SESTO SAN GIOVANNI Emergenza sbronze tra gli adolescenti. Il medico dell’Ospedale di Sesto Chiara Liverani scioccata dopo una notte da volontaria davanti a un locale milanese

In un’indagine pubblicata dal Corriere della Sera in merito al fenomeno dell’alcolismo tra adolescenti è intervenuta anche Chiara Liverani, 47 anni, medico rianimatore dell’ospedale di Sesto San Giovanni, che dopo una notte di volontariato davanti agli spazi East end di via Mecenate, periferia Est della città, si dice scioccata: «Mi sono imbattuta in adolescenti ammassati a terra – racconta al Corriere della Sera – . E non erano casi isolati. Li ho trovati in ogni angolo. Piuttosto che un’altra notte del genere preferisco una settimana non stop in ospedale. Certo, anche qui arrivano adolescenti messi male che rischiano il coma etilico. Un esempio? Una 14enne che si è ubriacata alle sei del pomeriggio durante una festa in casa dove si è scolata un’intera bottiglia di vodka». Infatti l’articolo del Corriere è intitolato “Le sbronze (sottovalutate) degli adolescenti”. Emergenza soprattutto tra i giovanissimi. Migliala di ragazzi soccorsi in strada nei weekend. Si beve di più e in meno tempo. Vino sostituito da prodotti ad altissima gradazione.

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Alcol e salute: le verità nascoste

Alcol e saluteDi Antonio Floriani *

È frequente sentire pareri discordanti circa gli effetti dell’alcol sulla salute. Infatti, essendo l’alcol una sostanza legale ed ubiquitaria, il cui uso è incentivato in culture come la nostra e costantemente presente in eventi quali feste e cerimonie, l’idea dei danni sulla salute ad esso associati è spesso correlata unicamente alle stragi del sabato sera per guida in stato d’ebbrezza, o tutt’al più alle conseguenze a cui vanno incontro gli alcolisti.

A rinforzare l’idea che l’alcol non sia una sostanza pericolosa per la salute, salvo in casi estremi, molti articoli e pareri di ricercatori che ciclicamente pubblicizzano gli effetti benefici di alcune molecole rinvenute nell’una o nell’altra bevanda alcolica a cui vengono attribuiti poteri antinfiammatori e protettivi il sistema cardiocircolatorio. Si pensi ai polifenoli o al risveratrolo presenti nel vino rosso che, sì sono ottimi antiossidanti, ma contenuti in una quantità talmente esigua nel vino che per avere un qualche effetto realmente efficace sarebbe necessario assumere quantitativi spropositati di alcol. Non è superfluo ricordare che gli interessi commerciali nel campo del vino, della birra ed in generale di tutte le bevande alcoliche sono enormi, così come il conflitto di interessi per i governi che guadagnano sul suo commercio.

Altro pensiero molto diffuso è che le bevande da considerarsi dannose siano quelle ad alta gradazione, quali i superalcolici, e che la birra e il vino non abbiano effetti tossici sulla salute se non a dosaggi elevati. In realtà all’alcol sono associati molti più danni di quelli generalmente immaginati. Infatti l’etanolo e l’acetaldeide, sostanze contenute in tutte le bevande alcoliche, sono fortemente tossiche, cancerogene, ovvero in grado di indurre l’insorgenza e l’evoluzione dei tumori. A conferma di ciò, nel 2009 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stabilito che l’acetaldeide libera presente nelle bevande alcoliche è cancerogena, inserendola nel Gruppo 1 dove sono presenti le sostanze certamente tossiche per l’uomo. L’etanolo viene metabolizzato dal fegato solo in parte (attraverso un meccanismo di ossidazione da parte dell’enzima alcol-deidrogenasi) ad acetaldeide e quest’ultima ad acetato. Questi prodotti inibiscono il normale metabolismo cellulare provocando sia danni diretti per morte e trasformazione cellulare che favoriscono l’insorgenza di cancro in alcuni siti dell’organismo umano (cavità orale, faringe, laringe, esofago, colon-retto, fegato e mammella), sia danni a più lungo termine consistenti nell’accumulo di grasso nei tessuti (tra cui il fegato con conseguente steatosi, precursore della cirrosi e quindi del carcinoma epatico) e danni  da radicali liberi, con conseguente aumento del rischio di sviluppare il cancro. A questi si aggiungono i danni a livello del sistema nervoso sia centrale (cervello) che periferico (nervi).

I consumatori a maggior rischio sono considerati i minori di 16 anni per i quali le agenzie di sanità pubblica prescrivono la totale astensione da qualsiasi consumo alcolico. Il consumo di alcolici sembra avere inizio soprattutto nel periodo della scuola media. Le ricerche condotte nelle scuole riportano che solo un terzo dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni risulta non essere interessato all’alcol e che un quinto di loro aveva meno di 11 anni quando ha bevuto la prima bevanda alcolica. La Relazione del Parlamento su alcol e problemi alcolcorrelati relativa al biennio 2011-2012 conferma che tra i giovani e i giovani adulti prevale sempre più il consumo occasionale e fuori pasto di bevande alcoliche, con prevalenza di aperitivi, amari, superalcolici e birre, bevuti in situazioni considerate aggregative. Le prevalenze più alte di consumatori fuori pasto si riscontrano nella fascia di età 18-24 anni, seguita dalla fascia 14-17 anni. Il binge drinking, ovvero l’abbuffata alcolica che prevede un consumo di un notevole quantitativo di alcol in un breve arco di tempo, si è diffuso, registrando un costante aumento sopratutto tra i giovani. Questa modalità è considerata tra le più dannose e ad altissimo rischio di danni gravi per la salute.

L’alcol può causare una vasta gamma di problemi, non solo per la salute fisica ma anche per quella mentale. Tra le condizioni cliniche più frequenti del consumo di alcol, si collocano le patologie gastrointestinali, ulcera gastrica e duodenale, esofagite, cirrosi epatica, pancreatite, epilessia, polineuropatia, sindrome di Wernicke-Korsakoff, malattie cardiache, carenze nutrizionali e disfunzioni sessuali. Le complicanze di tali patologie possono portare, in alcuni casi, alla morte. Inoltre l’alcol aumenta fortemente il rischio di sviluppare tumori e malattie cardiovascolari. Patologie assai frequenti associate al consumo di alcol sono i disturbi d’ansia e gli attacchi di panico ed è ampliamente riconosciuta la correlazione tra depressione e alcolismo. Se in alcuni casi l’uso continuativo di alcol provoca un’alterazione dei meccanismi cerebrali con conseguenze sull’umore, sul comportamento e di tipo psicologico, l’abuso di bevande alcoliche può portare a vere e proprie sindromi organiche, conseguenza di danni a livello cerebrale, con l’instaurarsi di stati confusionali e psicosi. Il 10 % dei casi di demenza sono legati al consumo di alcol e non sono rari i casi di gravi problemi cognitivi correlati al suo consumo.

Spesso, i problemi causati dall’alcol vengono erroneamente associati al solo alcolismo, vale a dire una malattia cronica recidivante che prevede la dipendenza dal bere, e non tanto al suo consumo considerato “moderato”. In Italia l’alcolismo riguarda circa 1 milione e mezzo di persone e circa il 90% non viene adeguatamente trattato. In realtà è al “consumo sociale” di alcol, ovvero al “bere moderato”, che sono associati il maggior numero di casi con problemi o patologie alcol-correlate. Se l’abuso alcolico provoca in acuto un insieme di conseguenze facilmente intuibili che vanno dallo stato d’ebbrezza fino al coma etilico, l’uso continuativo di alcol (inteso sia come consumo giornaliero a bassi dosaggi, sia come ripetute intossicazioni acute nel tempo) può causare una serie di situazioni critiche per la salute (fisica e psichica) e dal punto di vista sociale (con ripercussioni sulla famiglia, sulle relazioni e nel lavoro). Tali manifestazioni non vengono spesso riconosciute come conseguenza dell’uso di alcol e vengono piuttosto attribuite ad altri fattori (genetici, ambientali, destino, ecc.). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che l’alcol provochi ogni anno, il 4% di tutti i decessi. In Europa oltre il 12% dei decessi nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni è attribuibile all’alcol. In Italia sono almeno trentamila i decessi ogni anno per cause alcol-correlate e l’alcol rappresenta la prima causa di morte tra i giovani fino all’età di 24 anni. Nel nostro Paese le spese sociali dovute all’abuso di alcol (mortalità e morbilità, perdita di produttività, assenteismo, disoccupazione, costi sanitari, etc.) rappresentano mediamente il 3,5% del Prodotto Interno Lordo, pari ad un valore di circa 53 miliardi di euro l’anno se rapportato al PIL 2010.

L’alcol è una sostanza tossica e cancerogena per l’uomo; il consumo di bevande alcoliche (vino, birra, aperitivi, superalcolici), anche in quantità moderate, è un comportamento a rischio per la salute. 

* Antonio Floriani è medico psicoterapeuta, Direttore del Centro LiberaMente di Genova. Esperto in dipendenze e comportamenti d’abuso, lavora da molti anni, a diversi livelli, nel settore.

http://www.centroliberamente.it/alcol-e-salute-le-verita-nascoste/

Alcol e alcoldipendenza-Dati epidemiologici

 

Il consumo dannoso di alcol si conferma importante fattore di rischio per malattie croniche, incidentalità stradale, domestica e lavorativa, violenza e omicidi. In particolare esso risulta essere la principale causa di cirrosi epatica nonché di 60 malattie e condizioni patologiche, compresi alcuni tipi di cancro.

In Europa l’alcol causa 195.000 morti l’anno e costituisce la terza causa di morte prematura, dopo l’ipertensione e il consumo di tabacco, con costi altissimi sul piano sanitario, sociale ed economico.
Pertanto i consumi alcolici e i modelli di consumo rappresentano un importante indicatore della possibile evoluzione delle condizioni di salute e sicurezza della popolazione e dei relativi costi evitabili in termini umani, sociali ed economici.

I dati sui consumi alcolici e i modelli di consumo confermano il progressivo allontanamento del nostro Paese dal tradizionale modello di consumo mediterraneo.
E’ cresciuta nell’ultimo decennio la quota di coloro che consumano bevande alcoliche al di fuori dei pasti, con un incremento particolarmente significativo tra le donne.

Il binge drinking, modalità di bere di origine nordeuropea che implica il consumo di numerose unità alcoliche in un breve arco di tempo, ha riguardato nel 2009 il 12,4% degli uomini e il 3,1% delle donne ed è ormai abitudine stabilmente diffusa, soprattutto nella popolazione maschile di 18-24 anni (21,6,1%) e di 25-44 anni (17,4%). Pratica il binge drinking anche una buona percentuale di donne fra i 18 e i 24 anni (7,9%) e fra le giovanissime di 11-15 anni esso appare più diffuso che fra i coetanei maschi.

In generale il consumo a rischio riguarda il 15,8% degli italiani al di sopra degli 11 anni, per un totale di quasi 8 milioni e mezzo di persone. Tra esse in particolare circa 475.000 minori al di sotto dei 16 anni (il 18,5% tra i ragazzi e il 15,5% tra le ragazze), in cui il consumo dovrebbe essere pari a 0; e circa 3 milioni di anziani over 65 (il 44,7% dei maschi e l’ 11,3% delle femmine) in cui il consumo a rischio coincide prevalentemente con il consumo giornaliero non moderato, soprattutto durante i pasti.

La tipologia di consumo a rischio prevalente tra i giovani è il consumo fuori pasto, che ha riguardato nel 2009 il 34,4% dei maschi e il 22,8% delle femmine di età  compresa fra gli 11 e i  25 anni.
Già a 18-19 anni la quota dei consumatori è vicina a quella media della popolazione e la percezione della disponibilità di bevande alcoliche è tra i giovani italiani fra le più alte in Europa.
Quasi la metà (45,4 %) delle diagnosi ospedaliere per patologia totalmente alcolcorrelata riguarda persone di oltre 55 anni, ma da alcuni anni  la percentuale di diagnosi alcolcorrelate appare in aumento nella classe di età 36-55 anni, mentre continua a diminuire nella fascia di età 15-35 anni.

La percentuale di diagnosi ospedaliere per cirrosi epatica alcolica si presenta in crescita da qualche anno in rapporto alle altre diagnosi di ricovero alcolcorrelato, passando tra il 2000 e il 2008 dal 26,30 % al  35,00 % del totale di tali diagnosi.

Gli alcoldipendenti in trattamento nei servizi pubblici sono in costante aumento dal 1996 e nel 2008 ne sono stati rilevati 66.548. Fra essi in particolare la percentuale dei giovani al di sotto dei 30 anni rappresenta il 10,2% del totale, con un valore in crescita rispetto a quello della precedente rilevazione(10%), soprattutto tra i nuovi utenti.

Risulta ancora bassa rispetto agli altri Paesi europei la diffusione di conoscenze sul tasso legale di alcolemia per la guida e sui limiti di consumo con esso compatibili.
Il 2,12% di tutte le cause di incidente stradale rilevate nel 2008, per un totale di 5.920 casi, riguarda l’ebbrezza da alcol, con una percentuale in aumento rispetto all’anno precedente.

Nonostante la quota importante di popolazione esposta a una vasta gamma di rischi alcolcorrelati si segnala anche qualche positiva tendenza nella evoluzione di alcuni indicatori di rischio, in relazione sia alla popolazione più giovane (diminuzione dei consumi fuori pasto tra i maschi di 14-17 anni, diminuzione degli atteggiamenti di tolleranza nei confronti dell’ubriachezza tra da i giovani studenti di 15-19 anni, diminuzione della quota di giovani studenti che si ubriacano) che a quella anziana di oltre 65 anni (lieve diminuzione  del consumo a rischio in entrambi i sessi).

Inoltre si presentano in costante calo il tasso nazionale di mortalità per cirrosi epatica  e  quello di ricovero ospedaliero per patologie totalmente alcolcorrelate; appare in lieve calo da qualche anno la percentuale dei nuovi utenti al di sotto dei 20 anni in trattamento nei servizi alcologici; resta ferma infine la minore diffusione tra i nostri giovani, rispetto ai coetanei europei, di consumi a rischio quali i consumi frequenti, ilbinge drinking e le ubriacature.

Fonte: Relazione al Parlamento Alcol 2010 – dati 2008-2009

Adolescenti e alcol: atteggiamento «liberale» dei genitori aumenta il rischio di abuso

Alcol_ragazziConsentire ai propri figli di bere piccole quantità di alcolici in casa, per levar loro il “gusto del proibito” e incentivarli ad un consumo responsabile, è controproducente. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Journal of Studies on Alcohol and Drugs dai ricercatori dell’Università del Minnesota di Minneapolis (Usa), secondo cui anziché fare bene, questo metodo incentiva l’abuso di alcol fra i minori.

 

La ricerca è stata condotta su 1.900 ragazzi di 12-13 anni, la metà dei quali risiedeva a Melbourne (Australia), mentre gli altri a Seattle (Stati Uniti), che sono stati monitorati per un periodo di due anni. Al termine dell’analisi, è emerso che i figli di coloro che seguivano la filosofia del “concedere per prevenire” – ossia consentivano alla progenie di assumere un po’ di vino o di birra in loro presenza, al fine di responsabilizzarla – tendevano a bere di più e correvano un rischio maggiore di un terzo di trovarsi in una rissa scatenata dall’alcol, rispetto ai figli di persone che adottavano il metodo “tolleranza zero”.

 

“I ragazzi hanno bisogno di genitori che si comportino da tali e non da ‘compagni di bevute‘ – afferma Barbara McMorris, che ha guidato lo studio -. Gli adulti devono stare attenti a inviare messaggi chiari”.

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