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11 dicembre 1946 – Viene fondato l’UNICEF
Storia
Il Comitato Italiano per l’UNICEF nasce ufficialmente nel 1974, ma le sue origini risalgono assai più addietro, addirittura all’immediato dopoguerra.
A quest’epoca l’Italia, devastata dal secondo conflitto mondiale, è uno dei primi Paesi che beneficiano dell’assistenza diretta dell’UNICEF, i cui aiuti sono coordinati da un ente governativo:l’Amministrazione per gli Aiuti Internazionali (AAI), guidata dal 1945 al 1962 da Lodovico Montini, senatore della Repubblica e fratello del futuro pontefice Paolo VI.
Nella AAI, dapprima dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e in seguito dal Ministero dell’Interno, lavora dal 1957 Arnoldo (Aldo) Farina, giornalista e docente, che nel corso degli anni sarà tra i più convinti promotori della necessità di distaccare dalla Pubblica amministrazione le funzioni della AAI e di creare un’organizzazione autonoma che raccolga fondi e consensi a beneficio dei programmi per l’infanzia nel Terzo Mondo.
Il 19 giugno 1974 vede la luce il Comitato Italiano per l’UNICEF. Primo presidente è Montini, cui succede dall’aprile 1975 Francesco Sanjust di Teulada.
Farina, che ricopre l’incarico di Segretario nazionale sin dalla fondazione del Comitato, ne diventa Presidente nel 1983 e lo sarà fino alla sua scomparsa, il 28 novembre 1998.
In anni recenti alla carica di Presidente si sono avvicendati Giovanni Micali (ottobre 1998 – giugno 2005), Antonio Sclavi (giugno 2005 – giugno 2008) e Vincenzo Spadafora, da giugno 2011 al suo secondo mandato al vertice dell’organizzazione.
Nei suoi 37 anni di vita l’UNICEF Italia è divenuta una delle principali organizzazioni del Terzo Settore, con un profondo radicamento sul territorio e migliaia di volontari.
Il suo contributo al bilancio globale del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (oltre 43 milioni di euro trasferiti nel 2010) lo colloca da molti anni nella “top ten” dei Comitati Nazionali per l’UNICEF, e la sua azione di sensibilizzazione nella società civile e presso le Istituzioni fa sì che per la gran parte degli Italiani il nome dell’UNICEF sia strettamente associato al concetto di diritti dell’infanzia.
Missione
Il Comitato Italiano per l’UNICEF – Onlus (spesso abbreviato in UNICEF Italia) è parte integrante della struttura globale dell’UNICEF – Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, l’organo sussidiario dell’ONU che ha il mandato di tutelare e promuovere i diritti di bambine, bambini e adolescenti (0-18 anni) in tutto il mondo, nonché di contribuire al miglioramento delle loro condizioni di vita.
Peculiarità della nostra organizzazione è dunque di essere al tempo stesso Organizzazione non governativa (ONG) collocata nel panorama italiano del Terzo Settore, e rappresentante di un programma inter-governativo delle Nazioni Unite. In quanto ONG, l’UNICEF Italia gode anche dello status di Onlus – Organizzazione non lucrativa di utilità sociale.
Dal 1974 il Comitato Italiano opera nel nostro paese a nome e per conto dell’UNICEF, sulla base di un Accordo di Cooperazione stipulato con l’UNICEF Internazionale e secondo una pianificazione congiunta e continuativa delle proprie attività il cui strumento principale è il Joint Strategic Programme (JSP), rinnovato con cadenza triennale.
In armonia con il resto dell’organizzazione, anche l’azione dell’UNICEF Italia si ispira ai principi della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Il Comitato Italiano per l’UNICEF si articola in una struttura professionale e in una rete di volontari presenti in modo capillare sull’intero territorio nazionale.
Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
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12 novembre 2003 – 12 novembre 2011 Attentato di Nasiriyya PER NON DIMENTICARE
Attentato del 12 novembre 2003
Strage di Nasiriyya | |
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Stato | Iraq |
Luogo | Nasiriyya, Iraq |
Obiettivo | Militari italiani |
Data | 12 novembre 2003 10:40 (ora irachena) |
Tipo | attentato suicida |
Morti | 28 |
Responsabili | Militanti di al-Qāʿida |
Il 12 novembre 2003 avviene il primo grave attentato di Nasiriyya. Alle ore 10:40 ora locale (UTC +03:00), le 08:40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il tentativo del Carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base “Maestrale”, di fermare con il fucile AR 70/90 in dotazione i due attentatori suicidi riesce, tant’è che il camion non esplode all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell’esplosione rimase coinvolta anche la troupe del regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nasiriyya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.
Il Comando dell’Italian Joint Task Force (IJTF) si trovava a 7 chilometri da Nasiriyya, in una base denominata “White Horse”, distante circa 4 chilometri dal Comando USA di Tallil. Il Reggimento MSU/IRAQ, composto da personale dei Carabinieri Italiani e dalla Polizia Militare Romena (a cui poi si aggiungeranno, a fine Novembre 2003 120 uomini della Guardia Nazionale Portoghese), era diviso su due postazioni: la base “Maestrale” e la “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato di Nasiriyya. Presso la base “Maestrale” (nota anche con il termine “Animal House”), che durante il regime di Saddam Hussein era sede della Camera di Commercio, ove era acquartierata l’Unità di Manovra. Presso la “Libeccio” aveva sede, sia il Battaglione MSU che, il Comando del Reggimento MSU/IRAQ.] L’attentato avvenne alle ore 10,40 del 12 novembre 2003 alla base “Maestrale”. L’altra sede, “Libeccio”, distante poche centinaia di metri dalla prima, venne danneggiata anch’essa dall’esplosione. Era infatti intendimento dei Carabinieri, contrariamente alla scelta dell’Esercito di stabilirsi lontano per avere una maggiore cornice di sicurezza, posizionarsi nell’abitato per un maggior contatto con la popolazione. Due mesi dopo l’attentato, il Reggimento CC lasciò definitivamente anche la Base “Libeccio”, trasferendosi alla base di “Camp Mittica” nell’ex aeroporto di Tallil, a 7 km da Nasiriyya.
Le persone coinvolte
L’attentato provoca 28 morti, 19 italiani e 9 iracheni. Gli italiani sono:
- i carabinieri
- Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
- Giovanni Cavallaro, sottotenente
- Giuseppe Coletta, brigadiere
- Andrea Filippa, appuntato
- Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente
- Daniele Ghione, maresciallo capo
- Horacio[1] Majorana, appuntato
- Ivan Ghitti, brigadiere
- Domenico Intravaia, vice brigadiere
- Filippo Merlino, sottotenente
- Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
- Alfonso Trincone, Maresciallo aiutante
- i militari dell’esercito
- Massimo Ficuciello, capitano
- Silvio Olla, maresciallo capo
- Alessandro Carrisi, primo caporal maggiore
- Emanuele Ferraro, caporal maggiore capo scelto
- Pietro Petrucci, caporal maggiore
- i civili
- Marco Beci, cooperatore internazionale
- Stefano Rolla, regista
e sono rimasti feriti altri 20 carabinieri: tenente Riccardo Ponzone, maresciallo A.s.UPS Vittorio De Rasis, maresciallo Ca. Maurizio Lucchesi, maresciallo Ca. Paolo Prodan, maresciallo O. Antonio Lombardo, maresciallo Marilena Iacobini, maresciallo Riccardo Saccottelli, brigadiere Maurizio Bissoli, brigadiere Cosimo Visconti, vicebrigadiere Paolo Di Giovanni, vicebrigadiere Fabio Fedeli, vicebrigadiere Roberto Gigli, vicebrigadiere Pietro Livieri, appuntato scelto Antonio Altavilla, appuntato scelto Marco Pinna, appuntato scelto Roberto Ramazzotti, appuntato Ivan Buia, appuntato Agostino Buono, carabiniere scelto Mario Alberto Calderone, carabiniere scelto Matteo Stefanelli, Aureliano Amadei co-regista.
Inoltre l’attentato provoca circa 140 feriti.
I caduti delle Forze Armate Italiane appartenevano a vari reparti dell’Arma dei Carabinieri Territoriale,al 13 Reggimento Carabinieri di Gorizia ed al 7º Reggimento Carabinieri “Trentino-Alto Adige” di Laives al Reggimento San Marco, alla Brigata Folgore, al Reggimento Trieste, al Reggimento Savoia Cavalleria, al Reggimento Trasimeno. Sono morti anche alcuni appartenenti alla Brigata Sassari che stavano scortando la troupe cinematografica di Stefano Rolla e 3 militari del 6º Reggimento Trasporti della Brigata Logistica di Proiezione, che stavano scortando il cooperatore internazionale Marco Beci.
La camera ardente per tutti gli italiani morti venne allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, dove fu oggetto di un lungo pellegrinaggio di cittadini. I funerali di Stato si svolsero il 18 novembre 2003 nella basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, officiati dal cardinale Camillo Ruini, alla presenza delle più alte autorità dello Stato, e con vasta (circa 50.000 persone) e commossa partecipazione popolare;[2] le salme giunsero nella basilica scortati da 40 corazzieri a cavallo. Per quel giorno fu proclamato il lutto nazionale.
Le inchieste
Due sono le inchieste aperte su questi fatti. Una avviata dalle autorità militari vuole scoprire se è stato fatto tutto il necessario per prevenire gli attacchi. Le due forze armate coinvolte sono giunte a conclusioni diverse. l’Esercito ha chiesto una consulenza al generale Antonio Quintana, secondo il quale sistemare la base al centro della città e senza un percorso obbligato a zig-zag per entrare all’interno di essa è stato un errore. Mentre per la commissione nominata dall’Arma dei Carabinieri e guidata dal generale Virgilio Chirieleison non ci sono state omissioni nell’organizzazione della sicurezza della base. Lo stesso Abū ʿOmar al-Kurdī, terrorista di al-Qāʿida, reo confesso dell’organizzazione dell’attentato, ha affermato che era stata scelta la “Base Maestrale” in quanto si trovava lungo una strada principale che non poteva essere chiusa.[3]
L’altra inchiesta è stata aperta dalla procura di Roma per cercare di individuare gli autori del gesto. Il suo lavoro non è facile dato che deve lavorare su un territorio straniero in cui le condizioni non sono stabili. L’unica cosa stabilita con certezza è che a scoppiare è stato un camion cisterna con 150-300 kg[4]di tritolo mescolato a liquido infiammabile. I comandanti militari italiani inizialmente coinvolti nell’inchiesta sono stati tutti assolti con formula piena.[5]
Si sospetta che Abū Musʿab al-Zarqāwī sia stato il mandante degli attentati, appoggiato dagli estremisti sunniti, mentre per la parte finanziaria si pensa ad un professore di teologia che lavora all’ateneo di Baghdad. Un’altra ipotesi porta verso il coinvolgimento di una cellula terroristica libanese molto vicina agli ambienti di al-Qāʿida, infatti le modalità dell’attacco ricordano altri attentati accaduti in Libano ed, inoltre, alcuni terroristi arrestati a Beirut avrebbero raccontato diversi particolari della strage di Nasiriyya. Entrambe le piste portano, comunque, ad un coinvolgimento di persone venute da fuori della provincia di Dhī Qar a prevalenza sciita e questo confermerebbe quanto affermato dai vertici della base “Maestrale”, cioè che non c’erano motivi particolari di preoccupazione in quanto la popolazione locale non era ostile verso i militari italiani e gli estremisti locali venivano monitorati con attenzione.
Onorificenze ed intitolazioni
I morti ed i feriti dell’attentato sono stati insigniti della Croce d’Onore con una cerimonia tenutasi il 12 novembre 2005 presieduta dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Alle vittime dell’attentato, inoltre, sono state intitolate numerose vie, piazze e monumenti un po’ in tutta Italia tra le quali:
LUCIO BATTISTI Cantautore italiano 5 marzo 1943 • 9 settembre 1998
LOUIS ARMSTRONG Musicista jazz statunitense 4 agosto 1901 • 6 luglio 1971
CORRADO MANTONI Conduttore TV italiano 2 agosto 1924 • 8 giugno 1999
Corrado Mantoni
Romantiche rivoluzioni televisive
Corrado Mantoni nasce il 2 agosto 1924 a Roma. I genitori sono di origini marchigiane.
Terminati gli studi classici frequenta la facoltà di giurisprudenza, ma non arriva al conseguimento della laurea, perché la sua attenzione viene rapita dal magico mondo dello spettacolo, che nel ventennio fascista, nel periodo di guerra e nel dopoguerra, rappresenta anche una fabbrica di sogni.
Tuttavia Corrado Mantoni è dapprima chiamato a raccontare agli italiani i loro drammi, le tragedie, la sofferenza, lavorando prima come speaker ufficiale, grazie al bel timbro naturale della sua grave voce, dalla eccellente dizione, che presto diventa quella ufficiale della radio italiana; poi diventa presentatore, che all’epoca, in radio era il coronamento della carriera.
Sostituisce così Silvio Gigli e subito costruisce una fucina di prodotti pronti a rivoluzionare lo spettacolo radiotelevisivo italiano, inventando i primi veri show nazionalpopolari come “Rosso e Nero” e “Radio Naja”. Il passaggio alla televisione è ostacolato dai dirigenti della Radio, che allora vedevano la TV come la concorrenza all’interno della stessa RAI.
Corrado riesce a realizzare solo qualche trasmissione televisiva dei suoi show radiofonici; va ricordato che i grandi ascolti erano a pannagio della radio, non ancora della TV. Qualcuno poteva inoltre vedere Corrado al cinema che interpretava se stesso, facendo da spalla a grandi attori come Totò, o prestava la sua immagine a Rossellini, o addirittura metteva in scena, nei film, i suoi programmi più famosi; sarà Corrado a lanciareSophia Loren.
Intanto Corrado Mantoni prosegue la carriera di doppiatore. La sua voce diventa la voce degli italiani. Anche Umberto Eco ne tesse elogi. Corrado conosce i congiuntivi, la consecutio temporum, e la sua parlata è misurata, ma ha grande ricchezza terminologica e proprietà di linguaggio; il tutto è reso più popolare dalla sua semplicità apparente, e dal suo fare e dal suo dire, dipinti di un romanesco ornamentale ancor più che sostanziale.
Corrado conosce bene e ama Roma, sua città, in cui si sposa e ha un figlio, Roberto, con Luciana Guerra, dalla quale divorzia nel 1972.
Nel 1961 arriva il tempo del suo primo programma televisivo. Di qui Corrado incastona uno dietro l’altro gioiellini che preparano il terreno a un vera e propria rivoluzione televisiva, come già era avvenuta in radio. Diventa il presentatore ufficiale della televisione italiana,ove conduce le premiazioni, i programmi celebrativi, i galà del sabato sera, i concerti, mentre Mike Bongiorno presenta essenzialmente quiz e Sanremo (di cui Corrado presenta la sola edizione del 1974).
Fra i due mostri sacri della TV nasce complicità e non rivalità. L’amico del giaguaro, Controcanale, Il Tappabuchi sono programmi che il presentatore conduce in questi anni. Nel 1965 La prova del nove. Nel 1968 La Corrida radiofonica. Corrado fino agli anni ’80 non lascerà la radio.
Nel 1970 presenta ancora una volta Canzonissima, e nel 1971, per la prima volta nella storia del varietà della Lotteria, viene riconfermato il conduttore con la showgirl Raffaella Carrà, che Mantoni contribuisce a lanciare. Nel 1972 Un’ora per voi, trasmissione della TSI (tv della Svizzera italiana). Nel 1975 viene varata la riforma della tv, da cui nascono TG1, TG2 e palinsesti autonomi delle due reti RAI.
Si avvicina un altro momento della rivoluzione televisiva in atto, negli anni dell’austerity per intrattenere gli italiani nei pomeriggi festivi: Corrado presenta “Domenica in…” da lui così inventata e scritta inizialmente con Paolini e Silvestri, e per tre edizioni di 39 puntate l’una dalle 14 alle 19:50, crea un nuovo modo di fare tv, un happening, e pone le basi del primo vero talk-show italiano. Ma non va dimenticato che all’interno del programma è Corrado a inserire la rubrica del teatro, della scienza, della musica, della tv, non mancando di sostenere l’Italia delle tradizioni e dei paesi; persino i germi di programmi quali “Mi manda Raitre” sono già presenti nel programma di Corrado; si pensi al libro dei “comandamenti”; ineguagliate inoltre le sue scenette con gli attori famosi, che ospita; non mancano prestigiatori. Lancia Tony Binarelli e Alexander.
Gli ascolti rimangono altissimi. Le edizioni successive a quelle di Mantoni tradiscono, a parte alcune delle edizioni di Pippo Baudo, immediato successore, lo stile di un programma elegante, divertente ed equilibrato. Nel 1978 il sodalizio fra Corrado e il grande Paolo Grassi, allora presidente della RAI, si rompe.
Nel 1979 conduce alla radio “Corradodue” su Radiodue, nel 1980 “La mia voce per la tua domenica” su Radiouno, nel 1981 “Gran Canal” sulla seconda rete RAI, il venerdì al posto di Portobello di Enzo Tortora, una trasmissione in diretta dal Teatro delle Vittorie che prosegue la rivoluzione televisiva, con un gioco per soli concorrenti stranieri in Italia, e ove viene proposta una sorta di soap-opera, dagli attori protagonisti in teatro, di cui il pubblico telefonicamente deve indicare il finale. Anche questa idea verrà ripresa nella tv successiva.
Nel 1982, dopo aver portato al successo “Fantastico” con Raffaella Carrà e Gigi Sabani (quest’ultimo lanciato da Corrado in una edizione della Corrida radiofonica), opta per la tv commerciale e reinventa su Canale 5, nato da un paio d’anni, la fascia di mezzogiorno, allora inesistente. Il programma è “Il Pranzo è servito”, un controquiz, più che un quiz, sicuramente uno dei giochi più amati degli anni ’80.
Nel 1983 presenta un’altra sua creatura “Ciao Gente”: è il pubblico ad essere protagonista del programma nel quale lancia Dario Ballantini.
Nel 1984 con Maurizio Costanzo presenta “Buona Domenica”.
Subisce un’operazione alle corde vocali nel 1985. L’anno seguente, il 1986, anno storico della rivoluzione, il conduttore porta in TV un programma radiofonico, esperimento mai riuscito prima, e presenta “La Corrida”, per oltre dieci anni, iniziando nell’estate, per passare poi negli anni a venire, rinnovando con umiltà, un eterno ritorno della sua gavetta, in primavera, fino all’inverno e all’autunno, quando nel 1997 per la prima volta sorpasserà il programma di punta del sabato sera RAI abbinato alla Lotteria.
La carriera di Corrado ha le caratteristiche dell’ironia, di cui, unico forse con Raimondo Vianello, è icona.
Tra le sue nuove scoperte di questo periodo vi è anche Neri Marcorè.
Nel 1987, nel 1988, poi nel 1989 subisce operazioni per un edema polmonare. Nel 1990 un altro momento importante: Corrado presenta il Gran Premio Internazionale della TV, che per 7 anni consecutivi lo vede come autore e conduttore in coppia con altri volti della RAI.
Tra il 1991 e il 1996 scrive “Tira e Molla”, gioco condotto da Paolo Bonolis che per due edizioni vince nella fascia preserale.
Negli anni seguenti scrive “Il Gatto e la Volpe” per la coppia Paolo Bonolis, Luca Laurenti. Sposa Marina Donato.
Nel 1998 si ammala gravemente.
Corrado Mantoni muore l’8 giugno 1999, a Roma.
A lui è dedicata una via nel quartiere in cui ha abitato, nel IV municipio di Roma, Casale Nei.
GIOVANNINO GUARESCHI Scrittore italiano 1 maggio 1908 • 22 luglio 1968
1908, Fontanelle di Roccabianca, Parma
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PAOLO BORSELLINO Magistrato italiano, vittima di mafia 19 gennaio 1940 • 19 luglio 1992
sabato 10 luglio 1976 Disastro di Seveso
Disastro di Seveso | |
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Stato | Italia |
Luogo | Seveso, Meda, Cesano Maderno, Desio, Barlassina,Bovisio, Nova Milanese e in porzioni minori anche Seregno,Varedo e Lentate sul Seveso |
Data | sabato 10 luglio 1976 12:37 |
Tipo | Fuoriuscita di nube tossica del tipo TCDD |
Con il termine disastro di Seveso si fa riferimento all’incidente avvenuto il 10 luglio 1976 nell’azienda ICMESA di Meda, che provocò la fuoriuscita di una nube di diossina del tipo TCDD, una tra le sostanze tossiche più pericolose. La nube tossica investì una vasta area di terreni nei comuni limitrofi della bassa Brianza, in particolare Seveso.
Verso le 12:37 di sabato 10 luglio 1976, nello stabilimento della società ICMESA sito nel territorio del comune di Meda, al confine con quello di Seveso, il sistema di controllo di un reattore chimico destinato alla produzione di triclorofenolo, un componente di diversi diserbanti, andò in avaria e la temperatura salì oltre i limiti previsti. La causa prima fu probabilmente l’arresto volontario della lavorazione senza che fosse azionato il raffreddamento della massa, e quindi senza contrastare l’esotermicità della reazione, aggravato dal fatto che nel processo di produzione l’acidificazione del prodotto veniva fatta dopo la distillazione, e non prima.
I fatti
L’esplosione del reattore venne evitata dall’apertura delle valvole di sicurezza, ma l’alta temperatura raggiunta aveva causato una modifica della reazione che comportò una massiccia formazione di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), sostanza comunemente nota come diossina, una delle sostanze chimiche più tossiche.
La TCDD fuoriuscì nell’aria in quantità non definita e venne trasportata verso sud dal vento in quel momento prevalente.[1] Si formò quindi una nube tossica, che colpì i comuni di Meda,Seveso, Cesano Maderno e Desio. Il comune maggiormente colpito fu Seveso, in quanto si trova immediatamente a sud della fabbrica.
Le prime avvisaglie furono l’odore acre e le infiammazioni agli occhi. Non vi furono morti, ma circa 240 persone vennero colpite da cloracne, una dermatosi provocata dall’esposizione alcloro e ai suoi derivati, che crea lesioni e cisti sebacee. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute generale, essi sono ancora oggi oggetto di studi. I vegetali investiti dalla nube si disseccarono e morirono a causa dell’alto potere diserbante della diossina, mentre migliaia di animali contaminati dovettero essere abbattuti. La popolazione dei comuni colpiti venne però informata della gravità dell’evento solamente 8 giorni dopo la fuoriuscita della nube.
La decontaminazione
Il territorio colpito fu suddiviso in tre zone a decrescente livello di contaminazione sulla base delle concentrazioni di TCDD nel suolo: zona A, B, e R.
Le abitazioni comprese nella zona A, la più colpita, furono demolite e il primo strato di terreno venne rimosso; gli abitanti furono evacuati e ospitati in strutture alberghiere. La zona A venne presidiata dalle forze dell’ordine per impedire a chiunque di entrarvi.
La zona B, contaminata in minor misura, e la zona R, ovvero zona di rispetto, vennero tenute sotto controllo e vi fu imposto il divieto di coltivazione e di allevamento.
Successivamente vennero create due enormi vasche di contenimento, costantemente monitorate, nelle quali venne riposto tutto ciò che era presente nella zona A, il terreno rimosso e anche i macchinari utilizzati per la demolizione e gli scavi. Al di sopra di queste due vasche sorse il Parco Naturale Bosco delle Querce, oggi aperto alla popolazione.
Alcune conseguenze a lungo termine
Ricerche effettuate verso la fine degli anni novanta sulla popolazione femminile hanno mostrato, a venti anni di distanza, una relazione tra esposizione alla TCDD in periodo prepuberale e alcuni disturbi.
Uno studio pubblicato nel 2008 ha evidenziato come ancora a 33 anni di distanza dal disastro gli effetti, misurati su un campione statisticamente ampio di popolazione[2] siano elevati. Nello studio, in sintesi, la probabilità di avere alterazioni neonatali ormonali conseguenti alla residenza in zona A delle madri è 6,6 volte maggiore che nel gruppo di controllo. Le alterazioni ormonali vertono sul TSH, la cui alterazione, largamente studiata in epidemiologia ambientale, è causa di deficit fisici ed intellettuali durante lo sviluppo[3].
È stato rivelato inoltre che negli anni novanta sono nate molte più bambine che bambini. Ciò è stato correlato al fatto che molti dei genitori di questi neonati erano adolescenti all’epoca del disastro e quindi si presume che la diossina abbia in qualche modo alterato lo sviluppo dell’apparato riproduttivo, prevalentemente quello maschile.
L’ipotesi dell’aumento di tumori riscontrati nella zona è invece controversa. All’epoca del disastro, molti scienziati avevano sollevato la possibilità di un considerevole aumento dei casi tumorali nell’area, ma ricerche scientifiche hanno evidenziato invece che il numero di morti per tumore si sia mantenuto relativamente nella media della Brianza; i risultati di tali ricerche sono però contestati da alcuni comitati civici.
Seveso e la legislazione sull’aborto
La diossina è una sostanza altamente teratogena, capace quindi di creare gravi malformazioni ai feti. Nonostante all’epoca del disastro in Italia l’aborto fosse praticamente vietato, fatte salve alcune deroghe concesse dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del 1975, nelle quali non rientrava comunque il caso delle ipotetiche malformazioni ai feti, il 7 agosto 1976 i due esponenti democristiani l’allora Ministro della sanità Luciano Dal Falco e quello della giustizia Francesco Paolo Bonifacio, ottenuto il consenso del Presidente del consiglioGiulio Andreotti, autorizzarono aborti terapeutici per le donne della zona che ne avessero fatto richiesta. Aborti vennero praticati presso la clinica Mangiagalli di Milano e presso l’ospedale di Desio.
Uniche voci importanti di dissenso furono Il Giornale di Indro Montanelli che scrisse: «Il rischio è per i bambini, non per la madre: si tratta di aborto eugenetico, e non terapeutico» e il cardinale di Milano, Giovanni Colombo, che disse: «Non uccidete i vostri figli, le famiglie cattoliche sono pronte a prendersi cura di eventuali bambini handicappati». Il dibattito sulla necessità di una regolamentazione dell’aborto attraverso leggi dello stato da anni interessava l’opinione pubblica, acquistando vigore proprio da questo evento e dal dramma che stavano vivendo le donne della zona contaminata. Si arrivò pertanto all’emanazione della Legge 194 del 22 maggio 1978[4], confermata poi dal referendum del 1981.
Testimonianze sull’evento
A questa triste vicenda si è ispirato il cantautore Antonello Venditti per scrivere Canzone per Seveso, pubblicata nell’ottobre del 1976 nell’album Ullalla, che analizza i fatti accaduti tentando di individuarne le cause profonde. Testimonianza degli avvenimenti avvenuti nel primo anno dopo la fuga si possono trovare nel libro “Visto da Seveso” di Laura Conti, consigliere regionale della Lombardia ai tempi del disastro, edito da Feltrinelli nel 1977.
« …voi, che vivete tranquilli nella vostra coscienza di uomini giusti,
che sfruttate la vita per i vostri sporchi giochetti allora, allora ammazzateci tutti! » |
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(Antonello Venditti, Canzone per Seveso)
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Recupero ambientale
Nell’area più inquinata (Zona A), il terreno fu depositato in vasche. Fu apportato un nuovo terreno proveniente da zone non inquinate ed effettuato un rimboschimento, che ha dato origine al Parco Naturale Bosco delle Querce.
Note
- ^ Si stima che in diverse condizioni meteorologiche avrebbe potuto colpire un’area di 30.000 abitanti
- ^ il campione era composto da 1772 individui esposti ed altrettanti individui di controllo
- ^ (EN) Neonatal Thyroid Function in Seveso 25 Years after Maternal Exposure to Dioxin. Plos Medicine Journal, 29-07-2008. URL consultato il 22-04-2010.
- ^ s:L. 22 maggio 1978, n. 194 – Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza Legge 194 del 22 maggio 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza
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