5 benefici poco conosciuti di avere la barba I vantaggi di avere la barba? Non sono solo di livello estetico.

barba

Avere la barba? Per molti una scelta di vita. Per altri una situazione temporanea. Per tutti, c’è da dire che garantisce benefici anche dal punto di vista della salute. Coloro che scelgono di farsi crescere la barba per migliorare il proprio look o per seguire la moda, potrebbero restare stupiti dallo scoprire come portare la barba sia garanzia di effetti positivi per il benessere e non solo sinonimo di benefici estetici. Quali sono i benefici per la salute per chi porta la barba?

Protezione del viso dai raggi solari

I raggi del sole possono causare danneggiamento e cancro alla pelle, stando ad uno studio condotto a livello universitario e pubblicato su riviste scientifiche del calibro di Radiation Protection Dosimetry.

Gli esperti sostengono che le parti del volto coperte da barba e baffi subiscono un’esposizione ai raggi UV considerati dannosi inferiore di un terzo rispetto ad altre zone del volto.

Prevenzione di eventuali attacchi di asma

Barba e baffi creano una barriera in grado di impedire a pollini ed allergeni di raggiungere le cavità nasali, evitando che essi possano raggiungere i polmoni mediante inalazione, secondo quanto dichiarato da parte di Carol Walzer, esperta del Birmingham Trichology Centre.

Mantenere giovane la pelle del viso

La barba consente che l’idratazione della pelle rimanga intatta, bloccando l’evaporazione dell’acqua da essa. I follicoli piliferi consentono che la pelle venga protetta mediante sostanze oleose che creano una barriera nei confronti degli agenti esterni, rendendo nel contempo la pelle più resistente.

Riparo dalle malattie da raffreddamento

Se la barba copre il mento e la gola, aumentando la temperatura, protegge da raffreddori e altro. La barba è composta da peli che funzionano come isolanti termici, evitando la dispersione del calore corporeo e riparando viso e collo dalle correnti fredde. Infine, radersi meno spesso permette di evitare infezioni della pelle ed eritemi, a parere del dottor Martin Wade, esperto della London Skin and Hair Clinic.

Virilità

Dulcis in fundo, la barba è sinonimo di virilità.

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Quali sono le conseguenze del fumo in gravidanza?

 

Aspettare un bambino è un’ottima occasione per smettere di fumare. Le future mamme possono trovare una forte motivazione a rinunciare alle sigarette, sapendo che proseguire significa ridurre l’apporto di ossigeno al feto e quindi procurargli dei danni. Se si continua a fumare, soprattutto dopo il terzo mese, crescono infatti le probabilità che la gravidanza si interrompa oppure che il nascituro non sia vitale o abbia un basso peso alla nascita oppure sviluppi altri problemi di salute. Le conseguenze del fumo in gravidanza si prolungano nel tempo: per tutto il primo anno di vita il bambino corre un maggior rischio di morte in culla, negli anni successivi sarà più esposto a malattie respiratorie come l’asma.

Tutti questi effetti possono essere prodotti anche dall’esposizione al fumo passivo: è molto importante, quindi, non fumare mai in presenza di una gestante.

Quali sono gli effetti del fumo passivo?

È ormai stato ampiamente dimostrato che i danni del fumo si estendono anche a chi, per il fatto di vivere o lavorare insieme a uno o più fumatori, è stato costretto a respirare per anni sia il fumo emesso dal fumatore dopo che lo ha inalato (mainstream smoke), sia quello liberato direttamente dalla combustione della sigaretta (sidestream smoke). Ormai ci sono prove inequivocabili che il fumo passivo è responsabile di almeno una quota dei tumori al polmone nei non fumatori, oltre che di malattie cardiache, asma e altri disturbi meno gravi. È stato infatti calcolato che aver respirato il fumo altrui aumenta di circa il 25 per cento il rischio di tumore al polmone e di malattie al cuore di un non fumatore. Ci sono poi indicazioni, ancora da dimostrare definitivamente, che tale esposizione possa favorire anche lo sviluppo di tumori al seno e un andamento più sfavorevole della malattia.

Uno studio pubblicato sull’autorevole rivista Lancet, a opera di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha calcolato che al fumo passivo siano da attribuire complessivamente 600.000 morti l’anno, 165.000 dei quali sono i bambini che vivono in casa con un fumatore.

I danni del fumo passivo sono infatti particolarmente gravi nei più piccoli, il cui organismo è ancora in fase di sviluppo. I neonati esposti al fumo sono più soggetti alla SIDS (sudden infant death syndrome), la cosiddetta “morte in culla” nel primo anno di vita; anche passato questo pericolo, i bambini che vivono con fumatori restano più vulnerabili nei confronti delle infezioni polmonari.

Sulla base di queste prove scientifiche molti Paesi hanno adottato normative severe relative al fumo nei luoghi pubblici e sui posti di lavoro, che in alcuni casi si estendono anche a spazi all’aperto, per esempio i campi gioco dei bambini. Molti obiettano che non ha senso preoccuparsi del fumo passivo, quando viviamo in città tanto inquinate. Ferma restando l’assoluta necessità di intervenire sulla qualità dell’aria, è anche vero che, a parità di esposizione ad altre sostanze, è sempre il fumo a fare la differenza. Numerose ricerche scientifiche pubblicate negli ultimi 20 anni hanno inoltre dimostrato che l’inquinamento indoor, cioè negli ambienti chiusi come case, uffici, bar, è molto più pericoloso di quello all’aperto. Ciò perché si trascorre in genere molto più tempo all’interno che all’aria aperta e perché, date le piccole dimensioni degli spazi chiusi, la presenza di fonti di inquinamento interne, di cui il fumo di sigaretta è la fonte principale, porta le concentrazioni di gas e polveri a livelli molto più alti.

Si parla infine anche di fumo di “terza mano”: è il possibile effetto tossico delle sostanze liberate dalla combustione del tabacco e che possono impregnare con il loro odore gli ambienti, in particolare i tessuti dei capi di abbigliamento o quelli di arredamento, come tende, tappeti, copriletti o poltrone e divani. A tutt’oggi non ci sono prove dell’effetto cancerogeno di queste tossine, altrettanto convincenti di quelle riguardanti il fumo di “seconda mano”, cioè inalato involontariamente da un non fumatore in presenza di chi fuma. Molti ricercatori tuttavia stanno indagando anche in questa direzione.

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Controlliamo il nostro respiro

di Luigi Cucchi

 

Le malattie dell’apparato respiratorio rappresentano in Italia la terza causa di morte. Sono 35mila le persone che ogni anno perdano la vita a causa di problemi dell’apparato respiratorio, ben il 6,5% di tutti i decessi registrati. Il tasso d’incidenza di questa emergenza sanitaria preoccupa tutti i pneumologi che si sono riuniti a Roma per il convegno nazionale organizzato – in occasione della Giornata Mondiale della Spirometria – dall’ Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo)e dalla Società italiana di medicina respiratoria (Simer). Tra gli obiettivi fornire informazioni sull’importanza della diagnosi pneumologica mediante esame spirometrico. I disturbi più frequenti del sistema respiratorio vengono erroneamente sottovalutati dalle persone che ne soffrono. Dietro sintomi quali tosse cronica, catarro, difficoltà respiratoria e frequenti bronchiti, si possono celare malattie che, se non diagnosticate e curate in tempo, possono provocare conseguenze rischiose per la salute. La superficialità va bandita. 

 

Tra i disturbi respiratori più diffusi, l’asma colpisce oltre cinque milioni di italiani e si conferma quale malattia cronica più diffusa nell’infanzia. Sono 2,5 milioni i cittadini che soffrono invece di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco)), quarta causa di morte in Italia, un fenomeno che, a livello globale, risulta ancora più grave, collocando le malattie respiratorie al secondo posto nel mondo tra le cause di decesso. Concorrono ad aggravare ulteriormente questo preoccupante scenario le previsioni degli specialisti, secondo i quali la prevalenza di tali patologie è destinata ad aumentare a causa di vari fattori, tra cui i poco corretti stili di vita ed alcune abitudini nocive, soprattutto la cattiva alimentazione e il fumo di sigaretta, le gravi conseguenze che derivano da una diagnosi tardiva e il costante processo d’invecchiamento della popolazione italiana.

 

Secondo quanto emerge dai dati italiani estratti dalle schede di dimissione ospedaliera, nel 2010 si sono registrati 585.542 ricoveri per malattie respiratorie, di cui l’8,5% dovuti a tumore polmonare, il 9,1% ad asma e bronchite e l’11,5% a Bpco. Secondo i dati dello European Mortality Database (MDB), gestito dall’ufficio per l’Europa dell’OMS, emerge che nell’ultimo decennio si è registrata una riduzione dei tassi di mortalità per le malattie respiratorie, quali il tumore polmonare (laringe, trachea, bronchi e polmoni), le malattie croniche delle vie aeree inferiori (bronchite, enfisema, asma) e l’asma, a livello europeo e a livello italiano. 

 

É con l’obiettivo di contribuire ad una sempre maggiore diffusione dell’informazione su un tema, quello delle malattie respiratorie, troppo spesso sottovalutato, che è stato promosso il «Mese della Spirometria», i cittadini hanno la possibilità di sottoporsi ad esami spirometrici gratuiti presso numerosi Centri specializzati della Penisola per un riscontro specifico sulla salute dei propri polmoni. «La probabilità di essere colpiti da patologie polmonari è correlata a numerosi aspetti tra i quali età, abitudine al fumo, condizioni ambientali, esposizione lavorativa a polveri, sostanze chimiche, gas e vicinanza dell’abitazione a fonti di inquinamento atmosferico», afferma il professor Giuseppe Di Maria, presidente Simer. «Di fronte a patologie di natura multifattoriale, appare quindi ancora più significativa l’adozione di uno strumento come la Roadmap Respiratoria Europea, sistema in grado di favorire lo scambio di proposte e soluzioni utili a fronteggiare questo dilagante fenomeno, mediante il costante confronto tra gli specialisti europei in ambito respiratorio».

 

Un dato allarmante: una malattia delle vie aeree viene diagnosticata, in media, soltanto nella sesta decade della vita di un individuo, dopo i 50 anni, quando la funzione respiratoria della persona è già in buona parte compromessa. Con la spirometria si può facilitare una diagnosi corretta e tempestiva.