Informazioni su Salvatore Barile

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DDISCOGRAFIA:

1) 1994 – CANTO DI NATALE NEL MONDO – Orchestra e coro civico di Corato – ediz. PAOLINE.


2) 1996 – PASSIONE E MORTE – Banda Ruvomusica-direttore Michele Di Puppo – ediz. MUSICAIMMAGINE Records.


3) 1997 – LA BANDA (doppio CD)-Banda Città di Ruvo Di Puglia – featuring Lucilla Galeazzi, Pino Minafra, Gianluigi Trovesi, Michel Godard, Jean Louis Matinier, Willer Breuker – ENJA records. Sito del gruppo.


4) 1998 – ORCHESTRA CITTA’ DI ANDRIA – direttore Vito Andrea Morra – Progetto “La musica è cultura”.


5) 2000 – I GIORNI DEL SACRO – Orchestra di fiati “I FILARMONICI”-direttore Salvatore Campanale – ediz. GENIUS LOCI.

BIOGRAFIA:

Salvatore Barile

Salvatore Barile nasce a Parigi da genitori di Ruvo di Puglia dove ritorna all’età di circa sei anni. Qui, mentre frequenta i corsi di studi elementari e medi, segue il “Corso di Orientamento Musicale” triennale organizzato dalla Regione e tenuto dal Maestro non vedente Michele Cantatore, conseguendo il diploma nel maggio 1975 ed inizia, all’età di tredici anni, lo studio della tromba con il Maestro Basilio Giandonato presso la locale “Scuola Musicale Comunale”. Nel 1980 consegue la Maturità Tecnica, mentre nel frattempo ha proseguito gli studi musicali presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari dove si diploma in Trombone con il Maestro Michele Valerio nel 1983.
Prosegue gli studi letterari presso l’Università di Bari, e quelli musicali seguendo sia diversi corsi di tecnica strumentale, sia interessandosi della didattica della musica e degli aspetti storico-musicologici dello strumento.
Dal 1992 al 1999 per conto della Coop. “Basilio Giandonato” srl, di cui è presidente, diviene responsabile del Servizio di attività didattica della Scuola Comunale di Musica di Ruvo di Puglia. Frequenta il corso quadriennale di Didattica della Musica del Conservatorio “Piccinni” di Bari, dove si diploma nel 1995 discutendo le tesi, di pedagogia, sulla didattica strumentale e, musicologica, sul “mestiere”, dei suonatori di tromba tra il 1300 ed il 1700 con i professori M. A. Lamanna e S. Colazzo, pubblicando, con quest’ultimo, il testo “Il mestiere del trombetta” (Ed. Amaltea).
Intanto rafforza la carriera di docente nelle scuole medie e superiori conseguendo, nel 1990, abilitazioni all’insegnamento e superando concorsi a cattedra: nel ’92 (scuola media) e nel ’93 (istit. istruz. secon. di 2° grado).
Nel 1998, mentre prosegue l’attività didattica, nella scuola media e superiore, iniziata nel 1981, e di strumentista collaborando con formazioni di musica da camera, l’Orchestra e Coro civico di Corato, con la quale ha inciso per le edizioni Paoline (vedi discografia), l’Ente Lirico Pugliese, l’Orchestra del Teatro Petruzzelli (con la quale tra l’altro ha suonato con nomi prestigiosi quali Burt Bacharach e Dionne Warwick), si diploma in Tromba sempre presso il Conservatorio “Piccinni” di Bari.
Nel 2000 la carriera di docente e musicista sembra destinata ad una tragica interruzione e conclusione a causa di un carcinoma che colpisce le corde vocali, per cui i medici dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo sono costretti ad eseguire una laringectomia totale a Natale dello stesso anno.
La tenacia, la forza di volontà, la voglia di vivere, la passione per la musica e per l’insegnamento gli consentono dapprima di riprendere l’insegnamento, nel gennaio 2001, poi nell’ottobre 2003, con cautela, di riprendere a suonare dopo essersi sottoposto ad intervento chirurgico per l’innesto di una protesi fonatoria che gli permette di far passare aria dalla trachea nella parte alta dell’esofago, pressol’ospedale di San Giovanni Rotondo, intervento effettuato dall’equipe del Reparto Otorino, con il Dott. Andrea Cavalot, docente presso la Clinica Otorino delle Molinette di Torino e dal professor Franz JM Hilgers.
Grazie ai risultati medici e non ottenuti, collabora con i su citati professori medici, a simposi e convegni, e “la sua storia” è apparsa sul quotidiano “la Repubblica” del 10 giugno 2006, edizioni di Torino e Bari, in un articolo a cura del gionalista Alberto Custodero.
La prima sfida, dopo tale intervento, è quella di seguire un corso di Tromba Na- turale (Barocca) presso la Scuola Musicale Municipale di Mirandola-MO, con il Maestro Tranquillo Forza. Mentre oggi continua l’attività di docente di Tromba presso la Scuola Media Statale “Riccardo Monterisi” di Bisceglie-BA (vedi sez. Didattica), si cimenta a suonare con gruppi di musica da camera, da solista nella musica da camera ed è tornato a far parte della “Banda Ruvomusica”, Orchestra di fiati fondata dal Jazzista ruvese Pino Minafra, con il quale ha partecipato e partecipa ad eventi musicali presso i più rinomati Teatri internazionali, insieme ad alcuni dei nomi più famosi del panorama musicale europeo, del genere, quali W. Breuker, M. Godard, B. Tommaso, A. Salis, G. Trovesi, S. Satta, J. L. Matinier, G. Coscia, partecipando altresì a due edizioni del Talos Festival Jazz di Ruvo di Puglia ed all’incisione come solista, di un doppio CD per l’etichetta tedesca Enja (vedi Discografia).

‘Io, senza laringe così suono il flicorno’

Repubblica — 10 giugno 2006 pagina 7 sezione: BARI Quando soffia, l’ aria dei polmoni non esce più dalla bocca, ma sibila da un foro sul collo, all’ altezza del pomo d’ Adamo. Nonostante questo grave handicap, Salvatore Barile, 42 anni, nato a Parigi, ma residente a Corato, in provincia di Bari, è l’ unico al mondo senza laringe che riesce a suonare uno strumento a fiato. Prima della laringectomia (resasi necessaria perché colpita da un tumore), era un musicista, trombonista per la precisione. Dopo l’ operazione, grazie all’ innesto di una modernissima protesi impiantatagli da un chirurgo di Torino, Andrea Cavalot, è ancora un musicista. Non suona più come prima il trombone perché per farlo ci vogliono due mani, una per impugnarlo, l’ altra per diteggiare i tre tasti. Ora suona il flicorno, una tuba inventata da Adolphe Sax e per questo chiamata anche saxhorn. Ebbene, Barile, il trombonista dalla voce perduta, può suonare il flicorno perché può fare tutto con una mano: tenerlo e accarezzare con le dita i suoi pistoni. L’ altra mano deve restargli libera perché gli serve per far funzionare la protesi che ha incollata da un cerotto al centro del collo. Ma per capire come possa suonare uno strumento a fiato una persona che non inspira e espira più con la bocca occorre spiegare il funzionamento della protesi in silicone. «Normalmente – ha spiegato Andrea Cavalot, otorinolaringoiatra presso la divisione universitaria delle Molinette – l’ aria soffia dai polmoni alla bocca attraverso la trachea. Togliendo la laringe, tuttavia, lo sbocco del fiato non arriva più alla cavità orale, ma si ferma all’ altezza del pomo d’ Adamo». «Per dare a Barile l’ opportunità di suonare ancora – ha aggiunto il chirurgo – gli abbiamo collegato con una ‘fistola’ la trachea all’ esofago. Quindi, gli abbiamo applicato la protesi sul foro del collo». La terribile diagnosi di cancro gli è stata fatta dagli specialisti dell’ ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo. «Mentre entravo in sala operatoria – ha ricordato Barile – mi sono detto che non sarebbe finita lì. Avevo come la sensazione che sarei tornato a fare il musicista». Quella sensazione è diventata realtà quando là, in quell’ ospedale dedicato al Santo, è arrivato da Torino lo specialista Cavalot. «Mi avevano chiamato i miei colleghi di San Giovanni Rotondo – ha raccontato il medico torinese – perché accettassi la sfida. In un primo momento pensai a uno scherzo. Quando conobbi Barile, fui conquistato dalla sua enorme forza di volontà. E decisi di aiutarlo. Non pensavo di riuscirci. Ma sentirlo oggi suonare il flicorno, per me, è un autentico miracolo. Un miracolo di Padre Pio». La carriera musicale di Salvatore Barile era iniziata da ragazzino, con la tromba e, poi, il trombone. Una volta diplomato e diventato un musicista affermato, s’ è esibito col trombettista jazzista pugliese Pino Minafra. Insieme, i due hanno partecipato con un’ orchestra di fiati al Festival di musica contemporanea di Donaueschingen, creato da Hindemith nel lontano 1925. Minafra e Barile hanno eseguito anche un concerto live inciso dall’ etichetta tedesca Enja in collaborazione con la Sudwestfunk di Baden Baden. «Poche ore dopo l’ innesto della protesi, tornato in stanza, risvegliato dall’ anestesia, ho voluto subito cimentarmi con il flicorno. La prima nota non è stata un suono, ma un urlo di liberazione. Da quel momento ho ricominciato. Temevo, però, di non poter tornare all’ altezza di prima». Ma gli manca ancora qualcosa per tornare a essere felice. Gli impresari e gli organizzatori dei concerti, vedendolo nelle sue condizioni, non si fidano. E non osano scritturarlo per suonare nonostante sia in grado di reggere un concerto al chiuso per due ore consecutive. «Ho superato la prova tremenda del cancro e dell’ operazione. Ho realizzato il sogno di tornare a suonare. Ora, però, devo combattere contro l’ ostacolo più duro: la diffidenza degli uomini cosiddetti ‘normali’ nei confronti di chi, come me, in qualche modo è diverso». «Fatemi suonare – è il suo appello – mettetemi alla prova. E vi dimostrerò che cosa è capace di fare un trombonista dalla voce perduta». – alberto custodero

A 150 anni dalla nascita un profilo di Giacomo Puccini

Le melodie dell’amore che tutto il mondo conosce

Giacomo Puccini, uno dei più grandi, conosciuti e
amati compositori d’opera, nasce a Lucca nel 1858.
Quinto di sette fratelli, quando muore il padre, organi-
sta e compositore, ha sei anni e una gran voglia di an-
dare a caccia di uccelli sulle antiche mura della città.
L’estrema povertà e le lezioni d’organo imposte da
uno zio iracondo e severissimo che lo frusta sulle
gambe ad ogni piccolo errore, gli lasciano un segno
indelebile. Adulto e all’apice del successo e dell’agia-
tezza confida: «Ho sempre portato con me un gran
sacco di melanconia. Non ne ho ragione, ma così son
fatto». È scolaro svogliato, allievo disattento fino a
quando, sono le sue parole: «Il Dio Santo mi toccò col
dito mignolo e mi disse: scrivi per il teatro, bada bene,
solo per il teatro. E ho seguito il supremo consiglio».
A 25 anni si diploma al Conservatorio di Milano con
il massimo dei voti.
Puccini, l’uomo
Descriverlo in breve è praticamente impossibile.
Proverò con rapide pennellate. Alto, magro (in gio-
ventù), lineamenti delicati ad eccezione del naso
prominente, labbra sensuali, baffi ben curati, capelli castani, folti e ricci,passo ritmico ma un po’ dondolante, nella mano destra l’immancabile sigaretta, impeccabile in giacche da passeggio o da caccia. Il suo aspetto più
interessante e indefinibile è la personalità.
Fascino innato, modi signorili, battuta fulminante, senso dell’humor, sensibilità quasi femminea, profondo conoscitore del linguaggio teatrale e musicale, perfezionista, riservato, desideroso di solitudine e del contatto con la natura come fonte d’ispirazione.
MA è anche: grossolano, ossessionato dal trascorre-
re del tempo, egocentrico, pigro, appassionato cac-
ciatore, irriducibile giocatore di poker, accanito fu-
matore, esagerato a tavola, attirato dalla velocità in
auto e in barca, profondamente depresso, eccessiva-
mente esaltato e, al di sopra di tutto, dotato di una
carica sessuale prorompente che cerca di sbollentare
con innumerevoli e non sempre edificanti avventure.
Puccini e le donne
La sua attrazione per l’universo femminile è inesauri-
bile e complessa.
È dipendenza affettiva dalla madre, è amore-odio per
Elvira, la donna che per lui lascia marito e figli, lo tra-
volge con la passione e per tutta la vita lo schiavizza
con una devastante gelosia, è affascinazione per la
raffinata, colta moglie di un ricco banchiere londine-
se, è, forse solo maldicenza, la tresca con Dora la ser-
vetta suicida, è tardiva vampata dei sensi la relazione
consumata nelle pinete di Viareggio con una barones-
sa. E per una misteriosa torinese? E per le altre innu-
merevoli infedeltà che candidamente chiama “i miei
piccoli giardini”? Puccini per sua stessa ammissione
non sa amare la donna reale. I suoi amori veri sono le
donne delle sue opere che avvolge con l’inconfondi-
bile onda delle sue melodie che “invitano all’amples-
so”. Manon, Mimì, Tosca, Cio Cio San, Liù, Turandot
e tutte le altre sue eroine non sono che le sfaccettature
del suo inappagato bisogno d’amore.
Puccini padre
Vive in modo conflittuale anche questo legame. Acco-
glie paternamente Fosca, la figlia di primo letto di El-
vira, ma con Antonio, il figlio naturale, illegittimo fi-
no a 18 anni, vive un rapporto segnato da contrasti e
tensioni. Puccini gli scrive lettere affettuose, lo stima
un “gran bravo e buon figliuolo”, ma si insinua il dub-
bio che cerchi in lui soprattutto un paciere, un alleato
comprensivo nella tormentata convivenza con la ma-
dre Elvira. Antonio, nei dolorosissimi momenti della
malattia, gli sarà amorevolmente vicino.
Puccini e la malattia
Verso la fine del 1923, a 65 anni accusa mal di gola e
tosse insistente. Dalle visite specialistiche non risulta
niente di allarmante: è una semplice infiammazione
reumatica e gli consigliano cure termali. Da Monteca-
tini scrive: «Il male è al solito. La cura non mi fa nul-
la». È sfiduciato, depresso e per mesi non compone
una nota per “Turandot”, l’opera che segna il rinnova-
mento del suo linguaggio musicale. Il male alla gola
non passa. Si sottopone ad altre visite e ancora dico-
no: è solo un’infiammazione, forse, causata da un os-
so d’oca che tempo prima gli si è conficcato in gola. Il
figlio organizza un consulto con tre eminenti speciali-
sti e la diagnosi è: papilloma maligno sotto l’epi-
glottide in stadio avanzato. Il 4 novembre 1924, ac-
compagnato dal figlio, parte per Bruxelles dove prati-
cano un innovativo trattamento antitumorale.
Porta con sè gli abbozzi del duetto d’amore e del finale di “Turandot”, ma con impressionante, lucida profezia confida: «L’opera verrà rappresentata incompleta e poiqualcuno uscirà alla ribalta e dirà al pubblico: «A questo punto
il Maestro è morto». Il trattamento si svolge in due
tempi: applicazione esterna di radium, poi l’operazio-
ne, sottovalutando purtroppo il diabete di cui Puccini
soffre da tempo. È il 24 novembre: l’intervento con la
sola anestesia locale, dura 3 ore e 40 minuti. La sua
gola è trapassata da sette aghi imbevuti di radium e in-
seriti nel tumore.
Nella lettera ad un amico scrive: « (….) Sono in croce
come Gesù! Spilli di cristallo nel collo e un buco per
respirare, anch’esso nel collo (….) Dio mio che orro-
re! Dio mi assista!». Soffre moltissimo per la ferita,
per la sete, viene nutrito attraverso il naso, non può
parlare. Inspiegabilmente tra i medici aleggia un certo
ottimismo. La sera del 28 novembre ha un collasso
cardiaco. Ancora cosciente riceve i Sacramenti. Si
spegne all’alba del 29 novembre 1924.
La prima rappresentazione di “Turandot” va in scena
al Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926. L’or-
chestra si interrompe alle ultime note composte per la
piccola, infelice schiava Liù. In un silenzio irreale Ar-
turo Toscanini pronuncia esattamente le parole previ-
ste dal compositore: «A questo punto il Maestro è
morto».
L’angosciosa impotenza di una diagnosi tardiva, l’in-
cognita, forse velata di speranza, di un’operazione al-
l’epoca d’avanguardia, per Puccini hanno imboccato
il tunnel buio di un tragico epilogo. Ma era il 1924, un
tempo lontano anni luce dall’attuale progresso della
medicina e della chirurgia. Oggi Puccini potrebbe an-
cora regalarci quelle sue splendide melodie che arri-
vano diritte al cuore.
Giò Zanuso
Testo consultato: Mosco Carner “Giacomo Puccini”
Ed. Il Saggiatore

ppp.jpg

al Conservatorio di Milano con
il massimo dei voti

Arrivederci Mino

&

Mino Reitano


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Mino Reitano
Nazionalità Italia
Genere Pop
Periodo attività 19672007
Etichetta Ariston Records
Album pubblicati
Studio
Live
Raccolte 3
Sito ufficiale
Si invita a seguire lo schema del Progetto Musica

Beniamino Reitano, conosciuto come Mino (Fiumara7 dicembre 1944 – Agrate Brianza27 gennaio 2009), è stato un cantante italiano.

Biografia [modifica]

Le origini

Di famiglia povera, nato a Fiumara piccolo paesino nei pressi di Reggio Calabria, studia per 8 anni al conservatorio di Reggio suonando il pianoforte, il violino e la tromba. Trasferitosi giovanissimo in Germania, muove i primi passi della sua carriera musicale insieme ai suoi fratelli (da cui il nome della band, I Fratelli Reitano) dandosi al rock and roll.

Proprio in Germania ha luogo uno degli episodi che più ama raccontare: si esibì in un club di Amburgo insieme ai Quarrymen, che altri non erano che i Beatles ai loro esordi.

Il successo

Nel 1966 partecipa al Festival di Castrocaro, per poi debuttare nel 1967 al Festival di Sanremo con una canzone scritta da Mogol e Lucio Battisti, Non prego per me.

Nel 1968 è in hit parade con Avevo un cuore (che ti amava tanto) e Una chitarra cento illusioni. È grazie al successo di questi brani che poté acquistare un appezzamento di terreno ad Agrate Brianza dove costruì Reitanopoli, una sorta di ranch in cui portò a vivere l’intero parentado.

Nel 1969 ritorna al Festival di Sanremo con Meglio una sera piangere da solo. Nel 1971 vince la rassegna canora Un disco per l’estate con Era il tempo delle more.

Sono gli anni in cui inanellerà una serie di ottimi piazzamenti e riconoscimenti (Cantagiro, Festivalbar, dischi d’oro, tournée in tutto il mondo), scrivendo brani per grandi interpreti della musica italiana come Mina o Ornella Vanoni. Partecipa inoltre per otto anni a Canzonissima, guadagnandosi sempre la finale e classificandosi tra i primi posti.

Non mancano le partecipazioni in numerosi show televisivi, anche come compositore di sigle musicali (tra cui quelle del programma I Sogni nel Cassetto, condotto da Mike Bongiorno su TeleMilano nel 1979).

Nel 1977 si cimenta nei panni dello scrittore con un romanzo intitolato Oh Salvatore!, opera che riscuote un discreto successo di critica e pubblico. Nel 1988 si ripresenta a Sanremo cantando Italia, scritta per lui da Umberto Balsamo, dove si classificherà sesto.

Al Festival della canzone italiana andrà poi nel 1990 (15° con Vorrei), nel 1992 (Ti sei chiesto mai, ma non accederà in finale), e nel 2002 (con La mia canzone). Nel 2001 partecipa al Concerto di Primavera tenutosi al Taj Mahal, storico casinò di Atlantic City, insieme a Mario Merola, Anna Calemme e Little Tony.[1]

Come attore la sua partecipazione più significativa è un cameo nel film Sono pazzo di Iris Blond (1996) di Carlo Verdone, nel quale interpreta sé stesso con discreta autoironia.

La malattia

Nel gt;2007 viene colpito da una grave malattia, che affronta serenamente anche grazie al conforto della fede cattolica.[2]

Si spegne il 27 gennaio 2009 nella sua casa di Agrate Brianza.[3][4]

Il suo ultimo concerto dal vivo è stato a Pescara, città che amava molto, nell’ottobre 2006, ed è stato ripreso in parte dalle telecamere di Raitre.

Discografia

  • 1969Mino canta Reitano
  • 1999Musica tua – i Grandi Successi
  • 1999Mino Reitano Story
  • 2000Flashback – i Grandi successi originali

45 giri

Singoli

  • 1967Non prego per me
  • 1968Avevo un cuore (che ti amava tanto)
  • 1968Una Chitarra cento illusioni
  • 1969Meglio una sera piangere da solo
  • 1970Cento colpi alla tua porta
  • 1970La Pura verità
  • 1970Un Uomo e una valigia
  • 1971Apri le tue braccia e abbraccia il mondo
  • 1971Era il tempo delle more
  • 1971Una Ferita in fondo al cuore
  • 1972Ciao vita mia
  • 1972Stasera non si ride e non si balla
  • 1973Cuore pellegrino
  • 1974Tre parole al vento
  • 1977Sogno
  • 1978Fammi volare
  • 1978Keko il tricheco
  • 1979Piccola donna
  • 1981Io ti amerò
  • 1981Bronzi di Riace
  • 1982Ti amo davvero
  • 1983Innamorarsi è stato facile
  • 1984È lunedì
  • 1988Italia
  • 1990Vorrei
  • 1992Ma ti sei chiesto mai
  • 2002La mia canzone
  • 2003Io ti aspetterò per sempre

Filmografia

Bibliografia

Note

  1. ^ locandina dell’evento
  2. ^ Intervista per Petrus, testata cattolica.
  3. ^ Ansa
  4. ^ Virgilio

Arrivederci Mino

Beniamino “Mino” Reitano (Fiumara, 7 dicembre 1944 – Agrate Brianza, 27 gennaio 2009) è stato un cantante italiano.


Biografia

Le origini

Di famiglia povera, nato a Fiumara piccolo paesino nei pressi di Reggio Calabria, studia per 8 anni al conservatorio di Reggio suonando il pianoforte, il violino e la tromba. Trasferitosi giovanissimo in Germania, muove i primi passi della sua carriera musicale insieme ai suoi fratelli (da cui il nome della band, I Fratelli Reitano) dandosi al rock and roll.

Proprio in Germania ha luogo uno degli episodi che più ama raccontare: si esibì in un club di Amburgo insieme ai Quarrymen, che altri non erano che i Beatles ai loro esordi.

Il successo

Nel 1966 partecipa al Festival di Castrocaro, per poi debuttare nel 1967 al Festival di Sanremo con una canzone scritta da Mogol e Lucio Battisti, Non prego per me.

Nel 1968 è in hit parade con Avevo un cuore (che ti amava tanto) e Una chitarra cento illusioni. È grazie al successo di questi brani che poté acquistare un appezzamento di terreno ad Agrate Brianza dove costruì Reitanopoli, una sorta di ranch in cui portò a vivere l’intero parentado.

Nel 1969 ritorna al Festival di Sanremo con Meglio una sera piangere da solo. Nel 1971 vince la rassegna canora Un disco per l’estate con Era il tempo delle more.

Sono gli anni in cui inanellerà una serie di ottimi piazzamenti e riconoscimenti (Cantagiro, Festivalbar, dischi d’oro, tournée in tutto il mondo), scrivendo brani per grandi interpreti della musica italiana come Mina o Ornella Vanoni. Partecipa inoltre per otto anni a Canzonissima, guadagnandosi sempre la finale e classificandosi tra i primi posti.

Non mancano le partecipazioni in numerosi show televisivi, anche come compositore di sigle musicali (tra cui quelle del programma I Sogni nel Cassetto, condotto da Mike Bongiorno su TeleMilano nel 1979).

Nel 1977 si cimenta nei panni dello scrittore con un romanzo intitolato Oh Salvatore!, opera che riscuote un discreto successo di critica e pubblico. Nel 1988 si ripresenta a Sanremo cantando Italia, scritta per lui da Umberto Balsamo, dove si classificherà sesto.

Al Festival della canzone italiana andrà poi nel 1990 (15° con Vorrei), nel 1992 (Ti sei chiesto mai, ma non accederà in finale), e nel 2002 (con La mia canzone). Nel 2001 partecipa al Concerto di Primavera tenutosi al Taj Mahal, storico casinò di Atlantic City, insieme a Mario Merola, Anna Calemme e Little Tony.[1]

Come attore la sua partecipazione più significativa è un cameo nel film Sono pazzo di Iris Blond (1996) di Carlo Verdone, nel quale interpreta sé stesso con discreta autoironia.

La malattia

Nel 2007 viene colpito da una grave malattia, che affronta serenamente anche grazie al conforto della fede cattolica.[2]

Si spegne il 27 gennaio 2009 nella sua casa di Agrate Brianza.[3][4]

Il suo ultimo concerto dal vivo è stato a Pescara, città che amava molto, nell’ottobre 2006, ed è stato ripreso in parte dalle telecamere di Raitre.

Discografia

* 1969 – Mino canta Reitano
* 1999 – Musica tua – i Grandi Successi
* 1999 – Mino Reitano Story
* 2000 – Flashback – i Grandi successi originali

Singoli

* 1967 – Non prego per me
* 1968 – Avevo un cuore (che ti amava tanto)
* 1968 – Una Chitarra cento illusioni
* 1969 – Meglio una sera piangere da solo
* 1970 – Cento colpi alla tua porta
* 1970 – La Pura verità
* 1970 – Un Uomo e una valigia
* 1971 – Apri le tue braccia e abbraccia il mondo
* 1971 – Era il tempo delle more
* 1971 – Una Ferita in fondo al cuore
* 1972 – Ciao vita mia
* 1972 – Stasera non si ride e non si balla
* 1973 – Cuore pellegrino
* 1974 – Tre parole al vento
* 1977 – Sogno
* 1978 – Fammi volare
* 1978 – Keko il tricheco
* 1979 – Piccola donna
* 1981 – Io ti amerò
* 1981 – Bronzi di Riace
* 1982 – Ti amo davvero
* 1983 – Innamorarsi è stato facile
* 1984 – È lunedì
* 1988 – Italia
* 1990 – Vorrei
* 1992 – Ma ti sei chiesto mai
* 2002 – La mia canzone
* 2003 – Io ti aspetterò per sempre

Filmografia

* 1971 – Tara Pokì, regia di Amasi Damiani
* 1973 – Una vita lunga un giorno, regia di Ferdinando Baldi
* 1975 – Povero Cristo, regia di Pier Carpi
* 1979 – Lady Football, regia di Italo Martinenghi

Bibliografia

* 1977 – Oh Salvatore!