Vincenzo Peruggia Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.furto della Gioconda 20 agosto 2011

Foto segnaletica di Vincenzo Peruggia,1909.

Vincenzo Peruggia(Dumenza11 ottobre 1881– Saint-Maur-des-Fossés8 ottobre 1925) è stato undecoratoreitaliano, divenuto famoso per aver trafugato la Giocondadal museo del Louvre nel1911.

Già impiegato del museo, compì il suo furto la notte del 20 agosto. Processato dal Tribunale di Firenze, fu riconosciuto colpevole con le attenuanti, e condannato a un anno e quindici giorni di prigione. Era originario di Trezzino, frazione di Dumenza, un paese del nord della provincia di Varese, vicino al confine con la Svizzera; la sua famiglia abitava nell’attuale via XX settembre.

Morì l’8 ottobre del 1925 a Saint-Maur-des-Fossés e non ad Annemasse come si crede.[1]


Il furto avvenne fra domenica
 20 e lunedì 21 agosto 1911, prima di un giorno di chiusura del museo. L’autore del furto, emigrato in Francia giovanissimo, aveva lavorato anche per il Louvre. La collaborazione era cessata da qualche tempo, ma Peruggia aveva partecipato ai lavori per la sistemazione della teca di vetro dove era custodito ildipinto, allora nel Salon Carré, e conosceva bene le abitudini del personale del museo.Il furto della Gioconda
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Le indagini della gendarmeria francese andarono fuori strada e non portarono ad alcun risultato concreto: la responsabilità del fatto fu via via attribuita all’Impero tedesco, a Guillaume Apollinaire (che aveva dichiarato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per far posto all’arte nuova), e al suo amico Pablo Picasso (subito rilasciato).

Nel frattempo, il posto lasciato vuoto dalla Gioconda sulla parete del Louvre fu preso momentaneamente da un dipinto di Raffaello, il Ritratto di Baldassarre Castiglione.

Il ritrovamento [modifica]

Il dipinto fu rintracciato due anni più tardi, nel dicembre1913, a Firenze.

Peruggia raccontò di aver custodito il dipinto in una valigia, posta sotto il letto di una pensione di Parigi. Successivamente aveva portato il quadro in Italia con l’intenzione di “regalarlo all’Italia”, ottenendo dall’antiquario Alfredo Geri e dal direttore della Galleria degli Uffizigaranzia che il quadro sarebbe rimasto in Italia. Si era trasferito quindi a Firenze.

Quando fu arrestato, ai carabinieri che lo prelevarono disse di aver compiuto il furto per patriottismo, per “restituire il frutto dei saccheggi napoleonici”.

La mite condanna [modifica]

Vincenzo Peruggia durante il processo per il furto della Gioconda.

Il processo si svolse il 4 e 5 giugno 1913presso il Tribunale diFirenze, di fronte alla stampa internazionale e ad un pubblico generalmente favorevole a Peruggia per un malinterpretato amor di patria.

La pressione popolare e l’invocazione dell’infermità mentale (confermata dall’indovinello postogli dal medico psichiatra del tribunale: -Su un albero ci sono due uccelli. Se un cacciatore spara ad uno di essi, quanti ne rimangono sull’albero?- -Uno!- rispose Peruggia. -Deficiente!- tuonò il medico. Infatti la risposta alla domanda era zero, perché l’altro sarebbe scappato) sortirono, comunque, l’effetto di indurre la corte a concedergli le attenuanti ed a comminargli una pena assai mite: un anno e quindici giorni di prigione. Quando uscì di prigione, trovò un gruppo di studenti toscani che gli offrirono il risultato di una colletta, a nome di tutti gli italiani: 4.500 lire.[senza fonte]

Il ritorno del dipinto in Francia [modifica]

L’atteggiamento delle autorità italiane venne apprezzato inFrancia. I due paesi, d’altra parte, coltivavano da circa dieci anni rapporti sempre più amichevoli. Si poté così evitare che Parigi chiedesse una pena esemplare e concordare un lungo periodo di esposizione del dipinto (prima agliUffizi a Firenze, poi all’ambasciata di Francia di Palazzo Farnese a Roma, infine alla Galleria Borghese, in occasione del Natale), prima del suo definitivo rientro.

La Monna Lisa arrivò in Francia a Modane, su un vagone speciale delle Ferrovie italiane, accolta in pompa magna dalle autorità francesi, per poi giungere a Parigi dove, nelSalon Carré, l’attendevano il Presidente della Repubblica francese e tutto il Governo.

Vicende successive [modifica]

Scarcerato, Peruggia partecipò alla Prima guerra mondialee, dopo Caporetto, finì in un campo di prigionia austriaco. Terminata la guerra emigrò nuovamente in Francia, si sposò e aprì un negozio di vernici nell’Alta Savoia. Morì nel1925: la sua unica figlia, Celestina, che ricordava come in paese da piccola la chiamassero “Giocondina”, è scomparsa nel marzo 2011. Alcuni hanno cercato di indagare le vere ragioni che portarono l’uomo a rubare il dipinto, ipotizzando anche un furto su commissione di un truffatore argentino, il marchese di Valfierno, che ne avrebbe volute vendere sei copie agli americani. In realtà, il furto fu quasi certamente un’idea dello stesso Peruggia, la cui scelta cadde su un’opera dalle dimensioni adatte ad essere nascoste sotto il cappotto.

Filmografia [modifica]

Note [modifica]

  1. ^ Mio padre, il ladro della Gioconda

Altri progetti [modifica]

12 Dicembre 1913 – La Gioconda viene recuperata a Firenze, due anni dopo essere stata rubata dal Louvre da Vincenzo Peruggia

Vincenzo Peruggia

Da fonti o riferimenti sufficienti.Wikipedia, l’enciclopedia libera.


Vincenzo Peruggia
(Dumenza11 ottobre 1881 – Annemasse8 ottobre 1925) è stato undecoratore e imbianchino italiano, divenuto famoso per il “furto della Gioconda”.Vincenzo peruggia.jpg

Foto segnaletica di Vincenzo Peruggia,1913.

Già impiegato al Museo del LouvreParigi, la notte del 20 agosto 1911 rubò La Gioconda di Leonardo, allora conservata nel Salon Carré del Museo. Processato dal Tribunale di Firenze, fu riconosciuto colpevole con le attenuanti, e condannato ad un anno e quindici giorni di prigione.

Partecipò alla Prima guerra mondiale, e dopo Caporetto finì in un campo di concentramento austriaco. Terminata la guerra emigrerà ancora in Francia, dove morirà in Alta Savoia l’8 ottobre 1925.

Il furto avvenne fra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, prima di un giorno di chiusura del museo.Il furto della Gioconda

Le indagini della gendarmeria francese andarono fuori strada e non portarono ad alcun risultato concreto: la responsabilità del fatto fu via via attribuita all’Impero tedesco, a Guillaume Apollinaire (che aveva dichiarato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per far posto all’arte nuova), e al suo amico Pablo Picasso (subito rilasciato).

Nel frattempo, il posto lasciato vuoto dalla Gioconda sulla parete del Louvre, fu preso momentaneamente da un dipinto di Raffaello, il Ritratto di Baldassare Castiglione.

Il dipinto fu rintracciato due anni più tardi, nel dicembre 1913, a Firenze. L’autore del furto era appunto Vincenzo Peruggia, originario dellaprovincia di Como. Emigrato in Francia giovanissimo, aveva lavorato anche per il Louvre. La collaborazione era cessata da qualche tempo, ma Peruggia aveva partecipato ai lavori per la sistemazione della teca di vetro dove era custodito il dipinto, e conosceva bene le abitudini del personale del museo.

Il ritrovamento

Peruggia raccontò di aver custodito il dipinto in una valigia, posta sotto il letto di una pensione di Parigi. Successivamente portò il quadro inItalia con l’intenzione di venderlo. Ottenere da qualcuno delle garanzie che il quadro sarebbe rimasto in Italia, e si trasferì quindi a Firenze.

Fu quindi arrestato, e ai carabinieri che lo prelevarono disse di aver compiuto il furto per patriottismo, per “restituire il frutto dei saccheggi napoleonici”. In realtà La Gioconda è legittimamente di proprietà dello Stato francese: il dipinto fu infatti portato in Francia da Leonardo da Vincinel 1516, quando il re Francesco I invitò il pittore a lavorare ad Amboise, vicino alla residenza del Re (il Castello di Clos-Lucé). Qui Francesco I acquistò da Leonardo varie opere, fra cui anche la Gioconda (si dice che il Re avesse pagato il dipinto 4000 ducati d’oro, una somma importante per l’epoca).

La mite condanna

Vincenzo Peruggia durante il processo per il furto della Gioconda.

Il processo si svolse il 4 e 5 giugno 1913 di fronte al Tribunale di Firenze, di fronte alla stampa internazionale ed ad un pubblico generalmente favorevole al Peruggia, per un malinterpretato amor di patria. La pressione popolare sortì, comunque, l’effetto di indurre la corte a concedergli le attenuanti, ed a comminargli una pena assai mite: un anno e quindici giorni di prigione. Quando uscì di prigione, trovò un gruppo di studenti toscani che gli offrirono il frutto di una colletta, a nome di tutti gli italiani: 4.500 lire.

Il ritorno del dipinto in Francia

L’atteggiamento delle autorità italiane venne apprezzato in Francia. I due paesi, d’altra parte, coltivavano da circa dieci anni rapporti sempre più amichevoli. E, due anni più tardi, avrebbero combattuto insieme la prima guerra mondiale. Si poté così evitare che Parigi chiedesse una pena esemplare, e concordare un lungo periodo di esposizione del dipinto (prima agli Uffizi aFirenze, poi all’ambasciata di Francia di Palazzo FarneseRoma, poi alla Galleria Borghese, in occasione del Natale), prima del suo definitivo rientro.

Monna Lisa arrivò in FranciaModane, su un vagone speciale delle Ferrovie italiane, accolta in pompa magna dalle autorità francesi, per poi giungere a Parigi dove, nel Salon Carré, l’attendevano il Presidente della Repubblica francese e tutto il Governo.

Filmografia