Alcool cancerogeno, “scrivetelo sulle bottiglie”

La scorsa settimana avevo messo da parte un’agenzia. Riportava la seguente notizia: una donna genovese si accorge a 50 anni di avere un cancro al seno. E siccome nella sua famiglia questo tipo tumore è assente, (infatti nella maggioranza delle donne colpite da carcinoma alla mammella non c’è familiarità) ha messo sotto accusa una sua cattiva abitudine: quella di aver bevuto troppi alcolici.

La donna si è rivolta all’ Assoutenti. E l’Associazione consumatori si è impegnata a chiedere alle istituzioni italiane ed europee di far scrivere sulle lattine di birra e  sulle bottiglie di vini e liquori che l’alcool è cancerogeno, come avviene per i pacchetti di sigarette.

Sulle prime sono rimasta un po’ perplessa, abbiamo bisogno davvero di queste etichette-che-ci- fanno-da-balia, mi dicevo, lo sanno anche i muri che esagerare fa male…

Poi ho letto le dichiarazioni dell’ epatologo Gianni Testino – parole che mi hanno fatto riflettere – e ho deciso di divulgarvi la notizia.

Testino dirige il centro di alcologia dell’ospedale San Martino di Genova e ha ricordato che “per l’Organizzazione mondiale della sanità c’è un nesso di causa-effetto fra il consumo di bevande alcoliche e il cancro, in particolare il 4,5% dei tumori al seno nelle donne è correlato all’alcool”. Testino ha precisato che la sostanza dannosa è l’etanolo e che “la sua presenza ha portato l’Iarc, organismo dell’Organizzazione mondiale della sanità, a inserire le bevande alcoliche nello stesso gruppo in cui ritroviamo l’asbesto (amianto), l’arsenico, il benzene, il tabacco, le radiazioni. Si invitano le persone a un consumo responsabile di alcool ma nessuno si sognerebbe mai di invitare a consumare moderatamente amianto”.

Per capire quanto l’alcool sia pericoloso, rincara Testino “bisogna sapere che per contrarre una cirrosi epatica bisogna bere tanto ma per ammalarsi di tumore basta il cosiddetto consumo sociale (fissato nell’unità alcolica, pari a 1 bicchiere di vino per la donna e a 2 per l’uomo). In un bicchiere di vino ci sono 12 grammi di etanolo che il nostro corpo trasforma in acetaldeide, sostanza altamente cancerogena. L’acetaldeide si lega al nostro Dna modificandolo e aprendo la strada all’insorgere delle cellule neoplastiche”.

Nel 2010 l’Organizzazione mondiale della sanità ha parlato di nesso causale fra alcool e tumori per i seguenti organi: bocca, faringe, laringe, intestino, esofago e seno.

Oggi è uscita un’altra agenzia sulla stessa lunghezza d’onda. Riporta la preoccupazione di Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcool dell’Istituto Superiore di Sanità. Scafato cita il numero delle morti per tumori maligni attribuibili all’alcool: nel 2008 è stato di 6.356, il 4,4% del totale. Non solo. Del 36% dei tumori alla bocca, oltre uno su tre, è «colpa» dell’alcool, così come lo è il 36% dei tumori al fegato, il 43% dell’esofago e addirittura il 49% dei casi di tumore alla laringe.

“Sono dati allarmanti, se si pensa che in Italia ci sono più di 9 milioni di consumatori a rischio, e che di questi uno su cinque ha meno di 16 anni”.

E ancora, aggiunge Scafato: “Sono anni che abbiamo evidenze scientifiche che correlano l’alcool all’insorgenza del cancro eppure se ne parla poco o niente, soprattutto in Italia, per motivi culturali ma anche economici.

Il 4,5% di tutti i tumori alla mammella è dovuto agli alcolici, ma altri tumori, come quello alla laringe, sono percentualmente ancora più ricollegabili al bere. Nel complesso un caso di tumore su dieci è dovuto non al fumo, allo smog, all’ereditarietà o chissà a cos’altro, ma proprio all’alcool. Tanto che l’istituto americano Iarc ha fissato come limite un bicchiere al giorno per le donne e due per gli uomini: oltre questa soglia aumenta il rischio di cancro”.

A questo punto, si chiede Scafato, “perchè non fare come per i pacchetti di sigarette, e scrivere chiaramente sulle bottiglie che quello che si sta bevendo può causare il cancro?”.

Proposta-provocazione? Giudicate voi, in altri Paesi è già legge: “In Australia è stato approvato l’obbligo di avvertimento sulle bottiglie – spiega Scafato – e in Gran Bretagna per ora è prevista la possibilità di farlo”.

Il direttore dell’Osservatorio conclude: “Il Parlamento europeo ha approvato di recente la legge sull’etichettatura degli alimenti, per tracciarne la provenienza e garantirne la sicurezza, la lista comprende tutto tranne le bevande alcoliche. Questo la dice lunga. Si tocca un giro d’affari di 12 miliardi di euro. Se ci sarà una class action in Italia, dovrebbe essere proprio sull’alcol. Solo così forse cambierà qualcosa”.

E Assoutenti pensa già alle cause alle aziende produttrici di alcolici (ree di non informare sugli effetti cancerogeni e di non specificare gli ingredienti, in particolare la concentrazione di acetaldeide libera) “L’azione civile ci vedrebbe pionieri come lo furono gli Stati Uniti, patria delle class action contro le multinazionali del tabacco”.

http://blog.ilgiornale.it/locati/2011/07/19/lalcool-e-cancerogeno-si-alle-scritte-sulle-bottiglie/

Gas CS, l’arma anti-manifestanti e i suoi effetti tossici

di Massimo Zucchetti 

Il composto chimico gas CS (orto-cloro-benziliden-malononitrile), utilizzato contro i dimostranti inVal Susa ripetutamente nel 2011 e 2012, e a Genova nel 2001, viene sintetizzato facendo reagire due composti chimici: 2-clorobenzaldeide e malononitrile: 

cs gas

 

 

 

 

 

Vediamo le caratteristiche degli ingredienti. Il malononitrile ha una scheda preoccupante

  • Tossico per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione.
  • Altamente tossico per gli organismi acquatici
  • Non respirare i gas/fumi/vapori/aerosoli
  • Togliersi di dosso immediatamente gli indumenti contaminati.
  • In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico
  • Questo materiale e il suo contenitore devono essere smaltiti come rifiuti pericolosi.
  • Non disperdere nell’ambiente.
  • Classificazione di pericolosità: Corrosivo, provoca ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.

La Clorobenzaldeide ha una scheda anch’essa inquietante:

  • Non respirare la polvere/i fumi/i gas/ la nebbia/ i vapori/gli aerosol
  • Togliersi di dosso immediatamente gli indumenti contaminati
  • Contattare immediatamente un Centro Antiveleni e un medico 

Allora, l’unione di queste due sostanze tossiche e pericolose, provocherebbe la nascita di una sostanza innocua? In realtà, il CS ha tutte le caratteristiche tipiche dei composti urticanti e tossici, pericolosi per uomo e ambiente. 

In base alla legge 18 aprile 1975, n.110 i gas CS sono classificati come armi da guerra di terza categoria, ossia “armi chimiche”. Per quanto riguarda l’uso bellico, la Convenzione di Parigi, ratificata dall’Italia nel 1997, proibisce l’utilizzo del CS in ogni scenario bellico. “…e ovviamente in tempo di pace su dimostranti civili”, sarebbe la logica conseguenza. Purtroppo, questo “e ovviamente” non è scritto esplicitamente, e infatti il gas CS fa parte dell’equipaggiamento delle forze di polizia italiane dal 1991

Gli effetti del gas sono i seguenti: 

  • Occhi. Effetto lacrimogeno e urticante
  • Apparato respiratorio. Irritazione delle prime vie aree. Ma anche laringite, tracheite, irritazione bronchiale con tosse e catarro copioso. In casi severi la laringite può comportare laringospasmo1 e l’irritazione delle basse vie aeree può comportare ARDS2. Nella letteratura medica vengono inoltre riportati numerosi casi di soggetti pluriesposti che hanno manifestato disturbi come tosse prolungata e difficoltà respiratorie per molti mesi.
  • Pelle. Il contatto provoca sensazione di bruciore e, in casi di esposizioni prolungate, si può giungere a vere e proprie ustioni.
  • Tratto Gastrointestinale. Nausea, vomito, inappetenza, diarrea, dolori addominali, epatopatia acuta. 

Benché classificata come un’arma non letale per il controllo delle rivolte, sono stati dimostrati quindi effetti tossici3. Molti studi hanno poi associato l’esposizione al CS con aborti spontanei; la metabolizzazione del CS rende possibile riscontrare cianuro all’interno dei tessuti4.

Amnesty International ritiene necessaria una revisione indipendente dell’ impiego di agenti chimici da parte delle forze dell’ordine. Se l’esposizione a Genova 2001 è stata massiccia ma singola, l’esposizione prolungata in Valsusa potrebbe essere più pericolosa: 

  • Per gli operatori di polizia i gas CS sono strumento di lavoro e quindi il contatto continuato potrebbe avere, nel lungo periodo, effetti oggi sconosciuti5

  • Per i manifestanti della Valsusa potrebbe esserci lo stesso scenario di esposizione ripetuta. Ricorre ora un anno dal primo uso, e le esposizioni sono state decine e decine, con migliaia di lacrimogeni. 

L’esposizione prolungata e a dosi massicce, in sostanza, potrebbe trasformare sia i poliziotti che i manifestanti in un gruppo di alto-esposti al gas CS, cavie involontarie, potenzialmente rendendo palesi sull’uomo gli effetti anche a lungo termine. Credo che tutto ciò sia assolutamente da evitare. 

1 Il laringospasmo è una condizione patologica delle vie aeree superiori, dovuta alla contrazione spasmodica dei muscoli della laringe, che blocca di fatto la possibilità di respirazione inducendo panico e paura da soffocamento.
2ARDS (sindrome da distress respiratorio) rappresenta un danno diffuso dei capillari alveolari determinante grave insufficienza respiratoria con ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di ossigeno. E’ una condizione molto grave, una vera emergenza clinica che se non trattata può portare a morte il paziente.
3I. Solomon ed altri, Arch. Toxicol. 77 (2003) 601-604. E. Karaman ed altri, Eur. Arch. Otorhinolaringol. 266 (2009) 301-304.
4H. Howard ed altri, “Tear Gas: Harassing Agent or Toxic Chemical Weapon?” Journal of the American Medical Association 4 agosto 1989.
5 Nell’articolo Watson, K. and Rycroft, R. (2005), Unintended cutaneous reactions to CS spray. Contact Dermatitis, 53: 9–13 si illustrano I casi di 7 poliziotti inglesi con gravi reazioni cutanee in seguito ad esposizione a CS.

La Lega tumori di Genova cerca nuovi volontari

Genova – La sezione provinciale della Lilt, Lega Italiana per la lotta contro i tumori, è in cerca di nuovi collaboratori per l’estate, proprio perché basa la gran parte della sua attività sul volontariato.
L’associazione opera senza fini di lucro per la prevenzione oncologica.

L’impegno della Sezione nella lotta contro i tumori si esprime principalmente sul fronte della:

prevenzione primaria (stili e abitudini di vita) con incontri di Educazione alla salute sui temi del fumo e della corretta alimentazione, sia in sede che all’interno di scuole e aziende.

prevenzione secondaria (diagnosi precoce). Presso il Poliambulatorio di Via Caffaro si effettuano visite e consulenze specialistiche di prevenzione. Con l’Unità Mobile LILT porta la prevenzione anche nelle piazze di Genova e provincia, attraverso la diffusione di materiale informativo ed effettuando visite specialistiche

assistenza per il malato e la sua famiglia, con particolare riguardo alla riabilitazione e al reinserimento sociale.

La LILT conta oggi a Genova circa 2650 soci e nel Poliambulatorio di Via Caffaro fornisce ogni anno circa 5.000 prestazioni, tra visite visite ginecologiche e pap test, ecografie trasvaginali, mammografie, ecografie mammarie, visite senologiche, visite e mappatura nei, visite urologiche, visite colon retto, visite ed ecografie alla tiroide. LILT è inoltre operativa sul territorio con Delegazioni a Chiavari e ad Arenzano

http://www.genovaogginotizie.it/

5 Dicembre 1746 – A Genova il Balilla dà l’avvio alla rivolta popolare che cinque giorni più tardi porterà alla cacciata degli austriaci di Botta-Adorno

Giovan Battista Perasso

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

“Che l’inse?”
Balilla a Portoria-cartolina d'epoca.jpg

“Che l’inse?” – il celebre motto con cui si ritiene Giovan Battista Perasso abbia avviato la rivolta del popolo genovese insofferente ormai alle angherie delle truppe dell’impero asburgico che occupavano la città – è una tipica forma interrogativa dellalingua genovese pre-ottocentesca che prevedeva l’uso della preposizione che seguita dal congiuntivo. Può essere tradotto con“La comincio?” o semplicemente“Comincio?” oppure “Volete che cominci?”“Devo cominciare?”.

Giuseppe Comotto-rivolta in Portoria col Balilla.jpg

(Nell’immagine in alto: il monumento a Balilla in piazza Portoria; qui sopra: tela di Giuseppe Comotto raffigurante la rivolta di Portoria contro gli Austriaci nel 1746. Al centro è raffigurato Giovanni Battista Perasso)

Giovan Battista PerassoGiambattista, detto Balilla (…) è una popolare figura storica di patriota della Genova delSettecento.

La sua reale identità è rimasta dubbia ma in lui viene identificato il giovane da cui il 5 dicembre 1746 prese le mosse la rivolta popolare contro gli occupanti dell’impero asburgico nel quartiere genovese di Portoria.

La popolazione venne incitata dal ragazzo a sollevarsi attraverso il lancio di un sasso contro le truppe austro-piemontesi che sotto il comando del ministro plenipotenziario Antoniotto Botta Adorno occupavano la città, a quel tempo alleata con i francesi e gli spagnoli.

Il 10 dicembre 1746 la città fu così liberata dalle truppe austriache.

L’arroganza dei soldati austriaci, che pretendevano di essere aiutati ad estrarre fuori dal fango un pezzo di artiglieria, fu la miccia che fece esplodere la risolutiva – per le sorti di Genova – rivolta popolare.

Mito discusso, identità incerta

Come ricorda il giornalista e scrittore Paolo Lingua nel suo libro Breve storia dei Genovesi, il mito del Balilla fu alimentato (e ingrandito) principalmente in pieno Risorgimento, ovvero cento anni dopo gli accadimenti che portarono alla rivolta popolare contro le truppe austro-piemontesi guidate dal plenipotenziario asburgico Antoniotto Botta Adorno.

La sua figura fu poi ulteriormente enfatizzata, sempre in chiave fortemente patriottica, nel ventennio dell’era fascista, anche attraverso la creazione dell’Opera Nazionale Balilla.

Le cronache dell’epoca non registrano l’esatta identità del monello che, unica cosa che si sa, è che era soprannominato Mangiamerda. E il particolare – appurato da una commissione storico-scientifica – indispettì non poco il duce Benito Mussolini, che preferì non ne fosse fatta pubblica menzione.

Nessuna testimonianza storica accertata e accertabile, né alcun documento ufficiale forniscono dunque il nome esatto del protagonista di questo storico episodio, tanto che a lungo attorno a questa figura – che pure è stata, questa sì, storicamente accertata – è aleggiato un alone di leggenda.

Approfondite ricerche sulla esatta identità dell’eroe di Portoria furono peraltro portate avanti nell’Ottocento con esiti controversi. Si giunse però ad accertare che due Giovan Battista Perasso (o Giambattista Perasso) erano nati rispettivamente uno nel 1729 a Pratolongo di Montoggio, sulle colline di Genova; l’altro nel 1735 nello stesso quartiere di Portoria. Entrambi quindi sono i possibili Balilla della storia.

Significato di “Balilla”

Etimologicamente, la parola balilla equivale a monelloragazzo[senza fonte], ma molte fonti[senza fonte] la fanno derivare daBaciccia, adoperato a Genova come diminutivo del nome Giovan Battista (o Giambattista).

Genova, Piazza Portoria Monumento a Balilla (2009)

È appurato comunque[senza fonte] che un tale ragazzo sia esistito realmente: ne fa fede un resoconto dell’avvenimento[senza fonte]inviato al governo austriaco che riferisce come:

« la prima mano onde il grande incendio si accese, fu quella di un picciol ragazzo, quel dié di piglio ad un sasso e lanciollo contro un ufficiale tedesco. »

La Società Ligure di Storia Patria nel 1927 ha messo, per così dire, una parola definitiva sulla questione stabilendo che non è possibile – sulla base dei documenti di cui si dispone – identificare con sicurezza il “ragazzo delle sassate”.

Anche per lo storico Federico Donaver, del resto, il monumento eretto a ricordo dell’episodio di Portoria rappresenta, oltre che l’eroe in sé stesso, “l’ardire generoso d’un popolo che, giunto al colmo dell’oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà”.

Il giovane Balilla viene citato nell’inno nazionale italiano di Goffredo Mameli, nella quarta strofa:

« I bimbi d’Italia / Si chiaman Balilla »