Fukushima, muore di cancro l’ex direttore ”eroe”

 

Durante il disastro spense i reattori con acqua di mare. Ucciso da un tumore all’esofago.

Fu l’uomo che disobbedendo ai suoi superiori salvò la vita a centinaia di migliaia di persone, ordinando lo spegnimento dei reattori della centrale nucleare di Fukushima con dell’acqua di mare. Era il febbraio del 2011, sul megaimpianto si era abbattuto da poco lo tsunami provocato da quel sisma che mise in ginocchio il Giappone. Allora Masao Yoshida era era direttore generale del dipartimento delle risorse nucleari alla compagnia giapponese Tepco, proprietaria della centrale.

Il tumore e il silenzio

Yoshida divenne così il simbolo del Giappone che non si abbatte, che lotta e lavora per cercare soluzioni anche in situazioni disperate. Fino a quando, alla fine dello stesso anno, non si ammalò di cancro all’esofago. Il tumore, aggressivissimo, lo costrinse già da subito a lasciare la direzione dell’azienda. Lo comunicò ai suoi dipendenti con una lettera, riferendo che, in seguito ad un “controllo medico di routine”, era stata rinvenuta “una condizione” che lo obbligava a ricoverarsi per sottoporsi a trattamenti medici.
 

La Tepco: “Nessun legame con le radiazioni”

Per molto tempo nessuno, tanto meno l’ex dirigente, rivelò almondo che la malattia che lo stava uccidendo era un cancro, mentre la Tepco fece subito sapere che, secondo i dottori, le condizioni di salute di Yoshida “non erano legate alle radiazioni”. Posizione mantenuta anche adesso che l’azienda è costretta a dare l’annuncio della morte del manager: l’azienda continua a escludere legami tra il tumore all’esofago e l’esposizione radioattiva.
Lo stesso ex dirigente, raccontando ai giornalisti i giorni dello tsunami e delle esplosioni dei reattori, riferì loro di essere statao esposto a una dose fortissima di radiazioni.  

Fukushima: esame alla tiroide per 360mila bambini dopo il disastro nucleare

In Giappone la prefettura di Fukushima ha avviato esami medici alla tiroide di 360mila bambini che vi abitano per stabilire se le radiazioni sprigionate nel disastro nucleare della centrale di Fukushima, provocato dal terremoto/tsunami dello scorso 11 marzo, abbia creato problemi alla loro salute.

 
 

Lo screening di massa è stato chiesto a gran voce da molti genitori, che si sono basati su quanto accaduto dopo Chernobyl nel 1986, in conseguenza del quale molte persone nell’area del disastro nucleare soffrirono di disfunzioni della tiroide. Una ricerca non ufficiale condotta proprio nella zona di Fukushima ha stabilito che 10 dei 130 bambini esaminati soffriva già per problemi ormonali e disfunzioni tiroidee.

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Bari, 11 bambini di Fukushima al Policlinico

BARI – Undici bambini di Fukushima, ospiti di famiglie baresi, saranno oggi al Policlinico di Bari per controlli di prevenzione. Questo pomeriggio, in particolare, a partire dalle 16.00, in accordo con l’Associazione “Gruppo di Accoglienza Bambini Bielorussi”, verrà effettuato, presso la Sezione di Ecografia dell’U.O.S. Radiologia Pediatrica, il controllo ecografico gratuito dei bambini provenienti dalle zone colpite dalle emissioni radioattive della centrale di Fukushima in Giappone e affidati a famiglie baresi. In considerazione del breve tempo trascorso dall’incidente nucleare verificatosi in Giappone, verranno valutati tutti gli eventuali effetti deterministici (somatici immediati) da radiazioni. “Danni la cui gravità – si legge in una nota del Policlinico – varia con la dose assorbita, hanno un tempo di latenza breve, pertanto l’indagine ecografica verrà approfondita in tutti i casi che lo richiederanno”. 

L’iniziativa umanitaria, sostenuta dal direttore della Clinica Pediatrica prof. Luciano Cavallo e dai direttori delle due Unità Operative di Radiodiagnostica, prof. Giuseppe Angelelli e dott.Giuseppe Francioso, ha ottenuto l’immediata adesione del direttore Generale dell’Azienda Policlinico, Vitangelo Dattoli. 
Complessivamente sono giunti in Italia 35 bambini provenienti da Fukushima, grazie al Progetto Kibou Japan, a cui ha aderito anche il “Gruppo di accoglienza bambini bielorussi” molto attivo a Bari. Grazie all’impegno di questi volontari e alla disponibilità dei medici e del personale del Policlinico, a partire dal 2004 viene effettuato ogni anno un “incontro diagnostico-preventivo” su un gruppo di circa 300 ragazzi della Bielorussia, al fine di effettuare uno screening ed un follow-up ecografico delle patologie tiroidee. 

In questi casi, considerato il tempo di latenza trascorso, l’attenzione – si legge nella nota – viene focalizzata sulla valutazione diagnostica di eventuali effetti stocastici somatici tardivi da radiazioni ionizzanti (tumori solidi, leucemie, ecc) per i quali la probabilità di accadimento è in funzione della dose di radiazioni assorbita. La distribuzione è casuale nella popolazione ed il tempo latenza è di anni o decenni. Nel monitoraggio della popolazione infantile si tiene presente che la tiroide è particolarmente radiosensibile. L’obiettivo è la diagnosi precoce perchè, nel caso del più frequente carcinoma papillare tiroideo, un intervento tempestivo si associa a scarso rischio di metastasi a distanza. 

I registri oncologici di Bielorussia, Russia e Ucraina, insieme a studi epidemiologici basati su altre fonti, hanno evidenziato un incremento drammatico dell’incidenza del tumore alla tiroide nella popolazione all’epoca dell’incidente in età 0-18 anni residenti nelle aree di Bielorussia, Russia e Ucraina colpite dal disastro. Fino al 2002 sono stati registrati più di 4000, fino quasi a 5000 casi di tumore alla tiroide in questa popolazione, con un incremento anche fino a 10 volte rispetto al periodo precedente il disastro. Fonti del Clinic and Polyclinic of Nuclear Medicine University of Wuerzburg, parlano di 15.000 casi di tumore alla tiroide in Bielorussia, Ucraina e Russia Orientale, nei prossimi 50 anni.

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NAOTO KAN VARÀ IL PRIMO PIANO DI DECONTAMINAZIONE Fukushima per molti anni terra di nessuno ”Molti decenni per porre rimedio alle conseguenze”


Fukushima per molti anni terra di nessuno

ore 10:29 – 

TOKYO – La prefettura di Fukushima per molti anni sarà terra di nessuno, è quanto emerge dalle parole del primo ministro giapponese, che ha reso pubblico il primo piano di decontaminazione della zona: ”Un gran numero di abitanti è stato costretto a sgomberare e occorreranno tre, cinque, o dieci anni per riuscire a riprendere il controllo e anche molti decenni per porre rimedio alle conseguenze dell’incidente”.

Il piano che dovrà passare all’esame del Parlamento a metà Luglio, contiene uno stanziamento di circa 2000 miliardi di yen (17 miliardi di euro) da destinarsi alle vittime del terremoto del’11 Marzo: 850 miliardi di yen verranno utilizzati per la ricostruzione delle zone a nord est del Paese, 550 miliardi saranno versati alle autorità locali delle regioni devastate e altri 500 miliardi serviranno a ricostruire le abitazioni distrutte o gravemente danneggiate. 

In questi giorni è stato raggiunto anche un’importante accordo, tra la commissione giapponese per l’energia atomica e la società che sfrutta la centrale di Fukushima (Tepco), per programmare un piano di ritiro del combustibile nucleare fuso verso il 2021, anche se secondo alcuni esperti serviranno ancora altri decenni prima di poter dar il via ai lavori.

Quindi la prefettura di Fukushima sarà la Chernobyl del Giappone, che a 25 anni dal disastro nucleare resta ancora inabitabile e continua a provocare vittime.

Secondo uno studio pubblicato nel 2006, orientato sulle statistiche oncologiche nazionali della Bielorussia, i casi di cancro dovuti alla contaminazione di Chernobyl sono circa 300mila, anche se la commissione scientifica dell’Onu per gli effetti delle radiazioni nucleari, riconosce solo 31 vittime dirette dell’incidente, tra operatori e pompieri. 

E nel suo rapporto stilato lo scorso Febbraio fissa solo a 6000 i casi di cancro alla tiroide dovuti alla centrale(di cui 15 mortali), riconoscendolo come unica conseguenza diretta del disastro.

 

I BAMBINI DI FUKUSHIMA

La notizia non ha nulla di nuovo. Nonostante la comunicazione della Tepco, perché già il 25/26 marzo le notizie sul fatto che ci fosse una fusione almeno parziale nei reattori 1, 2, 3 non solo nell’1, erano emerse con certezza. Tutti e 3 i reattori erano stati abbondantemente innaffiati con acqua di mare già alla fine di marzo, e l’acqua di mare come tutti sappiamo danneggia notevolmente le strutture. Ma quel procedimento urgente ci fa capire che era legato a un inizio di fusione. La Tepco sostiene che la situazione sia abbastanza sottocontrollo. Rimane il dato però che loro stessi già a marzo dissero che le acque degli oceani, dell’Oceano Pacifico nella zona delle centrali, presentava un aumento significativo di radionuclidi. Quindi che ci siano stati degli sversamenti lo ammettono dal 30 marzo. I livelli di radioattività dell’acqua nella zona erano saliti da 1200 a 3000 a 4000 volte sia per lo iodio che per il cesio e per di più proprio qualche giorno fa ho visto il grafico: è vero che è calata la quantità, la densità di questiradioisotopi nelle acque. Però c’è ancora parecchio cesio, che è forse il problema maggiore in questi casi, perché si concentra molto nei muscoli, quindi nelle catene alimentari. Dura molto più a lungo, perché dura decenni, quindi chiaramente bisognerà capire nei prossimi mesi. 

In Giappone hanno innalzato i limiti di radiazioni ai quali può essere esposto un bambino. C’è chi sostiene cheun bambino ogni 200 si ammalerà di cancro. Ma in casi di radiazioni c’è più rischio per un adulto o per un bimbo?

Questa è una bella domanda, ma è anche complessa. Il problema vero è questo: il modello di esposizione e di valutazione dei rischi è un modello antico, di 50 anni fa. Si continua a valutare la pericolosità della situazione sulla base di un modello prima di tutto disegnato dai fisici e non dai biologi e tanto meno dai medici, che tiene conto della cosiddetta dose totale assorbita e che valuta, ma in maniera assolutamente teorica, a tavolino i rischi come legati direttamente, in modo proporzionale alla dose totale. Questo non ha niente a che vedere con quello che realmente succede. La pericolosità di queste situazioni, soprattutto quando si verificano incidenti, non è legato alla quantità massima di radiazioni emesse immediatamente, che colpisce tutto sommato una parte limitata di popolazione direttamente esposta. Il pericolo è legato alle piccole quantità quotidiane che vengono assorbite da milioni di persone. Per di più, questo tipo di assunzione per via alimentare significa un assorbimento per via interna. Le cellule vengono esposte per anni o decenni a piccole quantità quotidiane di radioisotopi e quindi di radioattività. Nei bambini soprattutto, ma in generale nei soggetti in via di sviluppo, quindi dove gli organi e i tessuti si stanno formando, la tossicità è ancora maggiore. Il fatto che aumentino queste soglie arbitrariamente, proprio per permettere che la situazione non venga paralizzata, è un espediente purtroppo non del tutto inusuale perché perfino in Italia ultimamente con il benzopirene, pensando a situazioni come Taranto, hanno fatto la stessa cosa. Poi c’è stata una levata di scudi, però di fatto anche qui si fanno queste cose. Con l’atrazina è successa la stessa cosa. Quando vedono che una sostanza tossica diventa diffusa, anziché dire la riduciamo, tendono a fare questa follia di alzare i livelli di soglia. Perfino con le centraline nelle nostre città lo fanno, anziché dire: l’Europa chiede una diminuzione progressiva del particolato fine e soprattutto dell’ultrafine che neanche viene preso in considerazione, le cosiddette autorità locali fanno il contrario, tendono a elevare le soglie per lasciare tutto com’è. Ma questo sostanzialmente per una questione di incoscienza e di inconsapevolezza: sono convinti che tutto sommato i danni non sono così gravi. Sui bambini e ancora di più sull’embrione e sul feto queste piccole quantità quotidiane, interferiscono sulla programmazione addirittura dei tessuti. Gli studi che hanno dimostrato l’aumento delle leucemie attorno alle centrali. Ma non è importante l’esposizione diretta dei bambini a dosi massive come si continua a pensare e come continuano le istituzioni a rassicurare dicendo: “beh l’esposizione a dosi piccolissime… “. Le dosi piccolissime quotidiane, soprattutto per via interna, sono proprio quelle più pericolose. 

Alcuni oceanografi hanno stabilito che anche l’Atlantico è stato contaminato. Dunque lo sarà anche il Mediterraneo?

Che venga addirittura inquinato l’intero Oceano Pacifico e quindi l’Atlantico e il Mediterraneo, attualmente a me sembra un allarme un po’ eccessivo. Però tutto dipende da quanto dura l’emissione e la diffusione e quindi le capacità di diluizione da parte degli oceani. Sarà da vedere, speriamo di avere la possibilità di ragionare su dati attendibili, perché come dicevamo già le altre volte, è un po’ paradossale, ma noi dobbiamo ragionare sui dati che vengono dati dalla Tepco che sono inevitabilmente riduttivi. C’è un silenzio stampa abbastanza assordante

Abbiamo dati certi circa l’impatto di Chernobyl sui tumori in Europa?

Rivedendo tutti gli studi epidemiologici a partire da Hiroshima e poi soprattutto proprio su Chernobyl, la quantità di patologie che realmente è stata prodotta direttamente dall’esposizione, quindi sulle popolazioni che vivevano in Ucraina, in Bielorussia e nei paesi limitrofi e soprattutto via, via che la nube è stata studiata più a fondo per quanto riguarda gli effetti e la deposizione in particolare del cesio nelle catene alimentari, è stato verificato che c’è un aumento abbastanza marcato delle leucemie infantili in proporzione diretta. Lì dove è stato trovato un livello alto di cesio, in proporzione sono aumentate le leucemie infantili. Chernobyl è stata un ingrediente fondamentale nell’aumento dei tumori infantili che abbiamo in Italia. Abbiamo addirittura un incremento nel primo anno del 3% dei tumori infantili che in 15/20 anni significa un aumento veramente significativo. 
In più c’è per esempio il problema della tiroide. Anche dopo Chernobyl abbiamo cercato di avere i dati sicuri sulle emissioni e sulla diffusione dello iodio 131. Non abbiamo potuto fare nulla, perché i dati si sono saputi dopo anni. I dati ufficiali non arrivavano, erano state fatte delle verifiche in Italia. Che ci fosse un aumento di iodio 131 si sapeva, ma se si fosse potuto sapere in tempo e in maniera continua, avremmo potuto per esempio dare iodio preventivo ai nostri pazienti e secondo me si sarebbero ridotti i danni, invece c’è stato un aumento veramente notevole di patologie tiroidee in tutta Europa e nelle zone più vicine all’incidente. C’è stato un aumento veramente notevole, centinaia di volte, del calcinoma tiroideo infantile che è un tumore raro che colpisce la tiroide perché proprio lo iodio 131 si fissa sulla ghiandola e praticamente produce una proliferazione cellulare neoplastica. Questi sono dati assolutamente sicuri.

http://www.cadoinpiedi.it/2011/05/24/i_bambini_di_fukushima.html