti rossi

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Diceva lo scrittore cileno Roberto Bolaño che per fare letteratura non basta avere una vasta immaginazione ma è necessario, soprattutto, contare su una buona memoria. Questa formula di creatività narrativa è alla base del successo della fiction Braccialetti rossi trasmessa su Rai 1. In tutte le interviste rilasciate, Albert Espinosa spiega che per scrivere Pulseras rojas, il libro che ha ispirato l’adattamento televisivo, ha semplicemente raccontato la sua vita. Ha scritto di bambini malati di cancro, perché ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in un ospedale oncologico per 10 anni.

SUCCESSO INTERNAZIONALE
Prima del libro Pulseras rojas, Espinosa aveva scritto uno spettacolo teatrale, Los pelones (I calvi), ispirato dalla malattia. La versione cinematografica, Planta 4ª, è stata portata sul grande schermo dal regista spagnolo Antonio Mercero. A seguito del successo nelle vendite del libro, è arrivata la fiction: in Spagna la serie è stata seguita da mezzo milione di persone. Oltre alle versioni francese, italiana, argentina e finlandese, negli Stati Uniti se ne sta preparando una puntata pilota, The red band society, prodotta da Fox con la regia di Steven Spielberg.

LA BATTAGLIA CONTRO IL CANCRO
A Espinosa il tumore ha tolto una gamba, un polmone e mezzo fegato, ma tra una sessione di chemioterapia e un’altra, è riuscito a prendere una laurea in ingegneria. È sempre stato un appassionato dei numeri e delle statistiche ma ha coltivato un curioso interesse per il teatro e la letteratura. Così ha deciso di raccontare la sua drammatica esperienza per sostenere gli altri, per regalare “eroi” ai bambini malati, e per aiutare anche se stesso.

GLI ULTIMI SUCCESSI
Un altro successo editoriale di Espinosa è il libro Brújulas que buscan sonrisas perdidas (consigliato da Belén Rodríguez quest’estate su Instagram) che tratta sulla sincerità e l’ipocrisia. L’ultimo libro, Si tú me dices ven lo dejo todo… pero dime ven, è in classifica da mesi con una ventina di edizioni. “Il titolo me lo regalò una signora al panificio. Mi disse che la sua vita sarebbe stata diversa se qualcuno le avesse detto ‘vieni”. Io avevo un altro titolo: Amare si congiunga al passato, ma la signora del panificio mi aveva conquistato”, ha spiegato in un’intervista alla Vanguardia.

LE VITE DEGLI ALTRI
In un’intervista al quotidiano spagnolo La Opinión Coruña, Espinosa ha confessato un accordo: “In ospedale abbiamo fatto un patto: dovevamo vivere la vita della gente che moriva. A me è toccato vivere 3,7 vite più la mia. Ho la sensazione di vivere un tempo extra. Il giorno in cui ti tagliano una gamba non sei felice, ma io non credo che questo mi limiti. Non rendermi conto della fortuna che ho sarebbe tradire le vite che porto dentro”.

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