Morto Mirko Tremaglia l’ultimo ragazzo di Salò ancora in Parlamento

 

 
 

« Ci presentammo subito volontari io e i miei due fratelli. Mia madre capì… Vivevamo già in questa casa. Volevamo difendere l’Italia, combattere. Ci animavano degli ideali. I ragazzi di Salò hanno rappresentato una parte viva e eccezionale della gioventù italiana »

Poche righe che fanno capire chi era ed è Mirko Tremaglia perché le persone come lui non muoiono ma solamente vanno a vivere in un mondo migliore dove non esistono cattiveria e malvagità ma vive lo spirito di cui Mirko ne eri un grande esempio.

A 17 anni quando la maggior parte dei suoi coetanei cercavano la via di fuga imboscandosi per poi scendere dalla montagna con il patentino di partigiano anche se erano solamente nascosti,fando del male anche a chi combatte veramente,lui invece aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la Patria e per l’Onore,parole che man mano che il tempo scorre hanno sempre meno valore ma non per lui che era pronto a immolare la sua giovinezza per un Ideale Alto.

Parlamentare nel Movimento Sociale Italiano e Ministro per gli Italiani nel Mondo riusci a far votare gli Italiani e i loro discendenti all’estero,chi non si ricorda i Comitati Tricolori per gli Italiani nel Mondo e i loro stand nelle Feste del Secolo d’Italia,quando essere di destra aveva un valore storico culturale forte.

Ma il colpo più grosso fu la perdita del figlio Marzio che mori giovanissimo appena 42enne per una malattia che non gli diede scampo proprio quando sembrava che il destino gli arridesse.

Ma io mi ricordo i comizi del MSI di Almirante e di Fini dopo quando voi Marzio e Mirko in testa al gruppo di Bergamo,sempre tra i più numerosi se non il più numeroso entravate nella piazza dove si sarebbe svolto il comizio al motto “Mirko Tremaglia è il grido di battaglia”.

Io vi ricorderò sempre così perché l’uomo che aderì al Fli era già un uomo colpito dai tanti dolori fra cui la morte del figlio Marzio è minato dall’Alzheimer e ti hanno tirato per la giacchetta per entrare nel partito di Gianfranco,perché un uomo tutto di un pezzo non merita di essere ricordato per il suo militare nel Pdl e in Fli ma merita di essere ricordato per le battagli per la destra sociale e per gli Italiani sparsi nel mondo che la Patria dimenticava.

Nobis Mirko

L’Anziano Gino V

28 Aprile 1945 – Seconda guerra mondiale: Benito Mussolini e la sua compagna Clara Petacci, catturati a Dongo mentre tentavano di espatriare in Svizzera, vengono fucilati da membri della Resistenza italiana a Giulino di Mezzegra

Travolta dagli eventi della seconda guerra mondiale, Clara Petacci fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per essere poi liberata l’8 settembre, quando venne annunciata la firma dell’armistizio di Cassibile.

Tutta la famiglia abbandonò Roma e si trasferì nel nord Italia controllato dalle forze tedesche, ove poi sorse la Repubblica di Salò. Clara si trasferì in una villa a Gardone, non lontano dalla residenza di Mussolini e dalla sede del governo repubblicano a Salò. Trasferitisi a Milano a seguito dell’abbandono della riviera gardesana da parte del duce poco dopo metà aprile del 1945, il 23 aprile i Petacci – salvo Clara e il fratello Marcello, che rimasero nella capitale lombarda – si posero in salvo in aereo, giungendo a Barcellona dopo un avventuroso volo durato quattro ore. Il 25 aprile, sia Clara sia Marcello si allontanarono da Milano assieme alla lunga colonna di gerarchi fascisti in fuga verso Como, Marcello tentando di riparare in Svizzera con false credenziali da diplomatico spagnolo. Il 27 aprile 1945, durante l’estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, Clara fu bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana, che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Taluni affermano che le sia stata offerta una via di scampo, da lei ricusata decisamente[senza fonte].

Il giorno seguente, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e Clara furono entrambi fucilati, sebbene su Clara non pendesse alcuna condanna. La versione ufficiale della morte di Mussolini è stata tuttavia contestata ed esistono diverse versioni sull’andamento dei fatti.

I corpi di Mussolini (secondo da sinistra) e di Petacci (riconoscibile dalla gonna) esposti a Piazzale Loreto. Il primo cadavere a sinistra non è mai stato identificato (forse Paolo Zerbino o più probabilmente Nicola Bombacci). Gli ultimi due a destra sono PavoliniStarace.

Nella stessa giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu catturato e giustiziato a Dongo dai partigiani, insieme ad altre quindici persone che accompagnavano la fuga di Mussolini.

Il giorno successivo, il 29 aprile, a piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti (assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima e Starace, che venne giustiziato in Piazzale Loreto poco prima), appesi per i piedi alla pensilina del distributore di carburanti ESSO[1], dopo essere stati oltraggiati dalla folla. Il luogo venne scelto per vendicare simbolicamente la strage di quindici partigiani e antifascisti, messi a morte per rappresaglia in quello stesso luogo il 10 agosto 1944.

Non appena comprese che c’era l’intenzione di appendere per i piedi anche il cadavere della Petacci alla pensilina, don Pollarolo, cappellano dei partigiani, prese l’iniziativa di chiedere ad una donna presente tra la folla una spilla da balia per fissare la gonna indossata dal corpo di Clara. Tale soluzione si rivelò però inefficace e così intervennero i pompieri, sopraggiunti con gli idranti a sedare l’ira della folla, a provvedere a mantenere ferma la gonna con una corda.

Ipotesi controverse sulla morte della Petacci e di Mussolini

L’ex senatore del MSI Giorgio Pisanò, nell’inchiesta contenuta nel suo libro sulla morte di Mussolini, sostiene che la Petacci sarebbe stata vittima di stupro di gruppo ad opera dei partigiani e che (come Mussolini) non sarebbe morta a causa della fucilazione, ma a causa delle sevizie subite, ovvero in seguito a gravi emorragie dovute all’intromissione violenta di un bastone, od oggetto similare, negli orifizi ano-vaginali.

Tale ipotesi è stata espressa in seguito ad un’intervista radiofonica con un sedicente medico che affermava d’aver assistito all’esame autopticodella donna, rilevando le tracce di liquido seminale e le lesioni interne[2].

Vengono inoltre citati strani ed apparentemente insensati episodi come l’ordine del CNL (inviato dal prof. Pietro Bucalossi, il «partigiano Guido») di non effettuare l’autopsia sulla Petacci e lo scontro tra formazioni partigiane avvenuto prima dell’esposizione di Piazzale Loreto.

Il furgone che trasportava il corpo della Petacci e degli altri fucilati venne fermato, in via Fabio Filzi, ad un posto di blocco partigiano operato da una formazione delle Brigate Garibaldi. I partigiani a bordo del furgone si rifiutarono di mostrare i corpi trasportati. Le due formazioni armate si fronteggiarono sino all’intervento del comando generale.

Tali ipotesi, per lo più speculative e non verificabili, appaiono minoritarie e non sono riprese, in quanto tali, dagli storici che si sono occupati della vicenda.

Una dettagliata analisi post mortem è comunque stata tentata con dovizia di particolari e disegni medici già nel 1956[3].