PARALIMPIADI, DOPING E AUTOLESIONISMO

Anche le Paralimpiadi hanno il loro doping, ovvero l’autolesionismo: un atleta su sei a Pechino usava la disreflessia autonoma

Paralimpiadi, doping e autolesionismo

Le Paralimpiadi hanno nell’autolesionismo degli atleti il loro più insidioso doping. Tecnicamente il fenomeno clinico associato si chiama disreflessia autonoma e il comitato paralimpico internazionale lo conosce da 20 anni. Materialmente gli atleti usano

ostruire il catetere, comprimere i testicoli, fratturarsi o applicare elettroscariche sui muscoli. Si ottiene l’aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dell’adrenalina nel sangue. Chi userà queste tecniche a Londra sarà squalificato. I controlli prevedono il controllo della pressione pre-gara nelle aree di riscaldamento. «È come il doping – ha detto il capodelegazione del team GB Craig Hunter – e diversi atleti sono pronti a barare». Nel corso di una ricerca effettuata sulle Paralimpiadi di Pechino un atleta su sei ha ammesso di usare tecniche per disreflessia, in particolare i midollolesi nei quali la pressione sanguigna non cresce allo stesso modo degli altri atleti. L’uso delle scariche elettriche, o di altre tecniche, può
indurre pericolosi picchi di pressione. I paralimpici sono sottoposti a programmi informativi sulla pericolosità del doping da “autolesionismo”.

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