DISASTRO TECNICO Nuova riforma delle pensioni o l’Inps fallisce (e noi pure)

Mastrapasqua alla Fornero: “La fusione degli enti previdenziali ha sballato i conti. Dal 2015 casse vuote”. E gli assegni non arriverebbero più

Nuova riforma delle pensioni  
o l'Inps fallisce (e noi pure)

di Antonio Castro

Decima riforma delle pensioni alle porte? Sembra proprio di sì, e dobbiamo ringraziare il professor Monti e l’ultra sensibile (e suscettibile) ministra per gli affari correnti Elsa Fornero. Lo scorso 22 marzo il presidente delsuperInps Antonio Mastrapasqua ha preso carta e penna e scritto un’allarmata missiva a via XX Settembre e a via Flavia: il senso, riassunto, è più o meno questo: “La fusione di Inps, Inpdap e Enpals ha scaricato sull’ente pensionistico costi insostenibili e se non si interverrà rapidamente dal 2015…”. Di più: il patrimonio netto basta appena a a sostenere «una perdita per non oltre tre esercizi». Ma non basta: visto che lo Stato è un pessimo pagatore se le amministrazioni dello Stato continueranno a pagare a rilento i contributi», scrive Mastrapasqua si avranno «ulteriori problemi di liquidità con incidenza sulla stessa correttezza delle prestazioni». Il che – tradotto per i comuni mortali – vuol dire che se lo Stato non versa i contributi dei dipendenti pubblici a scadenza (per i lavoratori privati e le imprese è il 10 del mese successivo), e quindi che continuando a spendere per le pensioni degli statali il tesoretto accumulato dai privati si arriverà entro il 2015 al paradosso che non si avranno più i quattrini necessari a pagare le pensioni. Di tutti: pubblici e privati.

Allarme e beffa, considerando che per 15 mesi la professoressa Fornero ha ripetuto che la fusione – varata con il Salva Italia –  non pregiudicava i conti del neonato superInps. 

La prova che i conti siano più che traballanti, oltre che nella lettera di Mastrapasqua a Fornero e Grilli (svelata ieri da “Il Fatto”), è certificata, con tanto di sigillo della Corte dei Conti, anche dai magistrati contabili che analizzando a posteriori il bilancio di previsione 2012 ammoniscono sui rischi di aver inglobato nell’Inps gestioni in dissesto cronico come Inpdap e Enpals. 

Ma c’è dell’altro. Nel bilancio di previsione 2013, approvato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps non più tardi del febbraio scorso salta fuori un quadro impietoso: Quest’anno l’Istituto avrà un disavanzo di competenza di 10,7 miliardi; portando così in eredità i 23,7 miliardi il disavanzo patrimoniale complessivo (ex Inpdap). Sempre quest’anno – proprio per l’assorbimento delle passività l’Inps avrà eroso il patrimonio netto dai 41 miliardi del 2011 ai 15,4 di quest’anno. Basta munirsi di un pallottoliere per capire che la baracca non sta in piedi; l’Inps deve sborsare quest’anno 265,8 miliardi in prestazioni previdenziali, l’incasso di nuovi contributi ipotizza un gettito di 213,7 miliardi, nella speranza che a Via XX Settembre riescano a compensare l’ammanco. 

E qui scatta l’idea maliziosa che chiunque dovesse accomodarsi a Palazzo Chigi possa mettere mano ad una bella riforma delle pensioni per posticipare il più possibile i pagamenti delle spettanze (pensioni), aumentare l’aliquota di prelievo su aziende e lavoratori, tagliare l’intagliabile nel capitolo già striminzito delle prestazioni sociali (che l’Inps gestisce facendo solidarietà sociale con i soldi dei lavoratori invece che con i proventi della fiscalità generale).

All’Istituto – che potrebbe essere coinvolto a maggio in una nuova tornata di nomine – si stanno facendo simulazioni e tagli. Anche l’invio per posta dei Cud ai pensionati è stato sospeso per evitare tra carta, buste e francobolli la ridicola spesa di 40 milioni. Ridicola se paragonata al  fatturato miliardario dell’azienda pensionistica. Però si tratta di microinterventi che non compensano i trasferimenti in ritardo cronico delle amministrazioni statali dei contributi, che non rimpingua l’ammanco per i licenziamenti (con taglio dei versamenti), che non mette al riparo lavoratori e pensionati da una nuova stangata: un riforma delle pensioni inderogabile.

http://www.liberoquotidiano.it

Per Elsa Fornero i giovani sono “choosy”. Ma la figlia ha ben due posti fissi. Come mai? E’ stata raccomandata? Non è monotono il posto fisso?

Per Elsa Fornero i giovani sono “choosy”. Ma la figlia ha ben due posti fissi. Come mai? E’ stata raccomandata? Non è monotono il posto fisso?

Per Elsa Fornero i giovani sono “choosy”. Ma la figlia ha ben due posti fissi. Come mai? E’ stata raccomandata? Non è monotono il posto fisso?

Dopo l’uscita di Elsa Fornero secondo la quale i giovani italiani sono troppo schizzinosi e si dovrebbero accontentare del lavoro che trovano sul web si è scatenata una vera rivolta nei suoi confronti e non sono mancate battute ironiche nei confronti del ministro. In particolare in molti si sono occupati della carriera professionale di Maria Deaglio, figlia della Fornero, che all’età di 37 anni è titolare di due posti fissi: uno come professore associato di Genetica medica alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino (dove insegnano sia il padre che la madre) e l’altro come responsabile della ricerca alla Hugef, una fondazione che si occupa di genetica, genomica e proteomica umana. 

 

La figlia della Fornero non è schizzinosa? Per lei il posto fisso non è monotono come sostenuto dal governo Monti? E’ raccomandata?

http://genio.virgilio.it/


AMIANTO E RIFORMA DELLE PENSIONI

Il governo sostenuto da tutti i partiti di centrodestra e centrosinistra, con la “riforma” Fornero ha allungato l’età pensionabile. I più penalizzati, come sempre, sono gli invalidi e gli ammalati. Al riguardo pubblichiamo l’interrogazione parlamentare al governo del Senatore Felice Casson che riguarda un ammalato di mesotelioma. La risposta data al lavoratore dai burocrati del ministero (come si legge nell’interrogazione) sono di un esemplare cinismo da parte del Ministro del Lavoro e del governo Monti.

INTERROGAZIONE

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 – Per sapere – premesso che:
la legge del 27 marzo 1992, n. 257 «Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto», è stata approvata per bandire l’uso dell’amianto in Italia e, specificatamente al capo IV «Misure di sostegno per i lavoratori», articolo 13 «Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato», per intervenire a favore di chi ha un’aspettativa di vita ridotta a causa dell’esposizione al cemento amianto, che nei peggiori dei casi può causare un mesotelioma, aggravando la situazione e riducendo ulteriormente l’aspettativa di vita;

statisticamente, per il mesotelioma la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi si ferma poco al di sotto del 20 per cento nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni e diminuisce progressivamente con l’aumentare dell’età, ed attualmente non esistono cure per estirparlo definitivamente;

l’intervenuta riforma delle pensioni, contenuta nel decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, cosiddetto «Salva Italia», recita, all’articolo 24, comma 1: «Le disposizioni del presente articolo sono dirette a garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l’Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo, in conformità dei seguenti principi e criteri:

a) equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli»;

i lavoratori colpiti da mesotelioma dovrebbero essere considerati «categorie più deboli» a causa delle difficoltà di lavoro e della ridotta aspettativa di vita e quindi aventi diritto di usufruire della suddetta deroga;

all’attenzione del Ministro fu portato il caso del signor Tiberio Paolone, nato il 28 dicembre 1959, lavoratore in una fabbrica di ascensori, che ha contratto un mesotelioma a prognosi infausta, tramite una lettera dello stesso, spedita in data 23 febbraio 2012 al Ministro e seguita da numerosi solleciti;

alla data del 31 dicembre 2011 con i benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto previsti dalla legge n. 257 del 1992, il signor Paolone ha maturato un’anzianità contributiva pari a 38 anni e 1 mese e quindi, con la normativa precedente alla legge n. 201 del 2011, lavorando fino a giugno 2013, avrebbe maturato 40 anni di contributi, ottenendo la possibilità di andare in pensione;

con la normativa vigente il signor Paolone matura il diritto alla pensione solo nel 2015, con l’infelice possibilità che la prognosi della malattia peggiori e che deceda prima di tale data;

il signor Paolone ha nuovamente sollecitato il Ministro tramite due email e il 27 marzo 2012 ha ricevuto una prima risposta dal Ministero che rassicurava di aver passato la questione alla direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative, competente per la materia;

dopo ulteriori solleciti, sempre via mail al Ministero, il signor Paolone ha ricevuto una comunicazione da parte del direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative in cui si dichiara che: «Allo stato, tuttavia, la normativa vigente in materia di accesso alla pensione non consente, con riferimento alla fattispecie da Lei rappresentata, ulteriori benefici rispetto a quelli già individuati per l’esposizione all’amianto»;

il caso del signor Tiberio Paolone è soltanto una delle fattispecie, pur non numerose ma gravissime, che si sono generate con l’introduzione del decreto-legge n. 201 del 2011;

la tutela della salute dei lavoratori è ampiamente garantita dall’articolo 38 della Costituzione -:

se e quali iniziative intenda assumere allo scopo di specificare e mettere in atto strumenti adeguati a garantire le tutele previste dalla legge n.257 del 1992 per i lavoratori colpiti da mesotelioma;

se il Ministro intenda assumere iniziative normative o politiche per chiarire nel testo della legge le categorie «deboli» aventi diritto alla deroga;

se non ritenga che i grandi invalidi del lavoro ed i malati di mesotelioma possano essere considerati categorie deboli;

se e quali iniziative intenda assumere per eliminare tutti i casi di ambiguità conseguenti.