Processo amianto: rinviati a giudizio 10 ex dirigenti Pirelli

20.04.2011

Il pm Maurizio Ascione ha chiesto al giudice dell’udienza preliminare, Luigi Varanelli, il rinvio a giudizio per dieci ex dirigenti dello storico stabilimento milanese Pirelli di viale Sarca 222, accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni personali gravissime, per aver lasciato esposti all’amianto, negli anni ottanta, 21 lavoratori, causando o la loro morte per mesotelioma o altre forme tumorali dovute all’esposizione.

Gli imputati, che inizialmente erano 11, ma uno è stato stralciato, sono stati tutti componenti del consiglio di amministrazione Pirelli tra il 1979 e il 1988. L’accusa, che si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, è che gli ex dirigenti “per imprudenza, negligenza, imperizia e in violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro avrebbero cagionato la morte per mesotelioma pleurico o lesioni gravissime ai propri dipendenti per mesoteliomi e asbestosi pleuriche”. Secondo l’accusa, gli operai rimanevano “esposti per tutta la giornata lavorativa e senza l’adozione di adeguati sistemi di aspirazione o protezione individuale alle fibre di amianto aerodisperse durante l’attività lavorativa svolta”.

 

Secondo quanto dichiarato da Pirelli alla stampa, l’azienda avrebbe invece sempre agito cercando di tutelare al meglio la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, in base alle conoscenze tecniche disponibili all’epoca dei fatti.

 

Il gup Luigi Varanelli ha inoltre accolto l’istanza, avanzata in marzo, di costituirsi parte civile, di tutte le presunte vittime o dei loro eredi, nonché di Inail, Asl e Regione Lombardia. Rigettate invece analoghe istanze presentate da Associazione italiana esposti amianto, Assoconsumo e Medicina democratica.

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Liguria – Giornata mondiale della memoria vittime amianto il 28 aprile

Genova – I lavoratori e pensionati dell’amianto tornano in piazza giovedì 28 aprile.

Oggi si è svolto l’incontro tra le organizzazioni sindacali e le Direzioni regionale e genovese dell’Inail per l’illustrazione delle risposte maturate al Tavolo tecnico costituito presso l’Inail Nazionale in considerazione della documentazione inviata dai sindacati corredata da centinaia di sentenze della Magistratura e pareri dei periti esperti nominati dai Tribunali (CTU) che attestano l’esposizione all’amianto e i relativi benefici pensionistici per le centinaia di lavoratori a cui è stata revocata la certificazione.

L’incontro si è rivelato del tutto negativo, grande è stata la delusione e l’amarezza della delegazione sindacale nel verificare che l’INAIL Nazionale è venuta meno, in modo deliberato, alle premesse e agli impegni contenuti nel documento redatto dallo stesso Istituto a seguito dell’incontro del 6 maggio 2010 tenutosi presso il Ministero del Lavoro.

L’Ente Nazionale ha fatto finta di esaminare la documentazione inviata dalle organizzazioni sindacali, mancando di rispetto anche alle Istituzioni, ai Parlamentari liguri e al Prefetto di Genova, confermando nel merito posizioni note da tempo e oggi rispolverate e spacciate per risposte meditate dalla Direzione nazionale, dalla Commissione tecnica Nazionale (Contarp) e dallo staff legale nazionale dell’Istituto.

L’Inail continua a nascondersi e a trincerarsi dietro al principio di “autotutela”, il gruppo dirigente nazionale e locale ha rinunciato di fatto al proprio ruolo e non intende assumersi nessuna responsabilità facendo pagare un duro prezzo a tanti lavoratori a cui vengono negati diritti sacrosanti.

Il 28 aprile in occasione della giornata mondiale in memoria delle vittime dell’amianto i lavoratori torneranno in piazza a manifestare chiedendo ancora una volta alle Istituzioni locali, alle Forze Politiche, ai Parlamentari, alla Prefettura di stare a fianco dei lavoratori con maggiore determinazione per smuovere una situazione assurda che si è determinata solo e soltanto nella nostra città, per riconsegnare ai lavoratori i propri diritti.

Amianto, un killer inestinguibile

Nel 2025 l’asbesto avrà ucciso in Italia tra le 20 e le 30 mila persone 
Eternit, cioè eterno come i tumori che provoca e continuerà a provocare. Gli ammalati e i parenti delle vittime del mesotelioma hanno intrapreso un difficile battaglia, per sé e per tutti noi esposti
14 novembre 2004 – Manuela Cartosio
Fonte: www.ilmanifesto.it
9.11.04

Ha due nomi, entrambi derivati dal greco. Amianto significa «incorruttibile», asbesto vuol dire «inestinguibile». Di qui il neologismo eternit, passato dalla multinazionale svizzera che all’inizio del Novecento brevettò la miscela di cemento e amianto all’ondulato grigio che nel dopoguerra scalzò i coppi rossi dai tetti. Le virtù vantate dai nomi si sono rovesciate in maledizione. L’amianto, messo al bando in Italia nel 1992, continuerà a presentarci il conto per un pezzo. Il picco dell’epidemia di tumori causati dal minerale usato come isolante universale – dalle navi ai ferri da stiro, dai tetti ai freni, dalle carrozze dei treni ai tessuti – è atteso attorno al 2025. A quella data si stima che l’amianto avrà fatto solo nel nostro paese tra i 20 e i 30 mila morti. La bonifica e la demolizione dei siti produttivi, la rimozione dagli edifici dei rivestimenti e dei tubi in cemento-amianto, la distruzione o la messa in sicurezza dei manufatti all’asbesto procedono a rilento. «In giro per l’Italia ci sono milioni di metri cubi di roba varia con dentro l’amianto», dice il senatore diessino Antonio Pizzinato, tra i promotori della conferenza nazionale non governativa sull’amianto che si terrà questo fine settimana a Monfalcone (vedi box). Quanti esattamente non si sa. La mappatura completa dell’amianto non è stata fatta. E’ solo uno dei tanti ritardi sulla tabella di marcia indicata dalla legge 257 del 1992. Non è stato fatto il registro nazionale degli esposti all’amianto e qualche regione non ha fatto neppure quello dei mesoteliomi, il micidiale tumore alla pleura che con il carcinoma polmonare e l’asbestosi si accanisce sui lavoratori che hanno inalato le fibre d’amianto.

Tutto cominciò a Casale…

Il mesotelioma era un tumore rarissimo. Un caso atteso su un milione di abitanti all’anno, secondo gli epidemiologi. Nel 2003 l’ospedale di Casale Monferrato, che ha un bacino d’utenza sotto i 100 mila abitanti, ha diagnosticato 32 nuovi casi di mesotelioma. «E due terzi delle persone colpite non lavoravano all’Eternit», precisa Bruno Pesce, coordinatore dell’Associazione familiari vittime dell’amianto. L’Eternit di Casale, chiusa nel 1986, ha un posto di rilievo nella storia italiana dell’amianto e della sua messa al bando. Lì si è cominciato a contare i morti e lì si è celebrato il primo processo contro l’asbesto. Finito con una condanna prescritta nel 2000 dalla Cassazione e un risarcimento di 7 miliardi di lire da spartire tra 1.700 parti lese. Una miseria, rispetto all’enormità del danno. Per evitare di pagare risarcimenti più consistenti – ricorda Pesce – alla metà degli anni Ottanta l’Eternit italiana si dichiarò autofallita, portò i libri in tribunale e chiuse gli stabilimenti a Casale, Melilli e Bagnoli. La cava di Balangero, la più grande d’Europa, l’Eternit la chiuse nel `90. 
La multinazionale Eternit, però, continua a esistere. E i casalesi vogliono portarla alla sbarra, sia in sede penale che in sede civile, con quella che hanno battezzato «vertenzamianto». L’esposto da presentare alla magistratura è già stato sottoscritto da oltre 1.400 cittadini, vittime dirette o loro eredi. All’azione civile parteciperà anche il Comune di Casale: i costi della bonifica incidono pesantemente sui suoi bilanci. In Brasile, uno dei maggiori produttori di asbesto dopo Cina, Russia e Canada, l’Abrea – l’associazione degli esposti all’amianto guidata dalla coraggiosa Fernanda Giannasi – due mesi fa ha ottenuto un risarcimento di 160 milioni di dollari da Eternit, Brasilit e Eterbras. E’ una sentenza importantissima, commenta Bruno Pesce, ma anche in quel caso bisognerà trovare il modo di risalire «agli svizzeri», la famiglia Schmidheiny che, dopo aver fatto i miliardi con il cemento-amianto, ha ceduto la rogna ad altre società investendo gli utili «nel cioccolato e nelle banche». Pesce, fino a qualche anno fa segretario della Cgil, da quando è in pensione lavora a tempo pieno «contro» l’amianto. Il suo raggio d’azione spazia dal Brasile a Tiggiano, un piccolo paese del Salento dove, quando l’intervistiamo, è appena andato per affrontare un altro problema: tanti emigranti si sono beccati l’amianto lavorando in Germania, in Svizzera, in Belgio e tornati in Italia si ritrovano figli di nessuno. 
C’è un particolare agghiacciante nel rapporto tra Casale e l’Eternit. Per anni, quando già si sapeva che l’amianto era una bomba a orologeria, l’azienda si è liberata del «polverino» – gli scarti di lavorazione – regalandolo ai dipendenti e ai casalesi. E’ tutto finito nelle stradine, nelle soffitte, nelle cantine. E c’è ancora. Sarà per questo «regalo» che a Casale muore di mesotelioma anche chi non ha lavorato all’Eternit?

… e proseguì a Monfalcone

A Monfalcone la polvere d’amianto l’hanno respirata i lavoratori di Fincantieri. Nella piazzetta di Panzano, di fronte all’ingresso dei cantieri, un monumento ricorda le vittime. L’epigrafe di Massimo Carlotto dice tutto: «Costruirono le stelle del mare, li uccise la polvere, li tradì il profitto». Dice tutto anche il titolo del libro del professor Claudio Bianchi, Amianto, un secolo di sperimentazione sull’uomo. E’ il medico che, arrivato nei primi anni Settanta all’ospedale di Monfalcone, «scoprì» tra i cantieristi l’altissima incidenza di mesoteliomi. E’ andato in pensione avendone censiti circa 600. La latenza, correlata all’intensità e alla durata dell’esposizione, varia dai 15 ai 40 anni. In alcuni paesi europei la curva dei mesoteliomi sembra essersi assestata, smentendo le funeste previsioni di crescita fino a 2025. In Italia non è così, forse perché l’amianto è stato messo al bando solo nel `92. E’ stato sostituito dalla lana di vetro e di roccia o dalle fibre di ceramica. Tra vent’anni scopriremo se e quanto fanno male. E sarà difficile stabilire, prevede il professore, «fin dove arrivano i danni dell’amianto e dove cominciano quelli delle materie con cui è stato rimpiazzato».

Meglio non sapere?

Essendo il mesotelioma un tumore incurabile, è utile monitorare tutti gli esposti all’amianto? «Morire per morire, preferisco non saperlo in anticipo». Molti lavoratori la pensano così, dice Michele Michelino, ex operaio della Breda Fucine di Sesto San Giovanni, fondatore di uno dei comitati che hanno promosso «dal basso» la conferenza di Monfalcone. A una trentina dei 350 ex lavoratori della Breda visitati dalla Clinica del lavoro di Milano sono state riscontrate placche pleuriche che potrebbero evolvere in tumori. Saranno ricontrollati ogni anno e le loro condizioni psicologiche non sono delle migliori. «Non sappiamo se questi monitoraggi serviranno o no», ammette il professor Bianchi, «siamo costretti a continuare la sperimentazione». In Svezia, che sull’amianto è avanti a noi almeno di vent’anni, si è visto che i costi psicologici del monitoraggio sono effettivamente pesanti. D’altra parte, però, alimentazione e fumo possono essere co-fattori del mesotelioma. Essere allertati in anticipo, quindi, può essere utile.

Amiantizzati di tutto il mondo…

Nei tre quarti di mondo ancora amiantizzato il dilemma sui monitoraggi non se lo pongono. Essendo notoria la sensibilità per la salute dei lavoratori e per l’ambiente di Russia e Cina, vengono i brividi al pensiero che proprio loro sono i maggiori produttori di amianto. Hanno strappato il primato al Canada che, non sapendo più a chi vendere il suo amianto, ha rallentato la produzione. Sulla situazione nell’ex patria del socialismo, fa testo quel che in un congresso internazionale alcuni colleghi russi hanno detto al professor Bianchi: «La sua relazione è molto interessante. Però da noi non succede. Il nostro amianto è puro e non fa male». La strada per mettere al bando l’amianto – se ne parlerà a Monfalcone e alla fine del mese a Tokyo – è tutta in salita.

L’unificazione dei processi

Qui da noi, la strada per ottenere giustizia per le vittime è un percorso a ostacoli e dall’esito incerto. Di recente due processi, contro la Fibronit di Bari e la Fincantieri di Riva Trigoso, sono finiti con una condanna. Ma le assoluzioni – ultima quella della Breda ferroviaria di Pistoia – non mancano e amareggiano malati e familiari delle vittime. La procura di Gorizia, competente per Monfalcone, ha 600 fascicoli aperti per morti attribuite all’amianto. Una cinquantina di vedove, come le madri Plaza de Mayo, hanno manifestato tutti i giovedì perché siano celebrati i processi. Alla fine di ottobre, il gup di Gorizia ha chiesto d’unificare nello stesso procedimento tutti le cause Fincantieri. Alessandro Morena, autore di Polvere, pur vedendo il rischio che i tempi si allunghino è convinto che l’unificazione dell’inchiesta sia una novità positiva. Ottenuta grazie al protagonismo e alla determinazione di donne consapevoli che i loro mariti «non sono morti per caso». Il loro apporto ha rivitalizzato l’associazione esposti amianto, «alle riunioni quando parlano loro non si sente volare una mosca». 
Gualtiero Nardi, tubista per 35 anni alla Fincatieri di Monfalcone, cominciò a star male quattro giorni dopo essere andato in pensione. Un anno dopo, la diagnosi: mesotelioma. E’ morto alla vigilia di Natale del `99. «Difendere mio marito è l’unica cosa che mi tiene al mondo», dice Rita Nardi, «i nostri uomini hanno sofferto come cani nell’indifferenza. Ora questa sofferenza la portiamo noi». Fincantieri sarà anche «una potenza», ma deve rispondere del perché ha tenuto gli operai a respirare amianto, sapendo da decenni che faceva male. «Per un milione e mezzo al mese».

Processo Eternit, il perito: rischi noti dagli anni ’60

Un perito svizzero al processo sulle vittime dell’amianto. Da molti anni si conoscono gli effetti dell’amianto. Le dichiarazioni non hanno comunque convinto la difesa

 

eternit

Una nuova rivelazione dal processo contro Eternit la fornisce un consulente svizzero, studioso al politecnico di Losanna, François Iselin “Dal 1962 è noto a tutti che l’amianto causa il cancro. Nel 1975, all’Eternit si disse che i problemi si potevano evitare adottando misure di controllo”. 

Parole dure, confermate da un’altra rivelazione shock, rilasciata poco dopo: “fino al 1990 Eternit ha utilizzato l’amianto due volte più di prima“.

Il ’90 è infatti l’anno in cui il materiale è stato dichiarato fuorilegge ma Eternit chiese una proroga fino al 1994. Secondo Iselin ancora oggi le aziende possono utilizzarlo chiedendo delleautorizzazioni speciali.

La difesa non ha controinterrogato il teste, non convinta dalle sue dichiarazioni. Secondo gli avvocati il testimone non è a conoscenza della composizione societaria dell’Eternit, non è informato su molte situazioni.

Le parole rilasciate da Iselin durante l’indagine, inoltre, non sono state depositate agli atti ma, essendo pubblicate sul sito internet del legale di parte civile Sergio Bonetto, i difensori dell’Eternit hanno reputato giusto non controinterrogare.

Processo amianto,dirigenti Eternit condannati per omicidio colposo

“Buttavamo gli scarti di Amianto nel Po.E’ dal 1907 che è così.”

Anche la Bresso chiamata a testimoniare.

Il processo – Il giudice di Palermo, Gianfranco Criscione, ha condannato per omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime tre ex dirigenti della Ficantieri – Luciano Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonio Cipponeri – per le morti da amianto nell’azienda palermitana. Lemetti ha avuto 7 anni e 6 mesi, Cortesi 6 anni e Cipponeri 3 anni. Tre anni sono stati condonati a tutti e tre gli imputati.

Gli ex vertici di Fincantieri sono stati condannati a risarcimenti milionari nei confronti dell’Inail, costituita parte civile. Il giudice ha condannato gli imputati a risarcimenti milionari anche nei confronti della Camera del Lavoro, di Legambiente e della Fiom. La sentenza ha anche stabilito il diritto al risarcimento del danno alle parti civili costituite – in tutto 50 tra dipendenti ammalati ed eredi degli operai defunti – rinviando la quantificazione del danno al giudice civile ma condannando, comunque, gli imputati a dare provvisionali immediatamente esecutive per centinaia di migliaia di euro alle parti danneggiate.
Il giudice, infine, ha dichiarato non doversi procedere per due ex legali rappresentanti di ditte dell’indotto di Fincantieri – la Blascoanc srl e la cooperative Rinascita Pizzettini – per intervenuta prescrizione delle accuse a loro contestate: entrambi rispondevano di lesioni gravissime.
Al centro del processo la morte di 37 operai deceduti per tumore ai polmoni, a causa dall’inalazione delle fibre di amianto, ma anche le lesioni riportate da altri 26 dipendenti che hanno contratto la malattia.

I parenti delle vittime –
«Siamo contenti, non per il risarcimento del danno: dei soldi non ci importa nulla. Ma con la condanna al carcere degli ex dirigenti di Fincantieri mio padre ora ha avuto giustizia. Speriamo solo che serva per il futuro». A parlare è Anna Maria Arcoleo, figlia di Michele, uno degli operai della Fincantieri di Palermo morto di cancro per avere inalato le fibra di amianto con cui era quotidianamente a contatto per lavoro. La donna si è costituita parte civile, insieme alla madre e a sette fratelli, attraverso l’avvocato Fabio Lanfranca, nel processo a tre ex dirigenti della Fincantieri condannati per le morti da amianto nell’azienda. «Mio padre – ha detto la Arcoleo – ci diceva che lavoravano senza nessuna precauzione e che temeva che non ne sarebbe uscito vivo».
Soddisfatto anche l’avvocato Lanfranca. «Questa sentenza – dice – riconosce che i dirigenti della Fincantieri non hanno tutelato gli operai utilizzando per anni un materiale a basso costo come l’amianto, pur sapendo, che era pericoloso per la salute, fin quando la legge glielo ha di fatto impedito».

La Eternit ci spiava – Nel corso del dibattimento, inoltre, Bruno Pesce, presidente dell’associazione “Famigliari vittime dell’amianto”, intervenuto in tribunale e Torino nella veste di terzo testimone del maxi processo contro i vertici della multinazionale svizzera, ha spiegato che «eravamo spiati» dalla Eternit.
Pesce ha raccontato che negli anni Novanta il suo comitato era «spiato tramite una società di Milano che aveva referenti a Casale», e ha citato, in particolare, il caso di una giornalista freelance: «Voleva seguire tutte le nostre riunioni, e ci chiedeva di continuo quali sarebbero state le nostre mosse».
Pesce ha detto anche che la giornalista era così «insistente» da destare delle perplessità, ma che lei si giustificava dicendo «io sono dei vostri». Come poi è emerso dalle domande del pm Sara Panelli, però, negli atti ci sono le tracce delle relazioni che venivano poi trasmesse alla Eternit dalla società di Milano che la giornalista aveva per riferimento.

Gli scarti di amianto buttati nel Po –
Ma la testimonianza che più ha sconvolto i presenti è quella di un operario dell’azienda, che rivela: “Buttavamo gli scarti di amianto nel fiume Po ogni sabato. Ogni settimana si vuotava il residuo di amianto e cemento che c’era dentro i recuperatori e poi gettavamo tutto nel Po. È dal 1907 che è così. Materiale caricato su autobotti. Una quantità enorme”. A parlare è Ezio Buffa, operaio presso la Eternit dal ’54 al ’78.
Interrogato dal pm Sara Panelli, il teste spiega come veniva effettuata la manutenzione e pulizia dei macchinari all’interno dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato. La diffusione di materiale amiantifero dentro e fuori la fabbrica, attraverso persone e ambiente, rientra nel capo d’imputazione di disastro doloso che l’accusa contesta allo svizzero Stephan Schmideiny e al barone belga Jean Luis Marie Ghislain De Cartier. Entrambi devono rispondere anche di rimozione volontaria di cautele.

La pulizia della fabbrica – Sempre l’operaio ha spiegato che “tutti i giorni lavavamo il pavimento su cui si fermava il polverino, poi buttavamo tutto nel canale che andava nel fiume”. Ma ha specificato che “era una ditta esterna che lo faceva”. Il pavimento su cui depositava la polvere “lo scopavamo con la scopa di saggina: c’era amianto dappertutto. Ma non potevi spazzare ovunque – ha spiegato – c’erano molti materiali accatastati sul pavimento, non si passava. Avevano comprato quattro o cinque muletti a gasolio per pulire, si immagini il fumo dentro la fabbrica. E chi era addetto alle pulizie, beh, son morti tutti”.
Non solo fare le pulizie in fabbrica era un compito pericoloso, ma anche la pausa pranzo non metteva in salvo i lavorati Eternit. Prima che venisse costruita la mensa, infatti, “si mangiava in fabbrica”.
Gli operai andavano a casa con le tute da lavoro sporche addosso e le mogli le lavavano: “Anche mia moglie si è presa l’asbestosi – ha detto Buffa – ha lavorato anche lei in Eternit per 12 anni. Alla fine le ho detto, stai a casa che qua di martiri ne basta uno”.
Ad Ezio Buffa è stata diagnosticata l’asbestosi nel 1970. Guariniello gli ha chiesto: “Ma ha continuato a fare lo stesso lavoro a contatto con l’amianto fino al ’78, anno delle sue dimissioni?” “Nella nuova mansione ero più a contatto con l’amianto che prima e anche gli altri erano nella mia situazione” è stata la risposta di Buffa.

Anche Mercedes Bresso chiamata a testimoniare –
La Procura di Torino chiamerà l’ex presidente della Regione Mercedes Bresso a testimoniare, come teste dell’accusa, al processo Eternit in corso a Torino. Ad annunciarlo è stato il pm Raffaele Guariniello al termine dell’udienza di questa mattina e la Bresso potrebbe essere sentita già nella prossima udienza e insieme ai sindaci di Casale Monferrato e Cavagnolo.
La Procura intende ascoltarla come testimone in relazione alle questioni di inquinamento ambientale legata alla multinazionale dell’amianto, e non è escluso che la Procura chiami anche il neo governatore del Piemonte Roberto Cota.
Intanto, nell’udienza di questa mattina dopo l’ex segretario della Camera del lavoro di Casale e fondatore dell’Associazione famigliari vittime dell’amianto Bruno Pesce, è stato sentito come teste un ex dipendente della Eternit di Casale Monferrato affetto da asbestosi conclamata al 76%.
L’ex operaio ha confermato quanto riferito dai testi sentiti finora, che il problema dell’amianto “era sottovalutato dall’azienda e chi sollevava la questione si sentiva dire «pelandrone, non hai voglia di lavorare»”. Il teste ha inoltre riferito che fino agli anni ’70 “non si era mai parlato né di asbestosi né di mesotelioma” e ha confermato che quando veniva fatta la pulizia delle macchine i residui “venivano buttati nelle fognature e nel Po”.

Lo Stato dimentica l’amianto killer

Ringraziamo l’avv. Ezio Bonanni per aver dato il suo consenso, permettendoci di rendere disponibile su internet, il suo libro.

Sono passati, ormai e purtroppo, molti anni da quando ci siamo resi conto che tante vittime dell’amianto potevano essere salvate, da quando abbiamo tutti capito che le responsabilità per la tragedia causata da questa fibra–killer sono molteplici e di varia origine, da quando persino le aziende hanno cessato di negare le gravissime e letali conseguenze delle esposizioni all’amianto (purché a loro non attribuibili).
E siamo tutti, lavoratori ed ex lavoratori, cittadini normali e uomini politici, amministratori pubblici e imprenditori, consapevoli del fatto che per decenni questo Stato ha accettato che semplici operai contraessero gravi malattie e morissero a causa del lavoro, per aver avuto a che fare con l’amianto, nonostante la storica evidenza scientifica della natura cancerogena genotossica dell’asbesto: senza intervenire su quella produzione di morte, in nome e a tutela del profitto.
Ma quello che è, per certi versi, ancora più sorprendente è che alla data di oggi – fine 2008 – i lavoratori si vedono ancora costretti a combattere dure, difficili e costose battaglie (anche legali) per ottenere il riconoscimento di quanto dovrebbe essere loro immediatamente dovuto: il riconoscimento del loro diritto alla salute, alla integrità fisio–psichica e, nei casi più malaugurati, ad un risarcimento–indennizzo adeguato e decoroso.
Colpisce sempre invece il comportamento farisaico di una certa classe politica e di Governo che, pur non potendo più negare i letali influssi sui lavoratori dell’amianto, ne disconosce però quelle che dovrebbero ritenersi naturali e logiche conseguenze: sia a livello legislativo, sia a livello di direttive agli enti amministrativi preposti (Inail, Inps, ecc), sia pure a livello di amministrazione delle cause giudiziarie (civili, amministrative e penali).
Nella nostra Carta Costituzionale, così come in tutte le dichiarazioni internazionali (sia europee che mondiali) a tutela dell’uomo, sono inseriti i principi fondamentali che dovrebbero costituire il punto di riferimento, il faro, per ogni azione di Governo.
E tra questi principi, rientrano come insopprimibili e inalienabili il diritto alla salute e il diritto alla propria integrità fisio–psichica: con una sola espressione, il diritto al rispetto della persona e della sua dignità.
La triste vicenda dell’amianto ci conferma invece che siamo ancora lontani dal pieno riconoscimento di questo diritto. Ciò non ci impedisce però di continuare a lavorare e a lottare per fare in modo che i diritti dell’uomo, in concreto e non solo in astratto, possano essere pienamente e pacificamente riconosciuti, a ogni livello e in ogni settore della nostra vita: da quello politico a quello giudiziario, da quello sociale a quello amministrativo.

Al via il processo Eternit: 3mila morti e 2 imputati

Torino – Tremila vittime, duemila persone presenti, 700 parti civili. E due imputati: lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, 61 anni, e il belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, 87 anni. Il più grande processo d’Europa. Da questa mattina si è radunata la folla davanti al tribunale di Torino, per il maxiprocesso Eternit. Sono almeno un centinaio le persone, provenienti dall’Italia e dall’estero, che manifestano in attesa che abbia inizio il dibattimento del più grande processo d’Europa. Sono una decina di pullman che stanno arrivando al Palagiustizia. Trasportano i parenti delle quasi 3 mila vittime dell’amianto, le quasi 700 parti civili, sindaci e amministratori della zona di Casale Monferrato, dove aveva sede il più grande stabilimento italiano della Eternit. Tanti gli striscioni esposti, tra i quali quelli delle associazioni vittime dell’amianto di Italia, Svizzera e Francia. “Signor Stephan Schmidheiny: la attendiamo anche in Svizzera”, è lo striscione dell’associazione svizzera delle vittime dell’amianto, appeso alla cancellata del tribunale e circondato dai nomi di alcune delle vittime Eternit.

Imputati assenti Non si sono presentati nell’aula del tribunale di Torino davanti al giudice Casalbore i due imputati del processo Eternit, il miliardario svizzero convertito all’ecologismo Stephen Schmideiny e il barone belga Jean Marie de Cartier. Il giudice li ha dichiarati in contumacia alle 10,20. Poi ha proceduto all’appello.

Cortei e striscioni Di fronte al tribunale si stanno inoltre radunando i partecipanti al corteo organizzato dalla Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, in concomitanza con l’apertura del processo e a pochi giorni dal secondo anniversario del rogo della Thyssenkrupp. Vi aderiscono, oltre ai sindacati e alle associazioni dei lavoratori, anche i giovani dei centri sociali. Presenti numerosi rappresentanti dei lavoratori delle vittime della Eternit di Svizzera, Francia e Belgio. “Un solo essere umano – si legge sullo striscione dei minatori francesi – ha più valore che tutto l’amianto e il profitto del mondo”.

IN MIGLIAIA MANIFESTANO PER LA SICUREZZA, TRA LORO L’ASSOCIAZIONE DELLE VITTIME DI VIAREGGIO Amianto killer, al via il processo di Torino Due ex dirigenti della Eternit imputati per omissione dolosa di cautele per la morte di quasi 3 mila persone

 

Alcuni dei manifestanti all'esterno del tribunale di Torino per l'avvio del processo Eternit (Emmevi)
Alcuni dei manifestanti all’esterno del tribunale di Torino per l’avvio del processo Eternit (Emmevi)

TORINO – L’amianto finisce sul banco degli imputati per la morte di quasi 3 mila persone e con esso alla sbarra, al tribunale di Tornino, siedono due ex alti dirigenti della società Eternit Spa, lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, 61 anni, e il belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, 87 anni, che ricoprivano incarichi ai vertici della società e sono imputati per omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e disastro colposo.

 

RIFLETTORI SU TORINO – E’ un procedimento storico quello che va in scena nel capoluogo piemontese, su cui sono puntati i riflettori di tutto il mondo. Molti i giornalisti stranieri intervenuti all’udienza, che avrà la copertura di almeno 21 emittenti televisive italiane e straniere. All’esterno del tribunale sono in tanti, almeno un migliaio, a manifestare chiedendo giustizia e invocando norme restrittive sull’utilizzo dei materiali pericolosi. Tra i manifestanti ci sono anche gli attivisti dell’Assemblea 29 giugno 2009, l’assoicazione nata dopo la strage ferroviaria di Viareggio della scorsa estate: «Siamo qui perchè siamo per la sicurezza – spiega una portavoce dell’assemblea -. A sei mesi dalla strage non c’è ancora nessun indagato».

LE VITTIME DELL’AMIANTO – I morti per i quali è stata aperta l’inchiesta oggetto del processo erano dipendenti della Eternit o residenti delle zone in cui sorgevano i quattro stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte, Rubiera in Emilia e Bagnoli in Campania. Le cause di morte sono mesoteliomi pleurici, asbestosi e tumori polmonari insorti a causa della polvere di amianto respirata da operai e residenti nei dintorni delle fabbriche. Legambiente ha annunciato lo scorso aprile l’intenzione di costituirsi parte civile, insieme ad ammalati, alle famiglie dei morti e, fra gli altri enti, alla Regione Piemonte. Nonostante siano in corso operazioni di bonifica del territorio, l’amianto, largamente usato come materiale di coibentazione nell’edilizia, si può ritrovare ancora oggi in molti edifici privati e in alcune strutture pubbliche.

«GIUSTIZIA PER I POSTERI» – Paolo Filippi, il presidente della provincia di Alessandria, costituitasi parte civile, chiede «giustizia per le generazioni future». «Questo processo arriva oggi alla prima udienza – ha ricordato Filippi – perchè a metà degli anni Ottanta il comune di Casale Monferrato vietò con una ordinanza l’uso dell’amianto. Partì allora questo lungo percorso, durato oltre 20 anni. Essere qui significa che nonostante tutto crediamo nella giustizia italiana».

 

 


10 dicembre 2009

http://www.corriere.it

AMIANTO: TORINO, IL PALAGIUSTIZIA SI PREPARA AL PROCESSO DEL SECOLO

Torino, 9 dic. – (Adnkronos) – Tre maxi aule, una sala attrezzata nel Palazzo della Provincia, una ventina di autobus e un volo charter. Ultimi preparativi per il ‘processo del secolo’ che si aprira’ domani al Tribunale di Torino dove, alle 10, e’ fissata la prima udienza per i morti della Eternit, la multinazionale svizzera che per anni ha trattato amianto.

Almeno 2.889 le vittime accertate, fra persone decedute e ammalate, non solo fra ex lavoratori degli stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera, ma anche fra loro familiari e persone che vivevano nelle vicinanze delle fabbriche. Due gli imputati rinviati a giudizio nel procedimento dei procuratori Raffaele Guariniello, Sara Panelli e Gianfranco Colace. Si tratta del barone belga Louis de Cartier de Marchienne e lo svizzero Stephan Schmidheiny, gli ex vertici della multinazionale che sono indagati per omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e disastro doloso. Per il maxi processo sono state allestite quattro aule a Palazzo di Giustizia, la maxi aula 1 e 2 per l’udienza, l’aula 5 riservata a chi si deve ancora costituire parte civile e l’aula magna, tutte collegate in videoconferenza cosi’ come l’aula nel vicino Palazzo sede della Provincia che e’ riservata al pubblico.

Per domani sono attesi almeno 10 autobus da Casale Monferrato, uno da Reggio Emilia, un volo charter da Napoli e 4 autobus dalla Francia, da dove dovrebbero arrivare almeno 200 persone. All’udienza preliminare si erano gia’ costituite una decina di parti civili, fra cui enti pubblici, associazioni, sindacati, Inps e Inail che ha chiesto il risarcimento di 245 milioni di euro, la cifra spesa finora per gli indennizzi. Il processo sara’ presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore e dai giudici a latere Fabrizia Pironti e Alessandro Santangelo.

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