Camerata Renzi, ‘presente!’ Ecco la campagna demografica del Duce

Camerata Renzi, ‘presente!’ Ecco la campagna demografica del Duce

Camerata Renzi, ‘presente!’ Ecco la campagna demografica del Duce

trasferimento (1)Bravo Renzi per l’assegno alle neo-mamme. Il Fascismo si era mosso a proposito…

di Marco Zacchera – ItaliaChiamaItalia

Bravo Renzi per l’assegno (vero, sospeso, confermato? Ancora non si sa…) alle neo-mamme. Non è una primizia (a Verbania quando amministravo si mettevano a disposizione 800 euro per ogni nuovo nato), mentre a livello nazionale sulla rivista Paralleli ci sono dati interessanti su come il Fascismo si era mosso in argomento.
Sarà apologia nostalgica ricordare che nel 1937 (quando lo stipendio medio di un operaio specializzato era meno di 500 lire al mese) la campagna demografica offriva agli operai che si sposavano un assegno nuziale di 700 lire. L’assegno nuziale era inoltre corredato da un prestito senza interessi non inferiore alle 1.000 lire che veniva elargito a quanti, sposati entro i venticinque anni, guadagnavano meno delle famose mille lire lorde al mese, ossia la stragrande maggioranza degli italiani.
A sei mesi dalla concessione del prestito si cominciava a restituirlo nella misura dell’1% al mese. Ma dopo la nascita di un figlio la restituzione veniva sospesa per un anno e il prestito si riduceva del 10% del totale al primo figlio, del 20% al secondo, del 30% al terzo, del 40% al quarto, dopo di che veniva condonato.
Alle madri riconosciute ufficialmente prolifiche, con almeno sette figli, il Duce inviava o consegnava personalmente in cerimonie ufficiali a Palazzo Venezia 5.000 lire più una polizza di assicurazione di 1.000 lire. Altre facilitazioni, come per esempio la tessera gratuita per tutti i mezzi pubblici, arrivavano loro dal fascio locale.
I capifamiglia con prole numerosa godevano di privilegi negli impieghi statali, nei contratti di lavoro collettivi, nella concessione di prestiti a interesse, e di forti sconti nell’affitto degli appartamenti. Anche gli assegni familiari erano ragguardevoli: 3,60 lire la settimana per gli operai con un figlio, 4,80 per quelli con due figli; 6 lire da tre figli in su. Per gli impiegati (sempre alla settimana) 4,80, 6,50 e 7,20 lire mentre per i dipendenti del commercio gli assegni erano più elevati.

 

*ex deputato PdL, sindaco di Verbania

 

 

Scritte infamanti sulla tomba di Mussolini

San Cassiano di Predappio

Un gruppo di vandali ha preso di mira il cimitero dove sono custoditi i resti del Duce

Predappio, scritte infamanti sulla tomba di Mussolini (Foto Quinto Cappelli)

Predappio, scritte infamanti sulla tomba di Mussolini (Foto Quinto Cappelli)

Predappio (Forlì Cesena), 27 novembre 2011 – La tomba di Benito Mussolini presa di mira da un gruppo di vandali. Questa mattina finistre, porte e muri del cimitero di San Cassiano di Predappio sono statI ritrovati imbrattati con scritte infamanti.

“Fascismo e clero complici corrotti”, “L’unico fascista buono è quello morto” e “Fascisti assassini a morte”, sono le tre frasi impresse con la vernice sulla tomba di Mussolini. A scoprirle è stato il custode, Vittorio Mughini.

La tomba è stata ripulita. Sul fatto indagano i carabinieri e gli agenti della Digos.

http://www.ilrestodelcarlino.it/forli/cronaca/2011/11/27/627558-scritte_infamanti.shtml

28 Aprile 1945 – Seconda guerra mondiale: Benito Mussolini e la sua compagna Clara Petacci, catturati a Dongo mentre tentavano di espatriare in Svizzera, vengono fucilati da membri della Resistenza italiana a Giulino di Mezzegra

Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, Clara Petacci fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per essere poi liberata l’8 settembre, quando venne annunciata la firma dell’armistizio di Cassibile.

Tutta la famiglia abbandonò Roma e si trasferì nel nord Italia controllato dalle forze tedesche, ove poi sorse la Repubblica di Salò. Clara si trasferì in una villa a Gardone, non lontano dalla residenza di Mussolini e dalla sede del governo repubblicano a Salò. Trasferitisi a Milano a seguito dell’abbandono della riviera gardesana da parte del duce poco dopo metà aprile del 1945, il 23 aprile i Petacci – salvo Clara e il fratello Marcello, che rimasero nella capitale lombarda – si posero in salvo in aereo, giungendo a Barcellona dopo un avventuroso volo durato quattro ore. Il 25 aprile, sia Clara sia Marcello si allontanarono da Milano assieme alla lunga colonna di gerarchi fascisti in fuga verso Como, Marcello tentando di riparare in Svizzera con false credenziali da diplomatico spagnolo. Il 27 aprile 1945, durante l’estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, Clara fu bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana, che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Taluni affermano che le sia stata offerta una via di scampo, da lei ricusata decisamente[senza fonte].

Il giorno seguente, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e Clara furono entrambi fucilati, sebbene su Clara non pendesse alcuna condanna. La versione ufficiale della morte di Mussolini è stata tuttavia contestata ed esistono diverse versioni sull’andamento dei fatti.

I corpi di Mussolini (secondo da sinistra) e di Petacci (riconoscibile dalla gonna) esposti a Piazzale Loreto. Il primo cadavere a sinistra non è mai stato identificato (forse Paolo Zerbino o più probabilmente Nicola Bombacci). Gli ultimi due a destra sono PavoliniStarace.

Nella stessa giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu catturato e giustiziato a Dongo dai partigiani, insieme ad altre quindici persone che accompagnavano la fuga di Mussolini.

Il giorno successivo, il 29 aprile, a piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti (assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima e Starace, che venne giustiziato in Piazzale Loreto poco prima), appesi per i piedi alla pensilina del distributore di carburanti ESSO[1], dopo essere stati oltraggiati dalla folla. Il luogo venne scelto per vendicare simbolicamente la strage di quindici partigiani e antifascisti, messi a morte per rappresaglia in quello stesso luogo il 10 agosto 1944.

Non appena comprese che c’era l’intenzione di appendere per i piedi anche il cadavere della Petacci alla pensilina, don Pollarolo, cappellano dei partigiani, prese l’iniziativa di chiedere ad una donna presente tra la folla una spilla da balia per fissare la gonna indossata dal corpo di Clara. Tale soluzione si rivelò però inefficace e così intervennero i pompieri, sopraggiunti con gli idranti a sedare l’ira della folla, a provvedere a mantenere ferma la gonna con una corda.

Ipotesi controverse sulla morte della Petacci e di Mussolini

L’ex senatore del MSI Giorgio Pisanò, nell’inchiesta contenuta nel suo libro sulla morte di Mussolini, sostiene che la Petacci sarebbe stata vittima di stupro di gruppo ad opera dei partigiani e che (come Mussolini) non sarebbe morta a causa della fucilazione, ma a causa delle sevizie subite, ovvero in seguito a gravi emorragie dovute all’intromissione violenta di un bastone, od oggetto similare, negli orifizi ano-vaginali.

Tale ipotesi è stata espressa in seguito ad un’intervista radiofonica con un sedicente medico che affermava d’aver assistito all’esame autopticodella donna, rilevando le tracce di liquido seminale e le lesioni interne[2].

Vengono inoltre citati strani ed apparentemente insensati episodi come l’ordine del CNL (inviato dal prof. Pietro Bucalossi, il «partigiano Guido») di non effettuare l’autopsia sulla Petacci e lo scontro tra formazioni partigiane avvenuto prima dell’esposizione di Piazzale Loreto.

Il furgone che trasportava il corpo della Petacci e degli altri fucilati venne fermato, in via Fabio Filzi, ad un posto di blocco partigiano operato da una formazione delle Brigate Garibaldi. I partigiani a bordo del furgone si rifiutarono di mostrare i corpi trasportati. Le due formazioni armate si fronteggiarono sino all’intervento del comando generale.

Tali ipotesi, per lo più speculative e non verificabili, appaiono minoritarie e non sono riprese, in quanto tali, dagli storici che si sono occupati della vicenda.

Una dettagliata analisi post mortem è comunque stata tentata con dovizia di particolari e disegni medici già nel 1956[3].

Il centenario di Pricolo, compì l’autopsia sul corpo del duce,nonché creatore della scuola di rieducazione alla parola dei laringectomizzati e fondatore dell’Associazione Italiana Laringectomizzati

— CODOGNO —
CODOGNO ricorda il luminare della medicina Vittorino Pricolo, colui che eseguì l’autopsia sul corpo di Benito Mussolini. Domenica 17 gennaio sarà celebrato il centenario della nascita, avvenuta il 18 gennaio del 1910 a Frosolone in provincia di Isernia, del noto chirurgo oncologo, cittadino benemerito di Codogno nel 1991 e medaglia d’argento del comune di Milano. Il professor Pricolo, libero docente in patologia speciale chirurgica e clinica chirurgica, primario chirurgo all’Ospedale Civile di Ancona, con all’attivo circa ventimila interventi chirurgici, specie nel campo dei tumori, è stato autore di metodi personali di intervento in laringectomia e parotidectonia totale, nonché creatore della scuola di rieducazione alla parola dei laringectomizzati e fondatore dell’Associazione Italiana Laringectomizzati. La giornata celebrativa, patrocinata e organizzata dal Comune, dalla Pro Loco, dal Rotary oltre che dalla sezione dell’Ailar (Associazione Italiana Laringectomizzati) intitolata proprio al professor Pricolo e dall’associazione codognese “Club dei Dieci”, si aprirà con la messa alle 10 in parrocchia. Seguirà poi, presso il palazzo della Fondazione Lamberti di via Cavallotti, un ricordo commemorativo cui parteciperanno le autorità locali, i rappresentanti degli enti e delle associazioni organizzatrici, il presidente nazionale dell’Ailar, il piacentino dottor Maurizio Magnani, il professor Gianfranco Ferla, professore di chirurgia generale presso l’Istituto San Raffaele e il dottor Orazio Pizzigoni, scrittore e giornalista. M.B.

VITTORINO PRICOLO Il medico della laringe

VITTORINO PRICOLO

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Vittorino Pricolo, oncologo nonché autore dell’autopsia al corpo di Benito Mussolini, nasce a Frosolone (Isernia) il 18 gennaio 1910. Suo padre, Cosimo, lo indirizza agli studi. Nel 1930 ottiene la maturità classica ad Isernia. Quindi s’iscrive a Parma alla facoltà di medicina dove si laurea nel 1936 con pieni voti. Quindi a Bologna ottiene l’abilitazione, passando a Milano nel 1936 presso la clinica medica dell’università.
Sono anni importanti per il professor Pricolo: un corso di idrologia medica a Salsomaggiore, medicina del lavoro a Milano, specialità in pediatria ed in radiologia sempre a Milano, oncologia a Pavia.
Dal 1939 inizia la carriera chirurgica presso l’istituto per la cura dei tumori a Milano. Dal 1940 al 1960 è primario chirurgo dell’ospedale “Don Palazzolo” di Milano, presto affiancato dalla condirezione del “Principessa Jolanda” (sempre a Milano) e dal giugno 1959 dell’Umberto I di Ancona. 
L’attività professionale lo porta spesso in America (vive a New York per sei mesi nel 1947); è autore di un metodo personale di laringectomia totale e di un altro di parotidectomia totale con rispetto nel nervo facciale. 
Si sposa con una donna lombarda dalla quale ha due figli.
Molto legato al Molise e alla sua Frosolone (pur tornandoci raramente, causa anche gli impegni professionali), nel 1959 diventa presidente della Famiglia abruzzese-molisana di Milano. 
Nella sua vita pratica circa 20 mila operazioni chirurgiche, in gran parte nel campo del tumori in genere ed in quelle del torace, faccia, collo, addome, ecc. Una lunga carriera che gli vale il titolo di Grande ufficiale al merito nel 1970, la medaglia d’argento del Comune di Milano nel 1972, quella d’oro dal Comune di Codogno (Milano) nel 1983. E’ il primo cittadino non lombardo ad essere nominato “cittadino benemerito” di Cotogno. 
Nel 1992 viene nominato presidente del Rotare Club di Cotogno.
Lascia un centinaio di pubblicazioni scientifiche.

(Giampiero Castellotti)