Processo Eternit ultimissime, il difensore di Schmidheiny: responsabilità solo dei dirigenti italiani

Maxi processo Eternit: il pm chiede vent'anni per i due imputati

Nella nuova udienza al maxiprocesso Eternit in corso a Torino contro i ‘signori dell’amianto’ ha continuato oggi la sua arringa il difensore del magnate svizzero Stephan Schmidheiny. L’arringa era iniziata nell’udienza di martedì scorso, durante la quale l’avvocato Astolfo Di Amato aveva sostenuto la tesi della non imputabilità dei reati per il suo assistito, in quanto lui aveva sempre gestito l’azienda nel rispetto delle regole della sicurezza per i lavoratori, stanziando anche ingenti somme per garantirla. Il discorso dell’avvocato Alleva, anche lui legale di Schmidheiny, ha seguito questa linea, scaricando l’intera responsabiltà dei gravi fatti accaduti nelle ‘fabbriche della morte’ sui dirigenti italiani.

L’arringa non è piaciuta alle associazioni dei famigliari delle vittime e ai sindacati, che sostengono come questa linea difensiva voglia semplicemente affossare le responsbilità dei due magnati, facendo a scarica barile sui dirigenti italiani che sono già stati processati, nel ’93, e che hanno subito condane estremamente lievi considerata la gravità della situazione, grazie alle attenuanti e allaprescrizione.

Il processo riprenderà lunedì 7 novembre, con la replica della Procura.

Continuano le arringhe della difesa, anche Schmidheiny non è responsabile dei reati imputatigli

Anche il primo dei legali di Stephan Schmidheiny ha pronunciato la sua arringa difensiva; la linea è stata la stessa dell’avvocato del barone belga De Marchienne, ovvero la non colpevolezza del magnate svizzero riguardo ai reati di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautela nell’ambiente di lavoro. Al contrario, ha sostenuto l’avvocato Astolfo Di Amato, il gruppo svizzero di cui Schmidheiny era a capo avrebbe stanziato 70 miliardi di lire per la sicurezza negli ambienti di lavoro. Tali dichiarazioni hanno suscitato perplessità nei cittadini intervenuti al processo. Lunedì prossimo Di Amato concluderà la sua arringa, cui farà seguito quella dell’avvocato Alleva, anche lui difensore del magnate svizzero, che si concluderà nella giornata di martedì.

Nel frattempo resta sempre vivo l’impegno dei cittadini di Casale Monferrato, città dell’alessandrino sede dello stabilimento Eternit più importante d’Italia, nella lotta contro l’amianto: una delegazione partita da questa città ha infatti preso parte alla manifestazinoe organizzata dall’Andeva, l’associazione francese dei famigliari delle vittime dell’amianto, a Saint Quentin, a 170 km da Parigi. La manifestazione chiedeva un processo contro la multinazionale come quello di Torino, e si batteva contro la cancellazione del fondo nazionale per le vittime minacciata dal governo Sarkozy.

L’arringa della difesa, De Marchienne dev’essere assolto

Si è conclusa al maxiprocesso Eternit di Torino l’arringa finale dell’avvocato Cesare Zaccone, legale del barone belga Louis De Cartier De Marchienne, indagato insieme allo svizzero Stephan Schmidheiny per disastro ambientale e omissione volontaria di cautela negli ambienti di lavoro. Secondo il parere dell’avvocato Zaccone, il barone ottantanovenne andrebbe assolto, in quanto ‘non ha commesso il fatto‘, e in ogni caso i reati ascrittigli sono ormai caduti inprescrizione. Il barone, fino al ‘71, era semplicemente amministratore di una società che partecipava con l’Eternit solo in una percentuale del 21%, e non esistono prove a conferma del fatto che avesse, a quel tempo, alcun ruolo gestionale. Quando poi, nello stesso anno, divene effettivamente amministratore della Eternit, ‘era solto un componente del cda che peraltro stava a mille chilometri di distanza‘.

Si attendono, dalla prossima udienza, le arringhe dei difensori di Schmidheiny.

Concluse le richieste di parte civile, si riprende il 29 settembre

All’udienza di stamattina del maxiprocesso contro la multinazionale dell’amianto si sono tenute le ultime conclusioni degli avvocati di parte civile: più di cento legali si sono avvicendati in tre udienze rispettando il limite imposto dal giudice Casalbore di non più di un quarto d’ora per ciascuno. Ritmi rispettati così bene al punto da permettere la sospensione delle udienze per la pausa estiva ventiquattro ore prima del previsto.

L’ultimo avvocato di parte civile a parlare è stato Sergio Bonetto, in un discorso che è stato una sorta di sintesi di tutto ciò di cui si è trattato nelle ultime udienze: l’avvocato ha espresso il concetto che in questo processo le parti civili non sono ‘una componente accessoria. Esse rappresentano simultaneamente le vittime e la prova di questa gigantesca tragedia, e il danno morale da esse patito prescinde dal fatto che abbiano subito o meno un danno concreto‘. Proprio come in un caso di tentato omicidio, dice Bonetto, per il quale non si negherebbero mai i danni morali a chi ha avuto la propria vita in pericolo.

La prossima udienza, dopo la pausa estiva, sarà il 29 settembre, quando inizieranno le arringhe finali degli avvocati della difesa.

Il pm Guariniello chiede 20 anni per Schmidheiny e de Marchienne

Dopo cinquanta udienze dalla sua apertura, il 10 dicembre 2009, oggi al maxi processo Eternita Torino, il pm Raffaele Guariniello ha espresso la richiesta di condanna per i due imputati: 12 anni per lo svizzero Stephan Schmidheiny, 64enne, e 12 anche per l’89enne barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, i padroni della multinazionale che si è resa responsabile della morte di migliaia di persone, non solo lavoratori in fabbrica, a causa del tumore che si sviluppa respirando le sottilissime fibre d’amianto.

Processo Eternit ultimissime: il pm chiede 20 anni per Schmidheiny e de Marchienne

Ai 12 anni chiesti da Guariniello vanno ad aggiungersene ‘automaticamente’ altri 8, poiché il reato è stato continuato nel tempo. In aggiunta ai vent’anni di carcere, il pm ha chiesto per gli imputati l’incapacità per tre anni di trattare con la pubblica amministrazione, la perpetua interdizione dai pubblici uffici e l’interdizione per dieci anni dalla direzione di imprese.

Lunedì prossimo la palla passerà alla difesa.

NOSTRA INCHIESTA / BAGNOLI, LA STORIA INFINITA Amianto, la strage continua: picco nel 2020

A Torino è in corso il processo a carico dei proprietari dell’Eternit, accusati di disastro doloso permanente e inosservanza delle misure di sicurezza. Nello stabilimento flegreo 394 operai sono morti di asbetosi. I familiari sono in attesa di giustizia: la sentenza è prevista per fine anno. Ma secondo gli studi eseguiti dal docente della Sun Massimo Menegozzo, i rischi legati alla polvere sottile non sono affatto scongiurati: tra nove anni è previsto il record di malattie tumorali


Forse in pochi si ricordano che Bagnoli prende il nome da “balneolis”, per la sua natura termale. Parte integrante dei Campi Flegrei, ricco di storia e di stufe naturali, il quartiere è diventato nel tempo il simbolo della industrializzazione di Napoli, sede di uno dei più importanti insediamenti industriali del mezzogiorno e in particolare delle acciaierie dell’Ilva, ex Italsider, attive dall’inizio del ’900 e dismesse dagli anni novanta. Parlare di Bagnoli significa raccontare del suo sviluppo industriale e poi della sua crisi, degli operai, che hanno lavorato nelle acciaierie e dei figli che hanno preso il loro posto. Ma significa anche raccontare di una strage silenziosa che ancora oggi si sta consumando. Parliamo dei 394 operai dello stabilimento Eternit, che sono morti di asbestosi, una terribile forma di tumore al polmone, che colpisce chi è stato a contatto con l’amianto, e di altri 190 in fin di vita. I loro familiari sono in attesa finalmente di avere giustizia dopo vent’anni. E non dalla Procura di Napoli. C’è voluto un magistrato torinese, Raffaele Guariniello, per mettere sotto accusa i due proprietari dell’Eternit, il miliardario svizzero Stephan Schmidhaeny e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne. Il reato è pesantissimo: disastro doloso permanente e inosservanza delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro. Un processo storico. Il primo in Europa con un collegio legale internazionale: 3 mila vittime, 4 mila parti civili, la richiesta di 5 miliardi di risarcimento. Un processo anche lampo: iniziato il 10 dicembre 2009, si chiuderà a fine anno.

Le testimonianze
Drammatiche le testimonianza rese al processo dai sopravvissuti. Racconta Bruno Carnevalis, 70enne, operaio alla sfilacciatrice del reparto amianto dal ’69 all’80. “Nel 74 mi venne diagnosticata una bronchite cronica con enfisema. Nel ’77 mi venne riconosciuta l’asbestosi come malattia professionale. L’Inail mi dava 200 mila lire al mese. Ma ho continuato comunque a lavorare nel reparto dell’amianto blu. Il medico di fabbrica mi disse che si trattava di un po’ di bronchite”. “Alla fine – conclude l’ex operaio – me ne sono andato nell’80 perché non ce la facevo più. Avevo l’affanno, non riuscivo più ad alzare i sacchi. Il caporeparto mi disse di firmare le dimissioni. Lo feci. Sapeva che stavo male”. Dalla sua deposizione è emerso che a Bagnoli “l’ambiente era molto polveroso e che si maneggiava l’amianto con le mani”. “Il ricambio d’aria non c’era – precisa Carnevalis – nel reparto non c’erano finestre. Il sabato mattina pulivamo la sfilacciatrice o con la spazzola o con la scopa e la polvere andava tutta a terra. Abitavo a 300 metri dallo stabilimento. Mia moglie mi vedeva rientrare dalla finestra e mi diceva che ero tutto sporco di amianto. Una signora che abitava al secondo piano si è ammalata eppure non ha mai lavorato lì”. Le visite di esterni, anche quelle degli ispettori non erano a sorpresa. “Quando c’era qualche visita bisognava pulire a fondo lo stabilimento”.

I soggetti a rischio
Ma chi pensa che la strage di amianto sia un ricordo lontano si sbaglia. A quanto dicono gli esperti, il picco della malattia deve ancora arrivare. C’è chi continua ad ammalarsi di mesotelioma o di asbestosi. C’è chi continua a morire. Perchè è vero che la fabbrica dell’Eternit è stata chiusa venti anni fa, ma la contaminazione ha riguardato anche chi non vi ha mai lavorato: mogli e figli degli operai, che portavano a casa le tute sporche del lavoro, abitanti della zona che hanno respirato – senza saperlo – le polveri sottili prodotte dallo stabilimento. Secondo uno studio eseguito dal professore Massimo Menegozzo, docente di Medicina del Lavoro alla Seconda Università di Napoli, e responsabile dal 2003 del registro mesoteliomi della Campania, l’amianto è causa non solo del tumore alla pleura e al peritoneo, ma anche del tumore al polmone, della laringe e dell’ovaio. Menegozzo, in qualità di consulente della Procura di Torino nel processo all’Eternit, ha svolto una ricerca epidemiologica su 2.336 ex lavoratori dell’Eternit di Bagnoli. Nel 49 per cento dei deceduti si sono riscontrate patologie correlate all’amianto. E proprio i dati raccolti nel corso del processo dicono che il picco tumorale causato dall’amianto dell’Eternit sia previsto per il 2020. Lo stesso ex sindaco, Rosa Russo Iervolino, sentita a Torino, ha ammesso: “Le operazioni di bonifica sono cominciate nel 2006 ma c’era amianto anche dove non avrebbe dovuto esserci e l’inquinamento era più vasto e profondo del previsto: il materiale era interrato anche di cinque metri, invece dei soliti tre”.“Attendiamo con fiducia la sentenza a fine anno – dice Giovanni Sannino, segretario generale Fillea Campania – ci auguriamo che sia una sentenza esemplare. C’è una grande sete di giustizia da parte degli operai e dei loro familiari. Abbiamo chiesto 300mila euro a testa come risarcimento, nella consapevolezza che niente potrà restituire i propri cari”.

http://denaro.it/blog/2011/09/21/amianto-la-strage-continua-picco-nel-2020/

Torino: il “maxi-processo Eternit” sta per concludersi.

I termini Eternitamianto e asbesto, meno conosciuto, vengono spesso usati in modo indiscriminato, evocando paure ed ansie irrazionali in coloro che ne sentono parlare, soprattutto perché in Italia i problemi e le ricadute sociali correlate alle malattie (soprattutto professionali) provocate dalla respirazione di fibre di asbesto (asbestosi, mesotelioma, carcinomi polmonari, tumori del tratto gastro-intestinale, della laringe e di altre sedi), non vengono quasi mai trattati. Cos’è quindi l’asbesto, e come si collega al famigerato Eternit? L’asbesto, o amianto, già noto a Strabone, Plutarco e Plinio, è in generale un insieme di minerali appartenenti al gruppo dei silicati, mentre l’Eternit è, più specificatamente, un marchio di fibrocementi, il cui brevetto fu registrato nel 1901 da Ludwich Hatschek (il quale brevettò un’ amalgama  di amianto e cemento), prodotto su scala industriale negli anni successivi ed impiegato soprattutto in campo edile come materiale da copertura.

L’inalazione della parte fibrosa dell’amianto provoca la comparsa di diverse patologie, menzionate all’inizio, tutte caratterizzate da un lungo intervallo di tempo fra l’inizio dell’esposizione e la comparsa della malattia. Nel caso dell’asbestosi ad esempio la quantità di asbesto che resta nei polmoni è legata alla quantità totale di fibre inalate, e dunque all’intensità e alla durata dell’esposizione, rappresentando quindi una tipica patologia professionale. Il mesotelioma è un tumore maligno che colpisce la pleura o il peritoneo, e non si manifesta quasi mai in popolazioni non esposte ad amianto o suoi derivati, ma rappresenta il 15% dei tumori che colpiscono persone affette da asbestosi, tenendo di conto il fatto che il tempo di latenza di questa malattia è dell’ordine di decenni e può superare anche i 40 anni dall’inizio dell’esposizione. Inoltre l’esistenza di casi di mesotelioma nei residenti e nei familiari mostra come possano essere pericolose anche esposizioni a basse concentrazioni di asbesto.

Il nesso amianto-mesotelioma è stato stabilito inequivocabilmente da Selikoff nel 1964. Fatto questo doveroso preambolo possiamo iniziare a raccontare la storia di un genocidio silenzioso e lungo, che ha inizio nel 1906, quando la fabbrica del “materiale miracoloso”apre i battenti a Casale Monferrato, piccolo centro presso Alessandria. La famiglia Schmidheiny fino agli ’80 (l’impianto di Casale Monferrato viene chiuso nel 1986) possiede fabbriche Eternit in 16 paesi, e l’ultimo erede è Stephan Schmidheiny, che prende in mano l’intero gruppo nel 1975 all’età di 28 anni. Oggi è uno degli uomini più ricchi della Terra, ha lavorato con Bill Clinton, ed è stato rappresentante dell’ ONU per lo sviluppo sostenibile. Intanto comincia la strage silente dei lavoratori, delle loro mogli e dei loro figli, che respirano polvere di asbesto nelle strade, nei cortili, nelle loro case. Maria Ottone ha 76 anni, ha perduto suo fratello, sua cognata e suo padre, e dice all’indomani della requisitoria contro gli imputati al maxi-processo il 14 giugno 2011: “Mio fratello se n’è andato in 50 giorni: mesotelioma al peritoneo. Sua moglie poco dopo: lavava gli abiti da lavoro di mio padre e di mio fratello. Mio padre si è ammalato di asbestosi.<..> Mi aspetto che vengano condannati e siano costretti a spendere per bonificare il terreno”.

Nel 2004, a seguito di denunce di alcuni ex immigrati italiani in Svizzera per essersi ammalati negli stabilimenti elvetici di Eternit, il procuratore vicario torinese Raffaele  Guariniello, affiancato dai pmSara Panelli e Gianfranco Colace, ha raccolto 200 mila pagine di documenti e le testimonianze di ex dirigenti della multinazionale. Sotto accusa c’è la strategia dei vertici internazionali dell’azienda, nelle persone di Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero, nonché novello guru dell’ambientalismo (pubblica un saggio sullo sviluppo eco-sostenibile nel 1992, dal titolo “Cambiare rotta”, stesso anno in cui in Italia viene messo al bando l’amianto,), e del vecchio barone belga Jean Louis Narie Ghislan de Cartier de Marchienne. I due vengono accusati di disastro doloso e omissione volontaria di misure antinfortunistiche, per le morti legate alla lavorazione dell’amianto nelle quattro sedi italiane di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia), e Bagnoli (Napoli). L’indagine epidemiologica disposta dai pm in questi stabilimenti ha rintracciato 577 lavoratori o cittadini colpiti dall’amianto, anche se i decessi attribuibili ad asbestosi causata dalla lavorazione o dagli scarti delle fabbriche Eternit si riveleranno essere molto maggiori (circa 2000).

Il processo si apre nel 2009 a Torino, con la prima udienza preliminare, durante la quale si apprende che l’INAIL ha speso 246 milioni di euro per indennizzare le vittime di asbestosi, cifra che vorrebbe riavere dai proprietari della multinazionale. Come sempre sono presenti di fronte al tribunale le donne e gli uomini dell’ “Associazione Famigliari Vittime di Amianto” con i loro striscioni “Via l’amianto”, “Giustizia” e “Fermiamo la strage”.

“Pensi che per anni l’Eternit regalava ai dipendenti i sacchi di polverino come una specie di benefit aziendale: per rifare l’aia, coibentare i tetti e proteggere dal freddo. Una sorte di polvere magica che con l’acqua diventa dura come un cementino sottile”, racconta l’ex sindacalista Bruno Pesce, che nel 1995 coordinò il “Comitato Vertenza Amianto”, in prima fila nella battaglia contro l’azienda Eternit, e da sempre a fianco delle vittime e dei loro parenti.

L’undici luglio dell’anno in corso sono iniziate le udienze di conclusione delle parti civili, presso il tribunale di Torino: l’INAIL condanna in solido i due imputati e le società del gruppo per un importo di 185,5 milioni, ovvero il totale degli indennizzi concessi a 1651 lavoratori. L’avvocato Jean-Paul Teissonière alla 54ª udienza del processo Eternit, l’ultima prima della pausa estiva, ha sottolineato la valenza internazionale del processo di Torino esprimendosi in questi termini : “Non è una catastrofe locale, non è dovuta a circostanze impreviste ma è il risultato di organizzazione aziendale finalizzata a profitti eccezionali”.

I processi in Svizzera intanto sono caduti in prescrizione, mentre in Italia si attende la presentazione delle conclusioni  di tutte le parti civili (oltre 6000), per arrivare a settembre alla sentenza definitiva da parte dei giudici. Almeno questa è la speranza.

A. U. 

http://www.newnotizie.it/2011/08/31/torino-il-maxi-processo-eternit-sta-per-concludersi/

Presentata la Campagna Provincia Eternit Free

In Italia l’amianto è ancora killer, ma oggi si può dire basta. Grazie alla Campagna Provincia Eternit Free , di Legambiente eAzzeroCO2, i cittadini possono scegliere di eliminare l’amianto e passare al fotovoltaico: gruppi territoriali e Conto Energia sono la soluzione per un impianto solare su ogni tetto, per liberarsi dalle coperture in eternit in pochi anni e ridurre le emissioni di gas serra. Se ne è parlato ieri mattina all’incontro “Provincia Eternit Free, opportunità finanziarie per i cittadini. L’accordo Legambiente e Intesa Sanpaolo”, alla Sala Artistica del Seminario Metropolitano di Via XX Settembre a Torino.

“Legambiente e Intesa Sanpaolo hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per avviare specifiche iniziative in tema di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico”, spiega Sandro Scollato, responsabile nazionale della campagna Eternit Free. “Oltre alla realizzazione di attività di sensibilizzazione e a progetti di formazione, il programma contempla l’individuazione delle principali tipologie di intervento di risparmio energetico e, in forma congiunta, le relative soluzioni finanziarie da proporre ai cittadini”.

A diciotto anni dalla legge 257 del 1992 che lo metteva al bando, l’amianto è ancora molto diffuso in Italia e tanti siti contaminati attendono di essere bonificati. L’amianto è nei tetti, nelle condutture, nei cassoni per la raccolta di acqua potabile, nelle canne fumarie o all’interno dei pavimenti vinilici. L’Italia è stata il secondo paese produttore europeo e tra i principali consumatori di amianto. Secondo le stime del CNR e di Ispesl ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di questo materiale tossico sparse per il territorio nazionale e un miliardo circa di metri quadri di coperture in eternit sui tetti.

La campagna “Provincia Eternit Free” prevede la bonifica delle coperture in eternit e la sostituzione di queste con impianti fotovoltaici: questa soluzione consente di utilizzare oltre agli incentivi del quarto conto energia, entrato in vigore lo scorso 1 giugno, anche un extra incentivo pari a 5 cent di euro per kWh prodotto dall’impianto fotovoltaico installato, per 20 anni. Facciamo un esempio: per una superficie di 200 mq a fronte di una spesa di 100.000€ (tra bonifica e istallazione dell’impianto fotovoltaico) si ha nei 20 anni un vantaggio economico pari a circa 220.000 € (tra incentivi, premio e risparmio in bolletta). Il tempo, inoltre, di ritorno di un investimento per la sostituzione di una superficie in amianto è indicativamente di 12-13 anni. Dopo è addirittura un guadagno!

“Il Piemonte è la Regione che ha subito i maggiori danni causati dall’amianto, molto è già stato fatto ma tanto rimane da fare, soprattutto sui tetti dei privati cittadini – dichiara Marilisa Schellino, direttore Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta –. Questo è il momento di metterci insieme per trasformare una grana in un’opportunità: con gli incentivi, l’aiuto delle istituzioni e del credito, oggi si può. Ad oggi in Piemonte hanno già aderito alla campagna Eternit Free le Province di Torino, Alessandria, Asti e  Vercelli, stipulando un accordo volto a promuovere sul territorio le azioni della campagna. Sono già in molti i piemontesi che hanno inviato le schede di interesse per sostituire i loro tetti in eternit con i pannelli fotovoltaici; ad oggi si tratta di una superficie di circa 400 mila metri quadri di tetti da bonificare. Sono numerosi i cittadini che hanno segnalato piccole metrature e proprio su questi si sta dedicando attenzione nell’organizzare dei gruppi territoriali per far fronte all’impegno spesa di realizzazione”.

Con la campagna “Provincia Eternit Free” Legambiente vuole proporre soluzioni concrete sia per chi è proprietario di un piccolo immobile, sia per chi è proprietario di grandi superfici. Cosa può fare quindi un cittadino che scopre l’amianto sul tetto e vuole sostituirlo con un impianto fotovoltaico? Se si tratta di sostituire una piccola superficie, ad esempio, dal tetto di una casa o di un condominio (fino ai 2000 mq), si compila la scheda di adesione alla campagna Provincia Eternit Free. Il cittadino viene poi indirizzato a uno dei gruppi territoriali già operanti sul territorio e verrà sostenuto nelle procedure economiche e di realizzazione volte alla sostituzione dell’amianto e all’installazione degli impianti fotovoltaici.

Se invece si tratta, ad esempio, del tetto di un capannone industriale dai 2000 mq in su si compila la scheda di adesione alla campagna Provincia Eternit Free e Legambiente comunica i dati della superficie da bonficare ad AzzeroCO2 che provvede al sopralluogo per la valutazione tecnico/economica dell’intervento. Ci sono poi 2 scenari: se il proprietario investe direttamente nella bonifica, AzzeroCO2 sviluppa il progetto e si occupa della realizzazione dell’intervento. Se, invece, il proprietario non investe direttamente, AzzeroCO2 si fa carico delle spese di bonifica, ricopertura e realizzazione e, grazie ai proventi del Conto energia, sviluppa il progetto, realizza l’impianto e lo gestisce per 20 anni.

La riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra rappresenta una priorità delle amministrazioni locali europee impegnate a dare il loro contributo per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal pacchetto energia (+20+20-20). La tecnologia fotovoltaica può sicuramente aiutarci a conseguire in tempi brevi i target prefissati. “Provincia Eternit Free” è quindi un’ottima occasione per attivare sul territorio un programma che coniughi la promozione delle fonti rinnovabili, la bonifica dell’amianto e determini una riduzione della bolletta energetica del territorio, l’eliminazione di sostanze pericolose per la salute pubblica (amianto e composti), la valorizzazione dell’energia fotovoltaica e la valorizzazione del migliore incentivo previsto dal nuovo Conto energia.

L’amianto non rappresenta un rischio per la salute se rimane integro, ma diventa pericoloso se è in cattivo stato di conservazione, usurato o rotto. Secondo l’Istituto Superiore per la Prevenzione (ISPESL), ogni anno si registrerebbero almeno 4000 decessi, dovuti in generale all’esposizione professionale (le modalità di accertamento sono sancite dall’articolo 224 del Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008), ambientale e domestica alla fibra killer. L’Agenzia dell’OMS per la ricerca sul cancro (IARC) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, capace di provocare tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe, dell’ovaio, dello stomaco e del colon. Non esiste un limite di concentrazione delle fibre al di sotto del quale l’amianto possa considerarsi innocuo. A basse concentrazioni il rischio è minore, ma non diventa mai zero.

Circa il 70 per cento dei tumori deriva da esposizione professionale; per il 15-20 per cento sono colpite le popolazioni che abitano attorno ad un centro di pericolo (un’azienda o una miniera). La malattia, inoltre, può manifestarsi anche quarant’anni dopo l’esposizione; per questo motivo gli epidemiologi prevedono che la mortalità per tumori da amianto (mesotelioma) aumenterà ancora, per raggiungere il picco all’incirca nel 2020. Negli edifici occorre ricercarne la presenza soltanto se sono stati costruiti prima del 1992, anno della messa al bando di produzione e commercio. Gli organismi preposti ai controlli sono ASL e l’ARPA. Il proprietario dell’immobile (in caso di condomìni, l’amministratore) ha il dovere di segnalare alla ASL la presenza di amianto attraverso una scheda di censimento, in genere scaricabile dal sito Internet della Regione di appartenenza.

Per maggiori approfondimenti sulla campagna Provincia Etenit Free: www.azzeroco2.com. I consigli su come fare e a chi rivolgersi per la rimozione dell’amianto dal proprio tetto suviviconstile.org. Il dossier completo di Legambiente sui danni da amianto sulegambiente.it

http://www.greenews.info/

MARCO MARCHESE Perché parlo sempre di amianto ed è necessario parlarne?

Nel mio ultimo intervento al comitato nazionale di Radicali italiani che si è tenuto a Roma, i primi giorni di Luglio, ho spiegato perché parlo sempre di amianto e ho cercato di capire se il mio interesse per quest’argomento sia rimasto equilibrato oppure se è sconfinato nel patologico; per capirci senza tanti giri di parole: se l’interesse si è trasformato in una fissazione.

Intanto sul fronte giudiziario si registra che il 4 luglio scorso, a Torino, dove si sta celebrando il processo all’Eternit, in realtà a giudizio vi sono due personaggi ritenuti i proprietari di quest’azienda fallita negli anni ottanta, è terminata la requisitoria della pubblica accusa. I pubblici ministeri, guidati dal dottor Guariniello, hanno avanzato al Tribunale la richiesta di infliggere vent’anni di carcere e una serie di pene accessorie agli imputati Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero e a Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, barone belga. I reati contestati sono gravissimi: disastro con l’aggravante del dolo e qualora questa tesi giungesse a sentenza definitiva descriverebbe la tragedia dell’amianto, in Italia, costata la vita a migliaia di lavoratori, così come alle tantissime altre persone che non hanno mai avuto a che fare direttamente con questo pericoloso minerale, come uno dei fatti più gravi della storia recente. La gravità è dovuta all’intenzionalità della condotta dei manager Eternit, che secondo la ricostruzione dell’accusa erano ben consapevoli della nocività dell’amianto da molto tempo. E per mero profitto, in un primo momento, non hanno tutelato i lavoratori, le loro famiglie, così come la popolazione residente nei pressi degli stabilimenti presenti in varie parti d’Italia, contemporaneamente hanno commercializzato una notevolissima quantità di prodotti nocivi e pericolosi conoscendo e nascondendo questo fondamentale elemento e dopo il fallimento dell’azienda si sono adoperati per nascondere, dissimulare, minimizzare e sfuggire alle proprie responsabilità. Il processo all’Eternit italiana è quasi alle battute finali, già dall’11 luglio la parola passerà alle numerosissime parti civili per terminare con le posizioni della difesa; è facile sperare in una sentenza entro l’autunno e “Radio Radicale”, meritoriamente, sta mettendo a disposizione di tutti, nell’archivio online, le udienze di questo processo man mano che si celebrano.

Se il mio ragionamento arriverà alla conclusione che l’interesse manifesto sul grave problema dell’inquinamento da amianto non è una fissazione personale, ma, semplicemente un equilibrato interesse mosso da legittime preoccupazioni, tornerà utile scriverne approfonditamente anche sulla vicenda giudiziaria appena riassunta. Sarà fatto, assumendomene l’impegno fin d’ora.

All’inizio mi ha attratto il dato che l’amianto in Italia è causa di circa 3.000 decessi l’anno, un numero rilevante e che ancora per i prossimi anni non accennerà a diminuire. La fonte è il Re.Na.M. Registro Nazionale Mesoteliomi. Poi la rivista scientifica “The Lancet” ha diffuso il dato che a causa dell’amianto perdono la vita 90.000 persone l’anno nel mondo e che per la sola Europa si attende un consuntivo di decessi asbesto-correlate, nel periodo 2000/2030, pari alla sconvolgente cifra di 500.000! Mezzo milione di vite umane.
Personalmente penso che questi dati, seppur grezzi, siano sufficienti per indurre l’attenzione a trasformarsi in approfondimento e così è stato; poi le sfaccettature di quest’argomento sono molteplici e potrebbero riempire facilmente le pagine di un libro, così com’è stato fatto già tante volte e testi scientifici, piuttosto che il racconto di vicende umane e giudiziarie, comincia a rappresentare uno spazio non trascurabile sullo scaffale di una libreria. Il Re.Na.M. fornisce un altro dato degno di nota ed è quello che circa il 20% dei decessi per malattie asbesto-correlate hanno un’origine ignota. Parliamo di circa 600 decessi l’anno nella sola Italia e mentre per la maggior parte dei casi si giunge a comprendere e certificare l’origine dell’esposizione che ha portato alla malattia per questi, non è così. A titolo esemplificativo l’esposizione alle fibre d’amianto può essere di origine professionale, indiretta, ambientale, ecc.; ma vi è anche una nutrita casistica di esposizioni fra le quali alcune inattese, quasi sorprendenti. Come il caso dell’orafo deceduto per mesotelioma pleurico dalla cui ricostruzione delle abitudini di vita e comportamenti professionali è emersa che l’esposizione è stata originata dalla tavoletta in cemento-amianto sulla quale lavorava per riparare o creare i gioielli con una fiamma originata da un cannello a gas nel quale soffiava. L’esposizione in questo caso si ebbe a causa delle sollecitazioni subite dalla tavoletta in cemento-amianto dagli attrezzi di lavoro, la scelta di questo materiale era dovuta all’ottimo piano d’appoggio: resistente agli urti e al calore; però con l’uso degli attrezzi il rilascio di fibre d’amianto, respirate, ha dato poi origine alla malattia mortale.

Torno sui casi di origine ignota: il compito del Re.Na.M. è di analizzare i casi di malattie originate dall’esposizione all’amianto, riconoscerle e censirle secondo un preciso protocollo che stabilisca a vari gradi di certezza che quel determinato decesso è accaduto a causa dell’amianto. La successiva osservazione dal punto di vista epidemiologico, medico e comportamentale ci fa comprendere meglio quali sono le fonti d’inquinamento d’amianto, quali comportamenti tenere alla presenza di questo minerale rispetto ai suoi innumerevoli usi (sono stati censiti oltre 3.000 impieghi diversi) che se n’è fatto per quasi un secolo. Come scrivevo prima, il 20% dei casi è di origine ignota poiché non si è riuscita a stabilire la fonte dell’esposizione e questo numero sta crescendo fra la popolazione e riguarda chiaramente persone che non hanno mai avuto a che fare direttamente con l’amianto per ragioni professionali o per altri motivi noti, quindi il dato preoccupa ancora di più poiché vi sono esposizioni all’amianto che non si riconoscono facilmente e quanto questo peserà in futuro sul numero dei decessi è una valutazione difficile da stabilire.

E’ bene chiarire a questo punto cos’è una fibra d’amianto e se questa può essere facilmente individuata: una fibra d’amianto è qualcosa che può essere respirato senza che ci si possa accorgere poiché ha delle dimensioni talmente piccole che queste possono raggiungere le parti più profonde del polmone. Per comprendere bene di cosa stiamo parlando prendiamo ad esempio lo spazio di un centimetro lineare, un solo centimetro all’interno del quale idealmente possono trovare spazio, allineate uno accanto all’altro: 200 capelli, oppure 1.200 fibre di nylon, o 335.000 fibre d’amianto (trecetotrentacinquemila). Stiamo parlando, quindi, di fibre che non è possibile scorgere a occhio nudo e non esiste un attrezzo di uso comune capace di individuarle e catturarle con sistematicità. Il problema delle fibre d’amianto è che queste una volta disperse nell’aria aumentano il fondo d’inquinamento e accrescono la probabilità che qualcuno li respiri, generando, quindi, un’esposizione che è pericolosa anche a basse, bassissime dosi, così come evidenzia il Registro Nazionale mesoteliomi. Se l’esposizione, pur a bassissime dosi, è protratta nel tempo, fa aumentare enormemente la probabilità di sviluppare uno dei tumori legati all’asbesto e se l’esposizione all’amianto è associata al fumo di sigarette, il rischio aumenta esponenzialmente. L’esercizio del fumo inibisce fortemente la capacità naturale dell’organismo di difendersi dalle fibre e quindi dalla cancerogenicità che esse provocano restando nell’organismo e dopo periodi di latenza lunghissimi, (si stanno osservando casi di sviluppo della malattia a oltre cinquanta anni dalla prima esposizione). L’Organizzazione Mondiale della Sanità, suggerisce in tema d’inquinamento da fibre d’amianto che una soglia “Accettabile” -attenzione: accettabile non significa priva di rischi, ma più cinicamente che è possibile accettare il rischio che ogni tanto qualcuno muoia per esposizione all’amianto- debba limitarsi a una fibra per litro d’aria negli ambienti di vita quotidiana.

Per capire se la preoccupazione rivolta al problema dell’inquinamento dovuto all’amianto sia fondata o no, ci si deve affidare nuovamente ai dati del Re.Na.M. che a maggio 2010 ha pubblicato il suo 3° rapporto, anticipato un mese prima dalla pubblicazione di uno studio condotto da Legambiente. In Italia il problema legato alla diffusione di prodotti che contengono amianto riguarda per la maggior parte il settore del cemento-amianto o fibro-cemento. Parliamo di una quantità valutata in trentadue milioni di tonnellate di prodotti quali lastre e tegole che ricoprono i tetti di fabbricati industriali, edifici pubblici e privati, tubature in amianto-cemento per usi svariati, canne fumarie, comignoli e cassoni per la raccolta dell’acqua. Poi ci sono ambienti esposti all’amianto dove questo materiale impastato a leganti diversi è stato utilizzato a spruzzo sulle pareti dei fabbricati come isolante o fonoassorbente. Nel Comune di Casale Monferrato che ha ospitato uno degli stabilimenti italiani dell’Eternit, come nei Comuni limitrofi, si è fatto un uso massiccio del così detto “Polverino” che era uno scarto della lavorazione dello stabilimento. Ceduto ai privati, è stato utilizzato come isolante nei sottotetti e come materiale di riempimento in edilizia; i pezzi difettosi prodotti nello stabilimento sono stati usati diffusamente in questa zona, tanto che ancora oggi, a distanza di venticinque anni dalla chiusura dell’azienda, ogni mese sono denunciate decine di ritrovamenti con richiesta di bonifica presso le autorità locali. Lo scarico ricco di amianto da parte dell’Eternit nel fiume Po’ ha addirittura generato una spiaggia di questo materiale (12.000 metri cubi), il cui intervento di bonifica non poteva permettere lo spostamento di questa quantità di materiale, con tutti i rischi connessi alla dispersione delle polveri ricche di fibre d’amianto, e che è consistito nel confinamento delle sabbie contaminate attraverso un articolato intervento di tombamento.
Delle sole lastre di eternit sul territorio nazionale si stima ve ne siano 2,5 miliardi di metri quadri, ancora sui tetti e per capire bene questo dato è utile osservare che se potessimo raccogliere tutte le lastre in cemento-amianto e potessimo sistemarle una accanto all’altra, andremmo a ricoprire un’estensione territoriale quadrata di cinquanta chilometri per cinquanta chilometri di lato. Legambiente denuncia, inoltre, il grave ritardo nei piani di smaltimento e bonifica da parte delle Regioni e se l’amianto è stato completamente bandito nell’uso, nell’estrazione, nella lavorazione e nella commercializzazione dall’Italia nel 1992, con la legge numero 257, una regione come la Calabria vara una norma per lo smaltimento dell’amianto con diciotto anni di ritardo. Senza mettere a disposizione nessuna somma per le bonifiche, anzi, limitandosi ad approntare e finanziare una fase, che stimiamo lunga, di studio, prima di giungere all’operatività dei censimenti dei prodotti contenenti amianto sul territorio e le loro rispettive bonifiche; quel piano sullo smaltimento, insomma, che già in ritardo lo sarà ancora di più perché la norma si limita a stabilire solo chi se ne deve occupare per pensarlo. Figuriamoci metterlo in pratica!

A questo punto il quadro descritto è sconfortante, ma pur nella gravità sarebbe davvero errato lanciare allarmismi poiché questi sono sempre negativi; non moriremo tutti a causa dell’amianto, piuttosto vi è da prendere atto che la diffusione sul territorio nazionale di prodotti che lo contengono e nello specifico il cemento-amianto, fatte le dovute eccezioni per alcune regioni o località virtuose, è grave. Oltre a Legambiente anche il Re.Na.M. nel suo 3° rapporto denuncia il ritardo nelle bonifiche stimando che al ritmo attuale l’ultima lastra di Eternit dal territorio italiano sarebbe bonificata fra 150 anni. Questo ritardo è un problema perché il cemento-amianto non bonificato non ha tutto questo tempo prima di sbriciolarsi completamente e diventare polvere, rilasciando tutto il suo carico di fibre d’amianto che non farebbe altro che aumentare il fondo naturale e far scattare una sorta di roulette russa attraverso la quale qua e là, ogni tanto qualcuno si ammala a causa dell’esposizione a questo minerale e ci rimette la vita. Una volta che il fondo naturale è inquinato, non sarà più possibile filtrare le fibre d’amianto aero disperse e questo rischia di rimanere una fonte permanente d’inquinamento diffusa, salvo che non si consideri, per azzerare i rischi, la possibilità di respirare permanentemente attraverso un filtro idoneo, (ipotesi fantasiosa).

Mentre in Italia e in Europa l’amianto è bandito, nel resto del mondo le cose stanno diversamente e quindi si apprende che in Canada è ancora estratto ed esportato, così come in Brasile, dove è usato come in Italia fino al 1992; la stessa situazione si registra in Russia, India e Cina. Che cos’altro può essere aggiunto a questo dato che si commenta da sé?

Le malattie direttamente collegate all’amianto sono il mesotelioma pleurico e peritoneale, il carcinoma polmonare e in misura ridotta il tumore della tunica vaginale del testicolo e altre forme tumorali della gola. Tutte malattie terribili e dall’alto tasso di mortalità, la cui diagnosi avviene generalmente quando la malattia è già in una fase avanzata. La problematicità dell’esposizione alle fibre d’amianto riguarda anche l’informazione, scarsa e spesso incompleta. A volte la generalizzazione e lo scarso approfondimento inducono a credere che i prodotti in cemento amianto in buono stato di conservazione non siano pericolosi. Purtroppo non è così, poiché per quanto sia vero che se la matrice cementizia in buono stato di un prodotto in cemento amianto abbia un rilascio modesto di fibre, che in ogni caso c’è anche solo per effetto del dilavamento causato dalla pioggia e dagli agenti atmosferici -a tal riguardo, è utile consultare i quaderni di prevenzione sull’amianto redatti dall’A.S.L. di Catanzaro- il rischio consiste nell’effetto di degrado esercitato dal trascorrere del tempo. Poi anche dalle eventuali sollecitazioni manuali o meccaniche alle quali alla fine saranno inevitabilmente esposti questi manufatti. Pensiamo ad esempio a un ambiente domestico con amianto floccato spruzzato sulle pareti come isolante e messo solo in sicurezza attraverso un intervento di confinamento (l’amianto è sigillato da un pannello di cartongesso, per esempio). Adesso supponiamo di voler appendere un quadro e quindi buchiamo questa superficie con la punta di un trapano, questo genererà una quantità modesta di polvere ma ricchissima di fibre d’amianto che in un ambiente domestico, quindi tendenzialmente chiuso, ristagnerà per lungo tempo generando un’esposizione pericolosa e protratta nel tempo. Questa esposizione, pur modesta, se reiterata e associata ad altre esposizioni casuali, o abbinata al fumo di sigarette, possono diventare veramente pericolose e indurre, dopo un lunghissimo periodo di latenza, l’insorgere della malattia. E’ dimostrato da diversi studi il fattore dose – risposta sull’insorgere delle malattie legate all’amianto e smentiti gli studi che in un certo periodo dicevano che anche una sola fibra d’amianto può causare il tumore. Il tempo della latenza prima dell’insorgere della malattia e l’insorgere stessa della malattia sono legati alla dose di esposizione dove, chiaramente, più è alta e protratta nel tempo, minore sarà il tempo di latenza e più alta la probabilità di sviluppare il tumore; pur essendo rimarcato in questi studi che trovano ampie citazioni e commenti nel 3° rapporto sull’amianto pubblicato dal Re.Na.M., il concetto che dosi basse, anche bassissime e protratte nel tempo, pur allungando di molto il tempo di latenza, sono egualmente pericolose, al punto che nel rapporto si trova scritto chiaramente che non esiste una soglia sotto la quale è possibile affermare che l’amianto sia innocuo.

La latenza è uno dei problemi circa la percezione dei pericoli causati dall’esposizione alle fibre d’amianto. Supponiamo di trovarci in un gruppo di persone con la consapevolezza che nella provetta stretta fra le mani vi sia un gas nervino, alla minaccia di rompere la provetta tutti cercherebbero di fuggire inorriditi dal rischio di perdere la vita immediatamente. Se fra le mani avessi dell’amianto tutti, o quasi, magari con un po’ di diffidenza, non fuggirebbero inorriditi, al contrario si avvicinerebbero per osservare questo materiale da vicino, possibilmente toccarlo. Una questione di percezione che se da un lato è comprensibile perché se un agente ti uccide fra trenta, quarant’anni e anche oltre, la questione non è apparentemente così grave, dall’altra in questo problema della percezione del pericolo in questa materia gioca un ruolo molto importante l’informazione, che allo stato è frammentaria, non sistematica, di poca qualità complessiva e scarsamente divulgata.

E’ necessario, adesso, che giunga allo scopo che mi ero prefisso all’inizio di questo mio intervento e cioè capire se questo mio parlare continuamente di amianto sia una fissazione oppure no. Le informazioni che ho descritto, le tante altre che ho omesso per non appesantire ulteriormente questo lungo intervento, raffrontate a delle semplici osservazioni che mi riguardano direttamente nella vita di tutti i giorni, mi hanno portato a determinare che non si tratta di fissazione. Proseguiamo con ordine:

Da ragazzi, con mio fratello, ci siamo divertiti a distruggere le canne fumarie in Eternit dopo la ristrutturazione di una parte della nostra abitazione.

Presso la mia abitazione era presente un cassone in cemento amianto per la raccolta dell’acqua; smaltito da una ditta autorizzata a questo tipo di lavoro.

Presso casa dei miei genitori e presso casa di mia nonna vi erano presenti altri tre cassoni in cemento amianto per la raccolta delle acque; anch’essi smaltiti.

Presso casa dei miei genitori la tettoia della porcilaia, in disuso, ha la copertura in lastre di cemento amianto e a fianco vi era il capanno degli attrezzi del vicino con lo stesso tipo di copertura in pessimo stato di conservazione (smaltito).

Vicino casa della nonna un cassone in cemento amianto era stato utilizzato come pozzetto di derivazione per l’irrigazione del giardino e l’altro vicino ha la tettoria della stalla in cemento amianto, nonché alcune lastre erano state abbandonate nella sua proprietà.

La casa del vicino dove abito ha il tetto in cemento amianto che si sta degradando velocemente (circa 200 metri quadri); situato proprio sotto le finestre del mio appartamento.

Il centro storico del Comune in cui vivo, visto dall’alto, fa registrare un numero molto consistente di tetti in eternit e in alcuni fabbricati sono presenti le canne fumarie in cemento amianto e i tubi per la raccolta delle acque meteoriche dello stesso materiale.

A circa dieci chilometri dal posto in cui vivo, sull’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria, hanno dovuto interrompere i lavori di ammodernamento poiché il traforo di una galleria non è più possibile farla da quando è emerso che in quella zona vi è una notevole presenza di tremolite (un tipo di amianto).

Il monte più alto della zona in cui vivo è ricco di giacimenti delle c.d. pietre verdi, fonte di tremolite, che è un tipo di amianto.

Poco tempo fa è stato bonificato il tetto in cemento amianto in pessimo stato di conservazione (3.000 metri quadri) del fabbricato accanto agli uffici che frequento per lavoro.

Nel cantiere vicino il fabbricato in cui vivo, sono in ristrutturazione dei bungalow e recentemente è stata fatta una fornitura di sabbia che di solito è di colore grigio o marrone, questa volta invece, reca un colore con un’insolita sfumatura verde; il sospetto che vi sia la presenza di tremolite è stato suffragato da un’analisi chimica da parte di un laboratorio al quale ho portato dei campioni e sono in attesa da parte di un altro laboratorio di un’analisi quantitativa che a detta del primo laboratorio appare notevole.

Il cementificio a qualche chilometro dal posto in cui vivo ha un’ingente quantità della sabbia verde sopradescritta che vende regolarmente e quindi la tremolite finisce nelle case della gente attraverso la sabbia che è utilizzata in edilizia per qualsiasi tipo di fabbricato. La tremolite facilmente viene a trovarsi negli intonaci interni ed esterni delle case, nei piazzali e in tutte quelle applicazioni dove questa sabbia è impiegata.

Conclusione: non conduco una vita particolarmente diversa da tante altre persone e frequento luoghi che frequentano in molti. Abito in posti dove abitano tante altre persone, quindi tutte queste occasioni di esposizione alle fibre d’amianto sono circostanze che sono vissute consapevolmente, ma soprattutto inconsapevolmente da molte altre persone e mentre io posso in qualche modo difendermi attraverso elementi di conoscenza (che però hanno l’inconveniente della preoccupazione per se stessi e per gli altri), molti questi elementi di conoscenza non li hanno. Non hanno, quindi, neanche la possibilità di difendersi da esposizioni occasionali o prolungate nel tempo, all’amianto, che possono portare a gravissime conseguenze per la salute. Il problema consiste che ci sono ampie fette di territori italiani in cui la presenza dell’amianto è più marcata rispetto alle altre ed io vivo in una di queste; il raffronto l’ho potuto fare osservando attentamente molti luoghi in Calabria e fuori regione nel tempo che trascorro in giro per l’Italia per lavoro. La mia non è una fissazione, né sfortuna, ma semplicemente una legittima preoccupazione che deriva da un approfondimento, che mi sono dovuto offrire da solo poiché qui in Calabria, come nella maggior parte dei luoghi italiani dove sono più marcate le presenze di prodotti contenenti amianto o circostanze attraverso le quali l’esposizione può essere più frequente, l’informazione è quasi nulla.

Un ultimo paragrafo, ma è evidente che un argomento complesso come questo non poteva essere snocciolato integralmente in questo scritto, è doveroso dedicarlo a tutti coloro smaltiscono abusivamente prodotti che contengono amianto abbandonandolo dove capita: il punto non sta nell’illegalità, nel rispetto delle regole, nelle multe e in taluni casi nel carcere e nei procedimenti penali; è anche questo, ma l’importanza di evitare nel modo più assoluto lo smaltimento fai da te e illegale di questi prodotti sta nella pericolosità per la salute di chi lo fa e per quella di chi s’imbatte nelle discariche abusive.

Come giusto che sia un ragionamento che descrive soltanto il problema, è sterile se non è portatore di una proposta, per quanto inadeguata possa essere. Nelle righe di questo intervento ne sono contenute più di una e queste vanno dalla necessità di maggiore informazione e formazione sui rischi dell’esposizione all’amianto, come riconoscerlo e come comportarsi quando si è individuato, per esempio; poi è necessario accelerare sulle bonifiche e sullo smaltimento dei prodotti contenenti amianto e attivare le norme dove sono ferme, crearle dove ancora mancano. Non ho affrontato per niente una parte importate del problema che è quello del riconoscimento e dei risarcimenti ai lavoratori esposti e agli esposti per altre ragioni, argomento che in Italia è critico e che registra enormi ingiustizie. Sarà oggetto di successivi approfondimenti.

http://notizie.radicali.it/articolo/2011-07-11/editoriale/perch-parlo-sempre-di-amianto-ed-necessario-parlarne

Gruppo di studio Amianto

 

L’articolo 4 della Legge 257/92 ha previsto l’ “Istituzione della Commissione per l valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all’impiego dell’amianto”. 

Portato a termine, in ordine di tempo, l’ultimo mandato 2002-2005 con proroga dicembre 2006, si è conclusa la produzione di documenti tecnici affidati ad essa come compiti fondamentali, venendo meno pertanto il sostegno da parte delle principali Amministrazioni interessate a mantenerne la struttura, anche in considerazione della mancanza di rappresentatività al suo interno delle Regioni che, con la modifica del titolo V della Costituzione, avevano acquisito competenze concorrenti con quelle dello Stato. 

Risultate inefficaci e macchinose le richieste di modifica degli articoli 4 e 5 della legge 257/92, per prevedere un nuovo assetto partecipativo e nuovi compiti da affidare alla Commissione, con il DM 8 aprile 2008, il Ministero della salute ha inteso mantenere tuttavia vivo l’interesse per le tematiche rimaste in sospeso e mettere in luce le nuove problematiche emergenti.

Nel prevedere la formula del “Gruppo di Studio” si è inteso avere uno strumento propositivo agile e di confronto con la partecipazione diretta anche del Coordinamento interregionale. 
Il mandato, riproponibile, è triennale: aprile 2008-2011.

L’amianto

In generale

Con il termine amianto (dal greco amiantos – inattaccabile, incorruttibile) o asbesto (dal greco asbestos – che non brucia, perpetuo) si indica un minerale, anzi un gruppo di minerali a struttura microcristallina e di aspetto finemente fibroso, composti da silicato di magnesio, calcio e ferro. 
Oggi sull’amianto non si hanno difficoltà ad acquisire notizie, da quelle storico-tecnico-normative, a quelle scientifico-epidemiologico-sanitarie o socio-economico-previdenziali. Non si hanno, tuttavia, risposte completamente esaustive. Quelle di interesse sanitario, in particolare, richiedono ancora sforzi conoscitivi ed applicativi relativamente, ad esempio, al nuovo tema delle esposizioni naturali, ma ancora di più agli interventi di diagnosi e cura, alla prevenzione ed alla sorveglianza sanitaria degli attuali e degli ex lavoratori esposti.

I tragici effetti sanitari, lentamente sempre più evidenti, hanno evidenziato, senza possibilità di replica, la pesante azione cronico-irritativa e le capacità di induzione cancerogena a carico dell’apparato respiratorio, con aspetti addirittura “patognomonici” cioè di unica ragionevole ed effettiva causa-effetto, per quanto riguarda la comparsa del mesotelioma maligno della pleura.
Il lento progredire delle conoscenze si può far risalire, in concreto, a partire gli anni ’40-’50. 

Le prime importanti, ma ancora generali norme sulla salubrità e la sicurezza dei posti di lavoro, vengono correlate con il rischio di esposizione all’amianto, e diventano man mano sempre più specifiche sino al D.Lgs. n. 277 del 15 agosto 1991, recepimento di direttive comunitarie che stabilivano i limiti di esposizione per l’effettuazione di attività in cui vi era presenza di amianto. Attualmente quest’ultima norma è stata abrogata e sostituita dal D.Lgs. n. 257 del 25 luglio 2006, numero che, quasi per magia, appare indissolubilmente legato al tema amianto.

Interventi
L’Italia è stata tra i primi Paesi che hanno vietato l’impiego del minerale fibroso amianto con la messa al bando delle attività ad esso correlate, operata attraverso la Legge 257 del 27 marzo 1992 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” (propriamente vietandone l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la produzione industriale e la commercializzazione – consentito è, per forza di cose l’utilizzo, considerati i necessari interventi di manutenzione e bonifica).
L’attuazione della legge è stata realizzata attraverso una serie di decreti applicativi scaturiti dal lavoro della “Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all’impiego dell’amianto” istituita, a norma dell’articolo 4 della legge, presso il Ministero della sanità. Ultimo mandato scaduto il 31 dicembre 2006.

13 le norme tecniche principali (trasferite in 7 decreti ministeriali).

  • edifici pubblici (DM 6 settembre 1994)
  • veicoli rotabili (DM 26 ottobre 1995)
  • siti industriali dismessi (DM 14 maggio 1996)
  • unità prefabbricate (DM 14 maggio 1996)
  • condotte e cassoni per acque potabili e non (DM 14 maggio 1996)
  • classificazione e uso delle “Pietre Verdi” (DM 14 maggio 1996)
  • requisiti minimi dei laboratori e metodologie analitiche (DM 14 maggio 1996)
  • parametri per l’omologazione dei materiali sostitutivi (DM 12 febbraio 1997)
  • partecipazione dei laboratori ai programmi di qualità (DM 7 luglio 1997)
  • trasporto, messa in discarica e/o trasformazione dei rifiuti (DM 13 marzo 2003 – Reg. DM 29 luglio 2004)
  • unità navali o equipollenti (DM 20 agosto 1999 – rett. DM 25 luglio 2001)
  • coprenti per amianto-cemento (inglobanti e incapsulanti) (DM 20 agosto 1999 – rett. DM 25 luglio 2001)
  • dispositivi di protezione individuali (DM 20 agosto 1999 – rett. DM 25 luglio 2001)

Il bando totale nell’Europa comunitaria è stato sancito con la Direttiva 1999/77/CE e fissato al 1° gennaio 2005.
L’armonizzazione delle regole comunitarie ha dato occasione al nostro Paese (già normativamente coperto) di chiarire e ribadire l’approccio gestionale riguardo ai divieti, in particolare rispetto all’utilizzo di prodotti contenenti amianto intenzionalmente aggiunto e ai materiali ancora presenti e in opera sul territorio nazionale. 
Il DM 20 gennaio 2005 chiarisce, infatti, che non si possono utilizzare prodotti contenenti amianto intenzionalmente aggiunto e che il materiale ancora esistente in opera, in condizioni di efficienza e manutenzione controllata, può essere lasciato in situ fino alla fine della vita utile di esercizio. 
Questo concetto è in linea con quanto già espresso dalla normativa nazionale che pone nella valutazione del rischio, il razionale per qualsiasi intervento da attuare, che vada dalla manutenzione alle varie forme di bonifica, dall’incapsulamento /confinamelo alla bonifica terminale mediante rimozione finale affidata a ditte /imprese iscritte all’Albo bonificatori.

Situazione attuale
Contemporaneamente alla previsione della scadenza del mandato della Commissione, il Ministero della Salute, considerando le potenzialità finanziarie del Centro Nazionale per il Controllo delle Malattie (CCM) istituito con presso la Direzione Generale della Prevenzione (Legge 26 maggio 2004, n. 138), ha avviato due progetti, della durata prevista di due anni ciascuno, che prevedono anche la presenza delle Regioni (non presenti in modo formale nella composizione della Commissione) per completare e rendere operative le ultime indicazioni ereditate dal lavoro della Commissione (Accordi di collaborazione con Regione Piemonte e INAIL siglati separatamente in data 11 dicembre 2006).
Tale iniziativa ha come finalità quella di supportare sia gli interventi di bonifica dall’amianto (definitiva standardizzazione delle metodiche analitiche) che per rispondere alle esigenze più strettamente di carattere sanitario per la valutazione delle nuove esposizioni (lavori in cava, grandi opere, pietre verdi) per la sorveglianza sanitaria degli ex esposti e per chiarire le perplessità suscitate dalle disposizioni contenute nel recente D.Lgs. n. 257 del 25 luglio 2006 (attuazione della Direttiva 2003/18/CErelativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto durante il lavoro).

Il Ministero della Salute ha inoltre avviato, le procedure per la costituzione di un Gruppo di Lavoro nazionale ristretto sulle tematiche amianto, di maggiore interesse sanitario, che sarà formalizzato con apposito decreto dirigenziale, che ne definirà gli ambiti di attività.

Per approfondire consulta la pubblicazione: Amianto – adempimenti amministrativi

 

http://www.salute.gov.it/

L’uso di amianto è vietato in MT


Scrittura News 24 ore


L’uso indiscriminato di amianto in Brasile, un paese che produce la maggior parte del minerale nella produzione di piastrelle, serbatoi d’acqua, lastre piane utilizzati per coperture, pavimenti, pannelli di chiusura e proprietà acustiche, crea gravi rischi per la salute umana.L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rilevato che la materia prima aumenta il rischio di malattie come il cancro ai polmoni, laringe, stomaco, colon-retto, rene, tra gli altri.

Per avere un’idea del pericolo che l’amianto è, basta controllare che 48 nazioni, compresa l’Unione europea, Giappone, Australia, Cile, Argentina e Uruguay, vietare la produzione e l’uso di amianto e prodotti che lo contengono. In Brasile, oltre due dozzine di contee e gli stati di Sao Paulo, Rio de Janeiro, Rio Grande do Sul e Pernambuco svolgono funzioni analoghe a tutelare la salute della sua popolazione.

E ora in Mato Grosso è anche il prodotto vietato dopo il 30 giugno scorso, grazie ad un’iniziativa del Sig. Giuseppe Riva a sostegno dei leader di partito, che ha portato legge n. 9583 Day il 4 luglio, che vieta l’uso di prodotti, materiali o dispositivi contenenti qualsiasi tipo di amianto o amianto o altri minerali che casualmente hanno fibre di amianto nella sua composizione e altre questioni.

“E ‘cancerogeno per l’uomo e un rischio per i consumatori in generale non hanno informazioni su come manipolare o utilizzare questi prodotti e sono accompagnati da molto meno nella loro salute periodicamente.Motivo per cui vi è un intenso dibattito e riscaldato sul divieto permanente del loro uso in tutto il paese “, spiega il parlamento.

Oltre al cancro del polmone, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce che l’esposizione agli aumenti di amianto il rischio di asbestosi (una malattia causata dal aerazione di polveri di amianto, che consiste nel tentativo di guarire tessuto polmonare causata da fibre minerali silicato di amianto), e anche il mesotelioma, un altro tipo di cancro.

Il disegno di legge è venuto a ricevere il veto del Governo dello Stato, che è stato spodestato dai deputati. Secondo la legislazione in vigore fino a quando non è la sostituzione definitiva dei materiali prodotti o dispositivi, installati o in uso, contenenti amianto e le attività di demolizione, riparazione e manutenzione, non sarà consentito l’esposizione umana a concentrazioni di polvere al di sopra 1 / 10 (un decimo) di fibre di amianto per centimetro cubo (0,1 f / cc). Coloro che disobbedire alla legge è soggetto alle disposizioni dell’articolo 65 della Legge n. 7.110/99, che si occupa di promozione, tutela e conservazione della salute individuale e collettiva e lo stato del Mato Grosso e altre misure. Cioè, si commette un infrazione di salute.

Come un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli dell’amianto, Rep. Giuseppe Riva briga di inserire l’istituzione della legge “Settimana di protezione contro l’amianto”, che si verifica ogni anno durante la settimana che comprende il 28 aprile.

AMIANTO – inteso come l’amianto o asbesto la forma fibrosa di silicati minerali appartenenti ai gruppi di rocce metamorfiche delle bobine. Cioè, crisotilo (amianto bianco) e anfiboli, tra i quali, actinolite, amosite (amianto bruno), l’antofillite, crocidolite (amianto blu), tremolite o qualsiasi miscela contenente uno o più di questi minerali.

 http://www.24horasnews.com.br/index.php?mat=376013

Quel ”fuorilegge” che si chiama amianto

Quel ”fuorilegge” che si chiama amianto, una minaccia per la nostra casa
Il pericolo amianto si nasconde ancora fra le mura domestiche e mette a rischio la nostra salute.
Per decenni, nei paesi europei, Svizzera e Italia compresi, questo minerale è stato usato come materiale da costruzione perché economico, isolante, leggero e ignifugo. E anche perché, essendo un minerale naturale, mai nessuno aveva pensato che rappresentasse un rischio per l’ambiente e la salute, ma dagli anni Novanta se ne è scoperta la pericolosità.

Se pur messo al bando dalla legge 257 del 1992, l’amianto è ancora molto diffuso in Italia e tanti siti contaminati sono in attesa di bonifica. Comunque di amianto si continua a morire. E allora cerchiamo di conoscerla questa fibra killer per neutralizzarla: l’amianto è un minerale presente in gran parte della superficie terrestre all’interno di rocce di natura fibrosa. Per le sue proprietà di isolante termico e acustico, in passato è stato largamente impiegato nell’edilizia e nell’industria per la realizzazione di tetti, tubi, condotte, camini a basso costo.
Purtroppo, però, rappresenta un grave rischio per la nostra salute. L’Agenzia dell’OMS per la ricerca sul cancro (IARC) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, causa dei tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe e dell’ovaio.
Ora l’Istituto nazione svizzero di assicurazione contro gli infortuni (Suva), ha messo in rete ”Casamianto” un prontuario che aiuta a scovare la sostanza dentro le case e suggerisce le misure per neutralizzare i suoi effetti nefasti.
Cosa fare in caso di presenza di amianto nella nostra casa
* Informare anzitutto la AS o il Comune, compilando il modulo di autonotifica o facendolo compilare dall’amministratore di condominio. Nessun costo.
* In presenza di materiale sospetto, rivolgersi ad un laboratorio privato per farlo analizzare. In alternativa, quando possibile, chiedere le specifiche costruttive ai produttori o agli installatori. Il costo è variabile, in funzione del tipo di materiale e del quantitativo sottoposto ad analisi.
* Informarsi sull’esistenza di parziali finanziamenti degli interventi di rimozione e di smaltimento dell’amianto nella tua Regione. Possibili risparmi.
Infatti è possibile usufruire di agevolazioni e contributi. Per chi sostituisce tetti e coperture in eternit e amianto con pannelli solari fotovoltaici, le tariffe incentivanti del nuovo Conto Energia sono maggiorate del 10%. Il premio è riconosciuto anche quando l’impianto è parzialmente integrato al nuovo tetto.