AMIANTO: STORIA DELLA CONTAMINAZIONE IN ITALIA


L’amianto è stato largamente utilizzato nel nostro Paese. Per decenni.
Fino agli anni ottanta veniva adoperato per produrre la miscela cemento-amianto (il cui nome commerciale era Eternit), per la coibentazione di edifici, tetti, treni, navi civili; come materiale per l’edilizia (tegole, pavimenti, tubazioni, vernici), nelle tute dei vigili del fuoco, nelle auto (vernici, parti meccaniche), ma anche per la fabbricazione di corde, plastica e cartoni.
Si pensi che la polvere di amianto è stata utilizzata come coadiuvante nella filtrazione dei vini.
In Italia sono molte le Regioni in cui la mortalità per Mesotelioma, il terribile cancro che deriva da inalazione dell’amianto, risulta superiore alla media: tra esse la Liguria e il Friuli Venezia-Giulia, a causa della storica presenza dell’industria dei cantieri navali, il Piemonte e la Lombardia a causa della presenza dei principali poli industriali, la Puglia per la presenza di acciaierie, il Lazio, principalmente nella zona pontina, per l’operatività di note multinazionali americane nella produzione di pneumatici, la Campania per la siderurgia nell’area di Bagnoli.
L’amianto è stato ampiamente utilizzato anche in campo militare. Particolarmente per il rivestimento e la coibentazione delle navi militari. La Marina Militare italiana, a partire dal dopoguerra e fino agli anni ’70, ha acquistato decine di navi militari e sommergibili dagli Stati Uniti, quasi tutte ristrutturate negli arsenali italiani.
Molti degli operai specializzati che hanno lavorato nella riabilitazione delle navi americane hanno contratto il Mesotelioma a causa dell’amianto che spesso rivestiva le imbarcazioni.
Riportiamo, a titolo esemplificativo, l’elenco di alcune delle navi acquistate, e riadattate, dalla Marina italiana:
Cacciatorpedinieri: Nicholson e Woodwort;
Dragamine: tipo MSC e MSO/ classe Agile;
Sommergibili: Dace, Barb, Lizardfish, Harder, Trigger, Pickerel, Volador, Capitaine e Besugo;
Navi da sbarco: De Soto Country, York Country ribattezzate in Italia Grado e Caorle;
Nave da sbarco: Alameda Country;
Motosiluranti: tipo Higgins 78 piedi; tipo Elco 77 piedi;
Rimorchiatore d’altura: Nereo (ex mercantile Atoyac).

Come accennato, la distribuzione geografica dei casi di mesotelioma rispecchia in buona parte quella di alcuni settori produttivi a maggior rischio di esposizione all’amianto: l’industria navalmeccanica e l’attività portuale, la produzione di manufatti in cemento-amianto, le raffinerie. Di conseguenza le zone dove è stata riscontrata la più elevata mortalità sono la provincia di Gorizia (Monfalcone, centrale termoelettrica dell’Enel e lavoratori dell’Ansaldo) e Trieste nel nord est, gran parte della Liguria, Genova, Massa Carrara e Livorno al centro, Porto Torres e Siracusa nelle isole, Taranto, Napoli e Brindisi al sud. Sono quasi tutte zone costiere con cantieri navali e porti oppure distretti industriali. Una provincia non costiera pesantemente colpita è quella di Alessandria, dove è situato Casale Monferrato, sede per circa 80 anni di una grande fabbrica di cemento-amianto.
Anche se l’amianto è fuori legge in Italia dal 1994 la malattia non sembra destinata a scomparire. Il lungo periodo di latenza fra l’inizio dell’esposizione e la comparsa del tumore rendono presumibile un andamento costante o addirittura in crescita dell’incidenza nei prossimi vent’anni. L’insorgenza del Mesotelioma si manifesta in circa l’85% dei casi dopo 25 anni dall’inizio dell’esposizione.

Accordo vicino «Ecco i benefici per i lavoratori dell’amianto»

Le problematiche che riguardano i lavoratori dell’amianto «già da tempo sono all’attenzione del ministero del Lavoro, salute e politiche sociali e possono dirsi finalmente superate – spiega in prima persona il ministro Maurizio Sacconi – alla luce di un recente intervento da me operato sul piano amministrativo». Replica così Sacconi, con una lettera, alla segnalazione che gli aveva consegnato l’8 luglio scorso il presidente della Regione Claudio Burlando, a proposito della situazione dei lavoratori marittimi esposti all’amianto. Una situazione che Burlando aveva definito «inammissibile e ingiusta», perché finora, pur essendo stata una delle categorie più esposte alle conseguenze nocive dell’amianto sulle navi, non ha potuto godere di alcun beneficio e riconoscimento concretamente operativo. Secondo Sacconi «una direttiva del 14 luglio scorso – scrive sempre il ministro – stabilisce che in tutti i casi in cui il lavoratore marittimo sia impossibilitato a reperire il proprio curriculum lavorativo, la direzione provinciale del lavoro competente per territorio provvederà al rilascio del documento, tramite validazione dell’estratto matricolare rilasciato dalla capitaneria di porto oppure del libretto di navigazione autenticato dalla medesima capitaneria».

 

ETERNIT: A GIUDIZIO VERTICI MULTINAZIONALE AMIANTO

» 2009-07-22 21:48
di Mauro Barletta

TORINO – Chi è rimasto fuori dalla maxi-aula 1 del tribunale di Torino ha capito com’é andata quando ha sentito un breve applauso scrosciare dall’interno: i vertici dell’Eternit erano stati rinviati a giudizio dal gup Cristina Palmesino per disastro doloso e rimozione volontaria di cautele contro gli infortuni. Reati gravi, nei quali si condensa la lunga catena di morti e malati (circa 2.900 in tutto) per il contatto con l’amianto lavorato in quattro sedi italiane della multinazionale. Ad applaudire sono stati i 140 cittadini di Casale Monferrato che, dopo essersi costituiti parte civile (con altre 550 fra persone fisiche ed enti territoriali), hanno potuto seguire l’udienza preliminare. 

Casale è la città della provincia di Alessandria in cui l’Eternit aveva uno dei suoi stabilimenti più importanti e dove il fenomeno si è manifestato nelle dimensioni più vaste: solo i deceduti, fra ex lavoratori e semplici residenti, sono 1.378. “Da noi – dice Tommaso, un residente – si ammalano di amianto quattro persone al mese e ne muoiono 40 all’anno. Immaginate con che stato d’animo tiriamo avanti”. Il processo, di entità colossale per il numero delle parti lese, comincerà il 10 dicembre e riguarderà il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 62 anni, uno degli uomini più ricchi del mondo, e il barone belga Jean Louis De Cartier De Marchienne, 88 anni, chiamati in causa per l’operato delle sedi di Casale, di Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). 

E’ la prima volta che dei giudici dovranno occuparsi di personalità di un tale livello per problemi legati alla sicurezza e alla salute sul lavoro, ed è per questo che Raffaele Guariniello, il pm che ha sostenuto l’accusa con i colleghi Sara Panelli e Gianfranco Colace, parla di “pagina importante nella storia dell’amianto in Italia e nel mondo”. Al magistrato rispondono gli avvocati difensori Guido Carlo Alleva e Astolfo di Amato: “L’amianto fa parte della storia industriale e sociale, e in tribunale si giudicano gli uomini, non la storia. Il processo non va caricato di significati extra giuridici”. Lo staff legale dell’Eternit ritiene che i due super dirigenti non siano responsabili, ma all’udienza preliminare si è visto respingere tutte le eccezioni. Il gup, anzi, ha sottolineato che i reati (contestati dal 1952) non sono prescritti perché “il disastro è ancora in atto”: i manufatti in amianto restano in circolazione e la gente continua a morire. Bruno Pesce, coordinatore del comitato delle vittime casalesi, ha gli occhi lucidi per la commozione: “Non è finita, e lo sappiamo. Bisogna fare il processo, risolvere la questione dei risarcimenti. Ma per ora abbiamo scritto una grande pagina di giustizia”. 

mauro.barletta@ansa.it