NAOTO KAN VARÀ IL PRIMO PIANO DI DECONTAMINAZIONE Fukushima per molti anni terra di nessuno ”Molti decenni per porre rimedio alle conseguenze”


Fukushima per molti anni terra di nessuno

ore 10:29 – 

TOKYO – La prefettura di Fukushima per molti anni sarà terra di nessuno, è quanto emerge dalle parole del primo ministro giapponese, che ha reso pubblico il primo piano di decontaminazione della zona: ”Un gran numero di abitanti è stato costretto a sgomberare e occorreranno tre, cinque, o dieci anni per riuscire a riprendere il controllo e anche molti decenni per porre rimedio alle conseguenze dell’incidente”.

Il piano che dovrà passare all’esame del Parlamento a metà Luglio, contiene uno stanziamento di circa 2000 miliardi di yen (17 miliardi di euro) da destinarsi alle vittime del terremoto del’11 Marzo: 850 miliardi di yen verranno utilizzati per la ricostruzione delle zone a nord est del Paese, 550 miliardi saranno versati alle autorità locali delle regioni devastate e altri 500 miliardi serviranno a ricostruire le abitazioni distrutte o gravemente danneggiate. 

In questi giorni è stato raggiunto anche un’importante accordo, tra la commissione giapponese per l’energia atomica e la società che sfrutta la centrale di Fukushima (Tepco), per programmare un piano di ritiro del combustibile nucleare fuso verso il 2021, anche se secondo alcuni esperti serviranno ancora altri decenni prima di poter dar il via ai lavori.

Quindi la prefettura di Fukushima sarà la Chernobyl del Giappone, che a 25 anni dal disastro nucleare resta ancora inabitabile e continua a provocare vittime.

Secondo uno studio pubblicato nel 2006, orientato sulle statistiche oncologiche nazionali della Bielorussia, i casi di cancro dovuti alla contaminazione di Chernobyl sono circa 300mila, anche se la commissione scientifica dell’Onu per gli effetti delle radiazioni nucleari, riconosce solo 31 vittime dirette dell’incidente, tra operatori e pompieri. 

E nel suo rapporto stilato lo scorso Febbraio fissa solo a 6000 i casi di cancro alla tiroide dovuti alla centrale(di cui 15 mortali), riconoscendolo come unica conseguenza diretta del disastro.

 

10 Marzo 1945 – Seconda Guerra Mondiale: Il più duro bombardamento statunitense al napalm su Tokyo provoca danni paragonabili a quelli subiti da Hiroshima e Nagasaki (stime tra gli 83.000 e i 200.000 morti [1]), decidendo la resa nipponica.

Bombardamenti di Tokyo nella seconda guerra mondiale

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Resti carbonizzati di civili giapponesi dopo unbombardamento.100,000 civili rimasero uccisi a causa dei bombardamenti.

Una madre che stava portando il proprio bambino sulla schiena.La schiena non risulta carbonizzata.

Tokyo rasa al suolo dai bombardamenti.

bombardamenti di Tokyo da parte della USAAF avvennero nel corso della seconda guerra mondiale.


Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Raid di Tokyo.

Primo raid

Il primo bombardamento su Tokyo fu il Doolittle raid del 18 aprile 1942, quando sedici B-25 Mitchell furono lanciati dalla portaerei USS Hornet per attaccare alcuni obiettivi su YokohamaTokyo per poi atterrare su aeroporti della Cina. Le incursioni ebbero un significato di propaganda per gli Stati Uniti. Prematuramente lanciato, nessuno degli aerei che attaccaronoTokyo arrivò ai campi d’aviazione designati. Un aereo atterrò in Unione Sovietica e l’equipaggio venne imprigionato, mentre altri due equipaggi vennero catturati dai giapponesi.

La chiave di volta per il bombardamento del Giappone fu il B-29 che aveva un’autonomia di 4.260-5.230 km in configurazione tipica da combattimento; pressoché il 90% delle bombelasciate cadere sulle isole giapponesi furono portate da questo tipo di bombardiere. Leincursioni iniziali furono portate partendo da basi americane poste sul territorio cinese ma proseguirono poi, dal novembre del 1944, da basi situate alle Isole Marianne Settentrionali. IB-29 furono trasferiti nella primavera del 1945 nell’isola di Guam.

La prima incursione di B-29 sul Giappone venne lanciata dalla Cina il 15 giugno 1944. Gliaerei presero il via da Chengdu, più di 2.400 km dagli obiettivi. Questa prima incursione non creò seri danni al Giappone. Soltanto quarantasette dei sessantotto B-29 colpirono gli obiettivi; quattro ebbero problemi meccanici, quattro precipitarono, sei dovettero scaricare lebombe in mare per problemi meccanici ed altri bombardarono obiettivi secondari. Solamente uno dei B-29 venne abbattuto dalle forze aeree nemiche. La prima incursione dal sud fu lanciata il 24 novembre 1944, quando 88 aerei bombardarono Tokyo. Le bombe furono lanciate da circa 10.000 metri, ma soltanto un 10% colpì gli obiettivi designati.

La scelta della Cina continentale come base di lancio delle incursioni si rivelò poco soddisfacente. Le basi aeree cinesi erano difficili da rifornire dall’India ed i B-29 che operavano da esse potevano raggiungere il Giappone soltanto se venivano utilizzate parzialmente le stive di carico delle bombe con serbatoi supplementari di carburante. Quando l’ammiraglio Nimitz, conquistò alcune isole vicine, in modo tale che gli obiettivi erano nel raggio d’azione dei bombardieri, poterono iniziare delle serie e proficue operazioni di bombardamento del suolo giapponese. I raid partirono dall’arcipelago delle Marianne e dall’isola di Guam con i già citati B-29 ora capaci di operare a pieno carico di bombe.

Come in Europa, l’ USAAF operò durante il giorno per una maggior precisione nel colpire gli obiettivi, ma lo scopo non venne raggiunto in quanto non vennero ottenuti gli scopi principali che erano quelli di distruggere le fabbriche di armamenti giapponesi. La motivazione fu dovuta al fatto che i venti spiranti sulle isole giapponesi, deviavano durante la caduta dalla quota di circa 10.000 metri, la traiettoria delle bombe che cadevano così al di fuori degli obiettivi prefissati. Anche, il programma di bombardamento strategico, sperimentato con successo sulla Germania dove oltre un terzo delle industrie belliche era disperso in case e piccole fabbriche con meno di trenta lavoratori.[1]

Il generale LeMay, comandante della XXI Bomber Command, cambiò strategia decidendo per incursioni notturne con aerei che bombardavano da quote più basse pari a 1.500/2.000 metri sulle maggiori città del paese come TokyoNagoyaOsakaKobe. Nonostante gli iniziali limitati successi, LeMay fu determinato ad usare tali tattiche di bombardamento contro le città giapponesi. Attacchi su obiettivi strategici vennero continuati durante il giorno a livelli di quota meno elevati. Gli attacchi più devastanti, molto di più dei noti attacchi con bombe nucleari suHiroshimaNagasaki, furono quelli condotti contro le città giapponesi.

Bombardamenti

Tokyo in fiamme dopo i bombardamenti del 26 maggio1945.

Il primo bombardamento del genere avvenne su Kobe il 3 febbraio 1945, ed a seguito del suo relativo successo, venne deciso di continuare questa tattica. Le città giapponesi erano suscettibili a tale tipo di attacco, ma le condizioni più favorevoli per il successo erano aree con scarsa contraerea ed elevati venti di superficie. Molte armi di bordo dei bombardieri vennero rimosse per dar maggiore spazio alla quantità di bombe imbarcabili. Gli ultimi raid, effettuati in agosto, realizzati volando a bassa quota, consentirono di trasportare 7,3 tonnellate di bombe rispetto alle 2,6 del marzo precedente.

Il primo di tali raid su Tokyo avvenne nella notte dal 23 al 24 febbraio, quando 174 B-29 distrussero circa 2.56 km² della città. Proseguendo su quello sforzo, 334 B-29 presero il via dalle isole Marianne nella notte fra il 9 e 10 marzo con destinazioneTokyoRobert Guillain, un giornalista francese che viveva a Tokyo e che fu testimone dell’attacco, lo descrisse in questi termini:

« Iniziarono a bombardare nuovamente, seminando il cielo di tracce di fuoco. Scoppi di luce balenarono dappertutto nell’oscurità come alberi di Natale, alzando le fiamma alte nella notte per poi precipitare di nuovo a terra in una tempesta di scintille. Tre quarti d’ora dopo le prime incursioni, il fuoco, frustato dal vento cominciò a far divampare quella città di legno come un falò. Le scintille precipitando lungo i tetti come una rugiada in fiamme, appiccavano il fuoco a tutto ciò che incontravano sul loro cammino. Era la prima comparsa del napalm. Crollarono, sotto l’impatto delle bombe, le fragili case fatte di legno e di carta, illuminate dall’interno come lanterne colorate. »

Dopo 2 ore di bombardamentiTokyo era avvolta in una tempesta di fuoco. Le fiamme erano così calde da incendiare gli abiti della gente che fuggiva per mettersi in salvo. Molte donne portavano in testa una acconciatura che si trasformò nello stoppino di una candela. L’Ufficio di Storia giapponese di Tokyo stabilì che 72.489 giapponesi caddero sotto i bombardamenti della città. [3] Questa può essere stata la più distruttrice delle incursioni aeree mai realizzate in una singola azione, assai più del bombardamento di Dresda.

Vennero distrutti circa 41 km² della città di Tokyo a seguito di questo bombardamento. La sorte peggiore toccò al settore della città sito ad estdel Palazzo Imperiale. Nelle due settimane successive vi furono almeno altre 1.600 incursioni contro le quattro maggiori città che distrussero 80 km² con la perdita di solo 22 aerei. Vi fu poi un terzo raid su Tokyo il 26 maggio.

raid con il napalm non furono i soli lanciati sulla città, vi furono altri raid con bombe tradizionali ad alto potere distruttivo. Con la presa diOkinawa, l’VIII Squadra aerea venne trasferita lì dall’Europa ed iniziò le sue incursioni. L’intensità dei bombardamenti crebbe così mese dopo mese passando da 13.800 tonnellate di bombemarzo alle 42.700 a luglio e si era stabilito di arrivare a 115.000 tonnellate in ognuno dei mesi successivi.

Le critiche

Diversamente dal bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki che fu inteso, almeno parzialmente, come un modo per costringere ilGiappone ad una veloce resa, il bombardamento al napalm, che uccise un maggior numero di civili, fu eseguito come una strategia a lungo termine per distruggere la capacità del Giappone a produrre materiali bellici e per minare la volontà del governo giapponese di continuare la guerra. Nel contesto di guerra totale, il grande numero di civili giapponesi ucciso dal bombardamento strategico fu visto come accettabile dall’amministrazione americana. Quando riflettendo sulla campagna dopo la guerra, alcuni espressero dubbi sulla moralità dei bombardamenti, disse più tardi Curtis LeMay: “Io suppongo che se avessi perso la guerra, sarei stato processato come un criminale di guerra.”[4] Egli convenne, comunque, che i bombardamenti avevano salvato molte vite incoraggiando il Giappone ad arrendersi prima. L’ex primo ministro giapponeseFumimaro Konoe affermò che la decisione di accettare la resa del paese fu determinata dai prolungati bombardamenti sulla città di Tokyo. Più recentemente, lo storico Tsuyoshi Hasegawa argomentò in Racing the Enemy (Cambridge: Harvard UP, 2005) che il fattore principale che determinò la decisione del Giappone di arrendersi non furono le bombe atomiche ed i bombardamenti sulle città, ma la rinuncia sovietica al patto di neutralità nippo-sovietico e quindi il timore di una guerra contro l’Unione Sovietica. Il fatto che il bombardamento dei civili giapponesi era giustificato per salvare la vita ai soldati americani ed alleati evitando loro una sanguinosa invasione via terra, è stato oggetto di aspri dibattiti nel successivo dopoguerra.

Tokyo non venne considerata un obiettivo per il bombardamento nucleare, anche se la baia di Tokyo fu considerata un obiettivo non letale per una dimostrazione di potenza da parte delle forze americane.

Note

  1. ^ John Toland, The Rising Sun: The Decline and Fall of the Japanese Empire 1936–1945, Random House, 1970, p. 671.
  2. ^ Guillain, Tokyo Burning, quoted at ABC.
  3. ^ John Toland, ibid, p. 676.
  4. ^ ‘The Soul Of Battle’ by Victor Davis Hanson

Bibliografia

  • Collabora a Commons Wikimedia Commons contiene file multimediali su Bombardamenti di Tokyo nella seconda guerra mondiale
  • Thomas M. Coffey, Iron Eagle: The Turbulent Life of General Curtis LeMay, Random House Value Publishing, 1987. ISBN 0-517-55188-8
  • Conrad C. Crane, The cigar that brought the fire wind: Curtis LeMay and the strategic bombing of Japan, JGSDF-U.S. Army Military History Exchange, 1994. ASIN B0006PGEIQ
  • Richard B. Frank, Downfall: The End of the Imperial Japanese Empire, Penguin, 2001. ISBN 0141001461
  • A. C. GraylingAmong the Dead Cities, New York, Walker Publishing Company Inc., 2006. ISBN 0-8027-1471-4
  • Ron Greer, Fire from the Sky: A Diary Over Japan, Jacksonville, Arkansas, U.S.A., Greer Publishing, 2005. ISBN 0-9768712-0-3
  • Robert Guillian, I Saw Tokyo Burning: An Eyewitness Narrative from Pearl Harbor to Hiroshima, Jove Pubns, 1982. ISBN 0-86721-223-3
  • Curtis E. Lemay; Bill Yenne, Superfortress: The Story of the B-29 and American Air Power, McGraw-Hill Companies, 1988. ISBN 0-07-037164-4
  • Tom McGowen, Air Raid!:The Bombing Campaign, Brookfield, Connecticut, U.S.A., Twenty-First Century Books, 2001. ISBN 0-7613-1810-0
  • Donald H. Shannon, United States air strategy and doctrine as employed in the strategic bombing of Japan, U.S. Air University, Air War College, 1976. ASIN B0006WCQ86
  • Jim Smith; Malcolm Mcconnell, The Last Mission: The Secret History of World War II’s Final Battle, Broadway, 2002. ISBN 0767907787
  • Kenneth P. Werrell, Blankets of Fire, Smithsonian, 1998. ISBN 1560988711

Collegamenti esterni 67 Japanese cities firebombed in World War II