È meglio scegliere sigarette “leggere”? Pipa e sigaro fanno meno male?

È meglio scegliere sigarette “leggere”? Pipa e sigaro fanno meno male?

Il termine “leggere” (o light, o mild, o low tar) riferito alle sigarette è fuorviante, perché la differenza con quelle normali, in termini di effetti sulla salute, è irrilevante. L’idea che facciano meno male spinge invece a fumarne di più e soprattutto riduce le probabilità che il fumatore decida di smettere. Inoltre, diversi studi scientifici hanno dimostrato che chi utilizza le cosiddette sigarette “leggere” fa boccate più lunghe e profonde. Di conseguenza, il dosaggio delle sostanze tossiche nel sangue non è in queste persone inferiore a quello che si ritrova nei fumatori di sigarette più “forti”, né il loro rischio di ammalarsi nel tempo appare ridotto. Per questo l’Unione Europea nel 2003, e la Food and Drug Administration americana nel 2010, hanno imposto di eliminare dalle confezioni le definizioni di “leggere” (mild,light o low tar) che potevano trarre in inganno il consumatore. Studi condotti dopo l’introduzione di questi provvedimenti, hanno tuttavia mostrato che, nonostante queste espressioni non fossero riportate esplicitamente sui pacchetti, il consumatore tende ingenuamente a pensare che i marchi “gold” o “silver”, o le confezioni con colori più chiari corrispondano a formulazioni meno dannose. In alcuni Paesi, come l’Australia, si sta quindi considerando l’ipotesi di una nuova legislazione che renda uniforme (e poco appetibile) l’aspetto delle confezioni.

Se le sigarette leggere non rappresentano una scorciatoia, neppure il sigaro e la pipa sono alternative più sicure, come molti erroneamente credono, anche se portano a inalare il fumo meno profondamente: ciò riduce leggermente il rischio di tumore al polmone rispetto a quello di chi fuma sigarette, ma le probabilità di sviluppare la malattia sono comunque molto più alte che non tra i non fumatori. Inoltre, fumare sigaro e pipa favorisce lo sviluppo di tumori della bocca, della gola, dell’esofago e di altri organi come il pancreas.

VITTORIA! Il Parlamento Europeo ha cestinato l’ACTA, il bavaglio del web


VITTORIA! Il parlamento europeo con una larghissima maggioranza ha votato contro l’ACTA, il bavaglio del web in salsa europea. Una legge molto temuta, in quanto approvandola a livello sovranazionale i governi d’Europa avrebbero “finalmente” tappato la bocca al web senza “metterci la faccia”, senza cioè votare una legge simile nel parlamento nazionale, attirandosi gli strali dei cittadini. La libertà del web è un tema molto sentito in tutto il mondo. 
Per conoscere quali effetti avrebbe potuto avere sulla libertà del web ti suggeriamo la lettura del documento redatto dall’ufficio di Nigel Farage che abbiamo pubblicato alcuni mesi fa.

di Massimo Mazza per Giornalettismo

Con 39 voti a favore e 478 contro, il Parlamento Europeo ha definitivamente cestinato il trattato

 

SCONFITTA TOTALE – Il discusso trattato internazionale sul commercio, un vero cavallo di Troia con il quale s’intendevano far passare norme ad esclusivo vantaggio di alcune corporation detentrici di copyright e altri diritti intellettuali è stato ridotto a brandelli. Umiliati i proponenti, su tutti la Commissione che lo aveva portato fino al voto, dopo anni di negoziati segreti con le controparti americane. 39 a 478 è un risultato che parla da solo e decisamenteall-partisan.
A CHE SERVE – L’ACTA nasce dalla fervida mente dei legislatori statunitensi pungolati da alcune corporation facilmente identificabili e, con la scusa della lotta alla contraffazione, avrebbe posto limiti assurdi alla circolazione delle informazioni e delle idee, oltre a  minacciare conseguenze penali per milioni di persone che nel mondo si scambiano file o pubblicano ogni genere di materiale, dai kitten stupida alla ricerca scientifica. Avrebbe addirittura creato la figura del poliziotto-provider che agisce su impulso del detentore di diritti offeso, una bestialità giuridica oltre al fatto che nessuno ha capito bene perché i provider si dovrebbero mettere a fare i poliziotti, e ad accollarsene i costi, a beneficio di altre industrie.

 

ACTA, SOPA E PIPA – Identiche bestialità ripetute in progetti di legge squisitamente americani e già bocciati dal Congresso, SOPA E PIPA non sono altro che la versione locale di ACTA, che a lungo Washington ha sognato d’imporre come un accordo globale. Con la bocciatura europea e la denuncia del trattato da parte dei parlamenti di Australia, Svizzera e Messico, ACTA resta invece un trattato poco “internazionale”, riducendosi nei fatti a un accordo bilaterale tra Stati Uniti e Marocco, unico paese che l’abbia siglato e completato l’iter legislativo per perfezionarlo.
CI RIPROVERANNO – Inutile sperare che chi ha già speso milioni di dollari e anni di fatica possa restare demotivato dall’insuccesso, la capacità di persuasione degli avvocati che hanno suggerito di percorrere ottusamente una via del genere è sicuramente elevatissima, ancora di più se impatta su soggetti per i quali ogni virgola di articolo di legge potrebbe significare guadagni miliardari. ACTA e suoi facsimili torneranno sicuramente a minacciare i diritti collettivi, ma per ora e per una volta ci si può godere questo trionfo dell’interesse generale contro l’arroganza d’interessi particolari tanto potenti.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul tabacco e le pipe di Maigret

Non si può contestare che Simenon fumasse, non disdegnasse l’alcool ed avesse un rapporto “singolare” con le donne. Nonostante ciò, questi tre profili risultano spesso oggetto di scarsa attenzione (il primo), di superficiale ed epidermica considerazione (il secondo), ovvero di eccessiva, e per ciò stesso non corretta, valutazione (come per il terzo aspetto, entrato far parte della leggenda e sul quale si è scritto tanto, spesso troppo, e non sempre in maniera pertinente).

Simenon fumava la pipa. E’ molto probabile che lo scrittore, che sentiva la necessità di avvicinarsi ad ogni aspetto del vivere umano, conoscerne e, per quanto possibile, provare le sensazioni che lo stesso potesse offrire, avesse fumato anche sigari e sigarette, ma è solo la pipa che lo ha accompagnato nella sua lunga vita, tenendogli compagnia in ogni occasione e restandogli fedele in qualsivoglia circostanza.

Non vi è foto in cui Simenon compaia senza la sua pipa.

Vi è una bellissima foto del 1993 che lo ritrae, vecchio, convalescente, in raffinata veste da camera, appena reduce da un delicatissimo intervento chirurgico alla testa, seduto su una poltrona all’interno di una suite del Beau Rivage Palace di Ouchy a Losanna in Svizzera, con un plaid sulle gambe, intento a fumare una meravigliosa pipa inglese di radica chiara, liscia, di pregevole fattura (tale foto è in possesso del proprietario di un bar di mia conoscenza, all’epoca capo barman presso la lussuosa struttura alberghiera, che per nessun motivo cederebbe il prezioso documento: egli sa che Simenon non amava essere fotografato, soprattutto negli ultimi anni di vita).

Ogni esperto è in grado di comprendere che egli fumasse solo pipe pregiate, di gran marca (inglese), diritte, preferibilmente medie, leggere e sottili. Ne possedeva un gran numero e le alternava con scrupolo. I ben informati (Giuseppe Bozzini: Tabacco per la mia Pipa) dichiarano che egli fumasse solo due tipi di tabacchi inglesi, entrambi costosi e raffinati: Elizabethan e  The Royal Yacht mixture.
Tabacchi per intenditori, a base di Virginia, con un pizzico di Perique (il primo) ed una percentuale di Latakia (il secondo).

Trinciati per fumatori esperti, di difficile combustione, umidi, di taglio medio-grosso, difficili a reperirsi, ma suscettibili di regalare al fortunato fumatore profumo (ciò che si sente con il naso) ed aromi (quelli che si riescono ad apprezzare con il gusto) straordinari.

Quando scriveva, Simenon metteva a propria disposizione tre o quattro pipe diverse, già riempite, perfettamente allineate sulla scrivania secondo un rituale collaudato, che accendeva senza soluzione di continuità. Le stesse certamente contribuivano a condurlo in quella trance letteraria, che gli consentiva di poter realizzare, con straordinaria disinvoltura, diverse decine di cartelle manoscritte al giorno.   Anche Maigret fumava.

Egli però – si potrebbe azzardare – non “fumava la pipa”; non coltivava l’arte ed il piacere di adoperare il sofisticato strumento, apprezzandone i rituali che il relativo utilizzo inevitabilmente impone, nè osservava le rigorose ed inderogabili regole che ogni fumatore, che disdegni sigari e sigaretti, osserva.

Il Commissario fumava, per così dire “nella pipa”. Attribuiva più importanza alla combustione del tabacco; spesso riaccendeva (cosa assolutamente inaccettabile per un fumatore di pipa) il “proprio attrezzo”; utilizzava pipe vili, di poco prezzo, di marche sconosciute; non perdeva tempo in operazioni di pulizia e manutenzione; non custodiva i propri oggetti ordinatamente, ma li lasciava in giro, senza osservare alcuna cautela, in ufficio, a casa; li riponeva nelle tasche, insieme con altri oggetti, con nessuna precauzione.

Le sue (poche) pipe erano grandi (in armonia con il suo fisico), diritte, con un cannello robusto (forse proprio per scongiurarne una facile rottura). Venivano acquistate (raramente perché Maigret, tra l’altro non incline al consumismo, fumava sempre nelle stesse pipe) da lui personalmente. Non sopportava che gliele scegliessero.

Le pipe che la moglie gli regalava invariabilmente in ogni occasione ufficiale venivano da lui utilizzate solo una volta e malvolentieri, dopo averle ricevute, all’esclusivo fine di non dispiacere la cara consorte (Un Noel de Maigret) e, quindi, abbandonate.

Maigret fumava solo ed invariabilmente tabacco francese del tipo “Scarfelati”. Il nome, entrato nell’uso nel Settecento, deriva, secondo alcuni, dal cognome di un cittadino italiano, inventore di un particolare procedimento di taglio del tabacco, attuato mediante una singolare trinciatrice adottata per la prima volta in Europa nel 1780.

Di tale tipo il Commissario fuma il Gris, caratteristico trinciato francese, secco, di taglio fine, di aroma forte, confezionato in piccoli “cubetti” da 20 grammi l’uno, intrasportabili in tasca, il cui contenuto evidentemente Maigret versava in una borsa da tabacco che portava sempre con sé. Il Gris è tabacco vile, di poco prezzo, dal profumo (o puzza?) pestilenziale, che Maigret non esita a fumare sempre e comunque, incurante dell’insofferenza altrui, insensibile a qualsivoglia protesta, spesso con atteggiamento provocatorio.

Il trinciato è di facile combustione. Il Commissario, intollerante e spesso con la luna per traverso, non sopporta una pipa che “non tiri”: egli si innervosisce quando il trinciato perde la combustione, va in estasi quando la stessa è perfetta (L’escluse n. 1). Solo in determinate ed infrequenti occasioni egli si astiene dall’accendere la sua pipa: o perché costretto dai rari divieti vigenti all’epoca (il Commissario cercava sempre un posto sulla piattaforma esterna degli autobus proprio perché all’interno era vietato fumare) ovvero perché la particolare occasione glielo impone.

In Maigret se dèfend il Commissario davanti al Questore, che lo accusa infondatamente di un illecito da lui non commesso, tiene stretta in pugno la propria pipa, quasi stritolandola, ma astenendosi dall’accenderla per non provocare l’ira dell’alto funzionario. Altrimenti fuma in ogni occasione: anche a letto! Sul comodino vi è sempre una pipa e la borsa del tabacco.

Maigret non fuma mai sigarette o sigari: il giovedì sera, a scadenza quindicinale, egli si reca a cena con la propria moglie a casa dei coniugi Pardon. Dopo aver gustato straordinarie pietanze scrupolosamente preparate dalla padrona di casa, il Commissario ed il dottor Pardon (suo medico curante) si siedono in salone, chiacchierano e, assaporando pregiati distillati, fumano beatamente: il medico un buon sigaro ed il Commissario il suo robusto tabacco.

Non ha alcuna intenzione di abbandonare o ridurre il fumo, in quanto né la moglie né lo stesso medico gli rimproverano sul punto alcunché. Solo allorquando, convalescente dopo essere stato ferito con un’arma da sparo, è costretto a rimanere a letto in una camera di albergo (Le fou de Bergerac), subisce l’ordine da parte dei medici curanti di non fumare; nonostante ciò egli accende la pipa di nascosto, fa aprire le finestre dalla cameriera, ed occulta il suo prezioso strumento sotto il cuscino.

Che Simenon non abbia inteso regalare al suo eroe la qualità di saper interpretare con talento e capacità straordinarie le sofisticate regole del fumo della pipa, ma abbia ritenuto solo di attribuire al Commissario un comportamento ordinario, sintomatico non certo di snobismo, ma espressione di umana e spontanea libertà, lo si deduce dal fatto che alla “Pipa”, sempre presente ne “I Maigret”, non viene praticamente mai attribuita la dignità di essere inserita in qualsivoglia titolo. La stessa compare solo in un breve racconto: La pipe de Maigret, scritto nel 1947 ed edito in Italia nel 1959.

Infatti il romanzo Le due Pipe di Maigret, anch’esso edito per la prima volta in Italia nel 1959, in realtà si intitola Maigret et l’homme du banc pubblicato nel 1953: Maigret non era il “Detective con la pipa” ma solo un uomo che – tra l’altro –  fumava tabacco francese nella pipa.

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