Per il Tribunale del Riesame l’Ilva sapeva di inquinare

Il dispositivo depositato dai giudici: “Produzione potrà continuare solo se resa ecocompatibile”. Clini: ‘lavoriamo nella stessa direzione’

Per il Tribunale del Riesame l'Ilva sapeva di inquinare
Taranto, 20 ago. (TMNews) – Per i giudici del Riesame non ci sono dubbi sulle responsabilità dell’inquinamento ambientale dell’area dello stabilimento dell’Ilva di Taranto, determinato nel corso degli anni “attraverso una costante e reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti” dell’Ilva. I giudici del Riesame di Taranto, Morelli, Ruberto e Romano, nel confermare il sequestro senza facoltà d’uso dell’area a caldo dello stabilimento tarantino a cui sono stati posti i sigilli lo scorso 25 luglio, hanno ribadito anche gli accertamenti svolti sulla qualità dell’aria, del suolo e dei reparti animali, dai periti del gip durante l’incidente probatorio. Nel provvedimento, composto di 123 pagine, non ci sono dubbi sulle responsabilità di questo disastro “determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante e reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti”. Così come sono adesso, gli impianti sequestrati, sono pericolosi e necessitano di lavori di adeguamento. E’ dunque confermato il sequestro senza facoltà d’uso per gli impianti Ilva di Taranto, con la possibilità affidata ai custodi giudiziari di fermare gli impianti. Fra le 123 pagine di motivazioni, un capitolo è dedicato alle esigenze cautelari degli otto indagati. I giudici tarantini chiamati a rivedere l’ordinanza di arresto ai domiciliari per Emilio e Fabio Riva, per il direttore dello stabilimento Capogrosso e per cinque dirigenti delle aree sequestrate, confermano l’arresto dei primi tre ed il pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento delle prove e ribadiscono “la spiccata pervicacia, spregiudicatezza e capacità a delinquere di cui i Riva ed il Capogrosso, quali organi di vertice della società che gestisce lo stabilimento, hanno dato prova, persistendo nelle condotte delittuose nonostante la consapevolezza della gravissima offensività, per la comunità cittadina ed i lavoratori, delle condotte stesse e delle loro conseguenze penali”. “La strada indicata dal Tribunale del riesame è convergente con quella del governo. Lavoriamo nella stessa direzione, ora spetta all’Ilva investire”. Così il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha commentato a margine del Meeting di Comune e liberazione a Rimini l’interpretazione del Tribunale del riesame. Difendere l’ambiente non vuol dire bloccare lo stabilimento dell’Ilva di Taranto. Questo aprirebbe la strada a “fenomeni sociali che sarebbero drammatici”, ha aggiunto il ministro. Int

Prevenzione ed ecosostenibilità sono sottovalutate dagli italiani che ancora non sanno se schierarsi a difesa della natura

Negli anni Settanta vi furono i casi dell’IPCA di Ciriè, fabbrica di colori dove l’anilina provocava tumori alla vescica, e dell’ICMESA, dalla quale fuoriuscì diossina in quello che è ricordato come il disastro di Seveso (a dire il vero, preannunciato da avvisaglie rimaste senza seguito) cui dovette seguire una bonifica ambientale durata oltre 10 anni. Del febbraio scorso è la sentenza di condanna per i due manager dell’Eternit, ai quali il tribunale di Torino ha contestato più di duemila morti per tumori causati dall’amianto. A fine settimana è esploso il caso Ilva di Taranto, sigillata per disastro ambientale, e con esso la contraddizione fra tutela dell’ambiente e della salute, da una parte, e tutela dei posti di lavoro dall’altra. Una contraddizione insensata eppure drammaticamente inevitabile in tempi di crisi di crisi economica e occupazionale, ma soprattutto di confusione rispetto ai valori. L’antropologo Clyde Kluckhohn scriveva che il “valore” è la concezione del desiderabile, che influenza l’azione con la selezione fra modi, mezzi e fini disponibili. Prevenzione ed ecosostenibilità sono, per nostra miopia, relegati al ruolo di accessori di lusso anziché di opportunità di crescita. Se non sappiamo da quale parte schierarci, le istituzioni ce la mettono tutta per confonderci ancora di più: da ultimo il Consiglio di Stato, che ha sospeso “cautelativamente” il provvedimento che cercava di liberare il centro di Milano dalla congestione del traffico e dall’inquinamento.

Ilva, dai fumi malattie e tumori

«L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte. I modelli di analisi messi a punto hanno consentito di stimare quantitativamente il carico annuale di decessi e di malattie che conseguono all’esposizione all’inquinamento». Cinque righe da brivido a pagina 226. Sono, forse, la risposta più attesa e temuta della perizia sugli aspetti medici ed epidemiologici nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale a carico di alcuni dirigenti dell’Ilva di Taranto. Il dottor Francesco Forastiere, il professore Annibale Biggeri e la professoressa Maria Triassi ieri mattina poco dopo mezzogiorno hanno depositato la perizia nell’ufficio del gip Patrizia Todisco, titolare dell’inchiesta. Il magistrato, insieme al procuratore Franco Sebastio, si è intrattenuto in un lungo colloquio con gli esperti. Tre i quesiti a cui dovevano rispondere: «Quali sono le patologie interessate dagli inquinanti, considerati singolarmente e nel loro complesso e nella loro interazione, presenti nell’ambiente a seguito delle emissioni dagli impianti industriali in oggetto? Quanti sono i decessi e i ricoveri per tali patologie per anno, per quanto riguarda il fenomeno acuto, attribuibili alle emissioni in oggetto? Qual è l’impatto in termini di decessi e di ricoveri ospedalieri per quanto riguarda le patologie croniche, che sono attribuibili alle emissioni in oggetto?»
La perizia, che completa il quadro già tracciato dalla parte inerente le sostanze inquinanti emesse dal siderurgico, è suddivisa in sei capitoli ed esamina i vari aspetti indicati dai quesiti non trascurando un’attenta analisi degli agenti tossici immessi dagli impianti dell’Ilva.  In via preliminare i periti sottolineano che «gli inquinanti si presentano in concentrazioni più elevate in prossimità dell’impianto e nei territori limitrofi, in particolare nei rioni Tamburi, Borgo, Paolo VI e Statte. Le concentrazioni sono variabili nel tempo e dipendono fortemente dalla direzione del vento».
Quali sono le patologie interessate dagli inquinanti, considerati singolarmente e nel loro complesso e nella loro interazione, presenti nell’ambiente a seguito delle emissioni dagli impianti industriali in oggetto?
Nel merito della risposta i tre esperti hanno così riassunto il quadro delle patologie che possono essere riconducibili all’esposizione a sostanze inquinanti. «Agli Idrocarburi Policiclici Aromatici  – affermano –  è riconosciuto un potere cancerogeno, specie per il tumore del polmone e della vescica. Alle diossine è riconosciuto un ruolo cancerogeno per i tumori nel loro complesso, per i tumori del tessuto linfoematopietico (linfoma non-Hodgkin) e per i tumori del tessuto connettivo, come i sarcomi dei tessuti molli. All’amianto è riconosciuto un potere cancerogeno per la laringe, il polmone e la pleura. Alle sostanze volatili organiche, tra cui il benzene, è riconosciuto un ruolo cancerogeno per i tumori del sangue, in particolare la leucemia». C’è poi una fascia di patologie per le quali il rapporto di causa ed effetto non è pienamente stabilito anche se vi sono indicazioni più o meno forti di una associazione che ancora non può essere ritenuta causale. A questo ambito appartengono gli effetti delle sostanze inquinanti «sul tessuto cerebrale con un aumento della patologia degenerativa e alterazioni delle capacità cognitive per esposizioni croniche». Inoltre, secondo i periti, «la presenza di un grande quantitativo di metalli nel particolato atmosferico (rame,piombo, cadmio, zinco) può produrre danni renali fino alla insufficienza renale cronica. Nel comparto della siderurgia, infine, sono stati segnalate altre patologie tumorali tra i lavoratori (es.tumore dello stomaco) per le quali l’evidenza non è conclusiva». Per questo motivo le patologie sono state classificate in due diversi elenchi nel primo sono considerati gli «esiti sanitari per i quali esiste una forte e consolidata evidenza scientifica di possibile danno derivante dalle emissioni dell’impianto siderurgico o per effetto delle esposizioni in ambiente lavorativo». In questo elenco sono comprese: mortalità per cause naturali; patologia cardiovascolare, in particolare patologia coronarica e cerebrovascolare; patologia respiratoria, in particolare infezioni respiratorie acute, broncopatia cronicoostruttiva (BPCO) e asma bronchiale. I bambini e gli adolescenti possono essere particolarmente suscettibili; tumori maligni nella popolazione generale e/o tra i lavoratori: tutti i tumori, tumori in età pediatrica (0-14 anni), tumore della laringe, del polmone, della pleura, della vescica, del connettivo e tessuti molli, tessuto linfoematopietico (linfoma non-Hodgkin e leucemie).
Nel secondo elenco sono, invece, considerati gli «esiti sanitari per i quali vi è una evidenza scientifica suggestiva ma le prove non sono ancora conclusive di un possibile danno derivante dalle emissioni dell’impianto siderurgico o per effetto delle esposizioni in ambiente lavorativo». Si tratta di malattie neurologiche; malattie renali; tumore maligno dello stomaco tra i lavoratori del complesso siderurgico.
Quanti sono i decessi e i ricoveri per tali patologie per anno, per quanto riguarda il fenomeno acuto, attribuibili alle emissioni in oggetto?
La seconda domanda posta dai giudici riguarda gli effetti acuti delle emissioni sulla salute. I periti hanno condotto uno studio di serie temporali epidemiologiche incrociando le frequenze giornaliere degli eventi di interesse, con le medie giornaliere delle concentrazioni degli inquinanti. Si tratta di un approccio largamente accettato nella letteratura epidemiologica che permette di analizzare situazioni in cui la frequenza giornaliera degli eventi è piccola, come nel caso di Taranto e dei due quartieri di interesse, Borgo e Tamburi. «L’analisi sulla città di Taranto nel suo complesso – scrivono i periti – ha mostrato un’associazione con la mortalità per cause naturali coerente con quanto registrato in letteratura (una variazione percentuale di 0,8% per incrementi di 10 mg/m3 dell’inquinante). Sui ricoveri si è documentata un’associazione con le malattie respiratorie (una variazione percentuale di 5,8%). L’analisi ristretta ai residenti nei quartieri Borgo e Tamburi ha mostrato un’associazione con la mortalità per tutte le cause (vp 3,3%) ,le cause cardiovascolari (vp 2,6%) e respiratorie (vp 8,3%). Sui ricoveri, l’analisi sui quartieri Borgo e Tamburi ha mostrato un’associazione con i ricoveri per malattie cardiache (vp 5,0%; p=0,051) e respiratorie (vp 9,3%; p=0,002)».
Nel periodo esaminato dagli esperti  (sette anni), «i decessi e i ricoveri nel breve termine attribuibili alle emissioni derivanti dagli impianti industriali per quanto attiene ai livelli di PM10 superiori al limite OMS sulla qualità dell’aria di 20 µg/m3 per i residenti a Borgo e Tamburi sono 91 (IC80% 55; 127) decessi, 160 (IC80% 106-214) ricoveri per malattie cardiache, 219 (IC80% 173; 264) ricoveri per malattie respiratorie. Scontando una possibile maggior fragilità della popolazione dei due quartieri per effetto di condizioni socio-economiche e lavorative e il contributo di inquinanti da altre sorgenti estranee all’area industriale, i decessi attribuibili diventano circa quaranta (1,2% dei decessi totali, 9 decessi per centomila persone per anno), i ricoveri attribuibili per malattie cardiache settanta (16 ricoveri per centomila persone per anno) ei ricoveri attribuibili per malattie respiratorie cinquanta (11 ricoveri per centomila persone per anno)».
Qual è l’impatto in termini di decessi e di ricoveri ospedalieri per quanto riguarda le patologie croniche, che sono attribuibili alle emissioni in oggetto?
Per rispondere al quesito è stato condotto uno studio epidemiologico con un approccio di coorte di popolazione basato sulla ricostruzione della storia anagrafica di tutti gli individui residenti, il loro successivo follow-up la verifica di mortalità, ricoveri ospedalieri, incidenza dei tumori, e il computo dei tassi assoluti e relativi di frequenza di malattia e di mortalità. La coorte è composta dai soggetti residenti al 1 gennaio 1998 e da tutti quelli che sono successivamente entrati come residenti nell’area per nascita o immigrazione fino al 31 dicembre 2010. Le considerazioni finali dei periti fanno rabbrividire: «L’esposizione continuata agli inquinanti dell’atmosfera emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte. I modelli di analisi messi a punto hanno consentito di stimare quantitativamente il carico annuale di decessi e di malattie che conseguono all’esposizione all’inquinamento».

Mercurio

 

A Taranto nascono più bimbi autistici. Il Corriere del Giorno vi ha dedicato la notizia di copertina. Ci sarebbe un incremento del 50% negli ultimi 10 anni. Il dottor Salvatore Pignatelli, intervistato dal Corriere del Giorno, ha lanciato il suo grido di allarme, rivolgendosi alle associazioni ambientaliste. E’ infatti al centro dell’attenzione degli scienziati la correlazione fra autismo e inquinamento. Nell’articolo si parla di possibile relazione fra diossina e autismo.

Noi, con questo intervento, vogliamo sottolineare anche un’altra possibile relazione: quella fra mercurio e autismo.

A Taranto le stime sull’incremento del mercurio nell’atmosfera e nell’acqua le ha fornite la stessa Ilva all’inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti (INES).

Questa è la tabella che contiene i dati INES, opportunamente disaggregati e comparati con i totali nazionali per un calcolo percentuale.

Mercurio a Taranto

I dati che abbiamo elaborato sono frutto di stime tecniche, la cui attendibilità è collegata al fatto che derivano dalle stesse autodichiarazioni ambientali dell’Ilva. Ad oggi non sono ancora disponibili sul sito dell’APAT le autodichiarazioni del 2006.

Questi dati si commentano da soli per la loro evidenza. Occorre ora capire qual è la ricaduta sul territorio e sulla salute di un tale inquinamento da mercurio. Nel nostro dossier sul mercurio a Taranto c’è una sezione dedicata all’autismo. Scrive il dott. Stefano Pallanti, direttore dell’Istituto di Neuroscienze di Firenze:

“Nel 1948 viene per la prima volta ipotizzato il ruolo dell’intossicazione da mercurio come causa dell’autismo. Si notò infatti lo sviluppo di una condizione multisintomatica, definita acrodinia, in una percentuale di bambini (1 su 500/1000) esposti cronicamente a dosi di mercurio imputate della degenerazione della corteccia cerebrale e del cervelletto”.

Sotto accusa sono finiti i vaccini al mercurio. Ma un inquinamento da mercurio non va sottovalutato per le possibili correlazioni con l’incremento dell’incidenza dell’autismo, dei disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento.

“L’intossicazione da mercurio – scrive il dott. Pallanti – causa immunosoppressione, ridotta funzionalità delle cellule natural killer, e proliferazione sistemica di lieviti, tutte condizioni concomitanti nei casi di autismo. Insolita attività epilettiforme è stata trovata in numerose forme di intossicazione da mercurio pare che il 3545% degli autistici sviluppano ad un certo punto anche un’attività epilettica”.