Operazione Pasticcini… Come finisce?

salitA1

Cari amici,

siete in tanti a chiedermi cosa é realmente successo all’interno del mio appartamento, dopo la pubblicazione del video “Operazione Pasticcini“, nel quale riprendevo alcuni Carabinieri commettere delle gravi infrazioni.

Beh posso solo anticipare che il video non finisce nel migliore dei modi, come più volte scritto alle ore alle 22.00 … 30 Carabinieri piombano nel mio appartamento, facendo una vera e propria irruzione. Il mio appartamento diventa il covo del “Boss o Criminale” più spietato e ricercato D’Italia. Vengo minacciato, insultato, denigrato ed abusato. Successivamente viene effettuata una perquisizione “NON AUTORIZZATA”, dove gli stessi devastano stanza dopo stanza.

Quanto accaduto all’interno del mio appartamento, sarà divulgato e condiviso “prossimamente”…

Preciso che: Quello che sentirete vi farà indignare, incazzare e provare profonda vergogna. Sinceramente anch’io oggi provo INDIGNAZIONE, VERGOGNA, RIBREZZO, ma solo per i “singoli soggetti”, e non per l’intera Arma dei Carabinieri.

La notte del 7 Giugno tra le 22.00 e le 3.00 del Mattino, 30 persone hanno CALPESTATO, DERISO, UMILIATO ED OFFESO LA MIA DIGNITÀ.

Andrea Mavilla.

Filmo Carabinieri in Pasticceria: minacciato, insultato, denigrato ed abusato.

salitA1

salitA1Andrea Mavilla
Published on9 giugno 2013

CategoriesAbusi e Poteri

 

Ciao amici,
in questo preciso istante sono le 3.00 del mattino – 8 Giugno 2013. Non so quando i miei collaboratori pubblicheranno questa lettera.
Il 7 Giugno – 2013, mentre mi uscivo per raggiungere il posto di lavoro, mi trovo davanti un’autovettura dei Carabinieri, la quale si trova parcheggiata in prossimità di un semaforo, con le ruote sul marciapiede riservato alle persone diversamente abili e non contenti in contromano.
Trovandomi davanti questa vergognosa situazione, decido di girare un video per denunciare pubblicamente, quello che tutti voi avete avuto modo di vedere.
Una volta inserito il video On-Line, alle 22.00 … 30 Carabinieri piombano nel mio appartamento.
Dopo alcuni minuti, il mio appartamento diventa il covo del “Boss o Criminale” più spietato e ricercato D’Italia. Vengo minacciato, insultato, denigrato ed abusato. Successivamente viene effettuata una perquisizione “NON AUTORIZZATA”, dove gli stessi devastano stanza dopo stanza.
Successivamente decidono di fermarmi con l’accusa di “diffamazione aggravata in flagranza di reato”.
Ci tengo a comunicarvi che quanto accaduto all’interno della Caserma dei Carabinieri di Bellusco, è attualmente al vaglio della magistratura, in quanto il mio Avvocato ha provveduto ad una denuncia per Abuso di Potere ed Abuso D’Ufficio.
Inoltre quello che sentirete e vedrete “prossimamente” su questo triste episodio, non deve portare tutti VOI ad associare l’intera Arma dei Carabinieri, come “violenta”, ma piuttosto, condannare e punire i singoli soggetti, i quali infangano e sporcano quella stessa divisa.
Colgo l’occasione ringraziando tutti voi, anticipandovi che: questa storia ha rafforzato la voglia di denunciare e documentare queste INGIUSTIZIE.
Vuoi vedere il video? fai un Click Qui

Spari davanti P. Chigi durante giuramento Feriti due carabinieri, preso l’aggressore

GOVERNO

Spari davanti P. Chigi durante giuramento Feriti due carabinieri, preso l’aggressore

Allarme nel piazzale davanti al Quirinale, la folla viene fatta defluire: si teme che ci sia in circolazione un uomo armato. A fare fuoco un uomo in giacca e cravatta

Uno dei due carabinieri ferito davanti Palazzo ChigiUno dei due carabinieri ferito davanti Palazzo Chigi

Sesto, salvato da due angeli in tuta arancione

Volontarie di Sos soccorrono a fine turno un sestese colpito da infarto per strada

di Rosario Palazzolo

 

Silvia Furlotti (a sinistra) e Fabrizia Foschi, con in mano il defibrillatore (Spf)

Silvia Furlotti (a sinistra) e Fabrizia Foschi, con in mano il defibrillatore (Spf)

Sesto San Giovanni, 7 agosto 2012 – Quattro giorni fa era stato soccorso da due angeli, volontari dell’associazione sestese Sos che, pur trovandosi fuori dal servizio, gli hanno salvato la vita con il massaggio cardiaco. Nel fine settimana i carabinieri di Sesto sono riusciti anche a dare un nome al sessantenne che venerdì, poco prima delle 10, aveva accusato un malore mentre passeggiava in via Marx. L’uomo era stato piegato da un attacco cardiacoSoltanto l’intervento insperato quanto tempestivo di due giovani volontarie lo ha salvato. Dopo aver avvertito i soccorsi, alcuni passanti sono corsi nella sese dell’Sos, distante alcune centinaia di metri, chiedendo aiuto. In quel momento erano presenti Silvia Furlotti, 21 anni, e Fabrizia Foschi, 28. 
 

«Abbiamo eseguito tutte le procedure di primo intervento – raccontano – in attesa dell’arrivo di un’ambulanza. All’inizio pensavamo a un malore per il caldo ma per scrupolo – proseguono – abbiamo portato uno dei tre defibrillatori che l’associazione ha avuto in dotazione grazie al contributo degli Alpini di Sesto». Lo strumento è stato preziosissimo. «Abbiamo imparato a utilizzarlo nel corso di primo soccorso di 120 ore». Quindi hanno praticato il massaggio cardiaco in strada impedendo che l’infarto avesse la meglio. 
 

L’uomo è stato trasferito all’ospedale Bassini di Cinisello, dove è ancora in terapia intensiva. Ma la storia sfortunata non si esaurisce qui. Privo di documenti, nessuno è stato in grado di riconoscerlo. I medici, dopo aver stabilizzato le sue funzioni cardiache, hanno avvertito i carabinieri chiedendo un aiuto per l’identificazione. Nelle 24 ore successive non sono arrivate denunce di scomparsa né segnalazioni. A preoccupare i militari anche il fatto che in una tasca dei pantaloni, l’uomo aveva con se uno smalto da bambina. C’era il timore, poi rivelatosi infondato, che qualche bambino fosse da solo in un appartamento ad aspettarlo. Così è stata organizzata una vasta ricerca a cominciare dal quartiere di Cascina Gatti. Una fotografia dell’uomo è stata mostrata in tutti i bar e i luoghi di incontro della zona, fino a quando un amico lo ha riconosciuto. Ha confermato di averlo visto per l’ultima volta venerdì mattina mentre si allontanava per recarsi a Milano. Infine è stato contattato un familiare che ora si occuperà di lui. 
 

rosario.palazzolo@ilgiorno.net

Il misterioso caso della Rana-Toro

Nell’estate di 45 anni fa tutti i giornali italiani ed esteri si interessarono di un fatto di cronaca che portò per mesi la città di Sesto San Giovanni alla ribalta. Pubblichiamo il servizio che il quotidiano “Libero” realizzò il 7 luglio 2005.

Per quelli che forse si ricorderanno del curioso episodio, che tanto agitò gli animi in quel lontano 1966, riportiamo l’intervista al giornalista Giuseppe Gallizzi da parte della collega Cristiana Lodi.
Invitiamo chi ha vissuto quei momenti ad esporre la loro impressione e fornire ulteriori particolari sulla vicenda.
 
Nel 1966, tra pecore e cani sgozzati, l’ululato di un grosso batrace scosse la palude di Sesto San Giovanni. Si fermò l’Italia e partì la caccia al mostro. Ma la verità era che…
All’epoca i corrispondenti dalle province venivano pagati 35 lire a riga. Chi più scriveva più intascava. E quell’estate i cronisti erano riusciti a campare alla grande, nonostante la calma piatta ( e feriale) di notizie. Il successo fu dovuto al mostro misterioso che allignava sul fondo di un’angusta palude. A Sesto San Giovanni, dietro le fabbriche della Falk. Era il 1966, si stampava col piombo e internet era ancora di là da venire. La cronaca si metteva insieme facendo il giro delle stazioni dei carabinieri e dei commissariati di polizia. Niente telefono, si usava andare di persona a suonare il campanello al brigadiere. Mattino, pomeriggio e alla sera tardi, prima che le rotative cominciassero a girare. Il brigadiere Zanotti, in servizio a Sesto, quell’estate fu artefice senza accorgersene, della fortuna dei corrispondenti della zona e non soltanto di loro. La grande notizia partì proprio dalla sua caserma e fece il giro dell’Italia. Titoli a nove colonne sui giornali nazionali, che schierarono gli inviati speciali. Protagonista sempre lui: ” Il mostro della palude di Sesto”. Un mistero mai svelato, del quale oggi ci racconta volentieri Giuseppe Gallizzi, 32 anni al Corriere della Sera, come cronista e poi come redattore capo. Fu l’autore dello scoop, e il mostro lo vide ” nascere”. In quegli anni stava all’Informatore, settimanale di Sesto San Giovanni, ma era anche attivissimo corrispondente ( dalla zona) per il quotidiano di via Solferino. Dice Gallizzi: « È successo tutto durante il giro del pomeriggio. Mi aprì il portone il solito Zanotti. Che portava la divisa perfettamente stirata. ” Novità brigadiere?”, domandai. ” Niente, tutto a posto per oggi”, fu la risposta. Tutto a posto un corno, pensai io » , ricorda il giornalista, « mi ostinai e tornai alla carica: ” Proprio niente signore?”. E lui: ” C’è la carogna di una pecora giù alla palude e la gente da quelle parti già dice che la notte sente ululare” » . È fatta, pensò il cronista. E andò di corsa allo stagno, che era fondo quasi 5 metri nel punto più alto ed era grande come un campo di pallone. La carcassa ovina era là, a 10 centimetri dalla riva, in via Della Pace. Due metri più avanti c’era pure un cane. Sgozzato, sussurrò qualcuno. Luigi Rossi, capo della Protezione animali ( si chiamava così), particolarmente versato in anfibiologia, guardò la povera bestia e sentenziò: « Il caso è misterioso, il meticcio presenta squarci alla gola, come fosse stato azzannato o finito a unghiate » . Non c’è dubbio: il mostro si nasconde nella palude. Bastò un titolo sul giornale del mattino, e la psicosi fu generale. « La gente di Sesto, centro notoriamente operoso e quindi uso a lunghi e pacifici sonni riparatori, la notte non chiude più occhio » , scriveva il grande Dino Buzzati. Stando alle cronache, il terrificante ululato saliva dalle acque melmose appena il buio calava. Un innocuo ranocchione (ululone), in fondo a un fiume? Macché, Giuseppe Gallizzi ricorda le parole della gente che ormai passava le notti in bianco: « Non è un gracidare, il verso assomiglia di più a un lungo muggito ( così: muuuhmuuuh…) e si sente anche sei- sette volte in una notte » . Arrivarono i pompieri, la polizia, i carabinieri e i battitori con i gambali alti. Armati di mazze di ferro e retini, cominciarono la caccia. Il postino Ernesto Bottoli, che veniva da Mantova, diede subito il suo parere: « Secondo me è una ranagolia, detta anche ranatoro. Quattro anni fa ne trovarono cinque o sei nel lago Inferiore di Mantova; sono anfibi che rivano dalla California, a zampe distese arrivano fino a 70 centimetri di lunghezza. Alcuni mesi fa ne hanno uccisa una anche nel Cremonese, con una bomba a mano » . Ma un mostro è sempre un mostro, se attacca si può anche sparare. E un tale decise di mettergli una taglia di 50 mila lire sulla testa. « A quel punto fu guerra dichia-arrata » , dice Gallizzi, « c’era la folla in via Della Pace e la fila di macchine fino a Monza, la gente veniva da tutta la Lombardia per assistere alle battute. Gli ambulanti avevano portato in riva all’acquitrino le bancarelle, con le bibite e i panini col salame. Pagine e pagine sui giornali, io ero diventato amico del brigadiere e così il mio giornale aveva sempre qualche ululato in più, rispetto agli altri. Si campò così due mesi » . Alla fine i pompieri svuotarono lo stagno, e sul fondo i pescatori Francesco Panchieri e Antonio Martinelli, trovarono una rana-toro che pesava 7 etti e 80 grammi. Il mostro fu catturato con una rete e la storia finì. Ma a Sesto, quando arriva l’estate qualcuno sente ancora ululare.
Cristiana Lodi

12 novembre 2003 – 12 novembre 2011 Attentato di Nasiriyya PER NON DIMENTICARE

Attentato del 12 novembre 2003 

Strage di Nasiriyya
Stato bandiera Iraq
Luogo Nasiriyya, Iraq
Obiettivo Militari italiani
Data 12 novembre 2003
10:40 (ora irachena)
Tipo attentato suicida
Morti 28
Responsabili Militanti di al-Qāʿida

Il 12 novembre 2003 avviene il primo grave attentato di Nasiriyya. Alle ore 10:40 ora locale (UTC +03:00), le 08:40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il tentativo del Carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base “Maestrale”, di fermare con il fucile AR 70/90 in dotazione i due attentatori suicidi riesce, tant’è che il camion non esplode all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell’esplosione rimase coinvolta anche la troupe del regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nasiriyya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.

Il Comando dell’Italian Joint Task Force (IJTF) si trovava a 7 chilometri da Nasiriyya, in una base denominata “White Horse”, distante circa 4 chilometri dal Comando USA di Tallil. Il Reggimento MSU/IRAQ, composto da personale dei Carabinieri Italiani e dalla Polizia Militare Romena (a cui poi si aggiungeranno, a fine Novembre 2003 120 uomini della Guardia Nazionale Portoghese), era diviso su due postazioni: la base “Maestrale” e la “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato di Nasiriyya. Presso la base “Maestrale” (nota anche con il termine “Animal House”), che durante il regime di Saddam Hussein era sede della Camera di Commercio, ove era acquartierata l’Unità di Manovra. Presso la “Libeccio” aveva sede, sia il Battaglione MSU che, il Comando del Reggimento MSU/IRAQ.] L’attentato avvenne alle ore 10,40 del 12 novembre 2003 alla base “Maestrale”. L’altra sede, “Libeccio”, distante poche centinaia di metri dalla prima, venne danneggiata anch’essa dall’esplosione. Era infatti intendimento dei Carabinieri, contrariamente alla scelta dell’Esercito di stabilirsi lontano per avere una maggiore cornice di sicurezza, posizionarsi nell’abitato per un maggior contatto con la popolazione. Due mesi dopo l’attentato, il Reggimento CC lasciò definitivamente anche la Base “Libeccio”, trasferendosi alla base di “Camp Mittica” nell’ex aeroporto di Tallil, a 7 km da Nasiriyya.

Le persone coinvolte 

Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi in visita ad Aureliano Amadei, uno dei feriti della troupe del regista Stefano Rolla

L’attentato provoca 28 morti, 19 italiani e 9 iracheni. Gli italiani sono:

  • carabinieri
    • Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
    • Giovanni Cavallaro, sottotenente
    • Giuseppe Coletta, brigadiere
    • Andrea Filippa, appuntato
    • Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente
    • Daniele Ghione, maresciallo capo
    • Horacio[1] Majorana, appuntato
    • Ivan Ghitti, brigadiere
    • Domenico Intravaia, vice brigadiere
    • Filippo Merlino, sottotenente
    • Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
    • Alfonso Trincone, Maresciallo aiutante
  • militari dell’esercito
    • Massimo Ficuciello, capitano
    • Silvio Olla, maresciallo capo
    • Alessandro Carrisi, primo caporal maggiore
    • Emanuele Ferraro, caporal maggiore capo scelto
    • Pietro Petrucci, caporal maggiore
  • i civili

e sono rimasti feriti altri 20 carabinieri: tenente Riccardo Ponzone, maresciallo A.s.UPS Vittorio De Rasis, maresciallo Ca. Maurizio Lucchesi, maresciallo Ca. Paolo Prodan, maresciallo O. Antonio Lombardo, maresciallo Marilena Iacobini, maresciallo Riccardo Saccottelli, brigadiere Maurizio Bissoli, brigadiere Cosimo Visconti, vicebrigadiere Paolo Di Giovanni, vicebrigadiere Fabio Fedeli, vicebrigadiere Roberto Gigli, vicebrigadiere Pietro Livieri, appuntato scelto Antonio Altavilla, appuntato scelto Marco Pinna, appuntato scelto Roberto Ramazzotti, appuntato Ivan Buia, appuntato Agostino Buono, carabiniere scelto Mario Alberto Calderone, carabiniere scelto Matteo Stefanelli, Aureliano Amadei co-regista.

Inoltre l’attentato provoca circa 140 feriti.

Il Presidente Ciampi rende omaggio alle vittime al Vittoriano

I caduti delle Forze Armate Italiane appartenevano a vari reparti dell’Arma dei Carabinieri Territoriale,al 13 Reggimento Carabinieri di Gorizia ed al 7º Reggimento Carabinieri “Trentino-Alto Adige” di Laives al Reggimento San Marco, alla Brigata Folgore, al Reggimento Trieste, al Reggimento Savoia Cavalleria, al Reggimento Trasimeno. Sono morti anche alcuni appartenenti alla Brigata Sassari che stavano scortando la troupe cinematografica di Stefano Rolla e 3 militari del 6º Reggimento Trasporti della Brigata Logistica di Proiezione, che stavano scortando il cooperatore internazionale Marco Beci.

Un momento dei funerali di Stato dei caduti a Nasiriyya, 18 novembre 2003

La camera ardente per tutti gli italiani morti venne allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, dove fu oggetto di un lungo pellegrinaggio di cittadini. I funerali di Stato si svolsero il 18 novembre 2003 nella basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, officiati dal cardinale Camillo Ruini, alla presenza delle più alte autorità dello Stato, e con vasta (circa 50.000 persone) e commossa partecipazione popolare;[2] le salme giunsero nella basilica scortati da 40 corazzieri a cavallo. Per quel giorno fu proclamato il lutto nazionale.

Le inchieste 

Due sono le inchieste aperte su questi fatti. Una avviata dalle autorità militari vuole scoprire se è stato fatto tutto il necessario per prevenire gli attacchi. Le due forze armate coinvolte sono giunte a conclusioni diverse. l’Esercito ha chiesto una consulenza al generale Antonio Quintana, secondo il quale sistemare la base al centro della città e senza un percorso obbligato a zig-zag per entrare all’interno di essa è stato un errore. Mentre per la commissione nominata dall’Arma dei Carabinieri e guidata dal generale Virgilio Chirieleison non ci sono state omissioni nell’organizzazione della sicurezza della base. Lo stesso Abū ʿOmar al-Kurdī, terrorista di al-Qāʿida, reo confesso dell’organizzazione dell’attentato, ha affermato che era stata scelta la “Base Maestrale” in quanto si trovava lungo una strada principale che non poteva essere chiusa.[3]

L’altra inchiesta è stata aperta dalla procura di Roma per cercare di individuare gli autori del gesto. Il suo lavoro non è facile dato che deve lavorare su un territorio straniero in cui le condizioni non sono stabili. L’unica cosa stabilita con certezza è che a scoppiare è stato un camion cisterna con 150-300 kg[4]di tritolo mescolato a liquido infiammabile. I comandanti militari italiani inizialmente coinvolti nell’inchiesta sono stati tutti assolti con formula piena.[5]

Si sospetta che Abū Musʿab al-Zarqāwī sia stato il mandante degli attentati, appoggiato dagli estremisti sunniti, mentre per la parte finanziaria si pensa ad un professore di teologia che lavora all’ateneo di Baghdad. Un’altra ipotesi porta verso il coinvolgimento di una cellula terroristica libanese molto vicina agli ambienti di al-Qāʿida, infatti le modalità dell’attacco ricordano altri attentati accaduti in Libano ed, inoltre, alcuni terroristi arrestati a Beirut avrebbero raccontato diversi particolari della strage di Nasiriyya. Entrambe le piste portano, comunque, ad un coinvolgimento di persone venute da fuori della provincia di Dhī Qar a prevalenza sciita e questo confermerebbe quanto affermato dai vertici della base “Maestrale”, cioè che non c’erano motivi particolari di preoccupazione in quanto la popolazione locale non era ostile verso i militari italiani e gli estremisti locali venivano monitorati con attenzione.

Onorificenze ed intitolazioni 

I morti ed i feriti dell’attentato sono stati insigniti della Croce d’Onore con una cerimonia tenutasi il 12 novembre 2005 presieduta dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Alle vittime dell’attentato, inoltre, sono state intitolate numerose vie, piazze e monumenti un po’ in tutta Italia tra le quali:

PROTAGONISTI DUE CONIUGI DI MUSSOMELI 0 commenti Rissa in casa? Macché! Stavano facendo ben altro…

sfrenato

11 ottobre 2011 – Pensavano che fosse una rissa, in realtà era ben altro.

Le urla e i gemiti, infatti, hanno tratto in inganno i vicini di casa di una coppia di Mussomeli, che hanno chiamato i carabinieri.

I militari, invece, hanno appurato che non si trattava di una lite ma di un rapporto a dir poco focoso.

I coniugi, comunque, hanno promesso ai carabinieri che, d’ora in poi, cercheranno di non disturbare più i propri vicini…

WG

http://caltanissetta.blogsicilia.it/rissa-in-casa-macche-stavano-facendo-ben-altro/63125/?ref=sicilia_fanpage

COSA FARE QUANDO SI SCOPRE DI ESSERE UNA POSSIBILE VITTIMA DI UN FURTO DI IDENTITÀ?

 

pubblicata da Polizia di Stato Web Site Fan il giorno domenica 14 agosto 2011 alle ore 19.54
 
  • Se avete il sospetto che la vostra posta sia stata rubata o che sia stata inoltrata una richiesta di variazione di indirizzo a vostro nome, contattate subito le Poste Italiane;
  • Immediatamente dopo aver subito un furto o uno scippo, denunciate l’accaduto al Pronto Intervento (112 per i Carabinieri, 113 per la Polizia di Stato). Recatevi poi negli uffici dell’Autorità di Polizia Giudiziaria e presentate la denuncia, fornendo gli estremi dei documenti che vi sono stati sottratti;
  • SE SOSPETTATE CHE QUALCUNO ABBIA USATO IL VOSTRO NOME (O QUELLO DELL’AZIENDA) O ALTRE INFORMAZIONI PER EFFETTUARE UN ACQUISTO A CREDITO O RICHIEDERE UN PRESTITO, VI SUGGERIAMO DI Contattare la vostra banca per segnalare l’accaduto e valutare se è necessario bloccare tutte le carte di credito;
  • Contattate il creditore, la banca, la compagnia telefonica e l’azienda di servizi pubblici e congelate immediatamente i relativi conti;
  • Dato che recuperare la propria identità rubata può essere un processo lungo e complicato, è importante prendere nota di tutte le comunicazioni e tenerne una copia. Se pensate che il vostro caso può condurre ad un processo civile, annotate anche quanto tempo utilizzate per risolvere il problema;
  • Rivolgetevi alle associazioni difesa consumatori per ottenere consigli e consulenza su come agire per risolvere il problema, per verificare la propria situazione ed eventualmente per riconfermare la propria affidabilità creditizia. Le associazioni dei consumatori potranno fornire informazioni, suggerimenti e offrire tutela legale;

 

Dato che recuperare la propria identità rubata può essere un processo lungo e complicato, è importante prendere nota di tutte le comunicazioni e tenerne una copia. Se pensate che il vostro caso può condurre ad un processo civile, annotate anche quanto tempo utilizzate per risolvere il problema.

 

http://www.facebook.com/notes/polizia-di-stato-web-site-fan/cosa-fare-quando-si-scopre-di-essere-una-possibile-vittima-di-un-furto-di-identi/204360516284266

12 novembre 2003 – In un attentato suicida a Nasiriya in Iraq muoiono 23 persone, tra loro 19 sono italiani: 12 carabinieri, 5 soldati dell’esercito e 2 civili

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Attentato del 12 novembre 2003

Strage di Nassiriya
Luogo Nassiriya, Iraq
Obiettivo Militari italiani
Data 12 novembre 2003
10:40 (ora irachena)
Tipologia attentato suicida
Morti 28
Compiuto da Militanti di Al Qaeda

Il 12 novembre 2003 avviene il primo grave attentato di Nassiriya. Alle ore 10:40 ora locale (UTC +03:00), le 08:40 in Italia, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri, provocando l’esplosione del deposito munizioni della base e la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili. Il tentativo del Carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base “Maestrale”, di fermare con il fucile AR 70/90 in dotazione i due attentatori suicidi riesce, tant’è che il camion non esplode all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova polizia irachena e dai civili del luogo. Nell’esplosione rimase coinvolta anche la troupedel regista Stefano Rolla che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nassiriya da parte dei soldati italiani, nonché i militari dell’esercito italiano di scorta alla troupe che si erano fermati lì per una sosta logistica.

Le persone coinvolte

L’attentato provoca 28 morti, 19 italiani e 9 iracheni. Gli italiani sono:

  • carabinieri
    • Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
    • Giovanni Cavallaro, sottotenente

      Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi in visita ad Aureliano Amadei, uno dei feriti della troupe del regista Stefano Rolla

    • Giuseppe Coletta, brigadiere
    • Andrea Filippa, appuntato
    • Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente
    • Daniele Ghione, maresciallo capo
    • Horatio Majorana, appuntato
    • Ivan Ghitti, brigadiere
    • Domenico Intravaia, vice brigadiere
    • Filippo Merlino, sottotenente
    • Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante, Medaglia d’Oro di Benemerito della cultura e dell’arte
    • Alfonso Trincone, Maresciallo aiutante
  • militari dell’esercito
    • Massimo Ficuciello, capitano
    • Silvio Olla, maresciallo capo
    • Alessandro Carrisi, primo caporal maggiore
    • Emanuele Ferraro, caporal maggiore capo scelto
    • Pietro Petrucci, caporal maggiore
  • i civili
    • Marco Beci, cooperatore internazionale
    • Stefano Rolla, regista

Inoltre l’attentato provoca circa 140 feriti.

Il Presidente Ciampi rende omaggio alle vittime al Vittoriano

I caduti delle Forze Armate Italiane appartenevano al 13 Reggimento Carabinieri di Gorizia ed al 7º Reggimento Carabinieri “Trentino-Alto Adige” di Laives al Reggimento San Marco, alla Brigata Folgore, alReggimento Trieste, al Reggimento Savoia, al Reggimento Trasimeno , . Sono morti anche alcuni appartenenti alla Brigata Sassari che stavano scortando la troupe cinematografica di Stefano Rolla e 3 militari del 6° Reggimento Trasporti della Brigata Logistica di Proiezione, che stavano scortando il cooperatore internazionale Marco Beci.

Un momento dei funerali di Stato dei caduti a Nassiriya, 18 novembre 2003

La camera ardente per tutti gli italiani morti venne allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, dove fu oggetto di un lungo pellegrinaggio di cittadini. I funerali di Stato si svolsero il 18 novembre 2003 nella basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, officiati dal cardinale Camillo Ruini, alla presenza delle più alte autorità dello Stato, e con vasta (circa 50.000 persone) e commossa partecipazione popolare;[1] le salme giunsero nella basilica scortati da 40 corazzieri a cavallo. Per quel giorno fu proclamato il lutto nazionale.

Il Comando dell’Italian Joint Task Force (IJTF) si trovava a Tallil, a 7 chilometri da Nassiriya, vicino al Comando USA. Il Reggimento carabinieri MSU era diviso su due postazioni: la base “Maestrale”, dove è avvenuto l’attentato, al centro di Nassiriya e durante il regime di Saddam Hussein era sede della Camera di Commercio. L’altra sede era la Base “Libeccio” o “Animal house“, distante poche centinaia di metri dalla prima, e gravemente danneggiata anch’essa dall’esplosione. Era infatti intendimento dei Carabinieri, contrariamente alla scelta dell’Esercito di stabilirsi lontano per avere una maggiore cornice di sicurezza, posizionarsi nell’abitato per un maggior contatto con la popolazione. Due mesi dopo l’attentato, il Reggimento CC lasciò definitivamente anche la Base “Libeccio”, trasferendosi alla base di “Camp Mittica” nell’ex aeroporto di Tallil, a 7 km da Nassiriya.

Le inchieste

Due sono le inchieste aperte su questi fatti. Una avviata dalle autorità militari vuole scoprire se è stato fatto tutto il necessario per prevenire gli attacchi. Le due forze armate coinvolte sono giunte a conclusioni diverse; l’Esercito ha chiesto una consulenza al generale Antonio Quintana, secondo il quale sistemare la base al centro della città e senza un percorso obbligato a zig-zag per entrare all’interno di essa è stato un errore. Mentre per la commissione nominata dall’Arma dei Carabinieri e guidata dal generale Virgilio Chirieleison non ci sono state omissioni nell’organizzazione della sicurezza della base. Lo stesso Abu Omar al Kurdi, terrorista di al-Qāˁida reo confesso dell’organizzazione dell’attentato, ha affermato che era stata scelta la “Base Maestrale” in quanto si trovava lungo una strada principale che non poteva essere chiusa.[2]

L’altra inchiesta è stata aperta dalla procura di Roma per cercare di individuare gli autori del gesto. Il suo lavoro non è facile dato che deve lavorare su un territorio straniero in cui le condizioni non sono stabili. L’unica cosa stabilita con certezza è che a scoppiare è stato un camion cisterna con 150-300 kg[3] di tritolo mescolato a liquido infiammabile. Il 24 maggio 2007 il procuratore ha chiesto il rinvio a giudizio per due generali dell’esercito (i due comandanti che si sono avvicendati alla guida della Missione Antica Babilonia) ed un colonnello dei Carabinieri (il comandante pro tempore del Reggimento MSU) per il reato previsto dall’art. 98 del codice penale militare di guerra: omissione di provvedimenti per la difesa militare.

Si sospetta che Abū Musˁab al-Zarqāwī sia il mandante degli attentati, appoggiato dagli estremisti sunniti, mentre per la parte finanziaria si pensa ad un professore di teologia che lavora all’ateneo di Bagdad. Un’altra ipotesi porta verso il coinvolgimento di una cellula terroristicalibanese molto vicina agli ambienti di al-Qāʿida, infatti le modalità dell’attacco ricordano altri attentati accaduti in Libano ed, inoltre, alcuni terroristi arrestati a Beirut avrebbero raccontato diversi particolari della strage di Nassiriya. Entrambe le piste portano, comunque, ad un coinvolgimento di persone venute da fuori della provincia di Dhī Qar a prevalenza sciita e questo confermerebbe quanto affermato dai vertici della base “Maestrale”, cioè che non c’erano motivi particolari di preoccupazione in quanto la popolazione locale non era ostile verso i militari italiani e gli estremisti locali venivano monitorati con attenzione.

Onorificenze ed intitolazioni

I morti ed i feriti dell’attentato sono stati insigniti della Croce d’Onore con una cerimonia tenutasi il 12 novembre 2005 presieduta dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Alle vittime dell’attentato, inoltre, sono state intitolate numerose vie, piazze e monumenti un po’ in tutta Italia tra le quali: