AMIANTO E CANCEROGENI: BASTA MORTI SUL LAVORO E DI LAVORO.

la lapide in via Carducci in ricordo dei nostri morti a Sesto San Giovannila lapide in via Carducci in ricordo dei nostri morti a Sesto San Giovanni

In ricordo di tutti i lavoratori assassinati in nome del profitto

contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura

Sabato 30 aprile 2011 – ore 16.00 corteo

partenza dal Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” di via Magenta 88,

Sesto San Giovanni, fino alla lapide di via Carducci

http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com/2011/04/27/amianto-e-cancerogeni-basta-morti-sul-lavoro-e-di-lavoro/

Processo amianto: rinviati a giudizio 10 ex dirigenti Pirelli

20.04.2011

Il pm Maurizio Ascione ha chiesto al giudice dell’udienza preliminare, Luigi Varanelli, il rinvio a giudizio per dieci ex dirigenti dello storico stabilimento milanese Pirelli di viale Sarca 222, accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni personali gravissime, per aver lasciato esposti all’amianto, negli anni ottanta, 21 lavoratori, causando o la loro morte per mesotelioma o altre forme tumorali dovute all’esposizione.

Gli imputati, che inizialmente erano 11, ma uno è stato stralciato, sono stati tutti componenti del consiglio di amministrazione Pirelli tra il 1979 e il 1988. L’accusa, che si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, è che gli ex dirigenti “per imprudenza, negligenza, imperizia e in violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro avrebbero cagionato la morte per mesotelioma pleurico o lesioni gravissime ai propri dipendenti per mesoteliomi e asbestosi pleuriche”. Secondo l’accusa, gli operai rimanevano “esposti per tutta la giornata lavorativa e senza l’adozione di adeguati sistemi di aspirazione o protezione individuale alle fibre di amianto aerodisperse durante l’attività lavorativa svolta”.

 

Secondo quanto dichiarato da Pirelli alla stampa, l’azienda avrebbe invece sempre agito cercando di tutelare al meglio la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, in base alle conoscenze tecniche disponibili all’epoca dei fatti.

 

Il gup Luigi Varanelli ha inoltre accolto l’istanza, avanzata in marzo, di costituirsi parte civile, di tutte le presunte vittime o dei loro eredi, nonché di Inail, Asl e Regione Lombardia. Rigettate invece analoghe istanze presentate da Associazione italiana esposti amianto, Assoconsumo e Medicina democratica.

http://www.pneusnews.it/

Liguria – Giornata mondiale della memoria vittime amianto il 28 aprile

Genova – I lavoratori e pensionati dell’amianto tornano in piazza giovedì 28 aprile.

Oggi si è svolto l’incontro tra le organizzazioni sindacali e le Direzioni regionale e genovese dell’Inail per l’illustrazione delle risposte maturate al Tavolo tecnico costituito presso l’Inail Nazionale in considerazione della documentazione inviata dai sindacati corredata da centinaia di sentenze della Magistratura e pareri dei periti esperti nominati dai Tribunali (CTU) che attestano l’esposizione all’amianto e i relativi benefici pensionistici per le centinaia di lavoratori a cui è stata revocata la certificazione.

L’incontro si è rivelato del tutto negativo, grande è stata la delusione e l’amarezza della delegazione sindacale nel verificare che l’INAIL Nazionale è venuta meno, in modo deliberato, alle premesse e agli impegni contenuti nel documento redatto dallo stesso Istituto a seguito dell’incontro del 6 maggio 2010 tenutosi presso il Ministero del Lavoro.

L’Ente Nazionale ha fatto finta di esaminare la documentazione inviata dalle organizzazioni sindacali, mancando di rispetto anche alle Istituzioni, ai Parlamentari liguri e al Prefetto di Genova, confermando nel merito posizioni note da tempo e oggi rispolverate e spacciate per risposte meditate dalla Direzione nazionale, dalla Commissione tecnica Nazionale (Contarp) e dallo staff legale nazionale dell’Istituto.

L’Inail continua a nascondersi e a trincerarsi dietro al principio di “autotutela”, il gruppo dirigente nazionale e locale ha rinunciato di fatto al proprio ruolo e non intende assumersi nessuna responsabilità facendo pagare un duro prezzo a tanti lavoratori a cui vengono negati diritti sacrosanti.

Il 28 aprile in occasione della giornata mondiale in memoria delle vittime dell’amianto i lavoratori torneranno in piazza a manifestare chiedendo ancora una volta alle Istituzioni locali, alle Forze Politiche, ai Parlamentari, alla Prefettura di stare a fianco dei lavoratori con maggiore determinazione per smuovere una situazione assurda che si è determinata solo e soltanto nella nostra città, per riconsegnare ai lavoratori i propri diritti.

Processo Thyssenkrupp: è omicidio volontario

La Corte d’Assise ha emesso la condanna per l’ad della multinazionale e altri 5 dirigenti per il rogo avvenuto il 6 dicembre 2007. Sono state stabiliti anche vari risarcimenti
GIUSTIZIA Dopo 94 processi è arrivata la condanna

16 anni e mezzo per omicidio volontario. Questo è il provvedimento preso dalla Corte d’Assise di Torino nei confronti dell’amministratore delegato della Thyssenkrupp, Harald Espenhahn. La notte del 6 dicembre del 2007, un incendio sulla linea cinque delle acciaierie nello stabilimento di Torino aveva causato la morte di sette operai. Dopo 94 udienze, finalmente un po’ di quella giustizia chiesta insistentemente dai familiari delle vittime. Gli altri cinque dirigenti sono stati condannati per cooperazione in omicidio colposo: 13 anni e mezzo per Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri; 10 anni e 10 mesi di reclusione per Daniele Moroni. Sono state decise anche pene di diverso tipo per la Thyssenkrupp: un milione di euro di sanzione pecuniaria, l’esclusione da contributi e sovvenzioni pubbliche per sei mesi, il divieto di farsi pubblicità per sei mesi. La multinazionale dell’acciaio è stata chiamata in causa come persona giuridica. La Corte d’Assise ha riconosciuto anche svariati risarcimenti alle parti civili del processo: alla Regione Piemonte 973 mila euro, alla Provincia di Torino 500 mila, al Comune un milione più il diritto a fare una causa civile supplementare, ai sindacati Fim, Fiom, Uilm, Flm-Cub, all’associazione Medicina Democratica, e alle decine di ex colleghi delle vittime che lavoravano nello stabilimento di Torino. “È una svolta epocale, non era mai successo che per una vicenda del lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale” ha dichiarato il pm Raffaele Guariniello, al termine della lettura della sentenza del processo Thyssenkrupp. “Diciamo che una condanna non è mai una vittoria – ha proseguito – né una festa, però questa condanna può significare molto per la salute e la sicurezza dei lavoratori”. Il pm ha poi concluso: “Credo che da oggi in poi i lavoratori possano contare molto di più sulla sicurezza”. Numerosi i giornalisti in aula, accusati dalla difesa: “Siamo totalmente insoddisfatti. Ha influito tutto questo pressing mediatico”. Questa condanna ha molti primati: è la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati sono stati condannati a pene così alte e che si siano costituiti parte civile ben 48 lavoratori. Per la Corte d’Assise l’ad Espenhahn avrebbe deciso consapevolmente di tralasciare i gravi rischi a cui avrebbe sottoposto i lavoratori posticipando la messa in sicurezza dello stabilimento di Torino. “Speravo in questa sentenza, ma non me la aspettavo. Adesso cercherò di andare avanti: mio figlio non lo riavrò più, ma gli avevo promesso giustizia e ho fatto di tutto perché fosse così”, ha commentato in questo modo la condanna la madre di uno dei lavoratori rimasti uccisi nel rogo. Il sentimento generale è lo stesso: non c’è gioia, c’è solo consapevolezza di una giustizia arrivata dopo una lunga attesa, ma tutti sanno che non potranno avere i loro figli indietro. “Chi ha sbagliato ha pagato” ha detto tra le lacrime un sopravvissuto, che ha poi aggiunto: “E’ un risarcimento morale importante e dovuto a tutti i familiari e non è una forma di vendetta”.
Erika Menghi

http://www.rsnews.it/fuorionda/?section=interna&id=14764

Malattie professionali, ancora troppo invisibili

In Italia muoiono sul lavoro più di mille persone all’anno, ma nessuno ha mai contato quante si ammalano per motivi professionali. Dal 2011 le aziende avranno l’obbligo di rilevare lo stress lavoro-correlato, secondo quanto stabilisce un decreto del 2008. Francesco Tomei, ordinario di Medicina del Lavoro alla Sapienza di Roma, si occupa del monitoraggio sulla relazione tra stress da lavoro e malattie professionali, in particolare degli effetti del rumore sulla salute.

Si parla purtroppo di morti bianche, ma le malattie professionali restano invisibili…
Molto raramente un medico chiede che lavoro fa il suo assistito per arrivare alla diagnosi. L’anamnesi si basa sulle malattie avute nell’infanzia e su quelle di nonni e genitori. Eppure nel luogo di lavoro trascorriamo la maggior parte della nostra vita entrando in contatto con agenti patogeni, sostanze chimiche, inquinanti, o semplicemente con problemi posturali.

Quando si parla di malattie professionali si fa riferimento a patologie tradizionali collegate al lavoro industriale. Ora stanno emergendo anche disturbi non ancora rilevati?
Si infatti, molti gruppi di ricerca studiano differenti fattori di rischio. All’Università La Sapienza, per esempio, stiamo svolgendo diverse analisi che documentano l’incidenza del rumore presente in alcune attività lavorative nella comparsa di patologie cardiologiche. Intanto, grazie alla prevenzione, la perdita dell’udito provocata dall’esposizione al rumore è sensibilmente diminuita, ma emergono nuove patologie dell’apparato cardiovascolare. Si registra, infatti, un’incidenza tripla dell’ipertensione e doppia delle alterazione dell’elettrocardiogramma nei lavoratori esposti a forte rumore, rispetto ai lavoratori non sottoposti a questo stress. Un caso limite è stato riscontrato in una fabbrica di materassi a molle, dove il 75% dei lavoratori risultava iperteso. In sostanza abbiamo avuto conferma che il rumore può essere considerato un fattore di rischio cardiovascolare e che i suoi effetti sono in relazione con l’intensità e il tipo di esposizione.

Dal suo punto di vista c’è una maggiore consapevolezza rispetto a queste patologie?
I casi denunciati rispetto a quelli taciuti o sottovalutati sono in aumento, resta però un’ampia fascia di malattie professionali non riconosciute. Si calcola che circa il 60% dei tumori possa essere causato da fattori ambientali presenti sul luogo di lavoro, ma i tumori denunciati come malattie professionali sono stati nel 2008 solo 1.800, di cui la metà dovuti all’amianto.

Come si può fare prevenzione?
Prima di tutto abbandonando il fatalismo colpevole che, con rassegnazione, lascia inerti di fronte agli incidenti. È necessario condividere con tutti una strategia più efficace per ridurre le malattie professionali e gli incidenti sul lavoro; ciò porterà anche a un miglioramento delle attività e della produttività delle imprese, sia pubbliche che private. Ma dobbiamo lavorare anche sulla classe medica, in particolare sulla formazione.

Processo Eternit, il perito: rischi noti dagli anni ’60

Un perito svizzero al processo sulle vittime dell’amianto. Da molti anni si conoscono gli effetti dell’amianto. Le dichiarazioni non hanno comunque convinto la difesa

 

eternit

Una nuova rivelazione dal processo contro Eternit la fornisce un consulente svizzero, studioso al politecnico di Losanna, François Iselin “Dal 1962 è noto a tutti che l’amianto causa il cancro. Nel 1975, all’Eternit si disse che i problemi si potevano evitare adottando misure di controllo”. 

Parole dure, confermate da un’altra rivelazione shock, rilasciata poco dopo: “fino al 1990 Eternit ha utilizzato l’amianto due volte più di prima“.

Il ’90 è infatti l’anno in cui il materiale è stato dichiarato fuorilegge ma Eternit chiese una proroga fino al 1994. Secondo Iselin ancora oggi le aziende possono utilizzarlo chiedendo delleautorizzazioni speciali.

La difesa non ha controinterrogato il teste, non convinta dalle sue dichiarazioni. Secondo gli avvocati il testimone non è a conoscenza della composizione societaria dell’Eternit, non è informato su molte situazioni.

Le parole rilasciate da Iselin durante l’indagine, inoltre, non sono state depositate agli atti ma, essendo pubblicate sul sito internet del legale di parte civile Sergio Bonetto, i difensori dell’Eternit hanno reputato giusto non controinterrogare.

IN MIGLIAIA MANIFESTANO PER LA SICUREZZA, TRA LORO L’ASSOCIAZIONE DELLE VITTIME DI VIAREGGIO Amianto killer, al via il processo di Torino Due ex dirigenti della Eternit imputati per omissione dolosa di cautele per la morte di quasi 3 mila persone

 

Alcuni dei manifestanti all'esterno del tribunale di Torino per l'avvio del processo Eternit (Emmevi)
Alcuni dei manifestanti all’esterno del tribunale di Torino per l’avvio del processo Eternit (Emmevi)

TORINO – L’amianto finisce sul banco degli imputati per la morte di quasi 3 mila persone e con esso alla sbarra, al tribunale di Tornino, siedono due ex alti dirigenti della società Eternit Spa, lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, 61 anni, e il belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, 87 anni, che ricoprivano incarichi ai vertici della società e sono imputati per omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e disastro colposo.

 

RIFLETTORI SU TORINO – E’ un procedimento storico quello che va in scena nel capoluogo piemontese, su cui sono puntati i riflettori di tutto il mondo. Molti i giornalisti stranieri intervenuti all’udienza, che avrà la copertura di almeno 21 emittenti televisive italiane e straniere. All’esterno del tribunale sono in tanti, almeno un migliaio, a manifestare chiedendo giustizia e invocando norme restrittive sull’utilizzo dei materiali pericolosi. Tra i manifestanti ci sono anche gli attivisti dell’Assemblea 29 giugno 2009, l’assoicazione nata dopo la strage ferroviaria di Viareggio della scorsa estate: «Siamo qui perchè siamo per la sicurezza – spiega una portavoce dell’assemblea -. A sei mesi dalla strage non c’è ancora nessun indagato».

LE VITTIME DELL’AMIANTO – I morti per i quali è stata aperta l’inchiesta oggetto del processo erano dipendenti della Eternit o residenti delle zone in cui sorgevano i quattro stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte, Rubiera in Emilia e Bagnoli in Campania. Le cause di morte sono mesoteliomi pleurici, asbestosi e tumori polmonari insorti a causa della polvere di amianto respirata da operai e residenti nei dintorni delle fabbriche. Legambiente ha annunciato lo scorso aprile l’intenzione di costituirsi parte civile, insieme ad ammalati, alle famiglie dei morti e, fra gli altri enti, alla Regione Piemonte. Nonostante siano in corso operazioni di bonifica del territorio, l’amianto, largamente usato come materiale di coibentazione nell’edilizia, si può ritrovare ancora oggi in molti edifici privati e in alcune strutture pubbliche.

«GIUSTIZIA PER I POSTERI» – Paolo Filippi, il presidente della provincia di Alessandria, costituitasi parte civile, chiede «giustizia per le generazioni future». «Questo processo arriva oggi alla prima udienza – ha ricordato Filippi – perchè a metà degli anni Ottanta il comune di Casale Monferrato vietò con una ordinanza l’uso dell’amianto. Partì allora questo lungo percorso, durato oltre 20 anni. Essere qui significa che nonostante tutto crediamo nella giustizia italiana».

 

 


10 dicembre 2009

http://www.corriere.it

AMIANTO: TORINO, IL PALAGIUSTIZIA SI PREPARA AL PROCESSO DEL SECOLO

Torino, 9 dic. – (Adnkronos) – Tre maxi aule, una sala attrezzata nel Palazzo della Provincia, una ventina di autobus e un volo charter. Ultimi preparativi per il ‘processo del secolo’ che si aprira’ domani al Tribunale di Torino dove, alle 10, e’ fissata la prima udienza per i morti della Eternit, la multinazionale svizzera che per anni ha trattato amianto.

Almeno 2.889 le vittime accertate, fra persone decedute e ammalate, non solo fra ex lavoratori degli stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera, ma anche fra loro familiari e persone che vivevano nelle vicinanze delle fabbriche. Due gli imputati rinviati a giudizio nel procedimento dei procuratori Raffaele Guariniello, Sara Panelli e Gianfranco Colace. Si tratta del barone belga Louis de Cartier de Marchienne e lo svizzero Stephan Schmidheiny, gli ex vertici della multinazionale che sono indagati per omissione dolosa di cautele antinfortunistiche e disastro doloso. Per il maxi processo sono state allestite quattro aule a Palazzo di Giustizia, la maxi aula 1 e 2 per l’udienza, l’aula 5 riservata a chi si deve ancora costituire parte civile e l’aula magna, tutte collegate in videoconferenza cosi’ come l’aula nel vicino Palazzo sede della Provincia che e’ riservata al pubblico.

Per domani sono attesi almeno 10 autobus da Casale Monferrato, uno da Reggio Emilia, un volo charter da Napoli e 4 autobus dalla Francia, da dove dovrebbero arrivare almeno 200 persone. All’udienza preliminare si erano gia’ costituite una decina di parti civili, fra cui enti pubblici, associazioni, sindacati, Inps e Inail che ha chiesto il risarcimento di 245 milioni di euro, la cifra spesa finora per gli indennizzi. Il processo sara’ presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore e dai giudici a latere Fabrizia Pironti e Alessandro Santangelo.

http://www.libero-news.it/