‘Cinquanta sfumature’: per gli scrittori italiani solo marketing, “l’erotismo è un’altra cosa”

Per Corrado Augias, “lo stile della scrittrice inglese solo vent’anni fa lo si sarebbe definito da fumetto”, mentre secondo la Castellina, “con un battage pubblicitario simile si sarebbe riusciti a vendere qualsiasi cosa”

Aura De Luca – 29/08/2012
 

 

Italiani ed erotismo? Più che altro unaquestione di fantasia. Come a dire che si immagina e ci si infervora sempre per ciò che non si può avere o che, magari, è lontano dalla vita reale. Psicologia spicciola? Chissà. Certo è che al di là del caso editoriale estivo della trilogia ‘Cinquanta sfumature’ della scrittrice inglese E.L. James, il dibattito si è riacceso dopo anni di pudico silenzio, coinvolgendo non solo il gentil sesso che non si è perso nemmeno una riga del trittico inglese, ma scomodando perfino una serie di illustri autori italiani, tutti bene o male concordi sul fatto che il successo letterario della James sia stata più che altro una grande operazione marketing. 

AUGIAS: “LA VOGLIA DI EROTISMO TRA I LETTORI ITALIANI NON È UNA NOVITÀ”. “La voglia di erotismo tra i lettori italiani non è una novità – ha commentato Corrado Augias all’Adnkronos -. L’argomento ha sempre attirato, per ragioni che non devo spiegare”. Lo scrittore e giornalista romano boccia, dunque, questo genere di romanzi: “Dispiace – ha aggiunto – che libri così mediocri come quelli della James attirino i lettori italiani. Lo stile della scrittrice inglese solo vent’anni fa lo si sarebbe definito da fumetto”.

CASTELLINA: “I CONSUMATORI NON SCELGONO PIÙ, SUBISCONO LE IMPOSIZIONI DI CHI PRODUCE”. Ad una società meno passionale è da ricondurre, secondo la scrittrice e politica Luciana Castellina, “la tendenza all’erotismo, in Italia come altrove”. “Una tendenza che c’è perché viviamo in una società con meno passioni, sentimentali, politiche, di qualsiasi tipo e con una generale carenza di valori”. Entrando nel dettaglio, Castellina, il successo dei libri della James dipende molto “dal forte bombardamento pubblicitario e a questo propositi dice: “Sono operazioni di mercato e quando c’è un battage come quello dei romanzi della James, va qualsiasi cosa, sia essa erotismo, giallo, thriller o altro”. “Oggi – ha affermato – i consumatori non scelgono più, subiscono invece le imposizioni di chi produce. Questo ovviamente vale per tutto, anche per l’editoria che prima era esente da questo fenomeno”. Quanto alla trilogia della James ha precisato di non averla ancora letta e di non volerla leggere “non per snobismo – ha detto – ma perché proprio non ho tempo”.

GAMBERALE: “QUESTI LIBRI APPAGANO LA PAURA DEL SESSO VERO”. “Credo che potremmo parlare di ritorno alla voglia di erotismo da parte dei lettori italiani solo se ritrovassimo in classifica i romanzi di D.H. Lawrence”: così la scrittrice Chiara Gamberale. “Più che un boom dell’erotismo – afferma – mi sembra un boom di chi si illude di farlo attraverso qualcosa che è un surrogato dell’erotismo vero”. “In un mondo che ha sempre più bisogno di virtualità – ha aggiungi unto la scrittrice – questi libri appagano la paura del sesso vero. Siamo molto lontani dal grande erotismo di Lawrence”. “Io nei miei libri – ha spiegato – parlo d’amore e di sesso, e penso di farlo realisticamente, anche se è molto difficile. Ma i miei libri non sono erotici, il sesso è raccontato come parte della vita e delle relazioni umane”.

GRAZIOTTIN: “CON LA FANTASIA LA JAMES HA SCONFITTO LA MONOTONIA”. “E. L. James è riuscita a trovare, attraverso l’uso di quel potente afrodisiaco che è la fantasia, un elemento di eccitazione per sé che ha fatto risuonare altri milioni di cervelli come il suo”: questa l’analisi della psicologa e sessuologa Alessandra Graziottin. “Uno dei fattori più antierotici – ha spiegato la Graziottin – è l’abitudine, mentre la novità è uno dei più potenti afrodisiaci perché attiva il cosiddetto ‘arousal'[1] sessuale”. “Questa donna, che faceva la casalinga e in quanto tale aveva una vita estremamente ripetitiva – ha concluso -, è riuscita rompere questa ripetitività e ad attivare con la fantasia aree del cervello come la serotonina, la dopamina, e persino le aree più arcaiche che sono proprio quelle erotiche”.

Insomma, questa l’opinione di alcuni dei più importanti autori di casa nostra. Ma sarà propriovero che gli italiani hanno perso nel tempo le loro tanto decantate qualità amatorie, diventando un popolo di repressi e voyeristi per colpa di una società a-passionale? Comunque la si pensi, forse aveva ragione Oscar Wilde che diceva sempre “Tutto, purché se ne parli”. In fondo anche quello è marketing!
 

NOTE
[1]
 Termine inglese difficilmente traducibile (letteralmente “risveglio”) con cui viene designato il livello di attivazione della corteccia cerebrale necessario a mantenere questa in uno stato di vigilanza e quindi di adeguata ricezione degli stimoli provenienti dal mondo esterno.

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Prima di entrare in un supermercato ricordati queste 8 cose

DiscountFare la spesa nel supermercato sembra una attività innocua.
Tutti facciamo la spesa almeno una volta a settimana senza però prestare troppa attenzione a ciò che accade dietro le quinte del supermercati.
Il nostro modo di comprare è diventato una scienza fra le più studiate e con il maggior numero di ricercatori nel mondo.
“I ricercatori del marketing hanno lavorato per anni per essere sicuri che l’acquirente comune guardi più prodotti possibili durante la spesa, perché più vedono, più comprano”, questo è ciò che ha detto Marion Nestle, autrice di What to Eat: An Aisle-by-Aisle Guide to Savvy Food Choices and Good Eating.
Quindi se vuoi essere un acquirente intelligente leggi questi trucchetti e segreti nascosti nel supermercato.
1. I carrelli della spesa sono sporchi.
In accordo con gli studi fatti sui carrelli, più del 60% di questi danno rifugio a batteri coliformi (la specie di batteri che si ritrova sulle toilette pubbliche!). Il Dr. Chuck Gerba, microbiologo dell’Università di Arizona dice: “Questi batteri potrebbero venire dalle verdure non ancora lavate, dai salumi non ancora spellati, dalle mani sporche dei clienti o dai bambini che si siedono nei carrelli. Basta pensare che dove avete messo i broccoli pochi minuti prima si trovava il sedere di un bambino”. Secondo gli studi fatti da Gerba e sui collaboratori, i carrelli della spesa hanno più batteri di tutte le superfici da loro studiate, incluse le tavolette del wc e i poggiatesta dei treni. Per evitare di sporcarsi con questi fastidiosi batteri Gerba suggerisce di pulire il manico del carrello con dei fazzoletti igienizzati e di lavarsi le mani dopo aver fatto la spesa.

2. I cibi “amici dei bambini” sono disposti alla loro altezza.
Chiunque faccia la spesa con dei bambini sa che deve porre attenzione alle cose che questi prendono e buttano nel carrello. Marion Nestle dice: “Dico sempre ai genitori di non fare mai la spesa con i figli. Le scatole con su disegnati dei cartoni animati sono sempre posizionati negli scaffali più bassi dove anche i bambini ai primi passi possono arrivare”. Un viaggetto nel corridoio dei cereali ve lo confermerà, Tara Gidus della American Dietetic Association dice: “I cereali zuccherati sono al livello degli occhi dei bambini, mentre quelli salutari e ricchi di fibre sono negli scaffali più alti”. È la stessa situazione che si ritrova ai registratori di cassa dove le caramelle e le gomme sono strategicamente posti per incoraggiare acquisti impulsivi di adulti e bambini che posso facilmente afferrare questi piccoli prodotti.
3. Affettano e tagliano i cibi in modo da poter aumentare il prezzo.
Nel reparti cibi freschi possiamo trovare delle belle fette di anguria già tagliate o verdure e insalata fresca lavate e tagliate. Nella zona macelleria il petto di pollo come anche le bistecche sono già affettate e anche marinate, pronte per essere cotte. Non si può negare che questi cibi già tagliati rendano la vita più facile a anche i nutrizionisti concordano sul fatto che ciò fa aumentare il consumo di vegetali o frutta e quindi è una buona cosa per la salute. Bisogna però almeno tener presente che si sta pagando un sovraccarico di prezzo abbastanza elevato (alcune volte più del doppio, basta leggere il prezzo al chilo e non della singola confezione) per una cosa che potremmo fare da soli.
4. I cibi che fanno bene alla salute sono nascosti!
L’esempio classico è quello della pasta integrale che è posta negli scaffali più bassi o anche i cibi biologici che spesso hanno un piccolissimo scaffale tutto loro vicino ai cibi etnici.
5. Le esposizioni alla fine della corsia sono lì per distrarti dalla tua missione.
Marion Nestle dice: “Le compagnie alimentari pagano i negozi per posizionare i loro prodotti dove possono essere visti più facilmente, come ad esempio nelle esposizioni alla fine delle corsie”. Il concetto è quello di posizionare oggetti ad alto profitto o anche gruppi alimentari come le cioccolate per ispirare acquisti compulsivi; e anche se alcune volte queste esposizioni sono usate per promuovere articoli in offerta le persone comprano anche se non ci sono offerte. Il Dr. Brian Wansink direttore del Laboratorio Food and Brand dell’ Università di Cornell e autore di Mindless Eating dice: “Le persone comprano il 30% in più di prodotti che sono posizionati nelle esposizione di quelli a metà del corridoio, anche perché pensiamo che il vero affare si trova alla fine”.
6. Gli affari non sempre sono affari.
Chi può resistere ad offerte tipo “Compra 5 e ne hai uno gratis”, o “3 per un Euro”? Apparentemente solo poche persone. Il Dr. Brian Wansink dice: “Ogni volta che vediamo un numero in un cartello pubblicitario su uno scaffale compreremo circa il 30% in più di quel prodotto di quanto intendevamo comprare” e quindi se compri di più di quanto hai bisogno non sarà necessariamente un affare! O ancora peggio ti farà consumare di più, sempre Brian Wansink ci dice: “Una volta che il prodotto è in casa lo mangerete anche senza volerlo… è così un peccato buttare il cibo”. Infine se una scatola ad esempio di tonno è pubblicizzata ad un prezzo più basso di un’altra fate attenzione alla quantità di tonno nella scatola e cercate di leggere qual’è il prezzo al chilo. Aggiungo un commento del post su questo tema di protonutrizione: “Avendo studiato marketing conosco questi trucchi ed altri, alcuni dei quali sono effettivamente molto efficaci. Uno ad esempio è mettere l’indicazione “Promozione” “Offerta speciale” o simile senza per questo variare il prezzo del prodotto. Immancabilmente il tasso di rotazione di quel prodotto aumenterà in quando il consumatore tende a non memorizzare i prezzi dei prodotti, particolarmente se non si tratta di un bene ad acquisto ripetuto. La cosa funziona ancora meglio se questi prodotti con riduzione di prezzo non effettiva sono all’interno di una più ampia offerta promozionale con prodotti che hanno avuto un effettiva riduzione e gli esempi potrebbero continuare. Conoscendoli si riesce a non subirne gli effetti negativi ed a volte a sfruttarli a proprio vantaggio”.
7. Camminerai nel negozio seguendo una strada obbligata.
Non solo il percorso come tutti sanno è sempre obbligato a causa della disposizione degli scaffali ma nei grandi supermercati spesso siamo obbligati a seguire un percorso senza accorgercene. Il percorso “obbligato” è infatti creato senza barriere architettoniche ma seguendo i bisogni primari degli acquirenti tipo il pane, la pasta, il latte e le verdure; seguendo questi percorsi ci troveremo con il 60-70% di prodotti in più di quanto avevamo preventivato.
8. Non puliscono sempre come dovrebbero.
Gli ispettori dell’Ufficio di Igiene spesso (almeno spero) controllano i supermercati alla ricerca di eventuali irregolarità. Potete però fare una piccola ispezione da soli. Vi può bastare passare il dito sulla parte alta degli scaffali per ritrovarlo pieno di polvere. Se poi vedete delle mosche sappiate che possono portare dei batteri e, infine, se c’è polvere sulle confezioni evitate di comprarle.

Fonte: psichesoma.com tratto da ecplanet.com

Le lobby farmaceutiche investono più in marketing che in nuove terapie

farmaci soldi

di Roberta Ragni

Le aziende farmaceutiche mettono il loro profitto davanti a tutto, utilizzando i finanziamenti solo a favore del marketing e non della ricerca di nuove molecole o terapie. È così che hanno scoraggiato l’innovazione negli ultimi cinque decenni. A dirlo sono i dottori Donald Luce, dell’University of Medicine of New Jersey, e Joel Lexchin, della York University di Toronto, che hanno denunciato la situazione di stallo dell’innovazione farmaceutica direttamente dalle pagine del British Medical Journal.

 

Secondo i ricercatori, la maggior parte dei fondi di ricerca non viene indirizzata verso la ricerca di farmaci innovativi, ma nella pesante e costante promozione dei farmaci già esistenti, fino ad arrivare a spendere ben l’80% della spesa farmaceutica di una nazione solo per questo. Luce e Lexchin spiegano: “lasituazione dello sviluppo di nuove molecole è rimasta ferma a 50 anni fa. Gli incentivi per lo sviluppo di farmaci sono sbagliati e hanno distorto i comportamenti all’interno del settore”.

 

Le lobby faramaceutiche, infatti, spendono in marketing il 25% dei ricavi, rispetto all’ 1,3% investito nella scoperta di nuove molecole. “Se i costi dello sviluppo hanno avuto un sostanziale aumento tra il 1995 e il 2010, pari a 34.2 bilioni di dollari, i ricavi per le società sono aumentati di 6 volte più velocemente. E le aziende evitano di menzionare questo straordinario ritorno economico”, accusano i due esperti. Ecco perché la valutazione dei nuovi farmaci dovrebbe essere pubblica  e indipendente dalle stesse industrie farmaceutiche e dovrebbe premiare l’innovazione.

“Questo approccio permetterebbe di risparmiare miliardi di dollari in costi sanitari e  produrrebbe vantaggi reali per la salute delle persone”, dicono i ricercatori, che chiedono alle autorità di controllo dei farmaci in tutto il mondo “di fermare l’approvazione di nuovi farmaci di scarso valore terapeutico”, dando, invece, “premi in denaro in sostituzione della copertura brevettuale solo per molecole veramente nuove”.

La vera crisi dell’innovazione, insomma, consiste nel fatto che la ricerca e lo sviluppo dei farmaci si sono ridotti ad essere, in realtà, solo piccole variazioni dei prodotti già esistenti, che non sono nememno superiori ai vecchi. “E io pago”.

Speriamo che in Italia qualcosa cambi dopo l’introduzione in questi giorni dell’indicazione del principio attivo nelle ricette e non più del farmaco, inverta la tendenza.

 

 

 

fonte: greenme.it