Storica sentenza contro l’Eternit: l’amianto però è ovunque

Il 60% delle morti dovute a mesotelioma è causata dall’esposizione ambientale, il 40% da malattia professionale

Paola Tesio- 14 febbraio 2012- Ieri è stata pronunciata una storica sentenza. L’ultima udienza che apre gli occhi al mondo scrivendo pagine di speranza su di un libro di dolore

. Ed apre un capitolo importante, quello della sicurezza sul lavoro, che finalmente non può più essere ignorato. Vengono condannati a sedici anni di carcere i dirigenti dell’azienda Eternit, il novantunenne miliardario svizzero Stephan Schmidheiny ed il sessantacinquenne barone belga Louis de Cartier, per disastro doloso permanente ed omissione dolosa di dispositivi di prevenzione (rispettivamente articoli 434 e 437 del codice penale) .

L’azienda invece è stata condannata al risarcimento 100.000 euro per ogni ente sindacale Cgil, Usr Cisl Piemonte, Usr Cisl Torino, Feneal, Uil Reg, Uil Prov Alessandria, e per l’associazione esposti amianto, 70000 euro per Wwf e Medicina Democratica, quattro milioni per il Comune di Cavagnolo, oltre ad una provvigione all’Inail di 15 milioni di euro. A ciascuno dei parenti delle vittime che si sono costituiti parte civile il risarcimento è di soli 30 mila euro. Al Comune di Casale Monferrato 25milioni mentre 50 milioni a Romana Blasotti Pavesi, presidente dell’associazione famigliari vittime amianto. Nel documento di accusa un lungo elenco di 2.191 morti, 665 malati per patologie causate dall’amianto e 4500 parti civili.

Lacrime di sofferenza e di gioia hanno bagnato i volti dei presenti che hanno assistito al processo. Nelle varie aule, oltre duemila persone, famigliari delle vittime, delegazioni estere provenienti dalla Francia, Inghilterra, Stati Uniti. Perché in molte nazioni questo mortale materiale è ancora in uso e negli stabilimenti meno avanzati viene addirittura movimentato in maniera rudimentale e senza protezioni di sicurezza.

Questa volta l’Italia, il paese che tutti considerato incapace, ha fatto scuola, anche se è dagli anni Settanta che sono iniziate le prime battaglie sociali per sollevare la questione dei danni alla salute. Emblematiche le dichiarazioni del pubblico Ministero Raffaele Guarinello «È un processo storico. Il più grande nella storia e nel mondo in materia di sicurezza sul lavoro che dimostra che un processo si può fare. Bisogna lavorare per dare giustizia e su questo abbiamo avuto aiuto da quasi tutte le istituzioni» sul ruolo dell’amministrazione comunale ha asserito «il sindaco di Casale è stato bravo a non cedere di fronte all’offerta di Stephan Schmidheiny di 18,3 milioni di euro. Poiché un comune rappresenta la sua comunità e questa era contraria»

. Inoltre per il magistrato «siamo di fronte a una grande ingiustizia internazionale: ci sono paesi in cui se si tocca l’amianto bisogna farlo con lo scafandro altri in cui ancora si tocca con le mani».I due imputati non sono in aula, ma la loro assenza è colmata da una folla che ha atteso fiduciosa il verdetto. Un’altra sentenza, che dopo quella della ThyssenKrupp, dimostra che sui luoghi di lavoro la sicurezza deve essere garantita e le leggerezze da parte dei vertici delle aziende sono inaccettabili. Sono troppe le realtà occupazionali in cui si opera senza il rispetto delle norme e in cui di fatto vengono messe a tacere le infrazioni. Un altro esempio è il recente incidente nucleare a Fukushima.

Risparmiare sulla sicurezza, e non provvedere coscienziosamente ad essa, è un atto delittuoso che mette a repentaglio le vite umane e la salvaguardia dei lavoratori, oltre che a distruggere irrimediabilmente l’ambiente. Si tratta di un errore inaccettabile e si spera che questo processo storico, che vede l’Eternit in primo piano, scriva in modo indelebile la parola Giustizia. Il comune di Casale Monferatto rappresenta il simbolo della lotta all’amianto, già negli anni Settanta e Ottanta ci sono state le prime denunce per i rischi di salute dei lavoratori contro l’Eternit. Oltre 2mila presentate da Cgil, Cisl e Uil e dall’Afea (associazione familiari vittime dell’amianto) alla Procura della Repubblica di Torino. Soltanto nel 2004 prende vita l’inchiesta del sostituto procuratore Raffaele Guariniello a carico dei due vertici, Stephan Schmideiny e Louis de Cartier de Marchienne.

Il 22 luglio 2009 il giudice delle udienze preliminari decide il rinvio a giudizio dei responsabili della multinazionale svizzero-belga. L’udienza di primo grado si è svolta a distanza di anni, il 10 dicembre del 2009. Lo stabilimento incriminato aveva chiuso i battenti nel 1986. Nel 1987 il comune di Casale Monferrato aveva emesso un’ordinanza che vietava l’utilizzo dell’amianto nel territorio, anticipando la legge n. 257 del 1992, con cui viene bandito a livello nazionale. Ma è ormai risaputo che il pericolo amianto è una triste realtà, forse ancora troppo ignorata, visto che non vi sono ancora normative restrittive che impongono lo smaltimento di quello usato ampiamente in varie applicazioni, che costituisce comunque un fattore di rischio.

Non si tratta solo delle ex cave di estrazione presenti in vari siti e non sempre correttamente bonificate o a cielo aperto (ad esempio si potrebbe citare quella di Serpentino a Trana, oppure quella nel comune di Balangero) ma gli usi dell’eternit, applicati soprattutto nell’edilizia sono innumerevoli, dalle coperture di amianto-cemento alle tubature, ai rivestimenti delle canne fumarie al linoleum. Secondo l’Institute Cancer Research di Londra, il problema dell’esposizione all’amianto rischia un incremento di ammalati che sfiorerà le 400.000 vittime. Inoltre la regione Piemonte è fra quelle più a rischio. Le patologie da esposizione all’amianto sono l’ asbestosi , il cancro polmonare, il mesotelioma ed altre neoplasie quali quelle gastro-intestinali e della laringe. Nonostante le Asl indichino come rischioso solo l’amianto friabile, uno studio della Clinica del lavoro di Milano ha dimostrato che anche il solido cemento-amianto non è più considerabile integro già dopo un anno di esposizione alle intemperie. Inoltre è stato dimostrato che soltanto il 40% delle morti dovute a mesotelioma sono causate da malattia professionale, il 60% riguarda infatti la popolazione che non ha mai lavorato a diretto contatto dell’amianto. La presenza di questo materiale è stata massicciamente utilizzata in numerosi ambiti per le sue caratteristiche d’isolamento termico ed elettrico , per la resistenza al fuoco, per le capacità fonoassorbenti, per il basso costo e la facilità di lavorazione. Il cemento amianto è stato sfruttato per le coperture dei tetti, e nelle zone montane diffuso né è stato l’uso nelle canne fumarie. In Val di Susa sono state rilevate tracce del materiale nell’aria, nel terreni coltivati, e la procura di Torino ha aperto un’inchiesta evidenziando un’incidenza 2-3 volte superiore, in proporzione, a quella registrata a Casale Monferrato, sede di uno stabilimento Eternit.

In Val Sangone invece da anni si registra un aumento dei tumori all’intestino (che raggiunge picchi del 73% rispetto alla media piemontese). Sebbene una delle cause maggiori è legata alle scorrette abitudini alimentari non sarebbe da sottovalutare l’ipotesi di un’attinenza fra la presenza di amianto e il cancro al colon. Una probabilità che nel nostro paese non è avvalorata dalla lettera medica in materia, ma che all’estero è invece oggetto di ricerche. Infatti corpi di asbesto sono stati rinvenuti in tumori del colon-retto in soggetti asbestosici in uno studio condotto dal professor Ehrlich nel 1985. Ma già nel 1994 Homa ei suoi colleghi avevano evidenziato che le neoplasie del colon-retto risultavano significativamente aumentate in caso di esposizione a fibre anfiboliche esaminate, cosa che non veniva evidenziata tra gli esposti a crisotilo, indicando un diverso effetto cancerogeno a seconda della tipologia di amianto implicata, del resto già documentato per i tumori respiratori.
L’ingestione di fibre di asbesto è stata di recente correlata al rischio di adenocarcinoma esofageo e di diversi altri tumori intestinali come dimostrano due differenti ricerche dell’equipe di Jansson e Kiaerheim effettuate nel 2005. Altri studi epidemiologici più recenti hanno attribuito l’insorgenza dei tumori del tratto gastro-intestinale in zone in cui l’acqua potabile conteneva tracce di amianto. Senza andare troppo lontano, negli anni 90, in Toscana, sono stati fatte verifiche sull’esistenza della sostanza nelle acque potabili, ed ove riscontrata, nel 79% dei casi è stata attribuita al rilascio da parte delle tubazioni in cemento amianto. In Italia l’asbesto non rientra tra i parametri che inficiano la qualità delle acque destinate al consumo umano, e pertanto eventuali residui non sono considerati pericolosi e questa è una superficiale interpretazione che minimizza un fattore di rischio. Non bisogna dunque sottovalutare le gravi ripercussioni sulla salute umana a causa di questo materiale, e si spera che la sentenza di oggi porti non solo a bandire l’utilizzo dell’amianto nel resto del mondo ma anche ad attuare politiche di bonifica mirate a smaltire l’esistente.

Scriveva Primo Levi nel “Sitema Periodico”«C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina: se si lasciava per qualche ora un libro su di un tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo; i tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente a terra».

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Eternit: condanna a 16 anni. Quanto amianto c’è ancora?

È arrivata una storica sentenza di reclusione per i responsabili dell’azienda: sono 2.100 i morti per l’amianto. Ma il problema è tutt’altro che risolto

 

Pericolo amianto

 

 

  • Pericolo amianto

    Pericolo amianto

     

Oggi è una data storica per le vittime dell’Eternit, quel pericolosissimo fibrocemento a base di amianto responsabile di milioni di morti in tutto il mondo. È uscita infatti oggi la sentenza che vede come imputati Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero di 64 anni, e il barone belga, 90 anni. L’accusa è di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. I due, che sono stati alti dirigenti della multinazionale svizzera Eternit, hanno ricevuto una condanna a 16 anni di reclusione. Il processo è durato oltre due anni e si è articolato in 65 udienze. Ai dirigenti vengono contestate le morti di 2.100 persone e le malattie che hanno colpito altre 800 persone nelle zone degli stabilimenti di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Le parti civili che si sono costituite in giudizi sono oltre seimila.

Ma la lettura della sentenza non mette purtroppo la parola fine all’allarme eternit. Le ragioni sono diverse. Prima fra tutte è che ancora oggi non si riesce a fare una valutazione sul numero delle vittime. L’eternit è stato infatti collegato, oltre che alla malattia polmonare cronica nota come asbestosi, anche all’insorgenza del cancro. Siamo quindi di fronte a malattie che hanno un periodo di incubazione molto lungo, che si aggira intorno ai 30 anni. Per cui la lunga lista delle vittime non si può dire chiusa. Purtroppo molti ancora potrebbero pagare il prezzo di esser entrati a contatto con questo materiale tossico.

La seconda ragione che non permette di archiviare definitivamente il problema eternit è che in Italia c’è ancora l’amianto. Secondo le stime del Cnr e di Ispesl ci sono ancora ben 32 milioni di tonnellate di amianto e un miliardo circa di metri quadri di coperture in eternit sui tetti. La stima sui decessi è allarmante: 4mila persone ogni anno perdono la vita a causa dell’amianto. Secondo lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio inquinamento (Sentieri) dell’Istituto superiore di sanità, ci sono almeno una quarantina di luoghi di interesse per una bonifica d’amianto. Secondo il Registro nazionale mesioteliomi i più colpiti sono gli operai che lavorano la fibra, seguiti dai familiari e dagli abitanti delle zone vicine ai grandi centri di pericolo, come Casale Monferrato. L’Agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro (Iarc) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, capace di provocare tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe, dell’ovaio.

Il materiale killer si nasconde in tubature, rotaie, rivestimenti di tetti e garage. Le condizioni di questi manufatti sono anche precarie per via del deterioramento causato dal tempo. A questo si deve aggiungere il fatto che il processo di bonifica e smaltimento è tutt’altro che concluso. Per legge infatti lo smantellamento di tetti o altri manufatti che contengono amianto è obbligatoria solo se si trovano in uno stato di degrado tale da poter formare delle particelle che possono essere inalate. Secondo la normativa, il lavoro di bonifica e smaltimento può essere effettuato solo da ditte specializzate che possono contare sull’aiuto di personale qualificato. L’elenco delle ditte autorizzate si può trovare sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: basta cliccare sull’icona “Codice Rifiuto” e compilare i campi richiesti (regione, provincia, ecc.)

La prima operazione che gli operatori della ditta devono eseguire è l’accertamento della presenza di amianto tramite l’analisi storica del sito e attraverso test di laboratorio su un campione del materiale. Una volta determinata la presenza dell’amianto si procede con l’incapsulamento, un’operazione di bonifica transitoria che prevede il trattamento delle superfici delle lastre esposte agli agenti atmosferici con sostanze sintetiche che impediscono il rilascio di polveri tossiche. Per procedere invece allo smaltimento definitivo, il materiale deve essere confezionato, seguendo una serie di misure di sicurezza eccezionali, e poi trasportato in apposite discariche.

Ma anche quando si riuscirà a eliminare definitivamente la presenza di amianto su tutto il territorio nazionale, rimane il problema dei manufatti a rischio che possono essere importati dall’estero. Nonostante infatti l’Europa abbia bandito l’eternit negli anni ’90, ci sono ancora alcuni paesi dove viene utilizzato, come ad esempio la Russia, il Canada, la Cina, l’India, il Brasile e la Thailandia.

(Credit per la foto: MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

 

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