Tumori testa e collo: 4 pazienti su 10 iniziano tardi le cure

Sono forme di cancro che crescono in fretta, il tempo è prezioso. Ritardi dovuti in parte alle scelte dei malati, in parte a un’inadeguata organizzazione sanitaria

di Vera Martinella

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Più di quattro pazienti su dieci colpiti da tumore della testa e del collo iniziano in Italia il trattamento con ritardo, cioè dopo più di un mese dalla diagnosi istologica. Inoltre, la metà dei malati che necessita di radioterapia post-operatoria perde ulteriormente tempo e la inizia solo oltre le otto settimane dopo l’intervento chirurgico. Infine, accade troppo di frequente che lo stadio clinico di malattia, indispensabile per la corretta scelta terapeutica, non sia chiaramente riportato in cartella clinica. Sono i risultati preliminari di due progetti, uno supportato dal Ministero della Salute italiano (surveillance of Rare cancers in Italy – RITA) e l’altro dalla Comunità Europea (Information network on rare cancers – RARECAREnet) e presentati al Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Cervico – Cefalica (AIOCC) tenutosi nei giorni scorsi a Genova.

 

Per il tumore al seno ritardi molto inferiori

I tumori di testa e collo interessano naso, labbra, lingua, interno della bocca, ghiandole salivari, laringe e faringe. Nel nostro Paese colpiscono ogni anno 12mila persone (oltre 10mila uomini e quasi 2mila donne) e sono, nella stragrande maggioranza dei casi, riconducibili al consumo di tabacco e all’eccesso di alcolici. «Statistiche alla mano, per molti pazienti si perde troppo tempo e, quel che è peggio, spesso queste malattie crescono rapidamente – dice Renzo Corvò, presidente AIOCC e direttore dell’Oncologia Radioterapica dell’IRCCS San Martino Istituto Tumori di Genova -. Questi dati sono estremamente preoccupanti: intervenire in tempi rapidi significa favorire la guarigione e definire correttamente lo stadio clinico della malattia serve per scegliere il miglior trattamento possibile per i pazienti». Inoltre, «c’è spesso una grande differenza tra l’iter diagnostico e terapeutico per una forma di cancro dell’area testa collo e quanto accade per altri tipi di neoplasie – aggiunge Lisa Licitra, responsabile della struttura di Oncologia Medica Tumori Testa & Collo all’Istituto Tumori di Milano e Vice Presidente AIOCC – : basti pensare, ad esempio, che solo il 17 per cento delle pazienti con un tumore del seno inizia la terapia troppo tardi. E per la mammella difficilmente intercorrono poi tempi eccessivamente lunghi per cominciare i trattamenti radio o chemioterapici».

 

 

 

Tumori che crescono velocemente

Le ragioni del ritardo possono essere molteplici, ma sono per lo più riconducibili a due categorie di «responsabili»: da un lato i pazienti stessi, che dopo aver avuto la diagnosi di tumore non di rado cercano un secondo parere; dall’altro l’organizzazione sanitaria, che deve prevedere una migliore pianificazione per queste patologie. «E’ bene che malati e familiari sappiano che di fronte a un tumore testa è collo bisogna fare in fretta, perché si tratta generalmente di neoplasie che evolvono velocemente – spiega Corvò -. Se è corretto informarsi, e magari chiedere una seconda opinione, prima di iniziare le terapie ed è normale volersi accertare di essere in cura presso un centro preparato, per queste neoplasie bisogna anche tenere presente l’importanza del tempo che passa». In alcuni casi, quindi, se tra la diagnosi e il primo trattamento (che sia radioterapia, chemioterapia o chirurgia) passa più di un mese è perché il paziente cambia struttura, talvolta città op comunque temporeggia un po’ troppo a lungo fissando appuntamenti con specialisti diversi. «In altri casi però i malati non c’entrano – continua l’esperto – e ad incepparsi è l’iter interno agli ospedali: c’è un ritardo degli anatomopatologi che impiegano troppi giorni a dare l’esito dell’esame istologico, indispensabile per stabilire la cura adeguata. E anche le liste d’attesa in radioterapia vanno gestite meglio dagli operatori (iniziando magari a prenotare un paziente già dal momento dell’intervento chirurgico, se si sa che dovrà poi sottoporsi a cura radiante). Soprattutto è indispensabile avere la classificazione TNM, ovvero quella che indica lo stadio clinico di malattia, perché senza questa informazione non si fa la scelta terapeutica più adeguata in base al singolo tumore. Ad oggi, però, non tutti la fanno: per avere la classificazione servono molti esami, parecchi specifici, è particolarmente complicato. E così si finisce per iniziare una cura senza».

 

Team multidisciplinari e diagnosi precoce per guarire

Più in generale, sul fronte ospedaliero, per porre rimedio a ritardi e problemi organizzativi servono team multidisciplinari specializzati, in grado di offrire ai malati l’esperienza e tutte le competenze indispensabili per curare queste neoplasie, e centri in cui i vari specialisti per questi tumori prendano decisioni confrontandosi fra loro. «Dai tumori di testa e collo si può guarire, ma solo se presi in tempo – conclude Licitra -. Purtroppo però anche in quest’ambito ci sono dei ritardi e la maggior parte delle volte queste neoplasie vengono diagnosticate in fase avanzata: e questo avviene perché il paziente stesso, il medico di base, il dentista, non hanno saputo riconoscere i sintomi della malattia e quindi diagnosticarla in modo tempestivo. In caso di male alla gola o raucedine persistente per settimane, bruciore alla lingua, deglutizione faticosa o dolorosa, ulcere o placche rosse o bianche in bocca, naso chiuso da una narice o sangue da naso bisogno farsi vedere da un medico, che deve valutare l’eventuale necessità di una visita con uno specialista otorino».

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Può Sembrare La Pubblicità Di Uno Shampoo Ma… Aspettate Che Passi Il Treno.

Lascia davvero a bocca aperta la geniale campagna di raccolta fondi di un’organizzazione svedese che si batte per la ricerca contro il cancro. Prendendo spunto da una pubblicità di shampoo, hanno creato la loro personale versione: all’inizio le persone guardano divertite, ma poi vengono poste di fronte alla realtà. Una campagna davvero potente.

Focus sul cancro al cavo orale: come difendersi

Fattori di rischio, sintomi, diagnosi e novità chirurgiche per i tumori testa-collo che colpiscono ogni anno 600mila persone nel mondo. Le neoplasie alla faringe e alla laringe rappresentano quasi il 5% del totale. Intervista agli specialisti.

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Focus sul cancro al cavo orale: come difendersi

Con la collaborazione delle dottoresse Maria Benevolo, Anatomia Paologica IRE, e Maria Gabriella Donà, Dermatologia Infettiva San Gallicano, e del Prof. Giuseppe Spriano, direttore di Ototrinilaringoiatria e Chirurgia testa-collo IRE.

 

L’arma più forte è sempre la prevenzione. Nell’oncologia lo si ripete spesso. La diagnosi precoce dei sintomi, infatti, per gran parte dei tumori, permette di alzare fino al massimo le possibilità di cura e con esse le probabilità di dire: “ce l’ho fatta, ho sconfitto il mio nemico”. Non sempre però è facile accorgersi in tempo dei sintomi o dar loro il giusto peso. È il caso dei tumori al cavo orale.

Nel mondo, il cancro di faringe e laringe rappresentano quasi il 5% di tutte le neoplasie. Quelli riconducibili in generale alla categoria testa collo (cavità orale, faringe, laringe, rinofaringe e ghiandole salivari) colpiscono ogni anno 600mila persone a livello globale. Oltre 350mila è il calcolo dei decessi. I sintomi sono raucedine persistente, mal di gola, bruciore alla lingua o lesioni alla bocca, gonfiore al collo, difficoltà a deglutire, naso chiuso o sanguinamento. Gli esperti consigliano di rivolgersi al medico se uno di questi segnali perdura per 3 settimane.

Nonostante si localizzino in un’area per tutti noi semplice da controllare anche solo davanti allo specchio, questo tipo di neoplasie rischiano a volte di essere diagnosticate solo quando sono a uno stadio avanzato (2 pazienti su 3). Eppure le cure, così come la chirurgia, ha compiuto passi da gigante e permette di aumentare le aspettative di vita (più dell’80% dei pazienti è sopravvive dopo i 5 anni se diagnostica precocemente il cancro). Ce lo spiegano in questa intervista il Prof. Giuseppe Spriano, direttore di Ototrinilaringoiatria e Chirurgia testa-collo dell’IRCCS Regina Elena di Roma, e le dottoresse Maria Benevolo, del reparto di Anatomia Paologica, sempre dell’Istituto specializzato nella terapia dei tumori,  e Maria Gabriella Donà, di dermatologia Infettiva dell’IRCCS San Gallicano di Roma.

 

Come si manifestano e quali sono i consigli per la diagnosi precoce dei tumori al cavo orale?

I tumori del cavo orale si manifestano come ulcerazioni a margini irregolari, dolenti. Negli stadi avanzati, inoltre, con la difficoltà alla deglutizione e all’articolazione della parola.

 

Quando si può dire che la diagnosi è precoce?

A dispetto di quanto appena detto spesso la diagnosi non è precoce perché il paziente sottovaluta i sintomi e perde tempo, come pure il medico o il dentista. Ovviamente le possibilità di cura aumentano se il tumore viene riconosciuto in stadio iniziale e la cura è meno invasiva.

 

Quali sono gli esami a cui viene sottoposto il paziente per la diagnosi?

L’esame più importante è proprio quello di sottoporsi ad una visita otorinolaringoiatrica. In fase pre-operatoria verranno eseguiti esami diagnostici (ecografia, Tac o risonanza magnetica) per valutare l’estensione della malattia e l’eventuale presenza di metastasi linfonodali.

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MORTI PER AMIANTO: IN EUROPA OLTRE LA METÀ DEI CASI DI TUTTO IL MONDO

Ad affermarlo è un recente studio dell’Oms: il 56% dei decessi per mesotelioma e il 41% di quelli per asbestosi – pari, nel complesso, a 7.500 vittime – sono legati al Vecchio Continente: un andamento dovuto al ruolo storico di quest’area geografica quale centro globale di utilizzo della fibra killer

ROMA – Oltre la metà delle morti di tutto il mondo che, ogni anno, si devono all’amianto avviene in Europa. Per l’esattezza il 56% dei decessi per mesotelioma (pari a 7mila casi) e il 41% di quelli per asbestosi (pari a 500 casi) sono legati geograficamente al Vecchio Continente. Ad affermarlo è uno studio pubblicato nel bollettino settimanale dell’Oms.

Il bilancio più allarmante in Islanda, Malta e Regno Unito. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono 107mila le persone che, ogni anno, perdono la vita per cause relative all’amianto. La metà di loro è europea: un dato che sconcerta se si pensa che in quest’area risiede solo il 13% della popolazione di tutto il pianeta. Per quanto riguarda il mesotelioma (una forma tumorale associata all’esposizione alla fibra killer) i tassi più alti di morte si registrano in Islanda – con 25 decessi ogni 10 milioni di abitanti -, seguita dal Regno Unito e Malta (l’Italia è nella media con 10 morti). I tre stati ritornano anche per quanto riguarda l’asbestosi, la malattia polmonare dovuta all’inalazione dell’amianto: in questo caso l’Islanda segue Malta e precede il Regno Unito.

Il Vecchio Continente l’epicentro di tutte le malattie asbesto-correlate. L’analisi dell’Oms è impietosa. “Nei periodi 1920-1970 e 1971-2000 l’Europa ha usato il 48% e il 58% di tutto l’amianto commerciato nel mondo – sottolinea lo studio – Per questo può essere caratterizzata come il centro globale dell’uso nella storia e come l’epicentro attuale di tutte le malattie relative all’amianto”. Una realtà che allarma se si pensa che, sempre secondo i dati (sottostimati) dell’Organizzazione, nel mondo sono circa 125 milioni i lavoratori esposti all’asbesto. Una cifra non tiene conto, però, di chi ha lavorato in precedenza e delle persone che vivono nei pressi degli impianti di produzione.

In tutto il pianeta oltre due milioni di tonnellate lavorate ogni anno. Ancora oggi nel pianeta si lavorano oltre due milioni di tonnellate di questa fibra. Sul “podio” dei paesi produttori ci sono Russia (1 milione di tonnellate prodotte nel 2010), Cina (400mila) e Brasile (270mila), mentre chi ne fa maggior consumo sono Cina (oltre 613mila tonnellate), India (426mila) e Russia (263mila). Uno scenario che lascia poche speranze per quanto riguarda la salute delle persone: le stime dell’Oms ipotizzano che il picco di decessi per mesotelioma, tumori polmonari e tumori della laringe sarà tra il 2015 e il 2020. In base a questi dati, in tutto il mondo ci saranno cinque morti per tumore polmonare e due per asbestosi ogni 1000 abitanti: una tragedia che potrebbe interessare 10 milioni di persone nei prossimi 20 anni. (Inail.it)

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PREVENZIONE Da Marge Simpson a Cenerentola: anche i cartoni si battono contro il cancro al seno

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L’artista e designer salentino, classe 1973, Alessandro Palombo, in arte Alexsandro Palombo, ha voluto dare il suo contributo per il mese dellaprevenzione contro il cancro al seno; per essere vicino alle donne di qualsiasi età e paese, l’illustratore ha fatto parlare i personaggi femminili dei cartoni animati più famosi al mondo. Dalla Sirenetta, a Wilma deiFlinston, da Marge Simposon alla mamma Lois dei Griffin, passando per la sessantenne Betty Boop; tutte vengono ritratte con cicatrici che fanno pensare siano state colpite dal cancro al seno. La campagna si chiamaSurvivors (Sopravvissute), perchè il messaggio che l’artista vuole dare è proprio di speranza e incoraggiamento. Bell’idea!

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Cancro alla laringe: otto casi su dieci provocati da alcol e sigarette

Chi assume alcol corre un rischio tre volte maggiore di cancro al cavo orale, faringe ed esofago rispetto a un astemio; e purtroppo, nel nostro Paese è in aumento il consumo di alcolici, soprattutto tra i giovanissimi: oggi il 44% degli under 25 italiani beve regolarmente fuori dai pasti; erano il 34% dieci anni fa. L’abuso di alcol è, insieme al fumo, una tra le principali cause dei tumori alla laringe, neoplasia dalla quale oggi si può guarire nel 60% dei casi; e addirittura nove volte su dieci se viene diagnosticata allo stadio iniziale. Nei primi anni Novanta, invece, solo la metà dei pazienti riusciva a sconfiggerla.

«Si tratta della più diffusa e frequente forma di tumore della testa-collo. Ogni anno – ricorda Giuseppe Spriano, presidente della Società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale (Sioechcf) – queste neoplasie colpiscono 12 mila italiani e il loro numero è in aumento a causa anche di comportamenti scorretti sempre più diffusi».

È possibile prevenire queste forme di cancro intervenendo sugli stili di vita e sottoponendosi a visite dallo specialista. «L’80% dei tumori della testa-collo – precisa il presidente Sioechcf – sono riconducibili ad alcol e sigarette. Per evitare la malattia è fondamentale seguire stili di vita sani e quindi niente fumo, limitare il più possibile gli alcolici, seguire una dieta sana ed equilibrata e svolgere attività fisica tutti i giorni. Un accanito bevitore o un forte fumatore invece dovrebbe sottoporsi a visite otorinolaringoiatriche periodiche, magari una volta l’anno a partire dall’età dei 50 anni in su».

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Per combattere il cancro parliamo al paziente

Combattere su tre fronti: diagnosi sempre più precoci. Terapie genetiche. E una rivoluzione: parlare al malato, non solo curare 
la sua malattia

di Umberto Veronesi

 

 

Per combattere il cancro parliamo al paziente

Fino al secolo scorso pensavamo alla ricerca contro il cancro prevalentemente come ricerca di farmaci, anzi di un farmaco che, come è successo con la penicillina per le infezioni, rappresentasse la soluzione per il cancro. Poi è arrivata la genomica , che ha acceso ancor di più le speranze di una terapia definitiva, ma ha confermato che la pillola anticancro è un sogno irrealizzabile, perché il tumore, studiato attraverso i geni, appare come una malattia ancora più complessa di quanto avessimo ipotizzato. In realtà si tratta di tante malattie differenti.

Oggi se pensiamo alla ricerca oncologica, dobbiamo quindi immaginare tre frontiere. La prima è la frontiera delladiagnostica precoce. Va ricordato innanzitutto che i risultati ottenuti fino ad oggi in termini di riduzione di mortalità, sono dovuti in buona parte alla anticipazione della diagnosi. Uno studio pubblicato su “Annals of Oncology” stima che nel 2014 in Europa saranno evitati 250 mila morti per cancro grazie alla prevenzione. Il perché è ormai risaputo, ma vale la pensa di ripeterlo: più un tumore è piccolo, maggiore è la sua probabilità di guarigione. E minore è il rischio degli effetti collaterali delle terapie, che possono influire negativamente sul progetto di vita individuale.

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