Amianto. Eternit: Schmidheiny e de Cartier ricorrono contro la sentenza

 

Stephan Schmidheiny

17 luglio 2012. Il magnate svizzero e il miliardario belga impugnano il verdetto del tribunale di Torino che li ha condannati a 16 anni e oltre 150 milioni di risarcimenti. I legali contano di riaprire il procedimento entro tre/cinque mesi. Il governo italiano, intanto, entro breve procederà all’erogazione dei 25 milioni per le bonifiche di Casale Monferrato

GINEVRA – L’industriale svizzero Stephan Schmidheiny, l’ex proprietario della multinazionale dell’amianto Eternit giudicatocolpevole in primo grado per disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche negli stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo, ha inoltrato ricorso contro la sentenza emanata dal tribunale di Torino lo scorso 13 febbraio. A dare la notizia è stato il suo portavoce, Peter Schuermann, che ha detto all’agenzia di stampa elvetica Ats di contare in una riapertura del processo entro tre o cinque mesi. Schmidheiny, secondo quanto deciso dalla corte, dovrà anche pagare oltre 150 milioni di euro di risarcimenti.

La replica a caldo: “Verdetto incomprensibile: solo 17 le vittime”. Subito dopo la sentenza Schmidheiny aveva diffuso un comunicato pubblicato sul proprio sito Internet dove riteneva ilverdetto “incomprensibile”, accusando la giustizia italiana di “gravi violazioni delle procedure legali” che “in Svizzera avrebbero fermato il processo”. Ancora, il miliardario aveva affermato di non avere avuto alcun ruolo esecutivo nelle attività italiane del gruppo” e aveva ridotto a soli 17 – rispetto alle circa tremila vittime citate nel dibattimento – i dipendenti ammalati a causa dell’amianto che, a suo dire, avevano presumibilmente lavorato nelle fabbriche italiane della Eternit durante il periodo rilevante per le accuse formulate (1976-1986).

Obiezione sulla competenza territoriale del tribunale di Torino. Schmidheiny non è stato il solo ad avere scelto di confutare il verdetto. Anche l’altro imputato, il barone belga Louis de Cartier, lo scorso 11 luglio ha presentato ricorso in appello. L’avvocato Cesare Zaccone, che fa parte del suo collegio difensivo, ha anticipato l’intenzione di chiedere “alla Corte la revisione totale della sentenza di primo grado”. Tra i punti focali della strategia difensiva la riconsiderazione della legittimità costituzionale sollevata al processo di primo grado – e respinte dal tribunale – e della competenza territoriale che, a detta di Zaccone, spettava alla corte di Genova (dove Eternit Italia aveva la sede legale).

Il sindaco di Casale Demezzi: “Avanti con le bonifiche”.Intanto, il ministro alla Salute, Renato Balduzzi, ha reso noto che “a breve verranno erogati i 25 milioni di euro stanziati per bonificare dall’amianto il casalese”. A riferirlo è stato il sindaco di Casale Monferatto (Alessandria), Giorgio Demezzi, commentando la riunione di ieri in Prefettura ad Alessandria, con Balduzzi, l’assessore regionale Paolo Monferino e i ricercatori che lavorano per coordinare una rete europea che si occupa di patologie legate all’esposizione da amianto. “L’impegno del Comune di Casale e di tutti gli altri Enti preposti, sta proseguendo con caparbietà per concludere la bonifica del nostro territorio e per dare una speranza a chi, purtroppo, ancora si ammala di mesotelioma”, ha detto il primo cittadino del comune piemontese.

Continua la ricerca sulla prevenzione. Il sindaco ha definito l’incontro positivo e utile anche per la “disponibilità fattiva dimostrata dagli esperti affinché si lavori tutti insieme per debellare le gravi conseguenze che l’amianto ha portato non solo a Casale, ma in tutta Italia. Prova ne è che già mercoledì prossimo con il direttore del Centro Amianto, Massimo D’Angelo, incontrerò, grazie anche all’interessamento del rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Paolo Garbarino, uno dei professori coinvolti, Corrado Magnani, per approfondire le tematiche della ricerca e della prevenzione”.

fonte

Atto di voce

Di chi muore, non importa a nessuno, chi resta presto dimentica, va avanti e si rifà una vita.
Ci dicono di pensare ai fatti propri, “vivi e lascia vivere”, che nessuno è indispensabile.
Tale è la volgarità del pensiero comune. Questa parte di mondo che chiamano Occidente corre veloce, non si ferma davanti a niente, assimila tutto ciò che incontra e spesso devasta.
La terra, l’acqua, le persone, le relazioni.
Tutto si tinge di squallore e desolazione.
Essere individui, autonomi, l’inganno di sentirsi liberi. Essere soli.
Frantumati e spezzati nell’affanno della vita quotidiana.
Essere soli e, solo, oggetti del potere, del controllo. Numeri senza storia e macchine, pezzi ricambiabili.
Questo, è un modo di pensare e di agire che mi fa ribrezzo.
Vogliono farci credere che sia l’unico modo possibile di abitare in questo mondo, ma non è così.
Tantissimi i segnali che ci dimostrano l’esatto contrario, quotidianamente, nel silenzio.
Un silenzio, troppo spesso, imposto.
Nel silenzio continuano a spegnersi le vite di donne e uomini che hanno respirato per anni, per varie ragioni e per nessun motivo logico, se non quello dell’interesse politico ed economico di altri, quella letale polvere che s’insinua nei corpi e nelle vite, fatalmente: la polvere di amianto.
La forza del movimento che rivendica giustizia per le migliaia di morti non causate da una cieca e innocente ignoranza e fatalità, sta proprio nel sentire l’urgenza di rompere il silenzio e, insieme, portare avanti una lotta e condividere il dolore.
Casale Monferrato è l’emblema della dignitosa azione collettiva e rivendicazione di giustizia contro la multinazionale svizzera dell’amianto, Eternit.
Molte altre città d’Italia e di altre parti del mondo (in alcune delle quali l’amianto continua ad essere estratto e lavorato), guardano al processo di Torino, iniziato il 6 Febbraio 2009 e che si concluderà il 13 Febbraio 2012, con la speranza che il verdetto finale possa favorire dei cambiamenti a livello internazionale.
Che l’istituzione comunale di Casale M. pensi e si accinga a firmare un accordo con chi ha perpetrato una sciagura umana e ambientale ai danni della città di cui dovrebbe essere portavoce, rappresenterebbe un ulteriore e grave atto di violenza.
La possibilità di contrattare non può e non deve essere sempre garantita: non ci si può liberare dalla responsabilità delle scelte fatte e rinegoziare la propria identità pagando 18 milioni di euro.
Se il Comune di Casale M., firmando l’accordo, rinuncerà a comparire nel processo come parte civile lesa e al diritto di intraprendere azioni giudiziarie future contro Stephan Schmidheiny, l’unica, ma grande, consolazione sarebbe quella che, nonostante l’abbandono istituzionale, i cittadini e tutti gli altri soggetti coinvolti in questa drammatica vicenda, non tornerebbero al silenzio e alla solitudine che rende vulnerabili.
Il silenzio per fortuna è rotto e non è più possibile. 
L’istituzione comunale dovrebbe “solo” avere l’intelligenza di capire l’entità dell’errore che commetterebbe e le conseguenze, non solo simboliche, che potrebbero scaturire dalla violazione del patto di rappresentanza con in suoi cittadini.

Agata Mazzeo
Università di Amsterdam – Master in Antropologia Medica
Studiosa di questioni politiche e sociali
legate all’amianto e familiare di una vittima.

http://www.vittimeamianto.it/

Schmidheiny al vertice sull’ambiente, la rabbia di Casale: “Insultati i nostri di morti”

 

 

La mobilitazione dei residenti a Casale Monferrato, tra i Comuni con più morti per asbestosi, a Torino durante il «processo Eternit»

Il sindaco: un dramma.
La sentenza non ha prodotto alcun effetto a livello mondiale

SILVANA MOSSANO
CASALE MONFERRATO

Ma è vero? Davvero? Romana Blasotti Pavesi, la battagliera presidente dell’Associazione casalese Famigliari e Vittime Amianto, spera per qualche istante di non aver capito bene: «E’ vero davvero che Schmidheiny, il “nostro” Schmidheiny del processo Eternit, è stato invitato a Rio de Janeiro?». Quando si convince che l’invito a un ruolo rappresentativo gli è stato fatto sul serio e che c’è la possibilità che il magnate svizzero – condannato il 13 febbraio scorso a sedici anni di reclusione perché riconosciuto colpevole della strage dovuta all’amianto tutt’ora in atto partecipi come esperto alla Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo di Rio de Janeiro, prova ad abbozzare una speranza: «Che non abbia il coraggio di andarci. La sua partecipazionesarebbe una cosa vergognosa». Per Bruno Pesce, altro casalese da trent’anni davanti alle bocche dei cannoni nella guerra all’amianto, quell’invito rappresenta «il massimo della contraddizione: è assurdo – prosegue – che la comunità internazionale non abbia compreso che cosa Stephan Schmidheiny ha combinato nel mondo: un disastro immane. Invitandolo, si avalla l’immagine che lui vuole dare di sé: di filantropo e sostenitore dello sviluppo sostenibile». Invece, «non ci può essere compassione – va giù duro Ernesto Berra, presidente del Distretto dei sindaci del Casalese – per chi è stato riconosciuto criminale del più grave disastro ambientale che sia stato sanzionato con una sentenza». Una «sentenza che sancisce un reato doloso», rincara Nicola Pondrano, presidente del Comitato nazionale del Fondo per le vittime d’amianto dell’Inail, «e che è stata pronunciata in nome del popolo italiano: quell’invito equivale a un vilipendio». Ancora Berra tranciante: «Schmidheiny non ha titolo per presenziare a un appuntamento come quella di Rio».

Il sindaco di Casale, Giorgio Demezzi, lo reputa «un fatto inconcepibile», anzi «un’offesa alla nostra città e ai nostri morti. E’ come se tutto il sacrificio della nostra collettività, tutto il lavoro fatto per arrivare a una sentenza esemplare a livello internazionale non abbia prodotto l’effetto di monito che auspicavamo».

Lo sdegno – è convinzione del fronte casalese – deve travalicare i confini. Pondrano suggerisce di promuovere, fin da subito, un tam tam internazionale coinvolgendo i sindacati di livello europeo. Pesce sta valutando un appello di protesta che passi attraverso tutte le associazioni mondiali delle vittime d’amianto.

Angelo Muzio, uno dei diciannove membri della delegazione italiana del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, annuncia: «Presenterò una proposta di mozione che inviti il Consiglio d’Europa ad assumere una posizione circa la presenza dello svizzero a Rio».

Processo Eternit ultimissime, il difensore di Schmidheiny: responsabilità solo dei dirigenti italiani

Maxi processo Eternit: il pm chiede vent'anni per i due imputati

Nella nuova udienza al maxiprocesso Eternit in corso a Torino contro i ‘signori dell’amianto’ ha continuato oggi la sua arringa il difensore del magnate svizzero Stephan Schmidheiny. L’arringa era iniziata nell’udienza di martedì scorso, durante la quale l’avvocato Astolfo Di Amato aveva sostenuto la tesi della non imputabilità dei reati per il suo assistito, in quanto lui aveva sempre gestito l’azienda nel rispetto delle regole della sicurezza per i lavoratori, stanziando anche ingenti somme per garantirla. Il discorso dell’avvocato Alleva, anche lui legale di Schmidheiny, ha seguito questa linea, scaricando l’intera responsabiltà dei gravi fatti accaduti nelle ‘fabbriche della morte’ sui dirigenti italiani.

L’arringa non è piaciuta alle associazioni dei famigliari delle vittime e ai sindacati, che sostengono come questa linea difensiva voglia semplicemente affossare le responsbilità dei due magnati, facendo a scarica barile sui dirigenti italiani che sono già stati processati, nel ’93, e che hanno subito condane estremamente lievi considerata la gravità della situazione, grazie alle attenuanti e allaprescrizione.

Il processo riprenderà lunedì 7 novembre, con la replica della Procura.

Continuano le arringhe della difesa, anche Schmidheiny non è responsabile dei reati imputatigli

Anche il primo dei legali di Stephan Schmidheiny ha pronunciato la sua arringa difensiva; la linea è stata la stessa dell’avvocato del barone belga De Marchienne, ovvero la non colpevolezza del magnate svizzero riguardo ai reati di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautela nell’ambiente di lavoro. Al contrario, ha sostenuto l’avvocato Astolfo Di Amato, il gruppo svizzero di cui Schmidheiny era a capo avrebbe stanziato 70 miliardi di lire per la sicurezza negli ambienti di lavoro. Tali dichiarazioni hanno suscitato perplessità nei cittadini intervenuti al processo. Lunedì prossimo Di Amato concluderà la sua arringa, cui farà seguito quella dell’avvocato Alleva, anche lui difensore del magnate svizzero, che si concluderà nella giornata di martedì.

Nel frattempo resta sempre vivo l’impegno dei cittadini di Casale Monferrato, città dell’alessandrino sede dello stabilimento Eternit più importante d’Italia, nella lotta contro l’amianto: una delegazione partita da questa città ha infatti preso parte alla manifestazinoe organizzata dall’Andeva, l’associazione francese dei famigliari delle vittime dell’amianto, a Saint Quentin, a 170 km da Parigi. La manifestazione chiedeva un processo contro la multinazionale come quello di Torino, e si batteva contro la cancellazione del fondo nazionale per le vittime minacciata dal governo Sarkozy.

L’arringa della difesa, De Marchienne dev’essere assolto

Si è conclusa al maxiprocesso Eternit di Torino l’arringa finale dell’avvocato Cesare Zaccone, legale del barone belga Louis De Cartier De Marchienne, indagato insieme allo svizzero Stephan Schmidheiny per disastro ambientale e omissione volontaria di cautela negli ambienti di lavoro. Secondo il parere dell’avvocato Zaccone, il barone ottantanovenne andrebbe assolto, in quanto ‘non ha commesso il fatto‘, e in ogni caso i reati ascrittigli sono ormai caduti inprescrizione. Il barone, fino al ‘71, era semplicemente amministratore di una società che partecipava con l’Eternit solo in una percentuale del 21%, e non esistono prove a conferma del fatto che avesse, a quel tempo, alcun ruolo gestionale. Quando poi, nello stesso anno, divene effettivamente amministratore della Eternit, ‘era solto un componente del cda che peraltro stava a mille chilometri di distanza‘.

Si attendono, dalla prossima udienza, le arringhe dei difensori di Schmidheiny.

Concluse le richieste di parte civile, si riprende il 29 settembre

All’udienza di stamattina del maxiprocesso contro la multinazionale dell’amianto si sono tenute le ultime conclusioni degli avvocati di parte civile: più di cento legali si sono avvicendati in tre udienze rispettando il limite imposto dal giudice Casalbore di non più di un quarto d’ora per ciascuno. Ritmi rispettati così bene al punto da permettere la sospensione delle udienze per la pausa estiva ventiquattro ore prima del previsto.

L’ultimo avvocato di parte civile a parlare è stato Sergio Bonetto, in un discorso che è stato una sorta di sintesi di tutto ciò di cui si è trattato nelle ultime udienze: l’avvocato ha espresso il concetto che in questo processo le parti civili non sono ‘una componente accessoria. Esse rappresentano simultaneamente le vittime e la prova di questa gigantesca tragedia, e il danno morale da esse patito prescinde dal fatto che abbiano subito o meno un danno concreto‘. Proprio come in un caso di tentato omicidio, dice Bonetto, per il quale non si negherebbero mai i danni morali a chi ha avuto la propria vita in pericolo.

La prossima udienza, dopo la pausa estiva, sarà il 29 settembre, quando inizieranno le arringhe finali degli avvocati della difesa.

Il pm Guariniello chiede 20 anni per Schmidheiny e de Marchienne

Dopo cinquanta udienze dalla sua apertura, il 10 dicembre 2009, oggi al maxi processo Eternita Torino, il pm Raffaele Guariniello ha espresso la richiesta di condanna per i due imputati: 12 anni per lo svizzero Stephan Schmidheiny, 64enne, e 12 anche per l’89enne barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, i padroni della multinazionale che si è resa responsabile della morte di migliaia di persone, non solo lavoratori in fabbrica, a causa del tumore che si sviluppa respirando le sottilissime fibre d’amianto.

Processo Eternit ultimissime: il pm chiede 20 anni per Schmidheiny e de Marchienne

Ai 12 anni chiesti da Guariniello vanno ad aggiungersene ‘automaticamente’ altri 8, poiché il reato è stato continuato nel tempo. In aggiunta ai vent’anni di carcere, il pm ha chiesto per gli imputati l’incapacità per tre anni di trattare con la pubblica amministrazione, la perpetua interdizione dai pubblici uffici e l’interdizione per dieci anni dalla direzione di imprese.

Lunedì prossimo la palla passerà alla difesa.