E-cig, indagine rileva metalli pesanti e cancerogeni nei liquidi

Risultati allarmanti nell’indagine commissionata da Il Salvagente all’università di Napoli sulle sostanze presenti nei liquidi delle sigarette elettroniche. Le indicazioni del Consiglio superiore di Sanità

Metalli pesanti quali piombocadmiocromo earsenico sarebbero presenti in alcuni liquidi persigarette elettroniche che il Salvagente, settimanale di informazione per i consumatori, ha fatto analizzare dal dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli. 
La denuncia emerge da un ampio dossier dal titolo “Veleni incontrollati“,  pubblicato sull’ultimo numero della testata, i cui si danno gli esiti dei test che hanno rilevato sostanze “cancerogene”
“I valori sembrerebbero molto elevati, in special modo per il campione Louisville, nel quale laconcentrazione di arsenico sarebbe più elevata di quella ammessa per l’acqua potabile. Valuteremo attentamente”, spiega al Salvagente Raffaele Guariniello, il procuratore di Torino che da tempo indaga sulle sigarette elettroniche e sui relativi liquidi di ricarica e che, a seguito delle analisi, ha aperto un nuovo fascicolo di indagine.
 

Sono queste, notizie sicuramente spiacevoli per tutti coloro che hanno accolto le e-cig come l’alternativa “sana” alle bionde, tuttavia la scoperta non giunge a ciel sereno: in un contesto che non prevede normative, né tantomeno controlli, e in assenza di un’accurata valutazione dei rischi… tutto è possibile. 
“Per le sigarette elettroniche – si legge sul Salvagente – non esistono limiti normativi ai metalli pesanti, sostanze che in questo caso vengono assorbite per inalazione e per le quali, in assenza di studi e verifiche, nessuno può misurare se e come si modifica il loro tasso di tossicità.”
 

I produttori contattati dal Salvagente, non sottovalutano il problema e, stando a quanto hanno dichiarato al settimanale dei consumatori, monitorano la presenza dei metalli pesanti e chiedono “urgentemente una regolamentazione” che disciplini direttamente la produzione dei liquidi per e-cig. Il gestore del sito mondosvapo.com, dove è possibile acquistare on line diversi tipi di ricariche, ha fatto di più: ha sospeso la vendita del Louisville e di tutti i prodotti  want2vape Vapenstein in attesa che il produttore statunitense fornisca chiarimenti rispetto ai valori di arsenico riscontrati nelle analisi.
 

Un campanello di allarme era già suonato qualche settimana fa, quando il Consiglio superiore della sanità ha esortato a vietare l’uso delle e-cig nelle scuole, a regolamentarne la pubblicità indicando sulla confezione i rischi per la salute e il pericolo causato dalla dipendenza da nicotina, e ad apporre sulla confezione il sigillo di sicurezza a prova di bambino. 
La decisione finale spetta comunque al ministero. Il parere del Css tuttavia pone in evidenza la necessità di intervenire a difesa di alcune categorie come appunto i giovani o le donne in gravidanza poichè non sono esclusi rischi da fumo passivo per le e-cig che contengono nicotina.

L’ampia promozione che le aziende mettono attualmente in atto sullesigarette elettroniche induce a credere che abbiano come unica emissione il vapore acqueo. Ma il vapore che trasporta le sostanze contenute nelle e-cig è prodotto da glicole propilenico, scaldato da una resistenza, sulla cui tossicità gli esperti non si pronunciano.

Intanto il Codacons, a seguito dell’inchiesta condotta del Salvagente, si rivolge alle autorità sanitarie chiedendo “controlli e sequestri a tappeto in tutta Italia”.

 

e cig 367bSigarette elettroniche e veleni Fonte: La Presse
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Bocconi avvelenati: a rischio cani e bimbi. Le associazioni insorgono

Lav, Enpa e Lega nazionale per la difesa del cane hanno inviato una lettera al ministro della Salute, Renato Balduzzi, chiedendo la reiterazione dell’ordinanza riguardante le “Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati”.

 

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Mancano solo pochi giorni e poi, il prossimo 10 febbraio, scadranno i termini dell’ordinanza del 14 gennaio 2012 (proroga e modifica dell’ordinanza 18 dicembre 2008 poi variata dall’ordinanza 19 marzo 2009) recante «Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati».

In pratica, con l’estinzione di questo provvedimento animali ed esseri umani sarebbero maggiormente soggetti al rischio di venire in contatto con i prodotti avvelenati. Un problema da non sottovalutare, considerando che, secondo quanto risulta dai dati di Aidaa – Associazione italiana difesa animali & ambiente, nel corso del 2011 solo nei giardini e spazi condominali si sono registrati oltre 1.250 intossicazioni di cani e 2.000 di gatti (+7% rispetto al 2010) e di questi, 450 cani e oltre 1.300 gatti sono morti.

È per questo che Lav, Enpa e Lega nazionale per la difesa del cane hanno inviato una lettera al ministro della Salute, Renato Balduzzi, chiedendo la reiterazione dell’ordinanza che, si legge nella nota, «è stata negli anni di grande aiuto ai cittadini, ai Sindaci, ai medici veterinari, alle Forze di Polizia, per prevenire e contrastare questo triste e pericolosissimo fenomeno di attentato alla vita e alla salute pubblica. Sia per tutela degli animali, in particolare i cani, che delle persone che vivono con loro, così come- solo per fare un esempio – dei bambini che incautamente possono portare alla bocca tali sostanze».

Il passo successivo sarà una legge in materia, ma nel frattempo, l’ordinanza rappresenta un «riferimento normativo efficace per prevenire e contrastare gli avvelenamenti. A conferma dell’importanza degli strumenti forniti, ma anche purtroppo di una difforme applicazione delle disposizioni previste, il 15 novembre scorso il ministero della Salute ha diffuso le Linee guida per standardizzare le procedure e uniformarle sul territorio nazionale, segno questo di come se effettivamente ben applicata l’ordinanza sia uno strumento indispensabile per combattere il fenomeno della preparazione, utilizzo e spargimento di esche e bocconi avvelenati».

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Buco dell’ozono, rischio mutazioni del Dna e ustioni, ecco le cause

La lotta ai killer dell’ozono procede, ma la situazione è ancora grave: nonostante i divieti si producono ancora 88.000 tonnellate di sostanze pericolose.

Lo strato di ozono protegge il Pianeta dai raggi ultravioletti, alcuni passano, i più nocivi vengono bloccati. Quando il buco dell’ozono si allarga, questi raggi riescono a raggiungere la superficie terrestre e, con essa, l’uomo. Uno studio pubblicato nel 2009 sulla rivista americana Atmospheric Chemistry and Physicsponeva l’attenzione sugli scenari che avrebbero potuto verificarsi senza un arresto efficace delle sostanze killer per l’ozono: il rischio più grosso è quello di veder scomparire i due terzi dell’ozono entro il 2065, «in questo caso le radiazioni ultraviolette colpirebbero alle medie latitudini città come Washington, causando ustioni in cinque minuti e mutazioni del Dna con un aumento del 650%»

L’aggravarsi del buco dell’ozono è una questione più che mai seria, soprattutto se si pensa ai 20 anni di lotta globale alle sostanze che ne hanno provocato l’assottigliamento. Gli sforzi ufficiali sono iniziati nel 1987, con la firma dell’accordo di Montreal, finalizzato a scandire le tappe per fermare i killer dell’ozono, prevalentemente iclorofluorocarburi, noti con la sigla cfc.

Il Trattato è entrato in vigore nel gennaio 1989 e nel 2009 è diventato Protocollo Universale, data l’adesione di tutti i 196 paesi dell’Onu. Come già anticipato, primo obiettivo sono stati iclorofluorocarburi, utilizzati principalmente per frigoriferi e bombolette spray, ora eliminati dal commercio.

Attualmente l’attenzione è puntata sugli idrofluorocarburi (Hcfc) utilizzati in refrigerazione e climatizzazione: l’accordo raggiunto nel 2007 ne prevede l’eliminazione entro il 2020 nei paesi industrializzati ed entro il 2030 in quelli in via di sviluppo.

Ma secondo gli scienziati queste sostanze non sono le sole responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono, fondamentale per la difesa dai raggi ultravioletti: sembrerebbe che il buco tenda a riformarsi anche per cause naturali, ancora da chiarire.

Quello che è certo, è che la popolazione umana deve fare in modo di ridurre ogni possibile causa di disturbo: nonostante l’accordo di Montreal, oltre 88.000 tonnellate di sostanze dannose per l’ozono continuano a essere prodotte ogni anno, per l’85% nei paesi sviluppati, e, cosa ancora più grave, circa 15.000 di queste tonnellate sarebbero prodotte illegalmente.

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